Per ogni problema difficile esiste una soluzione facile – ed è sbagliata. Il vecchio Mark Twain ci torna utile con l’esplosizione dell’emergenza dell’influenza aviaria. L’organizzazione mondiale della sanità suggerisce di fare scorta di “Tamiflu”, l’antivirale della Roche che sembra l’unico baluardo contro il virus dei polli, in attesa dello sviluppo di un vaccino.
Tuttavia, essendo la capacità produttiva naturalmente limitata ed il processo di produzione lungo e complesso, a fronte di una crescente domanda mondiale diventa assai complicato soddisfare la domanda dei governi. Quali soluzioni a questo problema, nel timore di una pandemia?
Ne vengono proposte sostanzialmente due, una peggiore dell’altra. Alcuni economisti sostengono che gli organismi sovranazionali dovrebbero assumersi direttamente la responsabilità della produzione dei farmaci attivi per contrastare l’influenza. Gli impianti produttivi andrebbero dunque “centralizzati” sotto il loro controllo: passando così dal privato al settore pubblico. L’esperienza storica con le industrie di Stato non è delle migliori: la pianificazione centralizzata genera inefficienze, sprechi, si dimostra incapace di soddisfare le domande dei consumatori. Il crollo del comunismo sovietico ne è stato la più spettacolare testimonianza. Siamo sicuri che vogliamo mettere la vita di milioni di persone alla mercé di un sistema platealmente inefficiente?
La seconda alternativa è di fatto simile. Il presidente della Cipla, un importante produttore indiano di farmaci generici, Yasuf Hamied, ha annunciato che “giusto o sbagliato che sia, inizieremo al più presto a commercializzare e produrre oseltamivir”. Oseltamivir è il nome “generico” del Tamiflu. La Cipla vorrebbe dunque “derubare” la Roche del suo brevetto, per iniziare a rifornire al più presto il mercato mondiale.
Un’emergenza umanitaria sembrerebbe un buon motivo per spaccare i sigilli della proprietà privata, e pensare a curare quante più persone il prima possibile. Spesso però le emergenze sono l’utile pretesto per stabilire precedenti pericolosi. Lo sviluppo del Tamiflu è stato molto complesso, e solo ora l’impresa che ha deciso di investirvi le proprie risorse comincia a raccoglierne i frutti. Prezzi alla mano, non sembra particolarmente avida, e pare disposta a venire a patti con uno scenario davvero difficile. Sottrarle a forza il proprio brevetto, oggi, significa creare un potente disincentivo per la ricerca. Fare ricerca ve bene – questo sarebbe il messaggio dei governi – finché i farmaci sviluppati non servono. Quando diventano necessari, viene il momento di cambiare le regole del gioco. E’ come dire a un produttore di automobili: sei libero di sviluppare e vendere le tue macchine alle condizioni che preferisci, finché non c‘è domanda. Quando la gente te le ordina, allora diamo facoltà ai tuoi concorrenti di copiare, pezzo per pezzo, i tuoi modelli.
La regola basilare del capitalismo è che se hai successo fai soldi, se non ne hai ne perdi. Si chiama “rischio”. Però non si può pretendere che un’impresa si accolli i rischi ed i costi della produzione di un farmaco innovativo, per poi non fare profitti. Il fatto che l’influenza aviaria non sia il raffreddore non è una scusa accettabile. Se stabiliamo il principio che, nelle malattie più gravi e drammatiche, le regole di mercato non valgono, le aziende si comporteranno di conseguenza. E si limiteranno a fare ricerca per produrre farmaci più frivoli, legati a patologie meno devastanti, per questo al sicuro dalla mano lesta del potere pubblico. Ma non sono proprio le malattie più dolorose e pervicaci quelle che vorremmo esorcizzare?
Fra l’altro, il Tamiflu non è una cura in senso stretto. Interferisce con la riproduzione del virus, aiuta la lotta del corpo, ma non previene complicazioni serie. Nei test clinici, i pazienti trattati con questo farmaco hanno cominciato a sentirsi meglio 1,3 giorni prima di quanti non l’avevano assunto. Il Tamiflu diminuisce i rischi dell’aviaria, se assunto subito dopo il contagio. Eppure, non è né una panacea né un vaccino.
Mai come in questi giorni dovrebbe esserci chiaro il ruolo fondamentale che la ricerca gioca perché noi tutti possiamo mantenere il nostro tenore di vita. E’ giusto attrezzarsi con i vaccini, che ora sono in via di sviluppo – come ha deciso di fare il governo. Ancora più importante, però, è rendersi conto di come e perché medicinali come il Tamiflu vengono prodotti. Pensate a cosa sarebbe della nostra vita, senza di essi. E chiedetevi se sia giusto e lungimirante, coi pretesti più vari, sabotare la catena di montaggio che ci ha allungato la vita, e che ne allevia il peso.

Da Libero, 23 ottobre 2005
di Alberto Mingardi