Per ora la concorrenza è sui prodotti a basso costo, ma in futuro si farà più pressante perché la Cina sta creando una industria meccanica e elettronica adeguata agli standard dei paesi capitalisti maturi

L'impatto della Cina sul commercio mondiale costituisce un tema ricorrente che viene trattato molto superficialmente. La Rpc, la Repubblica popolare cinese, è presentata come se facesse un'indegestione di esportazioni, mentre le cose stanno diversamente. Infatti prendendo la dinamica dell'ultimo quindicennio il tasso di crescita delle esportazioni è stato inferiore a quello delle importazioni. Sul piano delle bilancia dei pagamenti in conto corrente - che include la bilancia commerciale in beni, quella dei servizi ed il movimento netto dei flussi afferenti ai redditi da investimenti effettuati all'estero - l'attivo attuale della Cina si situa sui 68 miliardi di dollari su base annua cui si deve aggiungere anche l'attivo di 18 miliardi di dollari realizzato da Hong Kong una volta depurato dagli scambi con la madrepatria. Dato che in genere Hong Kong ha un forte deficit con la Repubblica Popolare possiamo sommare l'eccedenza di Hong Kong a quella della di Pechino ottenendo così un surplus complessivo di 86 miliardi di
dollari.
L'eccedenza della bilancia dei pagamenti corrente Svizzera è di 40 miliardi di dollari. In altri termini, un piccolo ed avido paesotto di 7,2 milioni di abitanti possiede un attivo con l'estero che è poco meno della metà dell'eccedenza estera di un paese di 1,3 miliardi di persone. Eppure verso il suddetto paesotto montano non si sentono i latrati che vengono regolarmente emessi contro la Rpc. Il surplus cinese è inoltre inferiore in termini assoluti a quello tedesco. La Cina viene accusata di accaparrarsi i
mercati con le esportazioni, però l'eccedenza della bilancia commerciale tedesca è di 198 miliardi di dollari mentre quella cinese è di appena 71 miliardi (Hong Kong ha invece un deficit). Pertanto chi, come nel caso dell'intervista di Bernabé a Manuela Cartosio, argomenta contro l'ossessione corrente riguardo le esportazioni cinesi contribuisce a chiarire l'effettiva dimensione internazionale della trasfromazione in atto in Cina

L'alto tasso di esportazioni cinesi accompagnato da una piccola eccedenza estera mostra quanto sia ripida la scala che Pechino deve salire per raggiungere lo status di potenza industriale e militare mondiale. Le esportazioni non sono però secondarie rispetto allo sviluppo del mercato interno. Anzi esse costituiscono l'elemento di definizione delle fasi della trasformazione, in quanto sia la specificazione del prodotto che la natura delle tecnologia vengono decise in rapporto alla creazione di capacità di
esportazione. Ancora recentemente, il valore aggiunto locale contenuto nell'export cinese era alquanto ridotto essendo stato stimato intorno al 15% del valore complessivo. Ciò significa che sul prezzo finale gravavano in maniera preponderante i costi delle importazioni necessarie alla produzione dell'export. E dato che nel campo della tecnologia e dei macchinari le importazioni provengono da paesi come Germania, Giappone, Scandinavia e Corea meridionale, il più alto costo di produzione delle tecnologie ed impianti importati gravava sul prezzo finale malgrado il basso costo del lavoro locale.

La situazione però sta cambiando grazie alle ampie ristrutturazioni industriali e non solo per via dello sviluppo quantitativo. In Cina si sta creando un'industria meccanica ed elettronica adeguata alla produzione di input per la produzione finale sugli standard dei paesi capitalisti maturi.
In tal modo i costi di produzione ascrivibili alle importazioni dai paesi ricchi sono destinati a ridursi drasticamente per cui la maggioranza del valore finale si baserà sul basso costo di lavorazioni in tutte le fasi produttive locali. E' tale processo a permettere il passaggio dell'industria automobilistica cinese dalla produzione locale alle esportazioni. Gran parte dell'import industriale cinese proviene dell'Asia orientale con cui Pechino ha un forte deficit commerciale. La composizione di tale import sta però cambiano rapidamente. Se prima la Cina importava sistemi integrati e macchinari, oggi importa soprattutto elementi della componentistica e pezzi distaccati. Il che significa che i macchinari vengono prodotti in loco e l'Asia ricca ed industrializzata assume, nei confronti della Cina, alcune delle caratterische tipiche delle lavorazioni indotte.

Quindi il capovolgimento del deficit cinese con l'Asia in eccedenza si sta avvicinando in tempo reale. Quando questo avverrà la Cina avrà un attivo commerciale crescente con tutte le zone industrializzate del mondo e su di essa ricadrà il ruolo di rifinanziare le bilance dei pagamenti del mondo capitalista. A sua volta il mondo capitalista ed in particolare gli Usa possono vincolare la Cina controllando il rifornimento di materie prime. Il tentativo della società statale cinese del petrolio Cnooc di acquistare
l'Unocal americana che opera proprio in Afghanistan e nell'Asia ex sovietica e l'opposizione Usa all'acquisto mostrano la natura dello scontro in atto.

(da Il Manifesto del 15/07/2005)