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    Predefinito Dialogo con gli ebrei: "amicizia da rafforzare"

    RELIGIONI IN DIALOGO


    «Cristiani ed ebrei:
    amicizia da rafforzare»


    Con un messaggio ai partecipanti alla cerimonia commemorativa comune svoltasi in Vaticano Benedetto XVI ha ricordato ieri l'anniversario della dichiarazione conciliare «Nostra aetate»: «Impegno ancora da completare»


    Da Roma Salvatore Mazza

    Sono passati quarant'anni. Quattro decenni da quando il Concilio Vaticano II, con la dichiarazione Nostra aetate, ribaltò la storia dei rapporti tra cattolici ed ebrei. Perché «ponendo le fondamenta per un nuovo rapporto tra il Popolo ebraico e la Chiesa», quella solenne dichiarazione «fece ciò che serviva per superare i pregiudizi del passato, le incomprensioni, l'indifferenza e il linguaggio del disprezzo e dell'ostilità». E oggi, allora, «noi dobbiamo rinnovare il nostro impegno per completare ciò che va fatto», così che il dialogo tra cattolici ed ebrei «continui ad arricchirsi».
    È quanto ha scritto Benedetto XVI nel messaggio al presidente della Commissione per i rapporti religiosi con l'Ebraismo, cardinale Walter Kasper, in occasione del 40° anniversario della Nostra aetate. Letto dallo stesso porporato nella cerimonia commemorativa svoltasi ieri pomeriggio nel palazzo della Cancelleria a Roma, il messaggio auspica in particolare che cristiani ed ebrei sappiano collaborare «assieme per difendere la vita umana, i diritti della famiglia, la giustizia nel mondo, la pace e la riconciliazione per le future generazioni».
    La Nostra aetate, ricorda Papa Ratzinger, «fece ciò che serviva per superare i pregiudizi del passato, le incomprensioni, l'indifferenza ed il linguaggio del disprezzo e dell'ostilità», aprendo «una nuova era nelle relazioni con il popolo ebreo» e offrendo insieme «le basi per un sincero dialogo teologico». E il suo anniversario, oggi, «ci offre abbondanti ragioni per esprimere la nostra gratitudine all'Altissimo per la testimonianza di tutti coloro che, nel corso di una storia complessa e a volte penosa, e specialmente dopo la tragica esperienza della Shoah, che fu ispirata da un'ideologia neo-pagana e razzista, lavorarono coraggiosamente per favorire la riconciliazione e aumentare la comprensione tra cristiani ed ebrei».
    E così, riaffermata la volontà di «proseguire sulle orme tracciate da Giovanni Paol o II», Benedetto XVI conclude il messaggio esprimendo la speranza «che sia nel dialogo teologico che nei contatti quotidiani e nella continua collaborazione, cristiani ed ebrei offrano una sempre più pressante chiara testimonianza all'Unico Dio ed ai suoi comandamenti».
    Kasper, che ha presieduto la cerimonia di ieri pomeriggio alla quale sono intervenuti anche il rabbino David Rosen, presidente dell'American Jewish Committee, e il cardinale Jean-Marie Lustiger, arcivescovo emerito di Parigi, ha ricordato quanto per lunghi secoli la storia delle relazioni ebraico-cattoliche sia stata «complessa, travagliata, difficile e dolorosa». In questo senso, ha aggiunto, la Nostra aetate segnò «l'inizio di un inizio del processo di riconciliazione e di pace fra ebrei e cristiani», che però «è ancora distante dalla terra promessa» e lungo il quale «permangono ostacoli, malintesi e sospetti da superare, ferite del passato da rimarginare».
    Ricordati i protagonisti di questo cammino, da Giovanni XXIII a Papa Wojtyla, il porporato ha parlato di «quaranta anni di alti e bassi, durante i quali è stato necessario superare molte indecisioni e malintesi, ma anche anni... che lasciano ben sperare». Oggi come allora, ha aggiunto, il messaggio del documento «è chiaro: un "no" deciso ad ogni forma di antigiudaismo e antisemitismo e la condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano. Un "sì" non meno deciso alla riscoperta delle radici ebraiche del cristianesimo». Anche se, ha ammesso, è comunque «una tragedia» il fatto che «il "no" così come il "si" siano stati espressi soltanto dopo l'esperienza spaventosa della Shoah, crimine atroce e fino allora inimmaginabile».
    Ma la dichiarazione, ha ancora osservato il cardinale, rappresenta soprattutto «un serio obbligo, una responsabilità e un impegno per il futuro». Sia in campo teologico, che nel «vasto campo della collaborazione sociale e culturale», verso «l'edificazione di un mondo libero dalla piaga della fame, dal flagello del terrorismo, un mondo che abbia finalmente rigettato l'antisemitismo e l'anticattolicesimo».


