COSTANTINO l'editto che non c'e'
Aristide Malnati
La Stampa 29-07-2006, pag.25
<<Il decreto di Milano non e' mai esistito, non conserviamo nessun testo ufficiale ne' citazioni precise. Le fonti parlano soltanto di lettere con direttive, indirizzate ai governatori provinciali>> In realta' il sovrano si limitava a concedere liberta' di religione a tutti, senza alcuna dignita' superiore per qualcuno Anche in seguito avrebbe mantenuto il culto degli dei pagani
NON c'e' pace per Costantino. Gia' nel XV secolo la famosa donazione, su cui la Chiesa aveva basato il suo potere temporale, era stata smascherata come un falso dall'acribia filologica di Lorenzo Valla. Adesso, addirittura, tocca all'editto di Milano con cui l'imperatore, nel 313, avrebbe conferito al cristianesimo dignita' pari se non superiore a quella delle altre forme di culto. L'ultimo colpo all'immagine di un Costantino spiccatamente filocristiano viene dall'analisi capillare di due studiosi francesi, Paul Matagne e Robert Turcan, storici all'Istituto di Arte e Archeologia della Sorbona e presso l'Accademia delle Iscrizioni e Belle Lettere. Il primo, in un articolo apparso sull'ultimo numero (luglio-agosto) della rivista Histoire antique, ha riassunto i risultati di scrupolose ricerche, che invece Turcan trattera' in modo esaustivo nel saggio Constantin en son temps: le bapteme ou la pourpre?, che uscira' in ottobre (e'ditions Faton, Digione). <<L'editto di Milano non e' mai esistito>> sostiene Matagne. <<Non conserviamo nessun testo ufficiale ne' alcuno storico cita passi precisi del contenuto, ma a trattare di questo soggetto sono autori successivi e lo fanno in modo descrittivo e non puntuale>>. Il dito e' puntato soprattutto su quegli storici cristiani vissuti sotto Giuliano l'Apostata (360-363) che - rifacendosi a Eusebio, il quale comunque scriveva parecchio tempo dopo il decreto del 313 - cercavano di opporsi al tentativo del princeps di ripaganizzare l'impero. Pero', si potrebbe ribattere, gia' nel 320 Lattanzio, Padre della Chiesa, aveva fatto esplicito riferimento all'editto di Milano (De mortibus persecutorum, 48, 1-8). Questa citazione non costituirebbe dunque la prova inoppugnabile della promulgazione ufficiale del famoso decreto? Matagne invita a ben considerare la terminologia usata dallo scrittore cristiano: <<Lattanzio parla di missive redatte dall'amministrazione imperiale (<<litterae>> in latino) e distribuite a tutti i governatori provinciali: sono usuali lettere con direttive, non un editto ufficiale per di piu' focalizzato sul cristianesimo. Lattanzio nel suo rendiconto concentra ovviamente la propria attenzione sul cristianesimo, ma nei loro colloqui i due Augusti si sono espressi in modo analogo su tutte le forme di culto, sottoponendole tutte alla compatibilita' con la politica imperiale>>. Lo studioso francese fa anche rilevare che l'incipit di una di queste lettere, conservato, lascia intuire un'attenzione generale a una pluralita' di elementi. <<Quando eravamo felicemente riuniti a Milano, Costantino e io, con l'intento di trattare gli interessi superiori dello Stato...>>, dice il testo: secondo Matagne questo <<mostra senza alcun dubbio che la finalita' degli iterati colloqui dell'inverno del 313 erano gli interessi superiori dello Stato e non un aspetto specifico. Insomma tutti i testi, presentati dagli storici successivi come ''editto di Milano'', sono arbitrariamente costruiti al fine di rafforzare l'immagine di un Costantino esclusivamente filocristiano, immagine nel 313 prematura e comunque mai completamente tale>>. I due ricercatori non negano che l'imperatore e il suo collega Licinio abbiano soggiornato a Milano a partire dalla fine del gennaio 313 con l'intento di tracciare le linee portanti della loro politica. Ma fanno rilevare come in quell'occasione abbiano esaminato una pluralita' di problemi, la cui soluzione si presentava impellente; e come la politica religiosa sia stata soltanto uno dei temi dibattuti, e neanche il principale: sicuramente con maggior attenzione fu considerata la spedizione in Oriente contro Massimino Daia. <<Proprio Massimino>>, fa notare Matagne, <<aveva ripreso a perseguitare i cristiani; ecco che per puro calcolo politico, solo al fine di creare tolleranza religiosa in Oriente, in aperta antitesi con la politica del loro avversario, Costantino e Licinio danno indicazioni di rispetto verso ogni forma di fede. Quello religioso era un elemento subordinato alle loro mire di conquista>>. Una pronunciata, anche se in alcuni casi ambigua, equidistanza religiosa permeo' tutto il corso politico di Costantino. Monete di bronzo mostrano l'effigie dell'imperatore sul recto associata all'immagine cara al paganesimo del Sol invictus sul verso. L'attenzione costante al culto degli de'i aviti e' testimoniata inoltre dalla costruzione di numerosi edifici politeisti nel faraonico rifacimento di Bisanzio, nuovo centro del mondo con il nome di Costantinopoli. Risalirebbe alla storiografia cristiana successiva anche il famoso episodio della visione precedente la battaglia presso il Ponte Milvio (312), in cui Costantino sconfisse l'usurpatore Massenzio. Una croce sfolgorante di luce si sarebbe disegnata nel cielo con il motto <<In hoc signo vinces>> (grazie a questo segno vincerai) e l'imperatore avrebbe spinto i soldati a porre sul proprio scudo le prime due lettere del nome di Cristo. Ma, come osserva Matagne, <<l'arco di Costantino eretto a Roma in commemorazione del trionfo parla semplicemente dell'imperatore ispirato dall'impulso della divinita'; il monogramma non e' mai apparso su alcuna moneta e lo stesso Eusebio, descrivendo la battaglia (nella Storia ecclesiastica, scritta attorno al 325) non allude ad alcuna visione. Solo piu' tardi lo storico cristiano (nella Vita di Costantino) riferisce il fatto arricchendolo con il famoso episodio. Un bell'esempio di forzatura delle fonti>>.
http://archivio.lastampa.it/LaStampaArc ... ID=7133116
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perennialista ? no, Venomiano.
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