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    Predefinito La Rosa e l'Italia laica

    Spazio per una forza laica, radicale, liberale e post socialista? I sondaggi dicono di sì, la percezione quotidiana anche: esiste spazio per una forza numericamente medio-piccola, attorno al 4-5%,
    politicamente solida nei contenuti e potenzialmente decisiva per l'affermazione dell'uno o dell'altro polo.
    Enrico Boselli ha confessato di non avere mai ricevuto tanti applausi come sabato scorso al congresso radicale di Riccione, dove ha annunciato lo scioglimento dello Sdi nel nuovo soggetto politico e la proposta di adozione come simbolo della storica Rosa nel pugno.

    E' in questa circostanza che possiamo individuare il senso dell'operazione in corso. La rosa radicale è tra i rari simboli sopravvissuti alla Prima Repubblica. E' antica, ma non sa di vecchio. Quei pazzerielli dei radicali la misero in soffitta proprio quando essa cominciò a penetrare nei cuori dell'elettorato, secondo una tendenza compulsiva all'autolesionismo elettorale che caratterizza da sempre le scelte di Marco Pannella. Dunque, è come non fosse mai passata di moda.
    L'asfissia da contenuti della politica contemporanea e l'avvento dei partiti di plastica ha creato molte forme di orfanità. Lo stesso successo delle primarie nell'Unione lo conferma. Vi è voglia di partecipazione, di politica densa, ad alto tasso di contenuti come scudo al degrado prodotto dai celentani e delle isole dei famosi.

    Quella vasta parte d'Italia che ancora non si è arresa al rincoglionimento da reality-show riscopre oggi la politica come una sorta di "meno peggio".
    Più generazioni si bruciarono le mani sentendosene traditi: il '68 e le velleità rivoluzionarie di quegli anni, ma anche la fine del socialismo come orizzonte palingenetico e la stessa stagione di Mani Pulite come fiammata moralizzatrice di costumi in degrado.


    Nonostante le delusioni, oggi vi sono almeno tre generazioni di italiani che guardano alla politica "di una volta" come a uno spazio di impegno partecipativo alla socialità che oggi faticano a ritrovare altrove. Per questo non si arrendono, e, quando possono, votano.


    Condannati da un decennio e oltre alla marginalità e forzati alle liturgie necrofile della celebrazione del passato Boselli e compagni appaiono oggi miracolati dal soffio della politica alta. Va riconosciuto che al congresso radicale si parla di questioni vere: l'intervento in Iraq, il Concordato, la bioetica. E' ciò che ha rigenerato i socialisti sopravvissuti e attratto Bobo Craxi e compagnia.

    A una sola settimana di distanza si è passati dalle seggiolate di Roma ai temi planetari di Emma Bonino: la distanza è notevole, ma la direzione è giusta. Il Psi venne abbattuto, ancor più che dai giudici che ne scoprirono le corruttele, dall'incapacità del proprio tessuto dirigente di respirare l'ossigeno della politica una volta venuto meno il collante del potere. Oggi vi è l'occasione, forse l'ultima, per restituire un senso nuovo a quella tradizione.

    Va anche detto che i due poli se la sono cercata, questa formazione laica in gestazione che si ripromette di rompere a tutti le uova nel paniere. Se la sono cercata da un lato Silvio Berlusconi, sconfessando negli anni le aspirazioni a fare di Forza Italia un moderno partito liberale di massa, portandolo dapprima nella famiglia democratico-cristiana in Europa e poi subendo senza colpo ferire le pressioni dei vescovi sul recente quesito referendario. E sul versante del centrosinistra se l'è cercata Francesco Rutelli, che sino all'età adulta su nutrì di pane e anticlericalismo per approdare negli anni a fare di se stesso e della Margherita un leader e una forza politica ai limiti del collateralismo.

