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  1. #11
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    Originally posted by Asteroids


    Guarda che prima non esistevano e bisogna essere dei geni per inventare il microscopio e il canocchiale per il resto anche io son convinto che non subì le persecuzioni che vengono raccontate, tutto poi va collocato nel periodo storico in cui si sono svolte le vicende.
    Una piccola precisazione: il cannocchiale non fu invenzione di Galileo, ma di un inventore olandese (di cui non ricordo il nome )!!!! Poi, Galileo fu un genio nella fisica, ma qualche strafalcione in astronomia lo fece!!!!
    "

  2. #12
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    Originally posted by cm814


    Una piccola precisazione: il cannocchiale non fu invenzione di Galileo, ma di un inventore olandese (di cui non ricordo il nome )!!!! Poi, Galileo fu un genio nella fisica, ma qualche strafalcione in astronomia lo fece!!!!
    Ehhh è venuto prima e ha fatto gli errori poi gli altri li hanno corretti ma questo è naturale l'importante e che non lo si consideri come un chissà quale nemico della chiesa, le vicende bisogna sempre farle risalire all'epoca storica in cui son state vissute.

  3. #13
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    Originally posted by Asteroids


    Ehhh è venuto prima e ha fatto gli errori poi gli altri li hanno corretti ma questo è naturale l'importante e che non lo si consideri come un chissà quale nemico della chiesa, le vicende bisogna sempre farle risalire all'epoca storica in cui son state vissute.
    Ma in seno alla Chiesa nessuno lo ha mai considerato tale. Neanche le più alte gerarchie (con le quali, ai suoi tempi, era in intimità). NO, no, certo.... Galileo era cattolico, almeno così si professava.
    "

  4. #14
    Ospite

    Predefinito L'inquisizione era garantista?

    di Davide Canfora




    1. Gli studi, antichi e recenti, riguardanti il tribunale dell'Inquisizione sono molto numerosi. Si può dire che la storiografia non ha mai cessato di approfondire l'operato del tribunale che è stato, nel corso della storia, il più temuto e il più duraturo1. Da ultimo non sono mancati interventi, anche autorevoli, nei quali si è cercato di ridimensionare, almeno in parte, il mito della "leggenda nera". Alcuni hanno addirittura attribuito al tribunale dell'Inquisizione un improbabile spirito garantista2.

    La presente antologia si propone un intento modesto. In essa è raccolta una breve selezione di documenti relativi alla storia del terribile tribunale ecclesiastico. Si tratta di documenti per lo più ben noti, ma non tutti agevolmente reperibili. Il testo latino della bolla Ad extirpanda di Innocenzo IV (1252), con cui l'antologia si apre, è per esempio accessibile a tutti gli studiosi, poiché esso fu edito dal Mansi nella sua Sacrorum Conciliorum Collectio (1779), posseduta da molte biblioteche pubbliche italiane. Il lettore non specialista, tuttavia, difficilmente avrà occasione di leggere quella bolla, con cui tra l'altro si introdusse ufficialmente la prassi della tortura nelle procedure dell'Inquisizione.

    Il fine del nostro scritto è dunque il seguente: rievocare, attraverso la voce oggettiva dei documenti, alcune tappe significative della storia del Sant'Uffizio. Si è cercato di non trascurare gli atti e le prese di posizione ufficialmente pubblicate dalla Santa Sede, affinché dalle parole stesse della Chiesa apparisse con inequivocabile chiarezza lo spirito che ha animato gli inquisitori nel corso dei secoli. Perciò l'antologia si apre con la già citata bolla di Innocenzo IV e propone, tra gli ultimi documenti, l'interessantissima lettera con cui il cardinale Merry del Val, segretario della Suprema Sacra Congregazione del Sant'Uffizio, accompagnò nel 1929 l'edizione dell'Indice dei libri proibiti voluto da papa Pio XI. A fianco di questi documenti di provenienza ecclesiastica non mancano nell'antologia voci di diversa origine: la Relazione di Goa di Charles Dellon, ad esempio, che ha anch'essa un enorme valore documentario, dal momento che si tratta della testimonianza diretta di un eretico processato dall'Inquisizione.

    L'antologia si conclude con la voce Inquisition, tratta dal Dizionario filosofico di Voltaire. Essa è stata proposta non solo per il piacere di rileggere una pagina memorabile di quell'opera, naturalmente proibita dalla Chiesa, ma soprattutto per rendere giustizia alla condanna espressa dall'illuminista francese intorno al tribunale inquisitoriale: i documenti che in questa sede precedono la pagina di Voltaire dimostrano infatti che egli aveva assolutamente ragione. Quel tribunale non fu garantista, come alcuni vorrebbero, ma produsse massacri, fu feroce e spietato, intollerante e cieco di fronte alle più evidenti verità di ragione e di scienza (si veda il caso Galilei) e "disonorò il genere umano", secondo la felice espressione dello storico Franco Catalano3.



    2. Nella storia dell'Inquisizione si possono individuare alcune tappe fondamentali. Un tribunale avente questo nome - la cosiddetta Inquisizione medievale - fu fondato già nel XIII secolo ed ebbe il compito di combattere le eresie sorte in quegli anni nella Repubblica cristiana, in particolare nella Francia meridionale e nell'Italia centro-settentrionale (albigesi, valdesi etc.). Queste eresie toccavano naturalmente anche questioni riguardanti la fede: per esempio, se l'ostia consacrata dopo l'eucarestia dovesse considerarsi, come voleva l'ortodossia cattolica, il corpo di Cristo. Ciò che soprattutto contribuì alla notevole diffusione e popolarità dei movimenti ereticali, tuttavia, furono le spietate critiche mosse dagli eretici all'odiosa corruzione del clero e la necessità, da loro proclamata, del ritorno della Chiesa alla dimensione della povertà evangelica.

