16 SETTEMBRE 2018: XVII DOMENICA DOPO LA PENTECOSTE; SANTI CORNELIO PAPA E CIPRIANO VESCOVO, MARTIRI…
MISSALE ROMANUM - Die 16 Septembris. Ss. Cornelii Papæ et Cypriani Ep. Martyrum
http://www.unavoce-ve.it/mr-16sept=lat.htm
«DIE 16 SEPTEMBRIS
Ss. CORNELII Papæ
et CYPRIANI Ep.
MARTYRUM»
Dom Prosper Guéranger, L'Anno Liturgico
http://www.unavoce-ve.it/gueranger.htm
«Santi Cornelio e Cipriano, martiri, 16 settembre.
Commemorazione dei santi martiri Eufemia, Lucia e Geminiano, lo stesso giorno.»
Guéranger, L'anno liturgico - Domenica dopo la Pentecoste
http://www.unavoce-ve.it/pg-dopopent-dom17.htm
«DOMENICA DICIASSETTESIMA DOPO LA PENTECOSTE.»
Santi Cornelio e Cipriano - Sodalitium
http://www.sodalitium.biz/santi-cornelio-cipriano/
«16 settembre, Santi Cornelio Papa (+253) e Cipriano Vescovo (258), Martiri.[/B]
Per quella fedeltà inalterabile con cui corrispondeste mai sempre ai vostri gravissimi impegni, l’uno del Romano Pontificato e l’altro del primato di tutta l’Africa, quindi dei vostri talenti non vi serviste che per sempre più glorificare in tutti i suoi unti la fede minacciata dalla perfidia degli scismatici o degli eretici, mentre con l’esempio d’ ogni virtù animavate tutti i veri fedeli a sempre avanzarsi nell’esercizio dell’evangelica perfezione, e colla carità la più generosa rasciugavate le lagrime di tutti quanti gli afflitti, ottenete a noi tutti, gloriosissimi martiri Cornelio e Cipriano, che a vostra imitazione siamo sempre costanti così nel compiere con esattezza tutti i doveri del nostro stato come nell’impiegare tutte quante le nostre forze per procurare nel miglior modo la glorificazione di Dio, o la edificazione del prossimo, dacchè in questo consiste la perfezione di quella legge santissima che abbiano la gloria di professare. Gloria.»
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“Gesù è interrogato sul primo comandamento.”
“Díliges Dóminum, Deum tuum, ex toto corde tuo et in tota ánima tua et in tota mente tua. Hoc est máximum et primum mandátum. Secúndum autem símile est huic: Díliges próximum tuum sicut teípsum. (Mt 22, 37-39).”
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«SANTI CORNELIO, Papa e CIPRIANO, Vescovo, Martiri.
Semidoppio.
Paramenti rossi.
Cornelio era romano - nacque a Roma nel 180 -, e fu eletto XXI Sommo Pontefice della Chiesa cattolica nel marzo 251, esercitando il pontificato sotto l'imperatore Gallo: dovette combattere Novaziano, il primo antipapa. Tolse dalle catacombe i corpi degli Apostoli Pietro e Paolo per trasportarli nei luoghi dove essi erano stati martirizzati. Esiliato a Centumcellae (l'odierna Civitavecchia), vi morì nel giugno del 253.
Cipriano, nato a Cartagine nel 210, quando si convertì al cristianesimo, era avvocato a Cartagine: poco dopo la sua conversione fu innalzato alla dignità sacerdotale e consacrato vescovo di Cartagine. «Sarebbe superfluo, dice san Gerolamo, parlare del suo genio, poiché le sue opere sono più splendenti del sole». Questo illustre Padre della Chiesa latina rappresenta uno dei periodi più tormentati della Chiesa d'Africa. Scampato alla persecuzione di Decio del 250, compì il martirio con la decapitazione sotto i Principi Valeriano e Gallieno, dopo un duro esilio, il 14 settembre 258 a Sesti, non lontano da Cartagine (6 miglia), vicino al mare.
La Chiesa Romana ha dunque voluto celebrare con una sola festa questi due grandi martiri e Pontefici che, viventi, erano stati uniti da una santa amicizia. Per far posto alla festa dell'Esaltazione della Croce, la solennità dei due martiri venne trasportata ad oggi.