    Avvenire - 28 ottobre 2005

  2. #2
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    Questo 3d è dedicato al dialogo tra i cristiani e gli ebrei.

  3. #3
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    Il Papa: cristiani ed ebrei insieme per testimoniare l’unico Dio


    di Mattia Bianchi/ 27/10/2005

    Benedetto XVI ha inviato un messaggio al cardinale Walter Kasper in occasione del 40mo anniversario della dichiarazione conciliare “Nostra Aetate” sul rapporto della Chiesa con le religioni non cristiane.



    CITTA' DEL VATICANO - ''Il dialogo ebraico-cristiano deve continuare ad arricchire e approfondire i legami di amicizia che si sono sviluppati, mentre la preghiera e la catechesi devono essere rivolte ad assicurare che le nostre relazioni reciproche si presentino sotto la luce dei principi portati avanti dal Concilio''. È il messaggio che Benedetto XVI ha inviato al cardinale Walter Kasper, in occasione dei 40 anni dalla dichiarazione del Concilio Vaticano II ''Nostra Aetate'', sul rapporto della Chiesa con le religioni non cristiane. ''Nel gettare le fondamenta per un rinnovato rapporto tra il popolo ebraico e la Chiesa - scrive il Papa -, la Nostra Aetate ha sottolineato la necessità di superare i vecchi pregiudizi, le incomprensioni, l'indifferenza e il linguaggio del disprezzo e dell'ostilità''. Il messaggio scritto in inglese, è stato letto questo pomeriggio dal cardinale durante una commemorazione del documento conciliare, presso il Palazzo della Cancelleria a Roma.

    ''Questo anniversario - afferma ancora Benedetto XVI - ci dà abbondanti ragioni per esprimere gratitudine a Dio Onnipotente per la testimonianza di tutti quelli che, nonostante una storia complessa e spesso dolorosa, e specialmente dopo la tragica esperienza della Shoah, che fu ispirata da un'ideologia razzista neo-pagana, hanno lavorato coraggiosamente per favorire la riconciliazione e la migliore comprensione tra cristiani ed ebrei''. ''La dichiarazione - aggiunge il pontefice - è stata l'occasione di maggiori comprensione e rispetto reciproci, cooperazione e, spesso, amicizia tra cattolici ed ebrei. Essa li ha anche sfidati a riconoscere le loro comuni radici spirituali e ad apprezzare la loro ricca eredità di fede in un solo Dio, creatore del cielo e della terra, che ha stabilito il suo accordo solenne col Popolo Eletto, ha rivelato i suoi comandamenti e insegnato la speranza in quelle promesse messianiche che danno fiducia e conforto nelle battaglie della vita''. ''In questo anniversario - prosegue il messaggio -, mentre guardiamo indietro a questi quattro decenni di fruttuosi contatti tra la Chiesa e il popolo ebraico, noi dobbiamo rinnovare il nostro impegno per il lavoro che ancora resta da fare. A tale proposito, dai primi giorni del mio pontificato ed in particolar modo durante la mia recente visita alla Sinagoga di Colonia, ho espresso la mia ferma determinazione a camminare sui passi tracciati dal mio amato predecessore, papa Giovanni Paolo II''. Guardando al futuro, Benedetto XVI esprime infine ''la speranza che sia nel dialogo teologico, sia nei contatti e collaborazioni quotidiani, cristiani ed ebrei offrano una sempre più salda testimonianza comune verso l'unico Dio e i suoi comandamenti, la santità della vita, la promozione della dignità umana, i diritti della famiglia la necessità di costruire un mondo di giustizia, riconciliazione e pace per le generazioni future”.

