dalla lista antiamericanisti :
I BUFFONI DEVONO FARE I BUFFONI.
Non so se qualcuno ha visto l'intervista a Roberto Benigni ieri sera, durante un qualche telegiornale. E' un pò triste vedere il decadimento progressivo di questo personaggio che partito da semplice buffone, dopo esserse diventato attore, presentatore, regista, Unico Diffusore di Poesia in Italia - leggendo UNA VOLTA ALL'ANNO IN TV dei versi di Dante - ed essendosi conquistato l'appoggio del potere sionista con 'La vita è bella', quando viene interpellato gli viene data ormai un'importanza pari, e forse superiore, a quella che aveva nell'antichita l'Oracolo di Delfi. Sta per uscire il suo nuovo film. Pensate un pò, ambientato dove? In Iraq, durante la guerra - dice testualmente la voce della presentatrice - per liberare il paese da Saddam Hussein. Ma guarda! Non si trattava di un aggressione e di un occupazione illegale? Silenzio assoluto su questo. Partono le immagini del trailer. Da quel poco che si vede sembra il solito fumettone che mette tutti d'accordo sul tema dell'Amore e della Poesia, ma mi riservo ogni giudizio dopo averlo visto. Di certo però, come conferma la commentatrice, il film accomuna, mette sulle stesso piano americani ed iracheni. Bingo. Mi pare di averlo già sentito questo 'mettere sullo stesso piano'. Sbaglio? Ma il bello viene durante l'intervista, fatta a Benigni in studio. Dopo aver risposto con l'aria di un Dotto della Scuola di Atene all'intelligentissima domanda 'cosa farebbe se incontrasse un kamikaze', Benigni si impegna a dimostrare la tesi secondo la quale, in pratica, l'Artista non ha il compito di schierarsi e di dire se una cosa è giusta o è sbagliata. L'Artista - testuali parole - deve fare l'artista. Orbene, già in tempi di pace o di tranquillità mondiali - nell'ipotesi che possano esistere - trovo che una tesi del genere sia ampiamente contestabile; ma in tempi di guerra globale apertamente dichiarata, come quelli che stiamo vivendo, la stessa tesi mi risulta essere inaccettabile e vergognosa, soprattutto se a professarla sono personaggi ad alto impatto mediatico. Allora mi sono preso la briga di fare una piccola ricerca. Siccome il sig.Roberto Benigni ogni volta che pronuncia la parola DANTE sembra che stia per avere un orgasmo, ho preso un volume di Storia della Letteratura Italiana e l'ho sfogliato al Capitolo XI, dal titolo Dante Alighieri. Ho così scoperto che il Poeta, già prima dei trent'anni, nel mentre perfezionava e portava a somme altezze le sue esperienze culturali e artistiche - leggi letteratura, filosofia, teologia e quant'altro - viveva in pieno esperienze civili e politiche. Si era sposato assai presto e dal matrimonio aveva avuto tre figli; aveva combattuto a Campaldino (1289) nella cavalleria e aveva partecipato anche all'impresa con la quale i fiorentini s'impadronirono del Castello di Caprona. Nel 1294 fece probabilmente parte della scorta di cavalieri fornita dal Comune di Firenze a Carlo Martello. Ma è nel 1295, compiuti i trent'anni di età, che inizia a dedicarsi con slancio all'attività politica. Si schiera con i Guelfi Bianchi e nel giro di pochi anni raggiunge una delle maggiori cariche del Comune, quella di Priore. E' importante aver presente che quell'epoca, come la nostra, aveva i suoi Bush, Blair, Berlusconi... Vi era per esempio un papa, tale BonifacioVIII, le cui nefandezze e malefatte lo stesso Dante fece poi scontare nell'Inferno della sua Commedia. Tale papa, volendo a tutti i costi ridurre la Toscana a provincia del patrimonio di S.Pietro, favoriva apertamente i Neri - il partito ferocemente avverso a quello di Dante - perchè essendo più deboli, più degli altri avevano bisogno dell'aiuto esterno. Tale aiuto, essendo i Bianchi fermi nel voler contrastare l'interferenza del pontefice nelle questioni interne di Firenze, non tardò ad arrivare. Nel 1301 un avventuriero francese, Carlo di Valois, inviato da Bonifacio VIII a Firenze con 800 mercenari sotto il pretesto di pacificare la città - già esistevano i portatori di democrazia! - diede mano libera ai neri contro i bianchi. La tecnica per impadronirsi del potere fu quella consueta: colpo di stato, iniziale apparente rispetto delle forme legalitarie che suscita incertezza; quindi terrore, violenza, incendi, ruberie, caccia all'uomo (leggi al terrorista), lo stravolgimento di tutte le istituzioni. Naturalmente, i principali esponenti della parte avversa vengono subito arrestati, tortutati e uccisi, o condannati all'esilio con processi infamanti e illegali: fra i primi Dante, che in quei giorni si trovava in missione fuori Firenze. Egli viene così condannato in contumacia - è il 27 gennaio 1302 - con una sentenza che lo accusa di baratteria, guadagni illeciti, opposizione al papa BonifacioVIII e a Carlo di Valois, e gli s'impone di pagare una multa di cinquemila fiorini piccoli, di state confinato per due anni e di essere escluso in perpetuo dai pubblici uffici. Dante non accetta la condanna, nè si presenta a pagare e a giustificarsi. Allora, con una seconda sentenza - il 10 marzo 1302 - viene condannato a essere bruciato vivo nel caso che entri nel territorio o cada nelle mani del Comune di Firenze. DA QUESTO MOMENTO FINO ALLA MORTE, AVVENUTA 19 ANNI DOPO A RAVENNA, NEL 1321, EGLI NON POTRA' PIU' METTERE PIEDE NELLA SUA TERRA. Questo per puntualizzare su ciò che qualcuno - reputandosi grande artista, opinionista e filosofo - dice a proposito di ciò che gli artisti dovrebbero o non dovrebbero fare. Ma mi preme concludere con un'altra cosa. La commentatrice del servizio sul nuovo film di Benigni, ad un certo punto paragona lo stesso nientemeno che a Charlie Chaplin. Ora, già mi pare enorme l'accostamento tra uno come Chaplin, genio assoluto non solo del Cinema ma dell'arte in generale, e quello che sempre più appare per quello che è sempre stato, ovvero un buffone. Ma vorrei dire questo: numerosi sono gli avvenimenti di carattere politico che hanno segnato la vita di Chaplin. La presunta origine ebraica, il suo orgoglioso anticonformismo e le simpatie per idee e movimenti di sinistra gli causarono numerose grane, fra cui quella di essere sottoposto al controllo dell'FBI sin dal 1922. Nel '47, invece, viene addirittura trascinato di fronte alla Commissione per le attività antiamericane del senatore McCarty, accusato di essere filo-comunista e considerato come pericoloso sovversivo: un'accusa che gli costa l'inclusione nelle famigerate 'liste nere' e l'annullamento nel '52 (mentre era in tournée in Europa per presentare il suo nuovo film "Luci della ribalta"), del permesso di rientro negli USA. Chaplin sceglie l'esilio e si stabilisce in Svizzera. Ritorna negli USA dopo vent'anni, soltanto nel '72, per ritirare un misero Oscar alla carriera. Il suo film 'Un re a New York' (1957), satira sferzante sul consumismo americano, viene bandito dalle sale statunitensi per ben quindici anni e proiettato nel 1972.
Saluti