• Cornelio, Romano, fu Papa sotto gl'imperatori Gallo e Volusiano, e trasferì insieme con Lucina, donna di gran santità, dalle catacombe in luogo più conveniente, i corpi degli Apostoli Pietro e Paolo; e Lucina collocò il corpo di san Paolo nella sua proprietà sulla via Ostiense, presso il luogo dov'era stato decapitato; Cornelio poi ripose il corpo del Principe degli Apostoli non lungi dal luogo dov'era stato crocifisso. Il che essendo stato riferito all'imperatore, e come per lo zelo del Pontefice molti si facevano cristiani, questi venne mandato in esilio a Civitavecchia, dove san Cipriano, vescovo di Cartagine, gli scrisse delle lettere di consolazione.
Siccome si rendevano frequentemente l'un l'altro questo dovere di carità fraterna, gl'imperatori n'ebbero ombra, e, mandato Cornelio a Roma, lo fecero flagellare con corde impiombate come reo di lesa maestà, e, menatolo al tempio di Marte, gl'intimarono di offrirgli sacrificio. Ma detestando egli siffatta empietà, gli fu troncata la testa il 14 di Settembre. La beata Lucina, aiutata da chierici, ne seppellì il corpo in un'arenaria d'un suo podere presso il cimitero di Callisto. Egli occupò il trono pontificale circa due anni.
Cipriano, Africano, insegnò dapprima retorica con gran grido. Quindi, fattosi cristiano dietro persuasione del prete Cecilio, da cui prese il cognome, distribuì ai poveri tutto il suo avere. Dopo non molto tempo fu eletto prete, e poi vescovo di Cartagine. Sarebbe superfluo parlare del suo genio, essendo le sue opere più brillanti del sole. Sostenne il martirio sotto gli imperatori Valeriano e Gallieno, nell'ottava persecuzione, lo stesso giorno che Cornelio a Roma, ma non nello stesso anno.
SANTA MESSA
• Omelia di san Gregorio papa.
Omelia 35 sui Vangeli.
Il Signore e Redentore nostro annunzia i mali che precederanno la fine del mondo affinché, quando essi verranno, tanto meno perturbino quanto più saranno stati conosciuti prima. Infatti le frecce che sì prevedono feriscono meno; e i mali del mondo ci sembrano più tollerabili quando la previsione ci premunisce contro di essi, come uno scudo. Ecco dunque quello che dice: "Quando sentirete parlare di guerre e sommosse, non vi spaventate; bisogna che prima avvengano queste cose, ma la fine non verrà subito dopo". È necessario ponderare le parole del nostro Redentore, con le quali egli ci annunzia che dobbiamo patire sia all'esterno che all'interno. Le guerre infatti vengono fatte dai nemici, le sommosse dai cittadini. Per indicarci dunque che saremo turbati all'esterno e all'interno, ci dice che altro avremo a soffrire dai nemici e altro dai fratelli.
Ma poiché, avvenuti questi mali, non seguirà subito la fine, aggiunge: "Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; e vi saranno in diversi luoghi grandi terremoti, e pestilenze e carestie; e vi saranno fenomeni spaventosi e grandi segni dal cielo". L'ultima calamità sarà così preceduta da molte calamità; e con i frequenti mali che precederanno, vengono indicati i mali eterni, che seguiranno. Perciò, dopo le guerre e le sommosse, non seguirà subito la fine; perché devono precedere molti mali che, possano preannunciare il male che non avrà fine.
Però, dopo che si è parlato di tanti segni di perturbazione, è necessario prenderli brevemente in considerazione ad uno ad uno. Perché sta scritto che noi ne subiamo alcuni dal cielo, altri dalla terra, altri dagli elementi, altri dagli uomini. Dice infatti: "Si solleverà popolo contro popolo»: ecco lo scompiglio degli uomini; "vi saranno in diversi luoghi grandi terremoti": ecco l'ira che verrà dall'alto; "vi saranno pestilenze e": ecco la perturbazione nei corpi; "vi saranno fame e carestia": ecco la sterilità della terra; "e fenomeni spaventosi dal cielo e tempeste": ecco l'instabilità dell'atmosfera. Poiché dunque tutto deve essere distrutto, prima della distruzione tutto sarà sconvolto; e noi, che in tutto abbiamo peccato, in ogni cosa saremo puniti, perché si avveri quanto è stato detto: "E con lui combatterà l'universo contro gli insensati".