    L'Inquisizione, agli albori della propria storia, combatté con sanguinosa efficacia - come il caso della crociata contro gli albigesi dimostra - le eresie sorte in seno alla Chiesa. Nel corso del Quattrocento, tuttavia, andarono moltiplicandosi in Europa le tensioni anticlericali e i moti ereticali: il movimento degli hussiti in Boemia rappresenta un esempio molto celebre di queste eresie "preriformistiche" quattrocentesche. Ciò che esse denunciavano era ancora e in primo luogo la corruzione del clero, il che suscitò caute simpatie presso ambienti anche molto vicini alla Santa Sede (si vedrà, nell'antologia, il giudizio espresso dall'umanista fiorentino Poggio Bracciolini, segretario apostolico, sull'hussita Girolamo da Praga, condannato al rogo).

    Se l'azione dell'Inquisizione si rivelò in un primo tempo sufficiente a combattere le eresie, l'esplosione della Riforma luterana mutò radicalmente la situazione. È appena il caso di ricordare che, oltre a porre questioni teologiche, anche il luteranesimo fece leva anzitutto sul diffusissimo malcontento nei confronti della corruzione e del lusso in cui vivevano le gerarchie ecclesiastiche: è lecito ritenere che le famose tesi del frate agostiniano tedesco non avrebbero affatto "sconvolto il mondo", se la Chiesa avesse prestato ascolto alle tante voci che, ormai da secoli, denunciavano invano i costumi degli ecclesiastici4. Alla Riforma protestante la Chiesa cattolica rispose, come è ben noto, con il concilio di Trento. Agli anni del concilio, alla metà del Cinquecento, si data il nuovo vigore e la rinnovata autorità che il tribunale dell'Inquisizione acquistò in nome della battaglia contro la rinata peste eretica. Battaglia che fu tra le più sanguinose dell'Europa moderna e che si intersecò inevitabilmente con le vicende politiche dei singoli Stati. Repressione suscita repressione, naturalmente: gli "inquisitori' protestanti non furono certo meno spietati di quelli cattolici.

    Se non poté evitare il prevalere della Riforma in quei paesi dove essa aveva ormai attecchito, l'Inquisizione tridentina ebbe tuttavia un indiscutibile successo nello stroncare sul nascere ogni infiltrazione riformatrice nei paesi rimasti invece indenni (o quasi indenni) dalla peste luterana. Fu questa l'epoca dell'Inquisizione Romana e dell'Inquisizione, ancor più tristemente famosa, Spagnola e Portoghese.

    Uno scarto ulteriore nella storia dell'Inquisizione - che fu poi ribattezzata Sant'Uffizio ed è infine stata riformata, nel 1965, in Congregazione per la Dottrina della Fede - si ha nel Settecento. Come appare con chiarezza dalle riflessioni del gesuita erudito Francescantonio Zaccaria, parzialmente riprodotte in questa antologia, durante il secolo dei lumi il bersaglio privilegiato della repressione ecclesiastica cessò di essere la Riforma (ormai i luterani si sono giocati il Regno di Dio, osserva Zaccaria: peggio per loro!) e divenne l'Illuminismo. Carica di risentimento e di riprovazione nei confronti della filosofia degli illuministi è, ancora nel 1929, la già citata lettera del cardinale Merry del Val. Aspramente combattuto dalla Chiesa, l'Illuminismo vinse comunque le proprie battaglie: la diffusione delle nuove idee di tolleranza, per esempio, impose alla Chiesa di "rinnovare' i propri strumenti di repressione al fine di renderli meno incompatibili - non certo di adeguarli - rispetto allo spirito dei tempi. Meno roghi, dunque, e più censure.

    Acquistò in tal modo rinnovata importanza la questione dei libri proibiti. Assente dalla bolla di Innocenzo IV - a causa della scarsissima circolazione libraria nel XIII secolo - il problema dei libri nocivi si era invero già posto con gravità a partire dal Quattrocento, quando la secolarizzazione umanistica della cultura e l'invenzione della stampa avevano favorito una più intensa circolazione delle idee. Nel Cinquecento la Chiesa si trovò di fronte all'esplosione della Riforma e dovette al tempo stesso constatare l'esistenza di un mercato librario sempre più cospicuo e almeno in parte incontrollato: sorse dunque l'esigenza di correre ai ripari e in seno all'Inquisizione nacque la Congregazione dell'Indice. Gli elenchi di libri proibiti, che già esistevano a livello locale, furono dunque resi ufficiali, rivisti e arricchiti in base alle direttive prescritte dal concilio di Trento e infine affidati alla cura degli inquisitori. Al rogo, sempre più spesso, finirono - con gli eretici - anche i libri che essi avevano scritto: ciò che accadde nel caso di Giordano Bruno. Si noti che il mercato librario non fu affatto danneggiato dai roghi di libri: la Chiesa si preoccupò di incentivarlo incrementando la pubblicazione di libri sacri e non nocivi in sostituzione di quelli proibiti5.

