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  1. #1
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    Predefinito Il problema del M.S.I. (I959)

    Il problema del M.S.I.

    Quando nell'ormai lontano 26 dicembre I946 sorse il M.S.I. molti pericoli lo minacciavano oltre le persecuzioni politiche e leggi eccezionali: che si confondesse nel rigurgito reazionario destato dallo spirito di revanche facendosi travolgere e convogliare nella destra politica parlamentare e borghese; e che all'insegna di un genereico anticomunismo adottasse la formula nazionale antisociale a giustificare un'alleanza con quelle forze monarchiche e conservatrici che erano all'antitesi dei suoi postulato sociali e morali. Era un grave pericolo che nell'impazienza di una affermazione elettorale e della conquista del potere non precostituisse i titoli e le garanzie ideali e materiali per una decisa revisione critica degli errori del passato (da comprendere nelle loro ragioni storiche e da condannare), per una considerazione degli elementi positivi della nuova Repubblica Italiana da accettare se retaggio della Repubblica Sociale. Era necessaria una chiarificazione ideologica purificata da ogni dualismo interno e da ogni contraddizione che ne minasse la forza propulsiva e la linearità della lotta, per una decantazione dei quadri e dei ranghi dai sistemi della violenza organizzata e sistematica o dall'improvvisazione arbitraria ed inconsulta che nel passato furono sempre non organi della rivoluzione, ma strumenti ciechi della reazione borghese. Questo soprattutto: il M.S.I. non doveva trincerarsi nelle posizioni politiche di guarda bianca della borghesia che ha già al suo servizio scudi crociati e gonfaloni monarchico-liberali, ottime bandiere di ogni classismo antinazionale. Ed è avvenuto che il M.S.I., per un violento spirito antidemocratico che lo sospingeva alla pura lotta democratica per la conquista dei seggi parlamentari e per il condizionamento della democrazia si è trovato ad essere il partito meno rivoluzionario oggi esistente, per non dire il più reazionario, e a tradire le sue istanze originarie che poggiavano sull'uomo e sul fatto che nulla può esservi sopra i valori umani creati da lavoro e dal sacrificio per la Patria comune, e quindi contro ogni universalismo trascendente, affermendo il principio istituzionale repubblicano dell'origine di ogni potere dalla sovranità popolare, contro ogni monarchia ereditaria di diritto divino; rifiutando anche il punto di vista nazionale per un atlantismo ibrido, quando la nostra funzione era mediterranea ed europea tra la competizione dei due blocchi, e non quella delle democrazie plutocratiche e borghesie occidentali.

  2. #2
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    Il M.S.I. è stato favorito in questa involuzione dalla confusione ingenerata da un antifascismo di maniera, miope e codardo; da uno stato di rivolta indiscriminata contro le discriminazioni fanatiche, da una base impaziente e tanto bellicosa quanto sprovveduta politicamente, nè in tale esperienza contradditoria gli è stato difficile mascherare la carenza di una intransigenza ideale, di una coerenza politica, di una forza morale, di una chiarezza conseguente. Non si può far rinascere artificialmente quel che la storia ha, sia pur temporaneamente, spolto: il sistema dall'alto, il mito della violenza per la violenza, l'improvvisazione.
    Noi che conosciamo Giorgio Almirante come l'uomo forse pià intelligente e più preparato del M.S.I., ci siamo aspettati invano una risposta a queste nostre domande dalla lettura del libro scritto in collaborazione col Palamenghi-Crispi sulla storia e sulla funzione del M.S.I, nella collana dei partiti politici diretta da Raffaele Cantarella. Giorgio Almirante si era molto illuso nei comizi preelettorali di un ritorno del popolo italiano ai motivi del passato come certezza per l'avvenire, ma il popolo nei suoi facili entusiasmi e nella sua smaliziata saggezza ha risposto, in ciò aiutato dalla considerazione degli avvenimenti francesi e del richiamo gollista, che non tutte le carte erano in regola per un ritorno allo spirito sociale e nazionale del fascismo repubblicano, e che in fondo il M.S.I. condizionando la democrazia cristiana a destra non face che perdere la sua originalità vera, per cui era più facile convergere addirittura al centro senza interposta persona. Il M.S.I. si sganciava dal patto atlantico per condurre una lotta anticomunista che parlasse di una soluzione italiana dei problemi delle masse lavoratrici?
    Si toglieva dai banchi della destra per tornare ala fedeltà delle sue origini socialnazionali? Offriva uomini che dessero garanzie per una lotta di sinistra sociale? La smetteva di dar fiato alle trombe clericali che urtavano chi sinceramente religioso vuole i confessionali spogli di ogni violenza delle coscienze, quando il colloquio dello spirito deve essere con le sue esigenze spirituali?
    Nulla di tutto questo

  3. #3
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    Anzi rievocando lotte e programmi, congressi e mozioni, disquisizioni teoriche e manovre di corridoio, nella caterva degli illustri sconosciuti, volutamente trascurava di citare, almeno per la esattezza storica - ma la politica ha pure le sue ragioni che la storia non conosce -, chi era per un socialismo nazionale nella scia del pensiero mussoliniano.
    Giorgio Pini, disgustato dalle manovre possibiliste e della falsificazioni che del fascismo avevano fatto i suoi non legittimi eredi in concorrenza cogli antifascisti, si tolse dal movimento che aveva contribuito a preparare e a inquadrare, e con una schiera di fedelissimi fondò nel I952 il Socialismo nazionale con una Carta Costitutiva in IO punti che a tutt'oggi rappresenta il documento più chiaro e coerente per una lotta politica sociale e nazionale. Si sapeva che prima o poi sarebbe venuto il momento della decantazione politica italiana e che i diversi partiti avrebbero rivelato le forze economiche che li sospingevano nella lotta: le ultime elezioni hanno indicato chiaramentela via scelta dalle destre e dal MSI a sostegno dell'iniziativa privata e contro le industrie statali che pure rappresentavano la nostra ultima difesa nazionale dallo strapotere economico dalla concorrenza americana e straniera. Giorgio Almirante, che col suo autonomismo rappresentò in seno al MSI la corrente che più strettamente voleva legarsi ai postulati della Repubblica Sociale, bene farebbe a tornare sulla impostazione del socialismo nazionale se vuol salvare il salvabile e se non vuol finire nel corporativismo di De Marsanich e nella nostalgia puramente dottrinaria e reazionaria della Carta del Lavoro. Il quale De Marsanich, che è l'attuale presidente del MSI, senza tanti infingimenti nel suo ultimo libro "Lo Stato nel Ventennio fascista", e trovando sùbiti laudatori, proclama che allora, con lo Stato Corporativo, "La pace sociale esisteva e l'aspetto economico e l'aspetto sociale del sistema corporativo coincidevano. Ma si deve asseverare senz'altro e senza perifrasi che nel presente periodo di esasperata lotta di classe, il rapporto di società fra i lavoratori e i portatori di capitali che si esprime con il termine di socializzazione o corporativizzazione dell'impresa è inapplicabile e tale restera fino a quando non sarà compiuta una integrale trasformazione del sistema politico, attraverso un nuovo tipo di sovranità popolare e di rappresentanza politica, che consenta d'inserire nello Stato la rappresentanzadiretta e qualificata delle categorie produttici. Donde la necessità della destra nazionale dper l'attuazione dello Stasto corporativo e la conseguenze monopolizzazione borghese e conservatrice della spinta rivoluzionaria, nella negazione di ogni sinistra sociale, nella impossibile ripetizione di una diarchia di forze lavoratrici e di forze conservatrici che già una voltà minò la nostra integrità nazionale.

  4. #4
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