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P.S. Si fa la commemorazione dei santi Cornelio Papa e Cipriano Vescovo, Martiri nella Santa Messa della Diciassettesima Domenica dopo Pentecoste.»
«16 settembre 2018: san Cornelio, Papa e martire.
Di origine romana, fu eletto papa nel marzo del 251 dopo un periodo di sede vacante dovuto alla persecuzione di Decio. Assunse un atteggiamento di indulgenza nella prassi peniteniale ed in particolare riguardo alla riconciliazione degli apostati. Questo gli provocò la contrapposizione del primo antipapa Novaziano, brillante teologo. In un sinodo Cornelio respinge le tesi di Novaziano e lo scomunica. Subì quindi l'esilio ad opera dell'imperatore Treboniano Gallo e in esilio a Centocelle di Civitavecchia morì nel 253. E' sepolto nelle catacombe di San Callisto a Roma.
Cornelio, papa, santo, martire, romano (marzo 251 - giugno 253), morì a Civitavecchia. Alla fine del III secolo fu traslato in una cripta nel Cimitero di Callisto. Le sue reliquie, qui onorate in una basilica voluta da S. Leone I (440-61), furono traslate da Adriano I (772-95) nel territorio di Capracoro dove il pontefice aveva la sua casa paterna. Al tempo di Gregorio IV (827-844) erano a S. Maria in Trastevere all’ingresso della navata, il pontefice le fece collocare sotto l’altare maggiore. Parte delle reliquie furono, in quell’epoca, traslate in Francia, nella chiesa dedicatagli a Compiegne. Parte del corpo fu portato, nella seconda metà del XVIII secolo, nella chiesa dei Ss. Celso e Giuliano.
M.R.: 14 settembre - A Roma, sulla via Appia, il beato Cornelio, Papa e Martire, il quale, nella persecuzione di Decio, dopo la relegazione in esilio, fu fatto battere con flagelli piombati, e così, con altre ventun persone di vario sesso, decapitare. Nello stesso giorno furono pure decapitati Cereale soldato e Sallustia sua moglie, i quali dallo stesso Cornelio erano stati istruiti nella fede. Il 16 settembre la festa dei santi Martiri Cornelio Papa e Cipriano, Vescovo di Cartagine, la cui memoria si celebra il 14 settembre.
[ Tratto dall'opera «Reliquie Insigni e "Corpi Santi" a Roma» di Giovanni Sicari ]
16 settembre 2018: San Cipriano, vescovo e martire.
Cipriano nacque a Cartagine verso il 210, da genitori pagani. Convertitosi alla fede e ordinato sacerdote, fu eletto vescovo della città nel 249. Governò egregiamente la chiesa con gli esempi e con gli scritti, in tempi assai difficili. Sostenne san Cornelio nella contrapposizione con Novaziano. Nella persecuzione di Valeriano, prima fu condannato all'esilio, quindi, il 14 settembre del 258, morì martire.»
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«16 settembre 2018: sant'Eufemia e compagni, martiri.
Eufemia, morì martire a soli 15 anni. L'esatta data del suo martirio ci è giunta nei "Fasti Vindobonenses priores" ed è il 16 settembre del 303, durante la persecuzione di Diocleziano.
Il culto della santa nasce però dopo il Grande Concilio tenutosi nella basilica di Calcedonia (451-52) e da lì si estese gradualmente a tutta la cattolicità.
Alla santa bengono ovunque dedicate chiesa e viene scritta la sua passio. Legata al concilio stesso, viene decisa la festa dell'11 luglio in onore di san Eufemia Eufemia protettrice dell'ortodossia, festa inclusa nel Martirologio Geronimiano e nei calendari orientali.
La data dell'11 luglio è legata al miracolo, raccontato nel Sinassario Costantinopolitano, relativo alle due professioni di fede: quella ortodossa e quella eutichiana. Entrambe erando state poste sul petto della santa, ma alla riapertura dell'urna debitamente sigillata, si trovò il testo ortodosso stretto nelle mani della santa e quello ereticale sotto i suoi piedi. In realtà del culto della santa ne parla nella sua XI Omelia (databile tra il 380 e il 410) il vescovo Asterio di Amasea, i cristiani di quella città le avevano eretto un monumento sepolcrale e ne celebravano ogni anno la festa durante la quale nelle omelie venivano raccontati i particolari del martirio.
