Rutelli: la mia è vera fede
di Bruno Vespa
3/10/2005
URL: http://www.panorama.it/opinioni/arch...-A020001032944
Le scuole cattoliche, gli anni nel volontariato. Poi, dopo la parentesi radicale, gli incontri decisivi col Papa. Il leader del centrosinistra spiega perché il suo percorso religioso non è tattica preelettorale
L'Unione rispetta che al suo interno esistano posizioni laiciste, ma può accettare che queste siano dominanti?
No, perché esse non rappresentano il sentimento reale dei nostri elettori. Nessuno di noi vuole polemizzare con Marco Pannella. Ma Pannella ha detto all'Unità che “c'è l'urgenza di sottrarre i credenti alla violenza delle gerarchie ecclesiastiche”. Dove sta questa violenza? Questa posizione estrema non ha fondamento. Si possono criticare le opinioni di chiunque, incluso il cardinale Ruini. Non si può accettare che venga ritagliato intorno alle posizioni di Ruini un abito di arbitrio intollerante».
Va giù duro Francesco Rutelli. Ma la sua difesa delle ragioni dell'etica non si ferma in questo colloquio agli affari correnti della politica. Va indietro, molto più indietro.
Il leader della Margherita Francesco Rutelli
E per smentire la malizia di chi vede nelle sue attuali posizioni niente di più che una tattica preelettorale, il presidente della Margherita torna agli anni dell'infanzia, all'educazione cattolica della prima giovinezza che si ricongiunge alle convinzioni della maturità dopo l'ampia e dissacrante parentesi radicale.
Ha frequentato gli anni delle elementari in una scuola di suore, è stato per 7 anni al Massimo dai gesuiti. «Se incrocia la mia biografia con quella di Barbara, mia moglie, ci troverà entrambi attivisti della Cidros, l'organizzazione giovanile dei gesuiti impegnata nel volontariato».
La malattia della madre Sandra, colpita da tumore a 30 anni e morta a 42, fu decisiva nella vita di Francesco Rutelli.
«Accaddero insieme due cose. L'inquietudine dei 16 anni mi portò a fare un discorso imprevisto a un incontro tra insegnanti e genitori in cui chiesi l'istituzione delle classi miste al Massimo, che le aveva solo maschili. Le classi miste arrivarono dopo due anni, ma io ruppi col Massimo e mi iscrissi a un liceo statale. Nello stesso periodo, tra i 15 e i 19 anni, accompagnai mia madre nei suoi itinerari di fede e di sofferenza, da Padre Pio a Lourdes. Fu un'esperienza atroce che probabilmente accelerò la mia rottura prolungata con la fede e l'esperienza cristiana».
Rutelli entrò nel Partito radicale. «C'era un confine tra l'impegno sociale che avevo perseguito nella militanza cattolica giovanile e quello radicale: la fame nel mondo (ricorda l'India?), la tutela dell'ambiente, i diritti civili e umani. La mia storia radicale è fatta anche di asprezze. Rischiai il carcere per sostenere l'obiezione di coscienza (ce lo evitò un decreto d'urgenza del ministro dell'Interno Ruffini), raccolsi le firme per il referendum sull'aborto del ‘78. Diventai segretario dei radicali nell'81, restai nel partito fino allo scioglimento deciso da Pannella nell'88 e passai ai Verdi. Nel ‘93, dopo una fulminea presenza nel governo Ciampi, diventai sindaco di Roma».
E nacque la leggenda del Rutelli papalino…
Il riavvicinamento alla Chiesa era cominciato molto prima, con il battesimo di mio figlio all'inizio dell'83 e con la sua iscrizione all'ora di religione già alle materne, tre anni più tardi».
I radicali non ne saranno stati entusiasti…
R- Fu una decisione non pubblicizzata. Scoprimmo peraltro che la grande maggioranza degli italiani, anche quelli residenti nelle regioni rosse, aveva fatto la nostra stessa scelta.
Nel ‘93 la riconversione di Rutelli diventò pubblica.
L'8 dicembre ‘93, ero sindaco da tre giorni, andai ad accogliere il Papa ai piedi della statua dell'Immacolata e mi feci il segno della croce. Un operatore mi riprese e quel gesto risultò inaspettato. Polemiche? Fui abbastanza rispettato. Sedici mesi dopo, nell'aprile del ‘95, Barbara e io, sposati civilmente alla fine dell'82, celebravamo il matrimonio religioso nella cappellina del Campidoglio senza un fotografo e senza nemmeno la presenza dei nostri familiari. La notizia trapelò 10 mesi più tardi, ma già dal giorno del matrimonio ricevevo regolarmente la comunione.
