IRAQ LIBERO – COMITATI PER LA RESISTENZA DEL POPOLO IRACHENO



Bollettino del 25 ottobre 2005



http://www.iraqiresistance.info





Questo bollettino contiene:

1. L’imBROGLIO - UNA CONTA DI DIECI GIORNI PER UNA TRUFFA PREPARATA DA MESI

2. IL NOSTRO PROGRAMMA DI LAVORO – Ordine del giorno conclusivo dell’assemblea nazionale dei Comitati Iraq Libero del 23 ottobre 2005

3. UN’INTERVISTA SCOMODA – La censura de la Repubblica all’ayatollah al Baghdadi

4. DAL SUNDAY TELEGRAPH – Sondaggio confidenziale del Ministero della Difesa inglese: gli iracheni giustificano gli attacchi contro le truppe inglesi

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L’imBROGLIO - UNA CONTA DI DIECI GIORNI PER UNA TRUFFA PREPARATA DA MESI



Lo avevamo già scritto che il referendum-farsa del 15 ottobre avrebbe dato dei risultati falsi e manipolati. Oggi abbiamo avuto la conferma ufficiale.

Hanno impiegato dieci giorni per fornire le somme di una conta ridicola e totalmente inattendibile.

Per bocciare la cosiddetta “costituzione” occorreva che il no prevalesse con una maggioranza dei due terzi in almeno 3 province su 18. Quello che ci dicono le informazioni provenienti dall’Iraq è che questo è sicuramente avvenuto, ma la “conta” degli occupanti e del governo fantoccio si è fermata ovviamente a 2 province (al Anbar e Salaheddin) mentre i dati ufficiali ammettono la vittoria del no anche nella provincia di Ninive (Mosul), ma solo con il 55%.

Ed è proprio in questa provincia, ma anche in quella di Dyala (Baquba) ed in quella di Kirkuk, che i brogli – avvenuti ovviamente in tutto il paese – sono stati più pesanti e macroscopici.

Per quanto riguarda Ninive ci sono già decine di denuncie di irregolarità gigantesche.

Tutto questo era scontato, ma il fatto che la manipolazione sia stata così plateale, ha chiarito ancora meglio la totale illegittimità di questo referendum.

L’(im)broglio c’è stato, ma lo si è visto. In Iraq e in tutto il mondo.

La Resistenza continua e non sarà certo questa truffa a fermarla.



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COMITATI IRAQ LIBERO



Ordine del giorno conclusivo della riunione nazionale del 23 ottobre 2005



Del referendum sulla costituzione irachena non si conoscono ancora – ad otto giorni dal voto – i risultati ufficiali. Di certo non si conosceranno mai i risultati veri. Altrettanto sicuramente le cose non sono andate come avrebbero voluto gli occupanti ed il governo fantoccio di Jaafari.

La grande maggioranza del popolo iracheno si oppone non solo all’occupazione militare, ma anche allo spappolamento del paese su cui si basa una costituzione scritta nella sede dell’ambasciata americana di Bagdad.

La “normalizzazione” dell’Iraq, cioè l’affermazione della pace imperialista, così come è fallita dopo le elezioni farsa del 30 gennaio, fallirà anche dopo questo referendum ugualmente farsesco. Anzi, proprio l’opposizione ad una frantumazione del paese funzionale agli interessi imperialisti, potrà essere una delle chiavi per unire, rafforzare e dare prospettiva politica alla Resistenza.



In questo quadro di difficoltà, gli occupanti hanno messo in campo l’apertura del processo a Saddam Hussein. Questo processo non ha alcuna legittimità. Saddam Hussein (indipendentemente dal giudizio storico sul suo operato) è il presidente di un paese aggredito, un prigioniero di guerra che non può essere giudicato né da un tribunale scelto dagli aggressori né da un qualsivoglia “tribunale internazionale” che servirebbe soltanto a legittimare a posteriori l’occupazione ed i suoi esiti.



Siamo oggi ad un passaggio decisivo. Se in Iraq le forze della resistenza hanno la necessità di coordinarsi e di unirsi su una piattaforma politica comune, in Italia ed in Europa occorre allargare e consolidare la rete di sostegno alla lotta di liberazione del popolo iracheno.

Partendo da queste esigenze, i Comitati Iraq Libero, riuniti a Firenze il 23 ottobre 2005, si danno il seguente programma di lavoro:



1. Sviluppo dell’iniziativa sia per la realizzazione del tour europeo di Haj Ali, simbolo dei torturati di Abu Ghraib, sia per l’effettuazione della Conferenza internazionale “Per una pace giusta – Con la Resistenza”.