    A partire dal Settecento, dunque, poiché la diffusione delle idee illuministiche aveva reso sempre più inaccettabile per il senso comune il ricorso alla pena capitale per il "crimine" di eresia, le attenzioni della Chiesa si concentrarono per lo più altrove. Violenti attacchi e la proibizione prescritta dall'Indice colpirono la produzione intellettuale degli illuministi e - nei tempi successivi, fino all'ultimo Indice pubblicato da Pio XII nel 1948 - di tutti quegli autori riconducibili a vario titolo ad una matrice illuministica: Foscolo, Leopardi e Victor Hugo, per fare tre nomi di grande importanza. È il caso di osservare che solo una ristrettissima percentuale dei libri proibiti erano libri in cui si professava l'ateismo (come Il buon senso di D'Holbach): sempre ammesso che ciò potesse rappresentare un motivo sufficiente per proibire quei libri. Ma forse più grave dello stesso ateismo appariva agli inquisitori la dottrina del deismo, concezione della divinità - comune a molti illuministi - che poneva le diverse confessioni religiose sullo stesso piano e liberava il culto di Dio da ogni esteriorità e da ogni dogma: in questo modo alla Chiesa, non più depositaria dell'unica rivelazione, veniva sottratto ogni ragionevole motivo per presentarsi come guida dei credenti.

    Il caso di Leopardi è significativo e interessante. Non solo le sue Operette morali furono messe all'Indice; tutti i suoi scritti, anche dopo la morte dell'autore, furono oggetto di attacchi da parte degli ambienti cattolici e di persecuzioni da parte delle autorità ecclesiastiche e, su invito delle autorità ecclesiastiche, delle stesse autorità civili. Ben noto, naturalmente, è l'odio implacabile che lo scrittore cattolico Niccolò Tommaseo nutrì nei confronti del poeta recanatese. Vale la pena di ricostruire brevemente l'origine di quell'odio: nel 1825 l'editore milanese Stella sottopose a Leopardi, il quale per Stella stava curando un'edizione di Cicerone, un saggio scritto in latino e anonimo, composto in realtà da Tommaseo, riguardante l'oratore romano; Leopardi rispose per lettera all'editore ironizzando sull'anonimo autore di quel saggio e correggendo alcuni errori del suo latino. Stella in seguito mostrò la lettera di Leopardi a Tommaseo e questi concepì da allora verso il recanatese un astio che non si sopì più e che lo portò a commentare, in una lettera scritta a Gino Capponi in data 17 luglio 1837, la morte di Leopardi con due eleganti endecasillabi tronchi: "Natura con un pugno lo sgobbò: / canta, gli disse irata; ed ei cantò".

    Ben più grave la persecuzione che toccò alle opere di Leopardi per l'iniziativa congiunta del Vaticano e degli Austriaci negli anni seguenti: nel 1839, due anni dopo la morte del poeta, il segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Lambruschini, allertò il nunzio apostolico presso le corti di Napoli e di Vienna, segnalando l'esistenza di un pericoloso manoscritto di Leopardi contenente un'opera "nella quale si professa il materialismo unitamente alle più irreligiose follie dettategli dal suo spirito oltremodo guasto e maniaco" (si trattava del testo dei Paralipomeni). Le pressioni vaticane non furono accolte dal governo borbonico, molto geloso delle proprie prerogative, ma furono ascoltate a Vienna: è del 27 febbraio 1841 una lettera in cui il principe Metternich sollecita il capo della polizia, Sedlnitzky, a evitare che si diffondessero le opere di Leopardi, intrise di "offensiva irreligiosità e di principii antisociali'6.


    3. Lotta contro le dottrine pauperistiche, contro la Riforma e infine contro l'Illuminismo: queste, dunque, le tappe principali della storia dell'Inquisizione. A margine di queste grandi battaglie, si segnala un altro fenomeno, a tratti sopito e a tratti invece riaffiorante, ma sostanzialmente costante: un radicato antisemitismo. Esso è testimoniato nel XIII secolo dal manuale dell'inquisitore francese Bernard Gui, del quale è stato riportato un passo nella nostra antologia, ma ritorna anche a distanza di secoli, per esempio nelle norme per gli inquisitori stabilite dal concilio di Trento. La lotta contro gli judaizantes, gli ebrei convertiti, fu poi la vera ossessione dei primi decenni di vita dell'Inquisizione Spagnola: il 50% (percentuale poco garantista, si potrebbe osservare!) degli Ebrei convertiti processati a Valencia tra il 1481 e il 1530 furono condannati a morte; tra le famiglie distrutte dalle persecuzioni del Sant'Uffizio ci fu quella del grande umanista Luis
    Vives7.

    Elemento costante nella storia dell'Inquisizione furono anche i processi per stregoneria, che colpirono in prevalenza le donne: uno dei grandi meriti dell'Illuminismo fu la denuncia dell'assurdità di questi processi. Se oggi la nozione stessa di stregoneria e il ricordo dei processi alle streghe ci appaiono non solo ovviamente lontanissimi dal senso comune, ma anche avvolti in un'atmosfera macabra e surreale; se l'espressione "caccia alle streghe' è usata per antonomasia nel linguaggio corrente per indicare un'azione persecutoria e arbitraria: lo dobbiamo senza dubbio agli illuministi. Come ha scritto Bertrand Russell: "non è merito del cristiano se non crede più a tutte quelle assurdità che si accettavano un secolo fa, ma dei liberi pensatori che, nonostante la più vigorosa resistenza, sono riusciti a far breccia nella cosiddetta ortodossia'8. Allo stesso modo, nel fatto che i divieti prescritti dall'Indice dei libri probiti riguardarono, a partire dal XIX secolo, i soli lettori cattolici, non si deve vedere un segno di maggiore tolleranza da parte della Chiesa, bensì la conseguenza inevitabile della diffusione dell'idea di libertà di pensiero proclamata dall'Illuminismo e dalla Rivoluzione Francese9.