    Da parte sua, il cardinale Kasper ha ribadito a nome della Chiesa la condanna di "ogni forma di antisemitismo e antigiudaismo" e di "ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano". Nel tracciare un bilancio dei 40 anni di rapporti tra cattolici ed ebrei, Kasper ha detto che si sono registrati “alti e bassi” e che è stato necessario “superare molte indecisioni e malintesi”: tuttavia “sono stati anni che hanno visto nascere e crescere profonde amicizie, anni che lasciano ben sperare". "Noi cristiani abbiamo una relazione unica con il giudaismo - sottolinea il porporato - una relazione che non abbiamo con nessun'altra religione". "E' una tragedia della storia - ribadisce - il fatto che il 'no' così come il 'sì' siano stati espressi soltanto dopo l'esperienza spaventosa della Shoah, crimine atroce e fino allora inimmaginabile". La Dichiarazione Nostra Aetate – ha concluso – è "l'inizio del processo di riconciliazione e di pace fra ebrei e cristiani, soprattutto fra ebrei e cattolici".



    korazym.org

  4. #4
    memoria storica
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    Originally posted by Thomas Aquinas
    Questo 3d è dedicato al dialogo tra i cristiani e gli ebrei.
    ce ne era già uno, tra l'altro aperto proprio da te e anche molto frequentato:

    http://www.politicaonline.net/forum/...hreadid=129941

  5. #5
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    Benedetto XVI nel XL anniversario della "Nostra aetate"

    http://www.monasterovirtuale.it/nostra_aetate.html


    Da cristiani ed ebrei una testimonianza
    sempre più convincente dell'unico Dio


    "Guardando al futuro, esprimo la speranza che sia nel dialogo teologico sia nella collaborazione e nei contatti quotidiani, i Cristiani e gli Ebrei offrano una testimonianza congiunta sempre più convincente dell'unico Dio e dei suoi Comandamenti". È quanto auspica Benedetto XVI nel Messaggio indirizzato al Cardinale Walter Kasper, Presidente della Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, in occasione del 40° anniversario della promulgazione della Dichiarazione Conciliare "Nostra aetate".

    Il Card. Kasper ha letto il Messaggio del Papa durante la cerimonia commemorativa svoltasi nel pomeriggio di giovedì 27 ottobre nel Palazzo della Cancelleria. "Questo anniversario - scrive tra l'altro il Santo Padre - ci offre numerosi motivi per esprimere gratitudine a Dio Onnipotente per la testimonianza di tutti coloro che, nonostante una storia complessa e spesso dolorosa, e in particolare dopo la tragica esperienza della Shoah, ispirata da una ideologia razzista neo-pagana, hanno operato coraggiosamente per promuovere la riconciliazione e una migliore comprensione fra Cristiani ed Ebrei". "Il dialogo fra Ebrei e Cristiani - auspica il Papa - deve continuare ad arricchire e a rafforzare i vincoli di amicizia che si sono sviluppati".


    (©L'Osservatore Romano - 29 Ottobre 2005)
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  6. #6
    INNAMORARSI DELLA CHIESA
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    La radice, la strada

    Gli appunti sintetici del dialogo tra Charles Sheer, rabbino della Columbia University, e un gruppo di responsabili di Cl (Comunione e Liberazione) in Nordamerica, occasione di approfondimento della coscienza della nostra storia

    A CURA DI MAURIZIO MANISCALCO

    All'inizio di gennaio 2002 si è svolta a Riverdale, New York, l'assemblea dei responsabili di Cl (Comunione Liberazione, Movimento della Chiesa Cattolica)in Nordamerica. Il 3 gennaio era presente anche il rabbino della Columbia University, Charles Sheer. Con lui è nato un dialogo a partire dall'intervento di don Giussani comparso su la Repubblica del giorno prima («Noi siamo degli ebrei») e da The Religious Sense (l'edizione inglese del primo volume del PerCorso), che Sheer aveva letto in occasione della presentazione del libro alla Columbia University (vedi l'articolo a pag. 20 di Tracce 2002). Ecco gli appunti sintetici di quel dialogo