In Italia, per concretizzare questi obiettivi, stiamo lavorando, tra l’altro, ad un incontro pubblico da tenersi in una sede istituzionale per dare seguito all’interrogazione già presentata in parlamento da 10 senatori.

Sempre nell’ambito di questa attività, i Comitati Iraq Libero consegneranno a Romano Prodi una lettera che gli è stata indirizzata da 26 tra organizzazioni e personalità irachene ampiamente rappresentative delle forze che si oppongono all’occupazione militare.



2. Sulla Conferenza, terminata la verifica sulla sua fattibilità in altri paesi europei, l’impegno – da assolvere assieme alle altre forze promotrici a livello internazionale – è quello di fissarne al più presto luogo e data dello svolgimento.



3. Sul tour di Haj Ali, qualora l’Europa decida di blindarsi negando il diritto di parola ad un torturato, proporremo a tutte le forze disponibili di promuovere una giornata europea di denuncia, una “Giornata della vergogna” in cui organizzare manifestazioni ovunque possibile.



4. Allo scopo di consolidare il legame tra lotta contro la guerra e sostegno alla resistenza all’imperialismo, i Comitati Iraq Libero propongono di organizzare, per il prossimo mese di gennaio, un’assemblea nazionale unitaria di tutte le forze interessate a discutere e ad affermare questo binomio come bussola per l’azione politica del movimento nel prossimo futuro.



5. Con l’obiettivo di accrescere la conoscenza della situazione irachena, le forze, i problemi e le prospettive della lotta di liberazione in corso, è stato deciso di produrre un apposito dossier, per dare voce alla Resistenza, per farne comprendere il profilo e la composizione, per contrastare la disinformazione imperialista.



6. L’assemblea dei Comitati Iraq Libero, sulla base di quanto deliberato all’incontro internazionale che si è tenuto a Roma il 2 ottobre scorso, da mandato all’esecutivo affinché promuova una riunione europea di tutte le forze che appoggiano la Resistenza, con lo scopo di arrivare ad un maggiore coordinamento internazionale delle iniziative e dell’azione politica.



Firenze – 23 ottobre 2005



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UN’INTERVISTA SCOMODA



Intervista a “la Repubblica” dell’ayatollah al Baghdadi

(realizzata il 10 settembre scorso e mai pubblicata)



L’ayatollah Sheikh Ahmed al Baghdadi è una delle più importanti autorità religiose sciite. Sua la frase: “Dio è un operaio e un contadino”.

L’intervista che segue è stata realizzata dal quotidiano la Repubblica, che però ha ben pensato di censurarla visto il suo contenuto non conforme alle tesi “politicamente corrette” dei cosiddetti “mezzi di informazione” italiani.

E’ un’intervista un pò vecchia, essendo stata realizzata un mese e mezzo fa, ma sicuramente interessante, non fosse altro perché chiarisce come gran parte del mondo sciita sia non solo contrario all’occupazione, ma anche favorevole alla Resistenza.



Ecco il testo dell’intervista:



D: Il ministro degli esteri Fini afferma che voi sostenete la lotta armata contro il governo iracheno e l’alleanza internazionale capeggiata dagli Usa.



R: Nel nome del grande,

mi meraviglia molto che il ministro degli esteri italiano, il sig. Fini, abbia fatto una dichiarazione contro la convenzione di Ginevra ed il diritto internazionale che attesta il diritto all’autodeterminazione dei popoli. I popoli, soprattutto quando viene occupato il loro territorio, hanno il diritto di difendersi con mezzi legittimi, a partire dalla lotta armata per la liberazione della propria terra. Ma anche la nostra religione ci obbliga a difenderci e a combattere contro il male, e ci impegna a non sottometterci agli altri in quanto musulmani. E queste regole islamiche hanno un valore costante nel tempo e nello spazio.



D: Il governo italiano ha dichiarato che siete un pericolo per la sicurezza nazionale italiana.



R: Nel nome del grande,

né io né nessun esponente della resistenza legittima a livello politico ed operativo possiamo essere una minaccia per la sicurezza nazionale italiana. Noi pensiamo piuttosto che sia il governo italiano una minaccia per la sicurezza nazionale dell’Iraq, visto che l’Italia partecipa alla forza multinazionale violando le direttive dell’Onu che non ha legittimato l’occupazione dell’Iraq in quanto stato membro delle nazioni Unite, della Lega Islamica e della Lega Araba.



D: E’ vero che utilizzerete la Conferenza di Chianciano per sostenere la lotta armata in Iraq?