Lo stesso Asterio racconta inoltre il martirio della santa descrivendo le immagini viste in una chiesa a lei dedicata rappresentanti il processo, la tortura (alla santa vennero strappati i denti), la prigionia affrontata in preghiera e il martirio sul rogo, ma questo contrasta con l'iconografia dove sant'Eufemia è quasi sempre raffigurata con la ruota della tortura e con i leoni.
Sant'Eufemia è particolarmente venerata a Rovigno, città di cui è copatrona: la leggenda popolare narra che in contrada Santa Cruz, approdò miracolosamente il 13 luglio dell'800, galleggiando sul mare, e proveniente da Costantinopoli, la pesante arca marmorea di Santa Eufemia da Calcedonia, in una notte da tregenda con onde gigantesche che gettarono l'arca suglli scogli di quello che allora era l'Isola di Rovigno.
I rovignesi, accorsi in gran numero, si avvidero che l'arca nel suo prodigioso arrivo aveva scavato una sorta d'insenatura e, convinti dal fatto miracoloso, vollero portare l'arca entro le mura di Rovigno ma non riuscirono nè in tale impresa nè a scoperchiare il sarcofago. La notte successiva ad una pia rovignese apparve in sogno una splendida giovinetta, che le rivelò di essere Sant'Eufemia, la martire di Calcedonia, dandole precise "istruzioni" per spostare la pesante arca in pietra, ovvero le "ingiunse di aggiogare all'arca stessa le due ancor vergini vaccherelle che le aveva dato il Signore, e di lasciar poi che desse la conducessero colà dove a Lui stesso fosse meglio piaciuto. Nè al dì vegnente tardò guari la pia vedova a mettere in esecuzione il celestial comando; ed alla vista di tutti quell'enorme peso è sollevato facilissimamente dalle due vaccherelle, e condotto fino alla sommità del monte, dove poi si arrestò presso l'antica Chiesuola intitolata a S. Giorgio Martire".
Il riconoscimento delle spoglie come quelle della martire calcidoniese venne poi confermato, almeno così si narra, da una pergamena ritrovata a fianco della santa una volta scoperchiato il sarcofago. A testimonianza del miracoloso evento venne fatta erigere una colonna quadrangolare. Sino dagli inizi del 1800 il popolo faceva uso devozionale della sua acqua ritenendola miracolosa.»
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“Il 16 settembre 655 muore in esilio, martire del cesarismo bizantino, San Martino I, Sommo Pontefice”
“Il 16 settembre 1087 muore il Beato Vittore III Epifani, Sommo Pontefice”
“Il 16 settembre 1276 viene esaltato al Sommo Pontificato Papa GIovanni XXI Iuliani, Sommo Pontefice”
“Il 16 settembre 1498 moriva padre Tomas di Torquemada O.P. : primo Grande inquisitore dell'Inquisizione spagnola, priore del convento domenicano della Santa Cruz di Segovia e confessore dei Re Cattolici (Isabella di Castiglia e Ferdinando II d'Aragona).”
Indice testi in italiano
http://www.cmri.org/ital-index.html
Centro Studi Giuseppe Federici - sito ufficiale
http://www.centrostudifederici.org/
Sito ufficiale del Centro Culturale San Giorgio, tratta di messaggi subliminali, rock satanico, occultismo, massoneria
http://www.centrosangiorgio.com/
sito dedicato alla crisi dottrinale nella chiesa cattolica
http://www.crisinellachiesa.it/
https://www.agerecontra.it/
https://www.agerecontra.it/category/arai-daniele/
https://www.facebook.com/Traditio.Verona.it/
https://www.facebook.com/pietroferrari1973/
“Non Una Cum - Roman catholics sedevacantists.”
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Guéranger, L'anno liturgico - Domenica dopo la Pentecoste
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«DOMENICA DICIASSETTESIMA DOPO LA PENTECOSTE.
