Il gioviane bruciato

Cinquant'anni fa moriva James Dean. Il simbolo di un fallimento chiamato "liberazione"

Cinquant'anni fa, il 30 settembre 1955, mentre disputava una corsa temeraria rivaleggiando con una Maserati su una statale californiana, la Porsche guidata da James Dean si schiantava contro la berlina di uno studente. Moriva quasi sul colpo un attore giovanissimo che aveva girato tre film; nasceva però una star postuma, anzi un mito moderno: quello della "gioventù bruciata". L'ideale nichilista del giovane che non vuol crescere, che si perde nell'ebbrezza della velocità, che si abbandona alle sensazioni forti, fino a distruggersi nella droga, trovava così il suo modello.

Nello stesso periodo la Gran Bretagna era teatro del teppismo giovanile: nascevano i Teddy boys, capostipiti dei Rockers, dei Mods e ispiratori di "Arancia Meccanica". Negli Usa gli Hell's Angels scorazzavano on the road.

Erano passati solo dieci anni dalla guerra mondiale ma già appariva chiaro quello che la civiltà dei vincitori era in grado di offrire ai giovani: disperazione, fuga esistenziale, autodistruzione.

Sono passati cinquant'anni, da allora la sola cosa che è realmente cambiata è che abbiamo perso persino i miti in negativo, non pensiamo più ai James Dean, ma l'autodistruzione, la disperazione e l'assenza di entusiasmo sono sempre più diffusi e dominanti.

Gabriele Adinolfi