    Nei confronti degli illuministi e della Rivoluzione Francese la Chiesa è tra l'altro debitrice anche per quel che riguarda l'acquisizione della nozione di libertà di culto. I sacerdoti cattolici - ha osservato lo storico Albert Mathiez - "scoprirono" il valore di questa libertà all'improvviso, quando si trovarono a dover prestare giuramento alla Costituzione civile del Clero nel 1790: "i refrattari perseguitati invocarono la Dichiarazione dei diritti dell'uomo (che il papa aveva condannato in concistoro segreto come empia) per ottenere il riconoscimento del loro culto. Il vescovo di Langres, La Luzerne, fin dal marzo 1791, consigliò loro di reclamare formalmente il beneficio dell'editto del 1787 che aveva permesso ai protestanti di far registrare il loro stato civile davanti ai giudici del luogo, editto che l'Assemblea del clero aveva pur condannato a suo tempo. Quale lezione, in questa semplice coincidenza!'10.



    4. I sostenitori della tesi secondo cui l'Inquisizione era un tribunale garantista sono soliti affermare che i condannati dalla Chiesa furono molto meno numerosi rispetto ai condannati dai tribunali civili. La stessa censura dei libri, si dice, fu attuata in modo poco efficace: molti libri proibiti continuarono a leggersi anche negli anni più bui della cosiddetta Controriforma.

    Sulla quantità complessiva delle condanne inflitte dai tribunali ecclesiastici si avrà occasione di tornare nelle brevi introduzioni che precedono i documenti proposti nell'antologia. Ci limiteremo qui a osservare che non fa alcun testo il mero dato statistico relativo al numero di condanne inflitte dall'Inquisizione, dal momento che all'inquisito gli inquisitori offrivano la possibilità di scansare la pena (o almeno le conseguenze peggiori di essa11) attraverso l'abiura. Ora, poiché la pena minacciata non di rado era quella capitale, risulta evidente che nella maggioranza dei casi l'inquisito preferiva abiurare piuttosto che essere arso vivo (si pensi a Galilei). Altrettanto evidente risulta che un tribunale civile non poteva a sua volta proporre al reo l'abiura, dal momento che non si è mai visto tornare in libertà, dopo avere abiurato, un inquisito per reati comuni (il reato contestato dall'Inquisizione era invece un reato di opinione). Se poi si vuole giuocare ipocritamente e spudoratamente con le cifre, si potrebbe dire che la stessa condanna di Giordano Bruno non è imputabile alla Chiesa: gli inquisitori si limitarono a censurare i suoi libri e a condannarlo come eretico, affidandolo al magistrato secolare, cioè al governatore della città di Roma, con la raccomandazione di essere il più possibile clemente nei confronti del filosofo nolano!

    Quanto ai libri proibiti, è certamente vero che la censura di essi non fu sempre efficace. I libri proibiti continuarono a leggersi anche negli anni del concilio di Trento. Non è mai esistito e non esisterà mai un divieto tanto rigoroso, che sia del tutto impossibile infrangere: "pensa più un prigioniero a scappare che non il carceriere a chiudere la porta", ha scritto Stendhal ne La certosa di Parma. Il fatto che la censura degli inquisitori potesse essere raggirata non ha a che fare con i principi ispiratori dell'azione inquisitoriale: né è il caso di esagerare la portata del fenomeno dell'elusione rispetto alle proibizioni dell'Indice, dal momento che - come da ultimo ha ricordato lo storico Ugo Rozzo12 - molti libri indubbiamente sopravvissero alla Congregazione dell'Indice, ma il massacro di copie fu nel complesso colossale. Allo stesso modo, il fatto che ci furono inquisitori che furono indulgenti perché si lasciarono corrompere dagli inquisiti depone a sfavore della loro personale moralità, ma non sminuisce affatto - come invece è stato detto - la severità dell'istituzione. Uno storico futuro della storia italiana contemporanea potrà sollevare dubbi sull'intransigenza e l'integrità dei finanzieri che sono stati coinvolti in processi per tangenti: difficilmente affermerà che lo statuto della Guardia di Finanza del nostro paese è deliberatamente strutturato in modo tale che questa istituzione non possa esercitare una seria azione di controllo in campo fiscale! Anche le comunità ebraiche nella Spagna del XVI secolo, dopo la cacciata degli Ebrei nel 1492, continuarono a praticare di nascosto la propria religione, così come la Resistenza al nazifascismo avvenne nella clandestinità: l'esistenza di attività clandestine dovrebbe apparire come l'inequivocabile prova dell'esistenza di un sistema repressivo, non come indizio di lassismo da parte delle autorità.