    Charles Sheer: Il mondo in cui viviamo è totalmente secolarizzato. Dio, inteso come guida per la singola persona, è molto lontano dalla nostra cultura. L'altro giorno guardavo la televisione alle nove di mattina: quello che si vede sono immagini di famiglia non come qualcosa di sacro, ma come qualcosa che soddisfa pulsioni sessuali senza ideali più alti. Abbiamo una battaglia molto dura da combattere insieme. Cristiani ed ebrei hanno davanti a sé una battaglia comune per una società dall'orizzonte più ampio.
    In che modo si incontrano fede e ragione? Abbiamo molto lavoro in comune da fare.
    Spiritualmente voi siete ebrei, in larga misura. Se diciamo che Dio protegge e guida le nostre vite, non sono imbarazzato nel dire che spiritualmente voi siete ebrei. Tuttavia il linguaggio usato in quell'articolo (de la Repubblica; ndr), il concetto di Mistero, di Eucarestia, dell'Uno e Trino che vi guida, la capacità di vedere questo come qualcosa da seguire è difficile per me e mi mette a disagio. Quei concetti non hanno familiarità con la mia esperienza religiosa, sono assolutamente estranei alla comunità ebraica e sono un ordine del giorno scomodo.
    Nella presentazione del nuovo libro (At the Origin of the Christian Claim; ndr) voi non slegate il secondo volume dal primo. Si possono presentare Gesù e gli Apostoli come modelli, come una sfida a vivere un vita di valori ed etica: se presentate il libro come una risposta a un qualche bisogno di salvezza, di purificazione, di perdono dei peccati, questo non è veramente in linea con i nostri interessi. Se foste stati alla mia tavola durante lo Shabbat, avreste visto che queste non sono le cose di cui parliamo. La parola pshat ("senso" in ebraico; ndr) significa sciogliere i nodi, dipanare la matassa, è come quando peli una cipolla, quando togli ogni suo strato per arrivare al significato letterale, senza interpretazione. Drash (midrash = interpretazione delle Scritture; ndr) è quando all'interno del testo identifico certe idee. Possiamo discutere a livello di pshat. Dove ci troveremo in disaccordo è sul drash. Leggendo Isaia, noi non vi vediamo l'idea di Gesù. Non vi vediamo modelli di Cristo, non vediamo alcuna significazione di Cristo nella storia del sacrificio di Isacco o nella storia di Giacobbe in Egitto. Non abbiamo lo stesso concetto di Messia che avete voi. È un termine complicato. Noi non condividiamo l'interpretazione cristiana. Possiamo trovarci d'accordo sullo pshat, ma saremo in disaccordo sul drash.

    Lorenzo Albacete: Abbiamo il diritto di dare la nostra interpretazione al riguardo? È offeso?

    Sheer: Sarei offeso, se non fosse che anche gli ebrei lo fanno. Per esempio, la letteratura della midrash. L'atteggiamento prevalente alla Columbia University è che tutto è relativo. Dovete tenerlo presente, specialmente se volete presentare là il secondo libro di don Giussani.

    Albacete: Quanto il Giudaismo moderno si riconosce come un prodotto, non tanto di esseri umani, ma dell'azione di Dio, cioè della rivelazione?

    Sheer: Mia moglie contesta sempre la mia idea di rivelazione. La fede nella rivelazione è cruciale nella nostra tradizione, come la comunità sviluppa la sua religione. Io vengo da una tradizione ebraica di rabbini da generazioni, e credo che vi sia un nocciolo centrale che è stato rivelato.

    Albacete: Io intendevo la rivelazione come intervento di Dio nella storia, appunto, nell'esistenza del popolo ebraico.