R: Nel nome del grande,

è un dovere di tutti gli iracheni che vedono la legittima resistenza come una strada per la liberazione dell’Iraq dall’occupazione straniera partecipare ad una conferenza che ha come obiettivo il sostegno alla resistenza patriottica e islamica irachena. Io sono rimasto male perché mi è stato impedito di partecipare.



D: Voi considerate legittime le azioni armate contro quelli che chiamate occupanti come gli americani e italiani?



R: Ho dichiarato spesso ai mezzi d’informazione il mio sostegno alla resistenza irachena come movimento di liberazione nazionale, sia essa pacifica (manifestazioni, disobbedienza, boicottaggio del processo politico e del governo fantoccio), oppure operativa contro le forze d’occupazione, ed il nostro sostegno concorda con le convenzioni internazionali e tutti i codici morali e religiosi.



D: Che tipo di aiuti ricevete per le vostre battaglie politiche da organizzazioni italiane come Iraq Libero o il Campo Antimperialista?



R: Io personalmente non ho mai ricevuto aiuti da nessuna parte, ufficiale e non, araba o islamica o straniera.

Ricevo aiuti dai fedeli che hanno come riferimento religioso Najaf.



D: E’ legittimo il governo Jaa’fari?



R: No e mille volte no. E’ un governo che non ha nessuna legittimità politica, morale, storica.

E’ un governo costruito sotto i fucili dell’occupante magari corrompendo qualche tribù o associazione o partito di poco peso a livello popolare. Si sono fatte false elezioni e quindi un falso parlamento all’israeliana.



D: E’ legittima l’alleanza internazionale, o bisogna chiamarla proprio occupazione?



R. L’alleanza internazionale non è legittima da nessun punto di vista, è contro le convenzioni di Ginevra, è contro le convenzioni islamiche, comunque la sua è l’occupazione di un paese sovrano.



D: E’ legittima una guerra combattuta da forze non governative che provoca vittime civili innocenti?



R: Io penso che c’è un complotto globale del selvaggio capitalismo americano, che mira a mettere in cattiva luce la resistenza irachena.

L’obiettivo della resistenza è quello di cacciare l’occupante ed essa combatte contro i soldati americani. Comunque tutte le operazioni che hanno come obiettivo i civili sono condotte dall’esercito americano o dal Mossad israeliano, oppure da piccole frange di fanatici ignoranti che non hanno niente a che vedere con i nostri fratelli sunniti.



D: Cosa pensa delle azioni di Zarqawi?



R: Io spesso dicevo che Zarqawi è un personaggio fantomatico, che è già stato ucciso nel nord dell’Iraq dai bombardamenti sulle basi di Ansar al Islam all’inizio dell’invasione. Dicevo questo per contestare la propaganda americana che voleva far credere che la resistenza viene da fuori dell’Iraq, anche se io sono orgoglioso di tutti i combattenti arabi o altri che lottano assieme al nostro popolo. Invece oggi dico che Zarqawi è vivo e condanno le sue azioni, che comunque servono agli americani per attizzare una guerra civile, cosa peraltro impossibile in Iraq perché la nostra gente è unita. Dio è grande, combatteremo fino alla vittoria.





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Sondaggio confidenziale del Ministero della Difesa inglese: gli iracheni giustificano gli attacchi contro le truppe britanniche

Sean Rayment

Sunday Telegraph, 23 ottobre 2005


Milioni di iracheni credono che gli attacchi suicidi contro le truppe britanniche siano giustificati, rivela un sondaggio militare confidenziale commissionato da alti ufficiali. Il sondaggio, effettuato per conto del Ministero della Difesa ed esaminato dal Sunday Telegraph, indica che fino al 65 per cento dei cittadini iracheni sostiene gli attacchi e meno dell’uno per cento pensa che la partecipazione militare alleata stia contribuendo a migliorare la sicurezza nel loro paese.

Questo dimostra per la prima volta la reale forza del sentimento anti-occidentale in Iraq dopo più di due anni e mezzo di occupazione sanguinosa. A livello nazionale il sondaggio indica inoltre che la coalizione ha perso anche la battaglia per conquistare i cuori e le menti degli iracheni, che Tony Blair e George W. Bush consideravano fondamentali per la creazione di un paese tranquillo e sicuro.
I risultati arrivano mentre è stato reso noto che il Tenente Colonnello Nick Henderson, l'ufficiale comandante del Coldstream Guards a Bassora, incaricato della sicurezza per la regione, si è dimesso dall'esercito. Recentemente aveva espresso delle preoccupazioni riguardo la mancanza di veicoli corazzati per i suoi uomini, un altro dei quali è stato ucciso in un attacco a Bassora la scorsa settimana.
Il sondaggio riservato sembra contraddire le rivendicazioni fatte dal generale Mike Jackson, il capo del General Staff, che solo pochi giorni fa si congratulava con i soldati britannici per “il sostegno degli iracheni nella costruzione di un Iraq nuovo e migliore”.