    5. L'attuale atteggiamento della Chiesa nei confronti del proprio passato appare contrastante. Come si vedrà nelle sezioni dell'antologia relative alle figure di Bruno e di Galilei e all'Indice dei libri proibiti, il Vaticano sembra orientato a chiedere perdono, in occasione del Giubileo del 2000, per gli errori del passato; pare comunque che non saranno fatti esplicitamente i nomi dei destinatari delle "scuse". Anzi, a riguardo di Giordano Bruno è stato detto con chiarezza che, se la pena capitale non appare conforme all'odierna interpretazione del Vangelo, le sue dottrine erano in ogni caso erronee in materia di fede e dunque la sua condanna in quanto eretico rimane valida. Quanto a Galilei, la sua riabilitazione, recentemente voluta dall'attuale pontefice, ha qualcosa di irresistibilmente comico: si potrebbe osservare che, se mai egli potesse e se la cosa avesse un senso, dovrebbe essere lo scienziato fiorentino a perdonare la Chiesa.

    L'Inquisizione - è stato scritto da ultimo sulla rivista dei gesuiti, "La Civiltà Cattolica" - fu "oggettivamente una macchia grave, da cui la Chiesa deve purificarsi": nello stesso articolo si afferma peraltro che "il problema dell'Inquisizione non è soltanto storico, ma principalmente teologico' e che gli inquisitori agirono in perfetta buona fede per difendere "l'onore di Dio", "anche se si devono condannare abusi ed eccessi". "L'Inquisizione - prosegue l'articolo di "Civiltà Cattolica" - è stata più attenta alle esigenze della giustizia e meno dura e crudele dei tribunali civili"; il processo, tra l'altro, prendeva avvio da denunce che non potevano essere anonime o "mosse da odio o da interesse": constateremo che affermare ciò non corrisponde al vero per quel che riguarda numerosi casi, primi tra tutti i processi contro Girolamo da Praga e contro Giordano Bruno. "Se c'era qualche incertezza o sulla confessione dell'imputato o sulla qualità dei testimoni - continua "Civiltà Cattolica" - non si poteva procedere alla condanna": affermazione anch'essa inesatta, poiché vedremo che l'inquisitore Bernard Gui prescrive espressamente nel proprio manuale di falsificare i verbali degli interrogatori nei casi più controversi13.

    Anche sul tema della censura libraria si riscontra una parziale disponibilità a discutere sul passato da parte della Chiesa, ma non appare affatto chiaro quale sia il giudizio attuale del Vaticano sui libri che, almeno fino al 1948, erano da considerarsi proibiti.



    6. Una considerazione si impone in conclusione. Come si è visto, la nostra raccolta si sforza di offrire, attraverso alcuni documenti, una ricostruzione della vicenda storica dell'Inquisizione. Anche se evidenti ragioni di spazio hanno reso necessario escludere dall'antologia numerosi processi celebri (per esempio, quelli contro Tommaso Campanella14), la lettura dei documenti qui proposti porta in ogni caso a ritenere senza equivoco che il tribunale dell'Inquisizione fu un tribunale terribile, non certo garantista. Se alcuni ambienti ecclesiastici cercano di introdurre questa tesi nel senso comune, agiscono in modo fuorviante, ostacolando la comprensione dei fatti storici. Se i mezzi di comunicazione di massa ripetono questa tesi e la deformano e la semplificano, contribuiscono - more solito - alla disinformazione dei propri fruitori.

    È stato recentemente osservato che la censura dei libri e della libera circolazione delle idee - uno dei settori in cui l'Inquisizione fu più attiva - non è stata nella storia una prassi attuata dalla sola Chiesa cattolica. Ciò è assolutamente vero: anche le Chiese riformate avevano un sistema di controllo dei libri non diverso da quello romano e, fino alla vigilia della Rivoluzione Francese (i cui meriti non si finirà dunque mai di elogiare), "la convinzione che la pubblicazione di un libro non dovesse essere libera fu ovvia e generalizzata'15. La censura dei libri non si è peraltro attenuata nel nostro secolo, come si sa16, sicché sembra - come è stato osservato - che "non esista governo che sia indifferente alle opinioni dei governati'17. È comunque opportuno ricordare che c'è modo e modo di esercitare la censura: per restare nel nostro secolo, il rogo dei libri voluto da Hitler nel 1933 non trova alcun eguale nell'Unione Sovietica di Stalin, dove esisteva la censura, ma non ci furono mai roghi. Un particolare che sarebbe erroneo ritenere marginale.

    La Chiesa appare al laico un'istituzione contraddittoria. Essa ha dato alla luce figure come Francesco d'Assisi (che peraltro rischiò seriamente di essere giudicato eretico) e come papa Alessandro VI. Si è egualmente espressa attraverso le parole pronunciate da Gesù nel celebre discorso della montagna ("beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio"; "amate i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla") e attraverso l'oscurantismo dell'Indice dei libri proibiti, dei roghi e delle condanne capitali. Al socialista François Mitterrand, presidente della Repubblica Francese, parve che il discorso della montagna fosse uno dei testi più rivoluzionari della storia dell'umanità e che Gesù avrebbe potuto tranquillamente giustificare il proprio ritorno in terra, oggi, con il fine di pronunciare di nuovo quel discorso18; i roghi dei libri, simbolo di intolleranza, ebbero invece in Hitler il più inquietante e scomodo imitatore. La Chiesa è nata dalle persecuzioni - si ricorderà la celebre pagina di Engels in cui i socialisti, costretti alla clandestinità dalle leggi contro la sovversione nella Prussia di fine "800, sono paragonati ai cristiani delle catacombe19 - e ha a sua volta perseguitato per secoli, seminando odio e sangue.