    Sheer: Prima ancora di consegnare i Dieci Comandamenti, nel libro dell'Esodo (19,3) Dio parla a Mosè degli Ebrei che diventeranno un regno di sacerdoti. «Voi sarete per me un tesoro unico sulla terra». "Patto" è la parola più importante. Significa chiaramente che ci sarà un regno di sacerdoti, una nazione santa. Ci sono due modi per interpretare questo. Il primo: "scelto per essere superiore, sopra"; il secondo: la nazione ebraica è stata scelta esclusivamente per il servizio santo di Dio. Il patto è una strada a due sensi. La legge è una rivelazione e allora tutti la accettano. Prima dell'entrata nella Terra Promessa, c'è un secondo patto, il patto Levitico, che include tutte le leggi. Cristianesimo e Islamismo sono le nostre figlie.

    Albacete: Nella storia del popolo ebraico come si esprime il concetto di redenzione?

    Sheer: Certamente c'è un concetto di redenzione e di sacrificio. I profeti hanno un concetto di redenzione. I sacrifici per il popolo ebraico furono un modo di cercare la redenzione. L'animale è sull'altare. Giace lì al posto mio. Date un'occhiata al commento del Levitico sulla Bibbia di Archer (riformata; ndr). La venuta di Gesù è per salvare l'uomo dal peccato. Gli ebrei vedono la presenza di Dio come parte di un patto. Dio come Redentore non fa parte della concezione ebraica. La rivelazione è la rivelazione di Dio sul Sinai come compagno. Il popolo rompe il patto. I profeti ti ricordano che il rapporto con Dio è un patto. A noi sembra che una certa parte della comunità ebraica pensasse: «Rompiamo il patto in continuazione. Abbiamo bisogno di un accomodamento». "Dio come redentore" sembra essere una risposta al fatto che non riusciamo a mantenere il patto. Mentre noi, quando rompiamo il patto, diciamo: okay, proveremo ancora domani.

    Albacete: Nel romanzo di Philip Roth La controvita, Zuckerman dice: «Ma tra me e la devozione alla Chiesa vi è un mondo di sentimento inconciliabile, una naturale e profonda incompatibilità. Io provo le emozioni di una spia nel campo nemico e sento che sto sorvegliando proprio i riti che incarnano l'ideologia che è stata responsabile di persecuzione e maltrattamento degli ebrei». Quant'è tipica questa reazione?

    Sheer: Il ruolo della Cristianità nel rendere possibile l'Olocausto è complesso. Ci sono diversi libri (Parks, Hay) sull'argomento. Io non sono uno specialista. Nei miei anni di liceo e università le teorie suggerivano che esistevano alcuni concetti nel Cristianesimo che hanno portato all'Olocausto. Gli ebrei erano diversi, reietti, non da distruggere, ma un esempio della divina punizione per i non credenti, da chiudere nei ghetti, marchiati, considerati sporchi, puzzolenti. Si diceva che il sangue dei bambini uccisi dagli ebrei formasse macchie sull'Eucarestia. Queste si chiamavano infamie di sangue, specialmente nel Medio Evo, e portarono al concetto che gli ebrei sono esseri inferiori. Ma i dignitari ecclesiastici, i papi delle Crociate e i vescovi spesso salvarono gli ebrei intervenendo e utilizzando le loro cattedrali per proteggerli dal basso clero e dal popolo, e confesso che sono rimasto senza parole quando mi resi conto di come molte di queste notizie contro la Chiesa furono gonfiate, specialmente in quest'ultimo secolo. Supporre che ciò (le credenze medioevali) sia confluito nell'ideologia nazista porta a deduzioni che non intendo approfondire, anche perchè vi srabbe onesto un discorso da fare: la diversità dell'antisemitismo che è una cosa e l'antiebraismo che è tutt'altra cosa.
    Non si può formulare una tesi coerente su ciò che accadde nelle varie comunità per quanto riguarda gli ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale.
    Chiaramente la Cristianità ebbe un ruolo nei preparativi di alcuni degli eventi che si verificarono durante l'Olocausto. Ma dire che il Cristianesimo o la Chiesa Cattolica ne è responsabile richiede una serie di passi che non ho intenzione di fare. Molti tra le SS erano Luterani battezzati. È sorprendente come persone che venivano dallo stesso ambiente si comportassero in modo diverso. In Danimarca salvarono l'intera comunità danese trasferendola in Svezia via mare. Anche la comunità italiana salvò molti ebrei. Gli ebrei furono accolti nei monasteri. Quando studiavo alla scuola rabbinica vivevo con una famiglia il cui padre aveva trovato rifugio in un monastero in Italia, è sorprendente e per me molto edificante poter invece testimoniare come molti conventi claustrali furono dei rifugi per molti ebrei. Gli davano cibo kosher e gli permettevano di dire le sue preghiere e di osservare i giorni sacri. Che cosa ha favorito quella differenza di comportamento? Mia moglie è nata in un campo di concentramento. Molti della sua famiglia morirono. Io sono un ebreo americano di terza generazione. Tutta la mia famiglia si salvò (grazie ai monasteri), eccetto un cugino. Qualcuno, nella famiglia di mia moglie, sarebbe molto colpito dal sapere che io sono qui, ma io mi sento molto a mio agio a parlare davanti a un gruppo di cristiani. Parlare di questo, per loro, è molto doloroso. Purtroppo, come in tutte le cose, ci sono i risvolti della medaglia, ma l'ecumenismo è un altra cosa e che ci deve spingere a riscoprire quell'unità in Dio se vogliamo veramente risultare tutti credibili di fronte ad un mondo in crescente contrasto fra il rapporto che deve invece esserci fra l'uomo e Dio, suo Creatore.