MESSA
I decreti di Dio sono sempre giusti sia quando confonde gli orgogliosi sia quando nella sua misericordia esalta gli umili. Vedemmo la sua volontà sovrana all'opera otto giorni or sono nella distribuzione dei posti riservati ai santi al banchetto dell'unione divina e, ricordando le pretese e la sorte degli invitati alle nozze, chiediamo soltanto misericordia.
EPISTOLA (Ef 4,1-6). - Fratelli: Io, che sono prigioniero del Signore, vi scongiuro di avere una condotta degna della vocazione che avete ricevuto, con tutta umiltà, con mansuetudine, con pazienza, con carità, sopportandovi gli uni gli altri, studiandovi di conservare l'unità dello spirito con il vincolo della pace. Un sol copro, un solo spirito, come ad una sola speranza siete stati chiamati con la vostra vocazione. Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti che è sopra tutti , che è in tutte le cose e specialmente in noi nei secoli dei secoli così sia.
Con la lettera di san Paolo ai cristiani di Efeso la Chiesa riprende l'esposizione delle grandezze dei suoi figli e li supplica di rispondere in modo degno alla loro vocazione divina.
La chiamata di Dio.
Noi conosciamo già questa chiamata di Dio. È la chiamata del genere umano alle nozze dell'unione divina delle nostre anime a regnare nei cieli sul trono del Verbo diventato loro Sposo e loro Capo (Ef 2,5). Un tempo il Vangelo di otto giorni or sono era più legato all'Epistola, che abbiamo letta e nella quale trova un brillante commento, mentre a sua volta spiega in modo perfetto le parole dell'Apostolo: "Quando sarete invitati alle nozze, diceva il Signore, cum vocatus fueris, prendete l'ultimo posto". "In tutta umiltà, aggiunge l'Apostolo, mostratevi degni della vocazione che avete ricevuta: digne ambuletis vocatione qua vocati estis".
Fine e modo di intendere la chiamata.
Quale condizione dobbiamo adempire per mostrarci degni dell'altissimo onore che il Verbo eterno ci ha fatto? Umiltà, mansuetudine, pazienza sono mezzi raccomandati per arrivare allo scopo. Lo scopo è l'unità del corpo immenso, che il Verbo ha fatto suo nella celebrazione delle mistische nozze e la condizione che l'Uomo-Dio esige da quelli che, partecipando della Chiesa, sua Sposa, chiama ad essere ossa delle sue ossa, carne della sua carne (ivi 5,30), è che mantengano tra loro un'armonia che faccia veramente di tutti un'anima sola, un copro solo, nei vincoli della pace.
"Legame splendido, - esclama san Giovanni Crisostomo - legame meraviglioso, che tutti ci unisce e tutti insieme ci lega a Dio!": La sua forza è la forza dello Spirito Santo stesso, tutto santità ed amore, perché è lo Spirito che stringe i suoi nodi immateriali e divini, agendo nella moltitudine dei battezzati come come il soffio vitale nel corpo umano, che anima e unisce le membra tutte. Per lo Spirito, giovani e vecchi, poveri e ricchi, uomini e donne, sebbene distinti per razza e per indole, diventano un solo tutto, fusi in un immenso abbraccio in cui arde senza fine l'eterna Trinità. Però, perché l'incendio dell'amore infinito possa impadronirsi dell'umanità rigenerata, occorre che essa si purifichi eliminando le rivalità, i rancori, i dissensi, che, rivelandola ancora carnale, la renderebbero poco accessibile alla fiamma divina e all'unione che produce.
La carità fraterna e i suoi frutti.
Stringiamoci ai fratelli con questa felice catena della carità, perché essa non coarta che le nostre passioni e dilata invece le anime nostre, lasciando che lo Spirito le conduca con sicurezza a realizzare l'unica speranza della nostra vocazione comune, che è l'unione a Dio nell'amore. Quaggiù la carità, anche per i Santi, è una virtù faticosa perché raramente, anche nei migliori, la grazia restaura l'equilibrio delle facoltà, rotto dal peccato originale, in modo che non restino deficienze. Perciò la debolezza, gli eccessi della povera natura si fanno ancora sentire, nonostante l'umiltà del giusto e la vigile pazienza di coloro che l'attorniano. Dio permette questo, per accrescere il merito di tutti e ravvivare in noi il desiderio del cielo nel quale ritroveremo una totale e facile armonia con tutti i nostri simili, perché noi pure ci saremo pienamente pacificati nel dominio assoluto di Dio tre volte santo, divenuto tutto in tutti (1Cor 15,28).
