Dopo Bologna ecco altri momenti di unità...
Economia e legge elettorale, le difficoltà dell’Unione
Tra i Ds: non serve una visione «millenarista». Gerardo Bianco: sì, ci vuole più cautela
ROMA - E’ impensabile che Prodi non fosse a conoscenza della «ripresina», quando lunedì scorso ha dipinto un quadro a fosche tinte della situazione economica, sostenendo davanti alla stampa estera che «se non vinco io l’Italia è finita». Appena due giorni dopo Ciampi ha provveduto a sconfessare quell’immagine drammatica, «frutto - come sussurrano nella Quercia - di una visione millenarista che Fassino non ha e che andrebbe corretta». Un conto è denunciare l’incapacità del governo a risolvere la crisi strutturale del Paese, altra cosa è usare toni che ieri non sono appartenuti al capo dello Stato. «Ci sono segni di ripresa» ha annunciato infatti il presidente della Repubblica e quel riferimento all’industria italiana «che ha saputo resistere sui mercati» e «rimarrà vitale» sono stati un modo per confutare di nuovo la tesi del declino. «Ora Berlusconi potrà dire che Ciampi ha ragione e Prodi non potrà dire che Ciampi ha torto» sospira il ds Cabras. Ma la visione «millenarista» del Professore non è casuale, è parte di una precisa strategia. Intanto, come sottolinea il dalemiano Caldarola, «la comunicazione elettorale di Romano è impostata sulla tesi che l’Italia è al disastro, e che la colpa del disastro si chiama Berlusconi». In più, raccontano gli uomini più vicini al candidato premier dell’Unione, Prodi sta precostituendosi il terreno per il Duemilasei: se dovesse giungere a Palazzo Chigi, sarebbe intenzionato a presentare subito una severa manovra correttiva dei conti pubblici, scaricandone la colpa sull’eredità lasciatagli dal Cavaliere.
Il gioco però potrebbe diventare pericoloso se la «ripresina» dovesse assumere effetti più marcati nei prossimi mesi, e se il premier iniziasse a usare quei numeri a ridosso del voto. «Per questo - spiega l’ex segretario del Ppi Gerardo Bianco - in commissione Bilancio alla Camera ho avvisato i miei alleati che bisogna andarci cauti, perchè si è capito da tempo che gli indicatori economici danno segni positivi. Semmai il Polo in campagna elettorale andrebbe incalzato sulle critiche con cui hanno accolto l’euro», la «nostra diga» come non a caso l’ha definita ieri Ciampi. «Ma c’è una differenza tra Prodi e Ciampi», commenta il coordinatore dell’Udeur Fabris: «Uno è il capo di una fazione, l’altro è il capo dello Stato e un economista».
Nel centrosinistra non hanno convinto alcune mosse del Professore. Sulla legge elettorale, per esempio, durante l’ultimo vertice si è spinto molto avanti sull’ipotesi che Ciampi possa rinviare in Parlamento la riforma per ragioni d’incostituzionalità. Forse il tema è stato oggetto del colloquio di ieri al Quirinale, è certo che martedì - dinnanzi agli alleati - Prodi ha parlato di una «ragionevole speranza». In molti durante la riunione hanno notato l’accento diverso usato da Fassino, che è parso preoccupato per un coinvolgimento di Ciampi nello scontro politico con il Polo. Il segretario dei Ds, infatti, non solo ha detto che «non bisogna nutrire soverchie aspettative» sul rinvio della legge, ma soprattutto si è premurato che «nessuno di noi carichi di responsabilità il capo dello Stato». Poi, esaminando la riforma, ha avvisato gli alleati che «se anche confermassimo il risultato delle Regionali, al Senato avremmo solo sedici seggi di vantaggio sulla Cdl», che oggi ne vanta quaranta sull’opposizione: «Non c’è che dire - ha ammesso Fassino - dal loro punto di vista l’hanno costruita ad arte per avvelenarci i pozzi». Per questo avrebbe voluto aprire un mese fa la trattiva con la Cdl. Ma Prodi era contrario...
Francesco Verderami
Ricordatevi di mettere al punto 1 del Programma UNITI NELL'ODIO A BERLUSCONI.