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    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Arrow Il cristianesimo, questo sconosciuto

    PROVOCAZIONE

    «Molti europei pensano di conoscere la fede del Vangelo. Ma non è così. Potremmo dire anzi che essa è oggi la religione meno nota del continente» Il «j’accuse» dello storico Rémi Brague

    Il cristianesimo, questo sconosciuto

    «Ignorare le dottrine più elementari del cattolicesimo non è sentito come vergogna,anzi, alcuni se ne vantano La passata influenza di Roma la pone in stato di handicap»

    Di Rémi Brague

    L'influenza del cristianesimo in Europa è un fatto storico incontestabile. Ogni pagina di storia, ogni monumento, ogni opera d'arte lo testimoniano. Diverse istituzioni, come diverse sensibilità, sono di origine cristiana. Anche quando non ne eravamo ancora consapevoli. Riconoscerla è un fatto comune; farne un inventario è compito degli storici.

    Ignorarla non può essere una semplice non conoscenza; non può essere che una decisione volontaria. È bene ricordare questa presenza del cristianesimo, semplicemente perché è vero. È bene fornire agli europei i mezzi per «leggere» le tracce di questa storia con una educazione appropriata, per esempio nella letteratura o nell'arte. Ma è anche bene ricordare che la penetrazione del messaggio cristiano fra le popolazioni europee è stata assai lenta ed è rimasta solo parziale. Il battesimo dei popoli europei non avvenne certo da un giorno all'altro. Ha richiesto almeno un millennio, perché l'ultima nazione a riceverlo furono i lituani che dovettero aspettare sino alla fine del XIV secolo: un secolo dopo san Tommaso d'Aquino e, all'epoca di Dante, in Europa c'era ancora una nazione pagana!

    Tuttavia, il ricordo del passato cristiano dell'Europa non può fondare alcuna rivendicazione. Con un po' di vergogna ricordiamo questo fatto evidente: mai un fatto può fondare un diritto, mai ciò che è può decidere ciò che deve essere. Anche ipotizzando che l'Europa sia stata così interamente cristiana come potremmo auspicarci, questo non sarebbe un motivo valido perché resti tale. E, al contrario, se è vero che si allontana dalla fede, ciò non prova niente né a favore né contro di essa. Tali dati oggettivi valgono anche sia per gli amici sia per i nemici del cristianesimo. Questi ultimi potrebbero benissimo constatare l'eredità cristiana dell'Europa, ma ciò non li impegnerebbe a niente. Recentemente abbiamo potuto osservare, a proposito del suo richiamo nel preambolo del Trattato costituzionale europeo ancora da ratificare, che essi non lo vol evano.

    Vergogna per la Francia, i cui rappresentanti hanno dimostrato una volontà di negare la natura così tipica di un atteggiamento ideologico! Onore a Joseph Weiler, studioso americano israeliano del diritto europeo, ebreo osservante, che ha scritto un breve libro per rammaricarsene! Per principio, la situazione di mercato aperto, se fosse perfetta, metterebbe il cristianesimo sullo stesso piano delle altre convinzioni, religiose o no. Ma nell'Europa di oggi, lo mette in una situazione sfavorevole. Questo handicap deriva proprio dal fatto della sua influenza passata. Questo avviene su due registri, quello del sapere e quello della sensibilità. Quanto al sapere, molti europei pensano di conoscere il cristianesimo.

    Ma non è così. Potremmo dire, con qualche esagerazione, che il cristianesimo oggi è la religione che gli europei conoscono meno bene. Ignorare le dottrine più elementari del cristianesimo non è più considerato una vergogna. Anzi, alcuni arrivano a vantarsene, proprio perché si pensa che il cristianesimo sia qualcosa di molto conosciuto. Ed effettivamente, ogni europeo è passato un giorno davanti a una chiesa, vi è entrato per un funerale, ha sentito parlare di Dante o di Pascal in lezioni di letteratura, ha addirittura comprato un'icona da un antiquario. Ma questo basta per capire il messaggio cristiano? Le altre religioni hanno almeno il vantaggio che, se sono conosciute male, non si crede di conoscerle già e di poter fare a meno dello sforzo di imparare. Quanto alla sensibilità, tutti gli europei hanno una certa visione del passato del loro continente. Una visione che è stata loro servita con una determinata «salsa».