    In apertura, si è proposto al lettore il dialogo tra Gesù e Dio alla presenza del Diavolo, tratto dal romanzo Il Vangelo secondo Gesù dello scrittore portoghese José Saramago. Un brano in cui si prospetta, sotto la veste dell'ironia voltairiana caratteristica di quell'autore, il dubbio che sorge di fronte alla complessa storia della Chiesa cattolica. Essa è rappresentata dallo spirito violento, intollerante e ambizioso che, nella finzione narrativa, Saramago attribuisce alla prima persona della Trinità? O invece dallo spirito umile, mite e umano che viene attribuito a Gesù?

    La colpa dell'Inquisizione - si legge nel già citato articolo di "Civiltà Cattolica' - fu di pensare "di dover imporre la fede anche con la violenza, contro lo spirito di mitezza del Vangelo di Gesù". Ma a Gesù, nel Vangelo, è a rigore attribuito il linguaggio dell'amore ("amate i vostri nemici") e al tempo stesso quello dell'odio ("sono venuto a gettare fuoco sopra la terra"; "pensate che io sia venuto a recare pace sopra la terra" No, vi dico, ma divisione"; "se uno viene a me e non odia suo padre, la madre, la sposa, i figli, i fratelli e le sorelle, e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo'20). Sono, come si vede, messaggi contrastanti. Davvero possono essere separati l'uno dall'altro?


    Note

    1. Non si darà conto qui dell'ampia bibliografia riguardante l'Inquisizione e la sua storia. Il rinvio ad alcuni studi molto importanti figura nelle singole sezioni della presente antologia. Altri testi saranno via via citati nel corso di questa introduzione. Si tenga in ogni caso presente che, con riferimento alle vicende più note della storia dell'Inquisizione (ad esempio, per il caso Galilei), si ha a che fare con una bibliografia sterminata. Mi limito ora a segnalare la sempre preziosa voce Inquisizione, curata da mario niccoli per l'Enciclopedia Italiana (vol. 19, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1933, pp. 335-339).

    2. La discussione ha coinvolto le pagine culturali dei grandi quotidiani. Segnalo, in primo luogo, due autorevoli interventi dello storico adriano prosperi (di cui ricordiamo, da ultimo, il libro Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino, Einaudi, 1996) sul «Corriere della Sera»: Le vere colpe dell'Inquisizione. Fu meno dura dei tribunali laici, però introdusse il reato di opinione (10/11/1998, p. 33); Davano tangenti all'Inquisitore per salvare i libri dal rogo (10/12/1998, p. 33; questo secondo articolo propone una parte della relazione tenuta da Prosperi in occasione del Convegno Interdisciplinare intitolato La censura, svoltosi all'Università di Bologna dal 10 al 12 dicembre 1998). I quotidiani hanno comunque affrontato l'argomento a più riprese e, come sovente accade nel dibattito giornalistico, hanno via via deformato le conclusioni delle ricerche degli studiosi: si veda in proposito l'articolo Ma per molti "eretici" l'Inquisizione fu la salvezza di Rino Cammilleri (anche autore del volume Storia dell'Inquisizione, Roma, Newton & Compton, 1997), in cui si arriva a teorizzare, senza porre limiti alla fantasia, che gli inquisiti per lo più aderivano alle eresie per paura, come nella Francia meridionale del XIII secolo (Cammilleri pensa agli albigesi, in realtà massacrati dalla Chiesa cattolica con una celeberrima e paurosa crociata), e che l'Inquisizione quasi sempre rappresentò per costoro la salvezza (?); d'altra parte, afferma Cammilleri con sconcerto del lettore, perseguitando gli eretici la Chiesa si limitò a difendersi, così come "l'odierna liberal-democrazia ha i suoi fondamenti filosofici, che difende dalla sovversione anche con leggi apposite [...], contro chiunque, poniamo, volesse far risorgere il nazismo" («Corriere della Sera», 12/11/1998, p. 35). Sia consentito chiosare che "nazista", di Giordano Bruno, finora non lo aveva detto nessuno! Il dibattito sull'Inquisizione negli organi di stampa si è manifestato anche in forma di agili trafiletti contenenti notizie di agenzia: si pensi all'epigrammatico dispaccio AdnKronos apparso su «La Stampa» del 7/8/1998 (p. 22) sotto il titolo L'Inquisizione? Era garantista.

    3. Franco Catalano, Questa fu l'Inquisizione, «Il Calendario del Popolo», 80, 1951,
    p. 841.

    4. Lutero, tra il 1510 e il 1511, si recò a Roma, dove rimase sconcertato - come è ben noto - dalla corruzione del clero e dallo sfarzo in cui vivevano le gerarchie ecclesiastiche. Anche il frate servita Paolo Sarpi ebbe un'esperienza analoga, alla fine dello stesso secolo: il suo viaggio a Roma lo convinse della necessità di una riforma radicale dell'istituzione ecclesiastica. Il tema del viaggio a Roma, capitale dell'immoralità, si ripropone molto simile anche in letteratura e ricorre già molto prima della Riforma: Giovanni Boccaccio, all'incirca due secoli prima di Lutero e quasi tre prima di Sarpi, racconta in una novella del Decameron (1, 2) una storia che ci appare come una versione comica dell'esperienza che capiterà a Lutero e a Sarpi. L'ebreo francese Abraam, sollecitato dalle insistenze dell'amico Giannotto a farsi cristiano, delibera infine di recarsi a Roma per vedere la capitale del cristianesimo e il papa. Giannotto, dolente, commenta allora tra sé di avere solo sprecato le proprie fatiche, poiché Abraam, una volta conosciuta a Roma "la vita scellerata e lorda de" chierici", non solo si sarebbe rifiutato di convertirsi, ma anzi, "se egli fosse cristian fatto, senza fallo giudeo si ritornerebbe". Abraam, al contrario, tornato a Parigi, si converte al cristianesimo, con somma sorpresa e gioia di Giannotto, e spiega la propria scelta nel modo seguente: indubbiamente il papa e il clero, con il proprio comportamento, si sforzano incessantemente "di riducere a nulla - egli dice - e di cacciare del mondo la cristiana religione"; poiché tuttavia non ci riescono in alcun modo e si vede anzi la religione cristiana col tempo "aumentarsi e più lucida e più chiara divenire", "meritamente - afferma Abraam - mi par discerner lo Spirito Santo esser d'essa, sì come di vera e di santa più che alcuna altra, fondamento e sostegno".