Nella patria fortunata Dio stesso tergerà ai suoi eletti il pianto causato dalle miserie, rinnovando il loro essere alla sorgente infinita (Ap 21,4-5). Il Figlio eterno, abolito il dominio delle forze avverse e vinta la morte in ciascuno dei suoi membri mistici (1Cor 15,24-28), apparirà nella pienezza del mistero della sua incarnazione vero Capo dell'umanità santificata, restaurata e sviluppata in lui (Ef 1,10).
VANGELO (Mt 22,34-46). - In quel tempo: S'accostarono a Gesù i Farisei, uno dei quali, dottore in legge, lo interrogò, per tentarlo: Maestro, qual è il maggiore comandamento della legge? E Gesù gli rispose: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente. Questo è il massimo e primo comandamento: il secondo poi è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la legge e i profeti. Essendo dunque adunati i Farisei, Gesù li interrogò dicendo: Che vi pare del Cristo? Di chi è figlio? Gli rispondono: Di David. Ed egli a loro: Come dunque David, in spirito, lo chiama Signore, dicendo: Il Signore ha detto al mio Signore: Siedi alla mia destra, sinché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi? Se dunque David lo chiama Signore, in qual modo è suo figlio? E nessuno poteva replicargli parola; né vi fu chi ardisse, da questo giorno in poi, d'interrogarlo.
La carità.
L'Apostolo che disse: Scopo della legge è la carità (1Tm 1,5) disse pure: Scopo della legge è il Cristo (Rm 10,4), e noi cediamo ora l'armonia di queste due proposizioni. Vediamo anche allo stesso modo la relazione delle parole del Vangelo: In questi due comandamenti sono compresi tutta la legge e i profeti e le altre, che sono pure del Signore: Scrutate le Scritture, perché esse mi rendono testimonianza (Gv 5,39).
La prefazione della legge che regola i costumi è nella carità (Rm 13,10) il cui fine è Cristo e oggetto delle Scritture rivelate è l'Uomo-Dio, che nella sua adorabile unità riassume per i suoi morale e dogma.
"Egli è la loro fede, il loro amore termine di tutte le nostre risoluzioni, - dice sant'Agostino - perché tutti i nostri sforzi tendono a perfezionarci in Lui e giungere in Lui è la nostra perfezione. Giunto a Lui, non cercare oltre: egli è la tua meta" (Enarr. sul Sal 56). Il santo Dottore ci dà qui la miglior formula dell'unione divina: "Aderiamo a Lui solo, godiamo in Lui solo, siamo tutti in Lui: haereamus uni, fruamur uno, permaneamus unum" (De Trin. iv, 11).
La bella antifona dell'Offertorio di oggi, separata dai versetti che una volta l'accompagnavano, non rivela più la ragione per cui ebbe da remotissimi tempi tale posto. Riportiamo i versetti che seguivano l'Antifona, rilevando che l'ultimo termina con la notizia dell'arrivo del principe delle armate celesti in soccorso del popolo di Dio. È questo l'effetto cercato come risulta dall'Antifonario pubblicato dal beato Tommasi, conforme ai più antichi manoscritti, dove questa domenica apre la settimana della festa del grande Arcangelo e la Domenica prossima vi è designata col nome di Prima Domenica dopo la festa di san Michele (prima post sancti Angeli).
OFFERTORIO. - Io, Daniele, ho pregato il mio Dio dicendo: Signore, esaudisci le preghiere del tuo servo, fa splendere la tua faccia sul tuo santuario e guarda misericordioso questo popolo sul quale, o Dio, è stato invocato il tuo nome.
V/. Mentre io ancora parlavo e pregavo e dicevo i miei peccati e le colpe di Israele. mio popolo.
V/. Io udii una voce che mi diceva: Intendi, Daniele, le parole che ti rivolgo, perché io sono inviato a te, ed ecco che Daniele stesso giunse in mio soccorso.
Guardate con misericordia.
PREGHIAMO
Signore, libera il tuo popolo dagli errori contagiosi del demonio e concedigli la grazia di seguire solo te nella sincerità del cuore.
da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 497-500.»
Luca, Sursum Corda - Habemus Ad Dominum!!!