La Stampa
LUNGO COLLOQUIO CON BERLUSCONI RISERVE DEL QUIRINALE SOPRATTUTTO SUL PREMIO DI MAGGIORANZA A BASE REGIONALE
Salva-Previti e proporzionale, dubbi di Ciampi
di Ugo Magri
05-11-2005
Un’ora e quaranta a tu per tu con Carlo Azeglio Ciampi non sono bastate al premier per scoprire le carte del suo interlocutore. O meglio: Silvio Berlusconi ha capito che il no del Presidente alla legge ex Cirielli, ormai nota come «salva Previti», è di quelli difficili da aggirare; e che forse neppure emendarla basterebbe a evitare un successivo rinvio alle Camere. Ma per quanto concerne la riforma elettorale, che al Cavaliere preme più d’ogni altra cosa, la nebbia è rimasta fittissima. Ciampi ha molte perplessità sul testo in discussione a Palazzo Madama, vuole pensarci, deve approfondire...
Vai a sapere se promulgherà o meno il ritorno al proporzionale, una volta che fosse approvato. Berlusconi non ha avuto nemmeno il tempo di chiedersi se conviene o meno rimetter mano alla riforma per andare incontro alle riserve del Colle (come gli suggeriscono Gianni Letta e un esperto di marchingegni elettorali quale Peppino Calderisi), che dalla Lega gli è piovuto nel pomeriggio un vero e proprio diktat: basta tergiversare, la riforma elettorale deve restare quella già approvata alla Camera. Non va cambiata nemmeno una virgola. Bobo Maroni è stato piuttosto esplicito, la legge «passa così com’è o non passa del tutto». Maroni ha soggiunto che Bossi sta benino, era presente alla riunione nella sede milanese in via Bellerio e addirittura ha fumato un sigaro, insomma è tornato quello di una volta.
Berlusconi s’è dunque convinto che non vale la pena di scherzare. Verso sera fonti a lui molto vicine hanno reso nota l’intenzione del Cavaliere di non fare emendamenti in Senato al testo della Camera. In buona sostanza, la maggioranza ha deciso di sfidare Ciampi: chissene importa dei suoi dubbi e dei suoi consiglieri. Se il Presidente avrà obiezioni da fare, le esprimerà nelle sole forme ammesse dalla Costituzione, cioè con un rinvio motivato della legge alle Camere dopo che la riforma sarà stata approvata. Per il momento si procede così... Ai cronisti il premier ha fornito una versione diplomatica del colloquio, «non mi sembra che ci sia una distanza con Ciampi» sono state le sue esatte parole.
D’altra parte bisogna comprenderlo, cos’altro avrebbe potuto dire? Che la maggioranza se ne infischia del Presidente? Oltretutto non è il solo Bossi a insistere per tagliare corto. Pier Ferdinando Casini la pensa allo stesso modo, e l’ha pure detto a Berlusconi quando il premier è andato da lui a riferirgli la conversazione con Ciampi: fare modifiche alla legge per accontentare il Colle sarebbe altamente a rischio, ha argomentato Casini, perché poi si dovrebbe tornare alla Camera, di nuovo a voto segreto, con l’ostruzionismo dell’Unione, e magari non si farebbe più in tempo ad approvarla. Meglio evitare. Dal Quirinale, nessun commento ufficiale.
Le riserve del Presidente riguardano anzitutto il premio di maggioranza su base regionale, che potrebbe determinare maggioranze diverse tra i due rami del Parlamento. E questo «cieco operare» del premio (come l’ha definito in un recente articolo il giurista più in auge lassù, Gustavo Zagrebelsky) potrebbe configurarsi come vizio di costituzionalità. Poi c’è il vulnus delle quote rosa, che furono clamorosamente bocciate a Montecitorio. Anche qui, Ciampi sospetta un conflitto con l’articolo 51 della Costituzione, dove si parla di «pari opportunità» da promuovere tra uomini e donne.
Infine, il Presidente obietta sulla grande estensione dei collegi: ma questo pare veramente il meno. Non ha esitazioni, invece, Ciampi sulla ex Cirielli. Ha detto al premier che quella legge proprio non va. Perfino nel caso in cui venisse emendata, per andare incontro alle richieste dell’Udc, Ciampi pare fermamente intenzionato a rispedirla in Parlamento per un riesame (di cui mancherebbe il tempo).
Berlusconi non ne pare troppo sconvolto, il suo commento pubblico è stato: «Vedremo la prossima settimana, quando se ne occuperà la Camera». Semmai, avrebbe gradito un riequilibrio alla Corte Costituzionale, che lui considera in mano alle sinistre. Ma pure lì è stato deluso: appena il Presidente gli ha anticipato i nomi dei tre prescelti, Berlusconi ha avuto conferma che dal Quirinale non gli verranno sconti.