Ma chi glielo ha detto?
Il Mortadella ci annuncia che le periferie saranno calde. Molto difficile, vista la loro composizione e paragonandole alla Francia. Tranne se c’è dietro un piano...

ROMA - Sono le periferie urbane le moderne polveriere d’Europa? E’ da questi quartieri che le Capitali hanno spesso il pudore di mettere in mostra che può salire la protesta degli immigrati, degli emarginati? Secondo Romano Prodi , sì. Anzi, il leader dell’Unione, prendendo a pretesto gli avvenimenti francesi, ha detto che noialtri italiani «abbiamo le peggiori periferie d’Europa», preconizzando che accadrà da noi quello che sta accadendo a Parigi. «E’ solo questione di tempo - ha detto - Le nostre periferie sono una tragedia umana e se non facciamo interventi seri, sul piano sociale e con l’edilizia, avremo tante Parigi. Ci sono condizioni di vita pessime e infelicità anche dove sono tutti italiani».
Logico che il sasso lanciato da Prodi abbia determinato onde in tutte le direzioni. Chi è d’accordo con Prodi e giura che «se non si cambia politica, i ragazzi che oggi sono il cuore dell’integrazione tra dieci anni si sentiranno traditi», è Livia Turco . Di opposto parere Roberto Maroni , ministro del Welfare, che sostiene: «Il rischio vero in Italia è quello dell’esplosione di una violenza ideologica vicina all’area terroristica ma non certo lo scoppio di una rivolta sociale come sta avvenendo in Francia».
Ma poiché il leader dell’Unione ha puntato il dito contro un’entità socialmente e spazialmente definita, come la periferia delle metropoli, sentiamo che ne pensano gli amministratori delle grandi città. Riccardo De Corato , vicesindaco di Milano, non si scompone e invita Prodi ad andarsi a leggere «gli ultimi dati della Borsa immobiliare di Milano. Dicono che sono in aumento i prezzi degli appartamenti di zone periferiche come Baggio e Niguarda. E questo perché sempre più persone vogliono andare ad abitare lì. C’è il verde, ci sono i servizi, ci sono le caserme dei carabinieri. La nostra amministrazione - dice ancora De Corato - ha riqualificato 6 milioni di metri quadrati di aree industriali dismesse. Dove c’erano squallidi capannoni e raffinerie insalubri ora ci sono quartieri-modello. Altro che degrado». Anche Raffaela Milano , assessore alle politiche sociali del Comune di Roma, pensa che non si possa fare un parallelo tra Parigi e Roma: «A Parigi - spiega - ci sono tante enclave monoetniche. A Roma no. Noi - continua - abbiamo promosso molte iniziative per far sì che gli abitanti delle periferie si sentano parte della città. Dalle librerie aperte alle sale musicali nelle scuole più periferiche con la supervisione di Mogol. L’obiettivo è sempre il coinvolgimento attivo dei cittadini. E’ l’unico fattore di coesione sociale che io conosca. E’ l’unica prevenzione contro ogni emergenza sociale. Insomma - conclude l’assessore - Parigi non fotografa Roma però se si smette di investire in questo senso, allora i rischi aumentano».
Di diverso tenore le argomentazioni di due amministratori di Napoli, città che fa i conti tutti i giorni con il degrado della sua periferia. Qui il pensiero degli assessori è più vicino alle tesi di Prodi. Secondo Raffaele Tecce , assessore agli Affari sociali della giunta Iervolino, l’analisi prodiana «è interessante». Per evitare il rischio-banlieue tuttavia - spiega Tecce - si dovrebbe intervenire con le maniere forti, tipo «una tassa straordinaria per finanziare gli investimenti produttivi. Nel Napoletano, infatti, con il crollo delle Partecipazioni statali abbiamo perso 50 mila posti di lavoro». E’ per le maniere forti anche Paride Caputi , assessore alle Periferie, il quale chiede al Governo «un piano Marshall per il risanamento della periferia italiana. Serve - dice - un grande impegno dello Stato per riparare i danni che dal dopoguerra in poi si sono verificati nella costruzione delle città moderne».
Infine, il parere (ottimistico e divergente dalle tesi prodiane) di un osservatore d’eccezione, il direttore generale del Censis, Giuseppe Roma : «Le nostre periferie - afferma - non sono dei dormitori. In esse è consolidata la vita di quartiere per cui lo straniero non si sente solo ed emarginato in uno sterminato hinterland . E poi - continua - in Italia non c’è un inurbamento così grande come negli altri Paesi d’Europa. Luoghi come la banlieue parigina non esistono a Roma e neppure a Milano. L’unica dimensione comparabile - prosegue Roma - potrebbe essere l’area napoletana, dove effettivamente c’è mancanza di controllo del territorio, ma lì il fenomeno ha radici diverse ed è legato soprattutto alla criminalità organizzata».

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Il Mortadella ci annuncia che le periferie saranno calde. Molto difficile, vista la loro composizione e paragonandole alla Francia. Tranne se c’è dietro un piano...

Del resto prima che la “guerra razziale” scoppiasse indisturbata nelle periferie di Parigi, centinaia di macchine bruciavano a Roma; e non hanno smesso di farlo. Allora chi vogliono prendere in giro con quest'eccezionali♪à? Semplice: chiunque ci creda, forse iniziando da te...