    Infatti, mentre si insegna loro la storia, viene fatta assorbire anche l'ideologia del progresso, ereditata dall'Illuminismo. Spesso quest'ultimo si è opposto alla Chiesa. Non perché essa fosse colpevole più di altre entità storiche. Ma perché l'idea di progresso in quanto tale gioca contro il cristianesimo. Essa suppone infatti che il ma le sia sempre dietro di noi; oggi esiste solo come vestigio di un passato che sopravvive. Io, l'uomo moderno, sono buono, puro, innocente e non posso quindi essere accusato. Devo allora cercare un responsabile di tutti i mali. Allo scopo ci vuole un'entità che abbia due proprietà. Da una parte, dovrà essere esistita nel passato, per aver potuto esercitare il suo influsso malefico; dall'altra, dovrà essere anche presente, per poter ricevere la punizione vendicativa. Ma dove trovare qualcosa del genere? Gli altri soggetti della storia passata sono scomparsi: l'Ancien Régime è scomparso, il «feudalesimo» è stato abolito, eccetera.

    Rimangono solo due candidati: il popolo ebreo e la Chiesa
    : il primo ha già pagato, e come! Ricordiamo che se il nazismo ha tentato di annientarlo, lo ha fatto perché lo accusava di ostacolare il progresso dell'umanità verso la sua purificazione biologica ultima. L'unico capro espiatorio ancora disponibile è la Chiesa... Quale potrà essere il messaggio dei cristiani in questa situazione? Essa presenta il vantaggio di ricollocare il cristianesimo nelle circostanze stesse nelle quali esso è nato e si è sviluppato. Infatti si impose nell'Impero romano contro il volere delle autorità del tempo che lo perseguitavano e in concorrenza con altre religioni. Una situazione che si protrasse per tre secoli. Solo quando i cristiani diventarono maggioranza nella società, lo Stato romano, con Costantino, capì che era assurdo continuare a perseguitare una religione che aveva il vento in poppa e che era più conveniente tentare di farsela alleata.

    La situazione attuale ci invita quindi a riesaminare ciò che nel cristianesimo stesso, considerato come religione e solo come tale, lo invita ad adottare un determinato atteggiamento nell'odierno dialogo delle culture, e anche ciò che lo può aiutare nel dialogo da realizzare. Come valutare il rapporto del cristianesimo con la cultura europea? Mi piacerebbe qui dimostrare che il cristianesimo non è tanto un contenuto della cultura europea quando la sua forma. Non possiamo fare dell'influenza cristiana uno dei contenuti della cultura europea che potremmo, a piacere, accrescere o minimizzare. Sarebbe imboccare una strada sbagliata. Finché si tratta di descriverel'influenza cristiana in un lavoro storico, perché no? Ma quando si tratta di difenderla, attenzione! Non si può infatti valorizzare gli elementi cristiani della storia dell'Europa senza metterli contro altri elementi. Questi possono essere anteriori, come i paganesimi greco-romani, germanici, celtici, eccetera; o possono essere paralleli come le religioni del Medio e dell'Estremo Oriente, eccetera.

    Saremmo allora obbligati ad addentrarci in un calcolo di percentuali piuttosto ridicolo. Possiamo anche opporre alla realtà passata dell'influenza cristiana la nostalgia di ciò che, così almeno si crede, avrebbe potuto accadere senza di essa. E si ricorderà che la vittoria del cristianesimo su queste virtualità non fu pacifica... In ogni caso, anche non mentendo sul passato reale, il passato onirico avrebbe sempre la meglio su di esso: nel sogno, l'immaginazione può spaziare liberamente e intagliare in materiale non duttile le architetture più sontuose. In ogni caso, non facciamo che trasporre sul piano delle idee quello che è stato definito «scontro di culture». Un libro molto venduto ne ha recentemente proposto la teoria. Ha suscitato una virtuosa levata di scudi.


    Potremmo auspicare che la stessa immaginazione si manifestasse contro quelli che, spesso stravolgendo il passato, cercano di disseppellire l'ascia di guerra tra le componenti della nostra civiltà. Questi disaccordi derivano dal fatto che il cristianesimo è considerato come uno dei contenuti della cultura europea. Spariscono se, come propongo io, non vi si vede tanto un contenuto quanto la forma stessa di questa cultura. Infatti, per difendere il valore di una forma, non è necessario escludere niente. Al contrario, occorre mostrare come questa forma sia capace di includere.

    In cosa, dunque, il cristianesimo è la forma della cultura europea? Il cristianesimo ha la peculiarità di avere innato, nella struttura stessa che lo definisce come tale, il riconoscimento di una sua dipendenza rispetto a qualcos'altro, cioè all'Antica Alleanza. Il cristianesimo non è la sola religione in rapporto con altre che l'hanno preceduta. La maggior parte delle religioni si trovano in questa situazione. Tale rapporto può essere di rifiuto, oppure di prolungamento e di riforma. Per esempio, il buddismo è in rapporto con la religione dei Veda, di cui è un'interpretazione; altre interpretazioni della stessa matrice vedica furono accettate e diedero vita alle scuole ortodosse dell'induismo, mentre il buddismo fu dichiarato eretico.

