Sarà mercoledì 16 novembre il giorno decisivo per la riforma costituzionale del centrodestra, basata su devolution e premierato forte. Toccherà al Senato dire l'ultima parola. Poi resterà solo il referendum. E già iniziano le polemiche sulla data della consultazione popolare. Il referendum si farà nella seconda metà di giugno, annuncia il forzista Renato Schifani.

Non ci sta l'Unione che accusa la Casa delle libertà di voler «nascondere» il referendum in mezzo all'ingorgo di appuntamenti della prossima primavera: elezioni amministrative (Roma, Milano e Napoli), formazione del governo, elezioni dei presidenti di Camera e Senato, elezioni del presidente della Repubblica.

La Lega ha però ottenuto che l'ultimo voto della devolution arrivi prima di quello sulla legge elettorale. Secondo il capogruppo della Margherita Willer Bordon, il Carroccio avrebbe minacciato addirittura di non votare la fiducia sulla finanziaria se non si fosse fissato il voto sulla devolution a mercoledì prossimo. Francesco Speroni ripete che o la devolution viene approvata o il governo cade. E che la questione sia delicata lo dimostra anche il fatto che Silvio Berlusconi ha rinviato persino la visita in Israele in occasione del decennale dell'assassinio di Rabin per poter essere presente il giorno del voto al Senato.

Per tutta risposta, l'Unione farà intervenire tra martedì e mercoledì tutti i suoi senatori con singole dichiarazioni di voto in modo che rimanga agli atti non solo la scelta di gruppo, ma anche quella di ogni singolo parlamentare, invitando a prendere la parola anche i senatori a vita.