Il resto è storia pubblica. Ma da allora il riavvicinamento di Rutelli alla Chiesa ha suscitato molti sospetti.
R- È una cosa molto sgradevole. Da almeno 10 anni ci sono alcuni settori che presentano il mio ritorno alla fede cristiana come un gesto compiuto a freddo per il Giubileo. Quasi uno scambio, un comportamento cinico. In realtà, la conclusione di questo percorso lungo e complesso ha avuto più di un motore. Madre Teresa di Calcutta: l'ultima volta che la vedemmo nella sua casupola sulla via Casilina eravamo con Francisco, il primo dei nostri figli adottivi. Madre Teresa ci disse che ne avremmo avuti altri. Ci sembrava incredibile, allora. Oggi in famiglia siamo sei. Ci incoraggiò anche madre Flora Pallotta, una suora marchigiana superiora di un piccolo ordine religioso missionario della fanciullezza: da lei conoscemmo Francisco.E poi Giovanni Paolo II.
Quando vi vidi insieme, dopo un Te Deum nella chiesa del Gesù, non riuscivo a distinguere chi tra voi due fosse il Papa…
R- Giovanni Paolo II è stato un motore formidabile e merita un capitolo a parte della mia vita. Ho avuto il privilegio di incontrarlo sei o sette volte all'anno: le udienze pubbliche si prolungavano in colloqui privati a tutto campo. È stato un fattore potentissimo per me, romano, conoscitore di Roma e della storia cristiana di Roma. Il Papa e Roma si identificano. La Chiesa è Roma. Quando il Papa venne in Campidoglio, gli regalai una pietra del Colosseo con figure dei santi dipinte in epoca paleocristiana. Molti romani considerano il Colosseo uno spartitraffico. Invece le pietre di quel circo spiegano il genio di Roma, ma portano anche inciso il sangue del martirio e della bestialità del tardo Impero e al tempo stesso i segni della nascita della Chiesa universale. In questa città morirono certamente San Pietro e San Paolo. La forza simbolica dei loro sacrifici è gigantesca.
Eppure Rutelli, da radicale, questa Chiesa l'ha combattuta. Si è pentito di aver raccolto le firme per il referendum sull'aborto?
R- Io non mi sono mai dichiarato favorevole all'aborto, ma giudico la Legge 194 un punto di equilibrio inevitabile e indispensabile, rispetto alla clandestinità. Il crollo degli aborti rispetto a quegli anni dimostra che è cresciuta molto la consapevolezza su questo tema.
È una legge che si può migliorare?
R- Sì, nella prevenzione, nell'informazione e negli incentivi economici che potrebbero trattenere da questo gesto molte donne.
Qualcuno dice che il forte miglioramento delle tecniche d'indagine rispetto a 30 anni fa potrebbe ridurre i tempi nei quali decidere se abortire.
R- Credo che la tecnica influisca relativamente. Credo che sia decisiva la solitudine della donna nel compiere una scelta così drammatica. Anche il dibattito attuale sulla pillola abortiva è piuttosto sterile.
Quale cambiamento rispetto all'esperienza radicale…?
R- Io non sconfesso quegli anni. Molte scelte hanno contribuito a migliorare l'Italia. Ma ai radicali il radicalismo centrato su se stessi non ha giovato. Parlavamo prima della campagna per combattere la fame nel mondo. Raccogliemmo un sacco di soldi, ma come furono spesi dal governo fu un fallimento. Anche da sindaco vedevo i radicali disinteressati alla fatica e ai compromessi dell'amministrare. Dei radicali mi affascinava l'aspetto pragmatico e non ideologico e un certo coraggio su temi come il pacifismo che non era certo astratto: andavamo a manifestare anche contro i missili sovietici, a fronteggiare i fucili dei vopos sotto il Muro di Berlino.
Oggi siete lontanissimi. ?
R- Oggi sul referendum sulla fecondazione assistita e sui pacs vedo un atteggiamento singolare in tanti miei compagni di strada. Se la Chiesa parla dell'amnistia, che pure è regolata da leggi della Repubblica, merita l'applauso. Come pure il Papa o un prelato che condannano la guerra in Iraq. Ma se la Chiesa interviene sui temi della famiglia e della bioetica, saremmo di fronte a un'insopportabile ingerenza nella vita pubblica.