    Proprio ora che le primarie hanno rilanciato l'unità dell'Ulivo e posto le radici per il futuro Partito Democratico, lo smarcamento del minuscolo Sdi nell'abbraccio con i radicali scompagina i giochi più di quanto le percentuali di consenso possano dire. La Rosa laica si annuncia ricca di spine, come Romano Prodi ha avuto modo di accorgersi con la sortita sul Concordato. Ma come è stato possibile che il mite Boselli, già pronto alla fusione nell'Ulivo e all'abbraccio con i Ds, si trasformasse in poche settimane nel campione di una battaglia di
    laicità di cui si erano da anni perdute le tracce?


    A noi pare evidente che ciò sia avvenuto, ancora una volta, a causa degli eccessi di furbizia di quei leader che hanno perso i contatti con le energie carsiche che scorrono sottotraccia nella società italiana e che talvolta, come lava vulcanica, riemergono a seguito di una pressione eccessiva.

    Prendiamo il referendum sulla procreazione assistita. La diserzione in massa delle urne è stata frettolosamente consegnata dal ceto politico come un trionfo delle indicazioni provenienti dalle gerarchie ecclesiastiche, dopo il quale è stata tutta una gara a rincorrere il cardinale Ruini e le sue notevoli intuizioni politiche.

    Non si è considerato che in quell'occasione, come in molte altre in passato, gli italiani scelsero di non votare più per disinteresse che per scelta, volendo punire il ricorso al referendum in relazione a tematiche vissute come troppo elitarie. Si è dimenticato che i cattolici in Italia sono minoranza e che nella società prevale un'identità laica capace di auto-tutelarsi con scelte nette e persino soprendenti.
    Si ricordino le consultazioni su divorzio e aborto: considerate dai cittadini questioni di primaria importanza per la propria vita, entrambe si risolsero con clamorose sconfitte per la Chiesa e i suoi sponsor.

    Qualcosa di analogo sta avvenendo nell'Italia di oggi. Film già visto: la gara ad accreditarsi presso l'opinione pubblica come personalità dotate di profilo spirituale è visibile a occhio nudo e assume talvolta profili un po' stucchevoli. Il Bertinotti che si autodefinisce "alla continua ricerca di Dio" diventa strumentale laddove esce dalla dimensione privata, così come il Fassino che si riscopre credente e via dicendo. Più coerente apparve Prodi, quando seppe pacatamente disobbedire a Ruini professandosi "cattolico adulto" e dunque recandosi al seggio.

    Ma al fondo tutte queste appaiono poco più che manfrine agli occhi dell'opinione pubblica, che vede a occhio nudo le contraddizioni private dei molti presunti garanti dell'etica pubblica e privata. Il cattolicissimo Pier Ferdinando Casini convive amore uxorio e nessuno fa una piega, così come nessuno si è mai permesso di rimproverare al presidente del Consiglio due mogli e due famiglie.

    Di vizi privati il Paese è sazio e sono ben pochi gli italiani disponibili ad accettare che ciò che è permesso ai ricchi e ai potenti (si guardi la vicenda di Lapo Elkann) non lo debba essere al cittadino comune. E se non sembrano ammesse deroghe sui vizi, figuriamoci sui diritti individuali, quali, ad esempio, i molto discussi Pacs.
    E' da queste percezioni diffuse che si spiega la nascita della Rosa laica, alle cui fortune potrebbe far difetto solo un eccesso di litigiosità (non improbabile, visto i precedenti di chi la anima) o una carenza di leadership, che invece godrebbe di vasti riconoscimenti qualora fosse pienamente assegnata a una figura di prestigio quale Emma Bonino.

    Che la Rosa si collochi a sinistra è naturale conseguenza delle cose. Prima l'Unione ne prenderà atto meglio sarà, poiché se così non fosse, e cioé se si inseguisse un Mastella che vi si oppone parlando di "valori" (quasi che Mastella rappresentasse i "valori" più di quanto li rappresenti la Bonino, il che, a nord di Telese, appare francamente comico) per il centrosinistra si aprirebbe un fronte laico reso particolarmente insidioso dal sistema elettorale proporzionale.




    emilianet.it

  2. #2
    Lampo
    Ospite

    Predefinito Re: La Rosa e l'Italia laica

    In origine postato da willy

    politicamente solida nei contenuti
    Willy, come si pone questa lista sul welfare e sulla politica estera ?

 

 

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