Maurizio Blondet
05/11/2005
WASHINGTON - L'occupazione militare dell'Arabia Saudita è stata prospettata in USA a livello ufficiale: in un'audizione, il 26 ottobre, della Commissione Forze Armate della Camera bassa (House).
Lo scenario dell'invasione è stato delineato da Michael O'Hanlon, analista principale della Brookings Institution (una «fondazione culturale» considerata liberal) (1).
«Come devono rispondere gli Stati Uniti se un colpo di Stato, probabilmente di natura fondamentalista, abbatte la famiglia reale in Arabia Saudita?», ha chiesto retoricamente O'Hanlon: «questo evento solleva lo spettro di un collasso dell'economia del petrolio».
L'Arabia Saudita è infatti il primo produttore mondiale di greggio (9 milioni di barili al giorno) e il massimo fornitore di petrolio agli Usa (1,6 milioni di barili al giorno).



Secondo l'analista della Brookings, la «risposta» deve consistere nello spiegamento di tre divisioni dell'esercito, appoggiate da caccia e da aerei-radar (2).
Nell'insieme, l'operazione esigerà 300 mila uomini.
Che non si sa bene dove il Pentagono troverà, visto che non riesce né ad aumentare né a svincolare i 150 mila uomini che ha in Iraq.
L'Arabia Saudita conta 200 mila uomini in due forze armate distinte, l'esercito e la Guardia Nazionale (quest'ultima la forza pretoriana della famiglia reale).
Ma si tratta di forze la cui efficacia non è mai stata provata, e che probabilmente si dividerebbero, battendosi l'una contro l'altra in caso di disordine, perché sono leali a due diversi gruppi della famiglia saudita.
L'audizione alla Camera segue decine di sedute informative sulla situazione saudita che datano almeno dal 2002.



«Ma in realtà questo scenario è in discussione da vent'anni e rimane al primo posto nelle nostre preoccupazioni», ha detto O'Hanlon, data la fragilità del regime saudita.
Ed ha parlato di come Al Qaeda stia crescendo in Arabia, e possa effettivamente prendere il potere.
Ora, poiché Al Qaeda è una creazione della CIA, è possibile che essa sia utilizzata per dare pretesto all'occupazione.
O'Hanlon ha dipinto la situazione a tinte fosche.
Un regime di Al Qaeda in Arabia «destabilizzerebbe anche il Pakistan»; i fondamentalisti cercherebbero «di procurarsi armi nucleari» (proprio come Saddam e l'Iran: forse l'uranio del Niger); e certamente distruggeranno «il mercato del greggio».
Il che giustificherà l'intervento americano.



L'operazione sarà intesa a prendere possesso dei giacimenti petroliferi, che sono concentrati sulla costa orientale, bel lontano dai luoghi santi (la Mecca e Medina) che si trovano ad occidente della penisola arabica. Washington sequestrerà anche tutti gli introiti petroliferi, ma solo «per restituirli a un futuro governo filo-occidentale a Ryad».
Per mettere al sicuro i pozzi, ha spiegato O'Hanlon, bastano 10 mila uomini.
Ma altri centomila servono assolutamente per proteggere la rete degli oleodotti e le altre infrastrutture petrolifere.
Se poi l'idea fosse di «rovesciare il regime» fondamentalista prossimo venturo, sarebbero necessari 300 mila uomini.
«E per un lungo periodo di tempo».

Maurizio Blondet




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Note
1) La Brookings è di fatto la più antica delle fondazioni «culturali»: nata nel 1916 per influire sulla politica americana, è finanziata da gruppi d'interesse economici privati (e collegata alla Rockefeller Foundation). Sei presidenti USA sono stati soci (e promossi alla carica) dalla Brookings. Oggi ne fa parte Mario Draghi: questo funzionario del Tesoro è stato premiato, per aver condotto le privatizzazioni in Italia in modo che è piaciuto ai miliardari anglo-americani, con la vicepresidenza della Goldman Sachs, ramo internazionale.
2) «US fears prospect of Saudi coup, weighs invasion plans», World Tribune, 2 novembre 2005.



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