Andrew Robathan, un ex membro delle SAS e “ministro ombra” della difesa per i Tory, ha detto la sera scorsa che il sondaggio ha mostrato chiaramente il fallimento completo della politica di governo. Ha detto: “Questo indica chiaramente che la politica di “cuore-e-menti” del governo è stata disastrosa. La coalizione ora fa parte del problema e non della soluzione”.

“Non sto sostenendo il ritiro, ma se i soldati britannici stanno mettendo le loro vite in pericolo per una causa che non è sostenuta dalla popolazione irachena, allora noi dobbiamo porci la domanda 'che cosa ci facciamo là?'”

Il Sunday Telegraph ha rivelato il mese scorso che un programma per un ritiro iniziale delle truppe britanniche era stato accantonato perché mancavano le condizioni di sicurezza, facendo dire che l’Iraq stava rapidamente diventando “il Vietnam della Gran Bretagna” .

Il sondaggio è stato eseguito da un gruppo di ricerca dell'Università irachena che, per ragioni di sicurezza, non è stato informato che i dati sarebbero stati utilizzati dalle forze della coalizione.

Il sondaggio rivela che:

- Il 50% degli iracheni crede che gli attacchi contro le truppe britanniche ed americane siano giustificati - aumentando al 65 per cento nella provincia controllata dai britannici di Maysan;
- L’82 per cento è " fortemente contrario" alla presenza delle truppe di coalizione;
- Meno dell'1 per cento della popolazione crede che le forze della coalizione siano responsabili di un miglioramento nella sicurezza;

- Il 67 per cento degli iracheni si ritengono meno sicuri a causa dell'occupazione;

- Il 43 per cento degli iracheni crede che le condizioni per la pace e la stabilità siano peggiorate;
- Il 72 per cento non ha fiducia nelle forze multinazionali.


Il sondaggio di opinione, effettuato in agosto, smentisce anche le dichiarazioni sia degli Usa sia del governo britannico che il benessere generale dell’iracheno medio sia migliorato in Iraq nel dopo Saddam.
I risultati differiscono nettamente da quelli di una indagine effettuata dalla BBC nel mese di marzo del 2004 in cui l’opinione prevalente fra i 2.500 iracheni interrogati era che la vita era buona. Tra gli interpellati, erano più quelli che appoggiavano la guerra di quelli che la contestavano.

Alla voce "giustificazione per gli attacchi violenti", il nuovo sondaggio indica che il 65 per cento della popolazione della provincia di Maysan - una delle quattro province sotto controllo britannico - crede che gli attacchi contro le forze di coalizione siano giustificati.

Il rapporto indica che, nell’insieme dell’Iraq, il 45 per cento della popolazione percepisce gli attacchi come giustificati. A Bassora, la proporzione è ridotta al 25 per cento.

Il rapporto indica un profilo del potenziale attentatore contro le truppe britanniche ed americane come una persona di “meno di 26 anni, probabilmente alla ricerca di un lavoro, probabilmente cercato nelle ultime quattro settimane, e meno probabilmente con soldi sufficienti per i suoi bisogni basilari”.
Subito dopo la guerra la coalizione ha intrapreso una campagna di ricostruzione con la quale ha sperato di migliorare il rifornimento di elettricità e la qualità dell’acqua potabile. Questa [campagna] apparentemente sembra essere fallita, con il sondaggio che mostra come il 71 per cento della popolazione ottenga raramente acqua pulita, il 47 per cento non ha mai abbastanza elettricità, il 70 per cento dica che il loro sistema di fognature raramente funzioni e il 40 per cento degli iracheni del sud sia disoccupato.

Ma il presidente iracheno Jalal Talabani ha parlato la sera scorsa affinché le truppe britanniche rimangano. “Ci sarebbe caos e forse guerra civile”, ha detto. “Adesso siamo combattendo una guerra mondiale lanciata dai terroristi contro la civiltà, contro la democrazia, contro il progresso, contro tutti i valori dell’ umanità”. “Se le truppe britanniche si ritirassero, i terroristi direbbero 'guardate, abbiamo imposto la nostra volontà alle forze armate più esperte nel mondo e il terrore è il mezzo per obbligare gli europei ad arrendersi a noi”.


(Traduzione di Paola Mirenda)