    5. Francesca Niutta, Libri proibiti. Dai roghi ai racconciamenti, in: La città e la parola scritta, a cura di Giovanni Pugliese Carratelli, Milano, Libri Scheiwiller, 1997,
    p. 382.

    6. I documenti relativi a Leopardi e alla censura delle sue opere sono pubblicati nei volumi: Antonio Giuliano, Giacomo Leopardi e la Restaurazione, Napoli, Memorie dell'Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti (8), 1994; id., Giacomo Leopardi e la Restaurazione. Nuovi documenti, Napoli, Memorie dell'Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti (10), 1998.

    7. Ricardo Garcia Cárcel, L'Inquisizione, traduzione italiana di Stefano Baldi, Milano, Fenice 2000, 1994, pp. 48-53. Sulle persecuzioni dell'Inquisizione contro gli Ebrei in Spagna, segnalo inoltre il prezioso libro: Yosef Hayim Yerushalmi, Dalla corte al ghetto. La vita, le opere, le peregrinazioni del marrano Cardoso nell'Europa del Seicento, traduzione italiana di Maria Sumbulovich, presentazione di Michele Luzzati e di Michele Olivari, Milano, Garzanti, 1991.

    8. Bertrand Russell, Perché non sono cristiano, traduzione italiana di Tina Buratti Cantarelli, Milano, Longanesi, 1960, p. 27.

    9. Nel XIX e nel XX secolo le proibizioni dei libri furono in effetti rivolte ai soli cattolici. Si deve comunque osservare che, sin dal principio, le proibizioni erano in realtà destinate soltanto a chi faceva parte della Respublica christiana, ai battezzati, non all'intero genere umano, come si ricava con chiarezza dal manuale per gli inquisitori dell'Alberghini (cf. p. 108), il quale scrive nel 1642 che le proibizioni riguardavano "tutti i fedeli in Cristo" ("omnes Christi fideles"). Alla Chiesa, dunque, non si può a rigore riconoscere neppure il merito di avere - indotta a ciò dallo spirito di libertà sorto con la Rivoluzione Francese - ridotto nel corso del tempo il numero delle persone soggette ai divieti: la Chiesa si limitò semplicemente a prendere atto, a partire dall'Ottocento, del fatto che non tutti gli abitanti della cosiddetta Respublica christiana, non tutti i battezzati, corrispondevano più alla tradizionale nozione di "Christi fideles".

    10. Albert Mathiez - Georges Lefebvre, La Rivoluzione Francese, traduzione italiana di Mario Bonfantini, vol. 1, Torino, Einaudi, 199213 [Parigi, 1922-1927], p. 147.

    11. È qui opportuno ricordare che gli inquisitori, in molti casi, condannarono i rei "pentiti" alla reclusione perpetua, presentando questo come supremo gesto di misericordia. È stato di recente scritto che, in realtà, "la condanna alla reclusione a vita da parte del Sant'Uffizio significava, come oggi, libertà vigilata dopo qualche anno" (John Tedeschi, Il giudice e l'eretico: studi sull'Inquisizione Romana, traduzione italiana di Stefano Galli, Milano, Vita e Pensiero, 1997 [Binghamton - New York, 1991], p. 19): ciò però nulla toglie di aberrante al principio secondo cui l'inquisito, dopo avere abiurato il proprio "errore", potesse comunque essere condannato. E si rammenti che all'inquisito non veniva risparmiata la condanna dopo l'abiura nemmeno qualora egli fosse anziano e malato (come accadde nel caso di Galilei).

    12. L'osservazione è stata fatta in occasione della giornata di studio su Censura ecclesiastica e cultura politica in Italia tra Cinquecento e Seicento (cf. p. 143, n. 6).

    13. L'Inquisizione e i suoi problemi (articolo redazionale), «La Civiltà Cattolica», 5 dicembre 1998, vol. 4, anno 149, pp. 457-470.

    14. Sui processi contro il monaco calabrese, segnalo il volume postumo: Luigi Firpo, I processi di Tommaso Campanella, a cura di Eugenio Canone, Roma, Salerno Editrice, 1998. Campanella, come è noto, si finse pazzo per sfuggire alla condanna dell'Inquisizione. La simulazione cominciò il 2 aprile del 1600: "Fu una scelta vincente. Altrimenti Campanella avrebbe seguito sul patibolo i suoi sventurati compagni di congiura" (Adriano Prosperi, Campanella. L'Utopia in carcere, «Corriere della Sera», 5/2/1999, p. 35).