    Albacete: Molti cristiani si sono detti sorpresi della critica da parte degli ebrei di alcune espressioni della nostra fede; per esempio, la dichiarazione di "scuse" del Vaticano, la canonizzazione di Edith Stein, e quella del cardinale Stepinac, il convento e le croci ad Ausch-witz. Qual è la sua reazione a questi eventi?

    Sheer: Per quanto riguarda la questione di Edith Stein, io sono con voi, perché se qualcuno decide di essere cattolico, è unicamente una sua scelta. Quanto alle "scuse", ce ne sono state diverse, la prima nel 1975. È necessario leggerle una per una per capirne il significato, ma questo non è il mio campo. Sempre, quando si ha a che fare con un comitato, ci sono quattro versioni e non si ottiene mai la versione che soddisfa le richieste di tutti. Per quanto riguarda le croci ad Ausch-witz, sembra che qualcuno si sia appropriato del nostro dolore. Certamente voi desiderate ricordare i molti cristiani che sono stati uccisi dai nazisti, perché hanno salvato degli ebrei o per la loro fede. Tuttavia io non posso fare a meno di sentirmi a disagio, perché Ausch-witz ha un significato particolare per gli ebrei; si ha la sensazione che abbiate forzato la mano, non sarebbe bello un domani piantare accanto alla Corce anche la Stella di Davide? Tuttavia dal mio punto di vista la visita che il Papa ha fatto presso il Muro del Pianto, credo che abbia un valore altissimo e che vada tenuto conto.

    Debbie: Qual è l'origine della vostra esperienza di popolo, di una comunità unita dove tutti si aiutano?

    Sheer: Lo studio di buone famiglie cattoliche italiane! E con mia enorme sorpresa ho scoperto che ce ne sono veramente tante.

    Teresa: Recentemente ho letto la storia dei Maccabei, che combattevano per il loro tempio. Qual è il significato della dimora di Dio per voi, il tempio?