    La religione dell'Antico Israele è un rifiuto del «paganesimo» ritenuto «idolatra». Il cristianesimo la segue su questo punto e, nel corso della sua storia, ha avviato i popoli con i quali entrava in contatto verso il monoteismo. Il cristianesimo la prolunga in modo diverso dall'ebraismo; la interpreta alla luce di un avvenimento nuovo che è la vita di Gesù.
    L'islam rifiuta il paganesimo; prolunga l'ebraismo e il cristianesimo.
    Ma li interpreta, partendo dal messaggio di Maometto, come deviazione rispetto alla religione di Abramo che era già l'islam.

    Quanto al cristianesimo, esso si distingue per una caratteristica unica: riconosce l'autenticità di una religione che l'ha preceduto, non come esso l'ha ricostruita, ma come essa testimonia se stessa nelle Scritture che appartengono all'ebraismo prima che al cristianesimo. Quest'ultimo accetta la lettera della Bibbia ebrea e la integra nel suo libro sacro .

    Ho chiamato altrove questa struttura «secondarietà». Essa trova la sua cellula germinale nel rapporto tra Antico e Nuovo Testamento. Ma si è tradotta anche in altri campi della cultura europea, sacra ma anche profana. Il movimento intellettuale con il quale l'Europa ha studiato le altre civiltà, sia quelle scomparse come l'Egitto e la Mesopotamia o ancora presenti come l'islam, l'India o la Cina, si colloca nel prolungamento di un atteggiamento fondamentale del cristianesimo. Gli studiosi europei studiarono l'arabo e il sanscrito perché prima avevano studiato l'ebraico e il greco. L'Europa ha così esteso alle altre culture il modo in cui il cristianesimo si colloca nei confronti dell'Antica Alleanza.

    L'Europa «cristiana», l'Europa detta cristiana, l'Europa più o meno cristiana, non si è comportata nei confronti delle altre civiltà meglio di quanto queste ultime abbiano fatto tra loro. Un modo di fare che appartiene al passato? Possiamo almeno sperarlo. Le gerarchie della Chiesa cattolica hanno in ogni caso invitato i cristiani a fare l'esame di coscienza e a rinnegare tutto ciò che, nel loro passato, è stato molto poco cristiano. Il cristianesimo di oggi ha la possibilità di essere solo ciò che è, cioè una religione e nient'altro. Ma una religione che, senza essere di per sé una cultura, propone un modello di rapporto con la cultura, un rapporto di riconoscenza, nei due sensi del termine: da una parte, dimostra gratitudine per ciò che ha ricevuto; dall'altra, confessa che colui da cui ha ricevuto è un altro che deve rispettare in quanto tale.

    Può essere che l'Europa di oggi, nel suo dialogo con le altre culture, abbia tutto l'interesse a ispirarsi senza esitazioni a questo modello cristiano.

    ***************************

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    Fraternamente Caterina
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    Brague: contro tutti i «cristianismi»



    È il nemico dei «cristianisti», neologismo da lui stesso coniato per definire gli intellettuali che «usano» il cristianesimo e la Chiesa per secondi fini politici o ideologici (in italiano si potrà dire «atei devoti»?). Rémi Brague, 58 anni, è professore di Storia della filosofia medievale e araba presso la Sorbona di Parigi, direttore del Centro di ricerca sulla Tradizione del pensiero classico nella stessa università e titolare della cattedra «Romano Guardini» di Filosofia della religione all'università di Monaco di Baviera. Tra gli ambiti di ricerca di Brague (foto qui a fianco): la filosofia islamica del Medioevo (in particolare Maimonide, Razi, Averroè e Avicenna), la filosofia greca (specialmente Platone, Aristotele, Senofonte) e la filosofia del Novecento (Heidegger, Strauss, Blumenberg). Tra le sue pubblicazioni in italiano: «Il futuro dell'Occidente. Nel modello romano la salvezza dell'Europa» (Rusconi 1998) e - recentissimo - «La saggezza del mondo. Storia dell'esperienza umana dell'univers o» (Rubbettino, pp. 376, euro 22). Il testo di Brague proposto in queste due pagine è uno stralcio dell'articolo tratto dall'ultimo numero della rivista «Communio», dedicato a «Europa e cristianesimo».
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  3. #3
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    Verrà un giorno in cui gli uomini saranno talmente stanchi di sentir parlare dell'uomo che piangeranno di gioia quando si parlerà loro di Gesù.....il Figlio di Dio!

    Santo Curato D'ars
    Fraternamente Caterina
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