    15. Mario Infelise, I libri proibiti. Da Gutenberg all'Encyclopédie, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. 27. Ricordiamo che il diritto alla libertà di stampa fu sancito nell'articolo 11 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 26 agosto 1789 ("la libera comunicazione del pensiero e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell'uomo: ogni cittadino può dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo rispondere dell'abuso di questa libertà nei casi previsti dalla legge"). Esso fu ribadito e perfezionato nell'articolo 7 della Dichiarazione robespierriana del 24 giugno 1793 ("il diritto di manifestare il proprio pensiero e le proprie opinioni, per mezzo della stampa e in ogni altra maniera, il diritto di riunirsi pacificamente e il libero esercizio dei culti religiosi non possono essere impediti. L'esigenza di enunciare tali diritti presuppongono la presenza o il ricordo del dispotismo") e ripetuto, ma in forma edulcorata, nell'articolo 4 della Dichiarazione termidoriana presentata alla Convenzione nel 1795 ("ogni uomo è libero di manifestare il proprio pensiero e le proprie opinioni. La libertà di stampa e ogni altro modo di esporre il proprio pensiero non possono essere impediti, sospesi o limitati. Ogni uomo è libero nell'esercizio del proprio culto religioso"). L'articolo riguardante la libertà di stampa e di espressione, si noti, fu tuttavia escluso dal testo finale della Dichiarazione termidoriana approvato dalla Convenzione il 22 agosto 1795 (Il testo delle tre Dichiarazioni è in: Les déclarations des droits de l'homme de 1789, textes réunis et présentés par Christine Fauré, Paris, Payot, 1988, pp. 11-13, 373-376 e 377-379; il testo della Dichiarazione termidoriana nella forma precedente all'approvazione della Convenzione è in: Sergio Luzzatto, L'autunno della Rivoluzione. Lotta e cultura politica nella Francia del Termidoro, Torino, Einaudi, 1994, pp. 418-433).

    16. Sulla censura nell'Italia fascista e sulle persecuzioni contro gli scrittori di religione ebraica, si veda da ultimo: Giorgio Fabre, L'elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei, Torino, Zamorani, 1998.

    17. Paolo Mieli, Censura. La lunga guerra tra libri e potere, «La Stampa», 10/1/1999, p. 21.

    18. François Mitterrand-Elie Wiesel, Mémoire à deux voix, Paris, Editions Odile Jacob, 1995, p. 73.

    19. Friedrich Engels, Introduzione alla prima ristampa delle "Lotte di classe in Francia', traduzione italiana di Palmiro Togliatti, in: Karl Marx, Rivoluzione e reazione in Francia. 1848-1850, a cura di Leandro Perini, Torino, Einaudi, 1976 (Roma, Editori Riuniti, 1962-1964), pp. 412-413.

    20. I tre passi citati corrispondono rispettivamente a: Lc 6, 35; 12, 49-51; 14, 26. La traduzione qui utilizzata è quella di Piero Rossano, Vescovo Ausiliare di Roma per la Cultura e Rettore della Pontificia Università Lateranense (Vangelo secondo Luca, a cura di Piero Rossano, Milano, Rizzoli, 1984, pp. 63, 125 e 137).



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  5. #15
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    La metodologia storica è assai scadente, ma ormai pare che l'incultura sia molto apprezzata. Da almeno 150 anni, col sorgere della moderna storiografia, si è messo in risalto, che la mera pubblicazione di documenti NON E' MAI indice di verità, ma l'autore del pezzo non se ne rende conto.
    Non solo, ma secondo lui l'assonanza tra termini latini e termini moderni significa, necessariamente, la stessa cosa: quando, poi, gli studiosi più accreditati glielo fanno notare, ecco che ricorre all'ultima spiaggia: l'illazione, il "secondo me", "è comunque......."

    Per molto meno, ho perso tre punti in un esame di storia romana. E a questo invece, pubblicano libri....., anvedi come va il mondo!

    Dulcis in fundo, cita pure Voltaire, che, si sa, fu un "onesto storiografo": ma fatemi il piacere!
    Ormai certi carrozzoni non vanno avanti neppure se spinti: in facoltà (ateneo ASSOLUTAMENTE LAICO) hanno avuto più rispetto i miei prof per la Chiesa, che noi cattolici.

    Per la serie: FACCIAMOCI DEL MALE (con molta, molta ignoranza!!!!)


    "

  6. #16
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    Nn si potrebbe avere un breve riassunto del papiro qui sopra?!?!
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  7. #17
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    Con polemica, Angelo di Centro non capisce, che per molte meno imprecisioni, cm è stato bacchettato pesantemente dai suoi prof LAICI... LAICISSIMI

    E, forse, molto più aperti mentalmente di Angelo di Centro.....
    con la rivalutazione del Medioevo, si è rivalutata pure l'Inquisizione....
    se lo negassi, negherei anni e anni di studi. E non sono fesso.....
    Per che cosa? per farmi dire che sono moderno e aprte di mente?
    Questo mi hanno insegnato.... dell'ignoranza altrui non sono responsabile.
    "

  8. #18
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    Originally posted by Oli
    Nn si potrebbe avere un breve riassunto del papiro qui sopra?!?!
    Cortesemente una domanda: Oli è l'abbreviazione di oligofrenico?

  9. #19
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    Originally posted by Bellarmino


    Cortesemente una domanda: Oli è l'abbreviazione di oligofrenico?
    Evidentemente si, visto ke ho bisogno d un semplice riassunto x capire il contenuto del testo!!!
    There are only 10 types of people in the world: those who understand binary and those who don't

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  10. #20
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