    Sheer: Prima di tutto vi è differenza tra il tempio e la sinagoga. Io sono un ebreo ortodosso e per me il tempio è quello di Gerusalemme. Ma gli ebrei liberali chiamano la sinagoga "tempio". Devo spiegare la vicenda dei Maccabei. Nel mondo moderno la religione non è parte della nostra identità. Nel mondo antico le cose non erano così; non c'era dicotomia tra secolare e religioso. Solo nei tempi moderni si è sviluppata una separazione. I Maccabei si ribellarono non soltanto per avere la loro sinagoga, ma anche per proteggere la loro intera eredità culturale, perché gli ebrei potessero continuare a essere ebrei. Combattevano per poter essere religiosi, non per la loro libertà religiosa di credere o meno, come nella Rivoluzione Americana. Non era una questione di libertà dall'oppressione, o di libertà di scegliere ciò che volevano fare. C'è una libertà positiva nello scegliere ciò che vuoi, e c'è una libertà dall'oppressione. I Maccabei non sono i precursori della Rivoluzione Americana. L'idea di libertà religiosa è differente. I Maccabei lottavano perché gli ebrei potessero essere ebrei.
    Dio risiede nel tempio? Della preghiera di dedicazione nel Secondo libro dei Re, vi sono diverse interpretazioni. Qualcuno cerca di rivederne il testo, ma io non mi sento di tagliare nulla, così come ritengo sacro anche i due testi di Maccabei, rifiutati per protesta dalle traduzioni Protestanti. In quel passaggio c'è una descrizione del tempio come santuario di Dio. Quando vado al Muro del pianto - che era in realtà un muro di sostegno, e non parte del tempio, che è sul sito della moschea - ho la percezione della presenza di Dio. Ho la stessa esperienza religiosa, la sensazione della presenza di Dio simile a quella descritta ne Il senso religioso. Ma ci sono differenze nel nostro concetto di Mistero e questo Pontefice ha saputo ben rendere l'idea, egli ama veramente il popolo d'Israele e credo in questa sua sofferenza che lo sta letteralmente consumando.

    Joe: Mi ha molto colpito quello che ha detto circa gli ebrei come il popolo di Dio e a riguardo del patto che esso ha con Dio. Coloro che non sono di origine ebraica, sono destinati a unirsi al vostro patto, oppure come potrebbero vivere?

    Sheer: Guarda i comandamenti di Noè. I rabbini lottarono sul concetto del perché esistessero gli altri popoli. La Bibbia non inizia con l'Alleanza, ma con il libro della Genesi. Dio può stringere patti con molte genti diverse. Forse che Dio dice qualcosa circa le altre genti? Secondo la drash, i rabbini elaborarono sette comandamenti per i non ebrei. L'unico in forma scritta è nel Libro della Genesi (9), ed è il comandamento di non uccidere. I rabbini identificarono anche i seguenti comandamenti: non commettere adulterio, credere, non essere blasfemi, onorare i genitori, avere tribunali, non adorare divinità pagane (per quanto si possa definire l'adorazione pagana).
    Il codice di Noè è per tutta l'umanità. Ci sono paralleli ovvi con i Dieci Comandamenti e con il primo patto. Ma il secondo patto sul Monte Sinai fu con i soli ebrei. Se poi vogliamo dire che essi possono e dovrebbero essero rispettati da tutti, che ben venga, sono pur sempre Comandamenti dati da Dio che è Creatore di ogni uomo e che per il suo bene dice e consiglia ciò che non deve fare!

    Chris: Sono un insegnate di scuola superiore. Il popolo ebraico sembra aver mantenuto un'identità negli Stati Uniti, a differenza dei cristiani. Come fanno gli ebrei a preservare la propria identità di popolo?