Mi par di capire che non condivide per nulla gli attacchi al presidente della Cei.
R- Gli ho dato la mia personale solidarietà per le vie brevi quando è stato fischiato e la Margherita ha detto che quel gesto è stato intollerabile. Molti dei nostri considerano Camillo Ruini come il don Camillo degli anni Cinquanta. Ma viviamo in un altro mondo, è scomparso anche Peppone. Si vuole separare il secolare dal religioso, senza considerare che questi due mondi in Italia sono separati da 15 secoli. Senza pensare che il Ventunesimo secolo ci chiama a riflettere sull'Islam.
Lo scontro di civiltà?
R- Il vero scontro di civiltà è all'interno del mondo islamico e riguarda il rischio che il fattore religioso abbia l'ultima parola anche nelle scelte pubbliche. Mentre noi in Italia dimentichiamo che quando Benedetto Croce riconosceva che non possiamo non dirci cristiani si riferiva a una cultura della nazione intrisa di lascito cristiano: non c'è pittura, scultura, pagina di diritto, requiem o Te Deum che non ci ricordi quella cultura e che al tempo stesso la separazione del religioso dal secolare appartiene alla cultura della nazione.
Rutelli si alza e torna con un articolo di Nicola Guiso sull'Indipendente che ricorda una sua battaglia contro la manipolazione genetica: anno 1986. «Ero capogruppo radicale alla Camera… Vent'anni dopo, alla festa della Margherita di Porto Santo Stefano, ho ammonito i miei a non confondere la cultura laica con quella laicista. La laicità è un patrimonio della Repubblica. Il laicismo comporta una contrapposizione culturale alla presenza di valori religiosi nella sfera pubblica. Ho ricordato quel che disse Oscar Luigi Scalfaro agli ambasciatori dei paesi arabi intervenuti all'inaugurazione della moschea di Roma: siate i benvenuti, ma ricordate che anche noi cristiani abbiamo il diritto di godere della stessa libertà religiosa nella Penisola Arabica. È un tema gigantesco che trascuriamo. Nell'ultimo colloquio con Giovanni Paolo II (era imminente la guerra in Iraq) capii che la sua vera angoscia era il ritorno alle guerre di religione. Ricordava il Kosovo, la Bosnia. Temeva l'attacco in massa ai «crociati».
Diceva di laici e laicisti…
R- Dobbiamo dialogare con chi vive l'Islam secondo criteri laici, altrimenti non c'è spazio per separare l'agire pubblico dai comandi religiosi. E per quanto ci riguarda, il problema non è tanto discutere sulla ripartizione dell'8 per mille, quanto evitare nuove contrapposizioni.
Quelle che si sono verificate nel referendum sulla fecondazione assistita e stanno verificandosi di nuovo sui pacs.
R- Il referendum ha dimostrato che alla mobilitazione quasi totalitaria del centrosinistra ha corrisposto che meno della metà degli elettori dell'Unione ha votato sì. La verità è che il referendum ha segnato il fallimento del tentativo di spostare in senso laicista la linea guida del centrosinistra. Mi auguro che la lezione sia stata compresa.
Si riferisce alla polemica sui pacs?
R- Dobbiamo assicurare agli omosessuali pieni diritti e zero discriminazioni. Ma quando si è diffuso l'equivoco che noi saremmo favorevoli se non al loro matrimonio almeno a forme di unione paramatrimoniale, deve essere chiaro che questa posizione il centrosinistra non l'ha mai adottata. Noi ne discuteremo nella Margherita e nell'Unione, ma non potremo mai assumere una decisione in contrasto con l'articolo 29 della Costituzione.
La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio....
R- Appunto. Non c'è alcuna costituzione europea che si esprima sul punto in maniera così chiara. E sostenere la capacità di avere più figli è anche un imperativo economico per il futuro della nostra società.
E se le chiedessero di obbedire a una decisione di maggioranza?
R- Escludo che l'Unione possa adottare una proposta anticostituzionale. Non possiamo considerare alcuni articoli della Costituzione come intangibili e trattare altri come se fossero di chewing gum. L'articolo 29 è scolpito.
E Romano Prodi?
R- Sono certo che Prodi, cattolico per antica convinzione ed esperienza, troverà il giusto equilibrio sui temi dell'etica anche alla luce dei mutamenti nella conoscenza scientifica e converrà nel garantire posizioni equilibrate sul tema centrale della famiglia.
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