    Sheer: Prima di tutto, sono contento di sentire quanto dice, sebbene io veda ebrei contrarre matrimoni con persone di altre religioni e assimilarsi. Quello che lei dice è proprio ciò che sto cercando di fare alla Columbia University, dove la maggior parte degli studenti sembra desiderare solamente di essere uno o una "della" Columbia University, invece che un ebreo o una ebrea. Uno dei motivi per cui abbiamo preservato la nostra identità è perché noi siamo una cultura completa e un'eredità, e non semplicemente una religione. Se io mi convertissi al cattolicesimo, dovrei studiare il catechismo e parlare con un prete. Io partecipo a una comunità di fede, ma osservare i Dieci Comandamenti non è essere ebreo. Gli ebrei sono un popolo con una cultura. Coloro che si convertono all'ebraismo diventano figli di Abramo e Sara. Il giorno dello Shabbat io faccio molte cose che molte persone non sono disposte a fare: non ricevere telefonate né usare l'elettricità, andare alla sinagoga, fare una passeggiata e godere della natura. Stranamente, un ebreo può mangiare prosciutto durante lo Yom Kippur ed essere ancora ebreo. Per gli ortodossi, si diventa ebrei al momento del parto, perché quello è il momento preciso nella storia testimoniato dall'intera comunità. I riformisti credono che ci sia una discendenza da parte di padre, ma per gli ortodossi questo non è testimoniato dalla comunità. Tuttavia anche noi ci stiamo americanizzando. Essere ebreo significa avere una famiglia e una continuità storica. Anche gli italiani e gli irlandesi hanno forti legami con le loro famiglie. Inoltre gli ebrei sono abituati a vivere nelle avversità e nella persecuzione. Quando vedo un cristiano portare la sua croce sono felice, perché in questo modo testimonia che tiene alle tradizioni, ho trovato molto più ecumenismo ed unità di fede in queste testimonianze, che non fra le tavolate dove si giunge a voler fare comunque le scarpe a qualcuno! Ho degli studenti ebrei ortodossi che sono orgogliosi di indossare il loro yarmulk in classe e in pubblico, perché questo è ciò che sono. Questo è il motivo per cui il Dalai Lama sta corteggiando gli ebrei, perché anche i tibetani sono un popolo perseguitato. Ecco perchè sono dispiaciuto che i cattolici non siano invece più temerari nel conservare i loro Crocifissi. Credo che si maschera un finto ecumenismo a favore di chi non crede, rinnegando invece un valore che per quel cattolico è inestimabile perchè arreca la sua salvezza! Per fare un esempio, io cambierei città se non potessi più portare lì la "Stella di Davide", i simboli e i segni sono invece molto importanti. Gli studi sui testi antichi redatti con voi hanno dimostrato come Dio abbia rispettato in questo senso il gusto stesso dell'uomo, e che gli consente il portare un simbolo che lo aiuti nel percorso della vita. Se per me è la Stella di Davide o il Candelabro che mi serve per le funzioni di adorazione, non vedo perchè un cattolico debba lasciarsi prendere in giro eliminando il Crocifisso. Eppure nel vostro Nuovo Testamente dite che Gesù ha detto < chi si vergognerà di me, anch'io mi vergognerò di lui >, se dovessi diventare un cattolico, tremerei all'idea di aver eliminato un crocifisso, perchè la verità non rispiede nel rispetto che deve diventare reciproco, bensì nella pigrizia, nel non voler creare discussioni, ed anche per paura di ritorsioni, eppure i primi cristiani non si comportavano così! Vedo e ammiro i missionari che portano il segno distintivo della croce e che per quel distintivo vengono uccisi, non vi sentite soffrire dentro quando nelle vostre comode città eliminate invece il crocifisso?

    Albacete: Per finire, desidero ricordare l'articolo di don Giussani su la Repubblica: «La nostra non è presunzione, bensì uno stupefatto paragone, per cui a noi poveri uomini comuni il Mistero di quella persona si è comunicato, sì che guardando la storia come ha raggiunto noi in paragone con la storia degli ebrei, saremmo più felici di chiedere ai nostri fratelli ebrei di perdonarci la nostra certezza, mentre ad essi è riservato ancora di portare pondus diei et aestus (cioè tutto il peso della storia) nella vita».

    (Traduzione a cura di Marta Fornasier)
    Fraternamente Caterina
    Laica Domenicana

  7. #7
    Lefevriano in attesa
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    Originally posted by Thomas Aquinas
    Questo 3d è dedicato al dialogo tra i cristiani e gli ebrei.
    quoto, straquoto e mi dichiaro Ebreo anch'io, della tribù di Gesù, nostro capostipite.

    Viva il popolo ebraico, vecchio e nuovo.
    †Extra Ecclesia nulla salus†

  8. #8
    torquemada
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    Originally posted by Hindefuns63
    quoto, straquoto e mi dichiaro Ebreo anch'io, della tribù di Gesù, nostro capostipite.

    Viva il popolo ebraico, vecchio e nuovo.

 

 

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