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  1. #1
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    Predefinito Sinistra Israeliana: Peretz batte a sorpresa Peres

    "ISRAELE: VINCE PERETZ, CLAMOROSA SCONFITTA DI PERES
    TEL AVIV -

    Terremoto nella politica israeliana. Ribaltando tutte le previsioni dei sondaggi, il sindacalista Amir Peretz è riuscito a sconfiggere Shimon Peres e da oggi è il nuovo leader del partito laburista israeliano. Il suo primo obiettivo politico, ha annunciato Peretz, sarà quello di concordare l'uscita dei laburisti dal governo di unità nazionale guidato da Ariel Sharon. La prospettiva di elezioni anticipate diventa dunque quasi obbligata. Peretz ha ottenuto 27.098 voti, superando nettamente Peres che ha ricevuto solo 25.572 voti dei membri del partito. Il terzo candidato, Benyamin Bel Eliezer, ha ottenuto 10.764 voti. Il segretario del partito laburista Eitan Cabel ha respinto le accuse di brogli e di irregolarità giunte dai sostenitori di Peres. "Abbiamo controllato tutto, è stato tutto regolare", ha stabilito Cabel.
    "
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    Shalom

  2. #2
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    pfb,
    il Peretz,non godrà della vittoria perchè rischia di portare danno al Israele in un momento difficilissimo per lo Stato tenuto conto dello scenario internazionale; il popolo laburista non glielo consentirà.
    Ci saranno due partiti laburisti invece di uno.

  3. #3
    Hanno assassinato Calipari
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    Perez è uno da pensionare, sotto di lui sono successi i peggiori disastri in israele.

    Poi uno che si allea con il Likud la dice tutta...

  4. #4
    SENATORE di POL
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    Risultato elettorale a sorpresa nel labour israeliano: Peretz batte Peres

    A pagina 1 del quotidiano torinese La Stampa del 11 novembre 2005, Fiamma Nirenstein firma un articolo dal titolo ........


    " «Il proletario sfida il premio Nobel»




    ANCORA tutta Israele si stropiccia gli occhi e si dà i pizzicotti per svegliarsi dallo strano, inverosimile sogno in cui Peretz batte Peres, il governo di unità nazionale va in pezzi e le elezioni anticipate si profilano all’orizzonte. Quei grandi baffi spioventi, la voce eccitata, il continuo riferimento alle sue origini marocchine e alla sua povera cittadina di Sderot su cui cadono i missili e dove la disoccupazione impazza, lo stile a maniche arrotolate di Amir Peretz, a fronte del tono pacato e patriarcale, all’eleganza azzurrina, all’accento polacco e al legame con i padri della patria, a Ben Gurion di cui è stato l’allievo preferito e a Yzhak Rabin di cui è stato il compagno di strada, l’appartenenza al migliore jet set del premio Nobel Shimon Peres...
    La gara sembrava impossibile, anche i sondaggi hanno seguitato a dare fino a dieci punti in più a Peres fino alla fine della terribile notte del Partito laburista, quando Peres ha detto ai giornalisti: «Vi ricordo che non si chiede mai a un gentiluomo come ha passato la nottata». Invece lo sfidante proletario un sindacalista 53enne, ritenuto «un demagogo sociale» e un estremista, con la sua vittoria delinea persino l’uscita dalla scena politica del grande protagonista di ogni processo di pace.
    Peretz come sua prima dichiarazione ha promesso di dire a Sharon «ce ne andiamo», e di spodestare così Peres e gli altri sette ministri laburisti e avviandosi a una politica tutta sociale. La sua speranza è indurre una rivoluzione che stacchi la povera gente dal Likud e la porti al suo partito. La magnifica esperienza sia nel campo della sicurezza che in quello della politica estera di Peres è stata scavalcata dall’insicurezza sociale che attanaglia una società povera, in cui soffre di più la comunità di ebrei che fu cacciata dai paesi arabi. Peres ha suscitato un gran senso di ribellione fra i suoi legando il suo destino a quello di Sharon nel periodo dello sgombero da Gaza, lasciando che Bibi Netanyahu ministro del Tesoro facesse una politica liberista molto accentuata, e investendo sulla possibilità che «Arik» proceda sulla via delle rinunce territoriali; ha urtato il senso identitario di una sinistra da anni sconfitta dal terrore e spossessata della sua linea proprio dal nemico più odiato, Arik Sharon.
    Peres tuttavia ha con se un gran numero di leader e di militanti che pensano che sia una rovina andare alle elezioni con un leader appassionato di scontro sociale, organizzatore di scioperi generali, ma senza nessuna esperienza di questioni relative alla sicurezza e alla politica internazionale. Due soggetti di cui Peres è maestro. E la storia ci dice che potrebbe benissimo ancora restare sulla scena: accanto alle vittorie, la sua biografia conta una quantità di sconfitte impressionate (quella del 74 nella gara interna con Rabin; del 77 con Begin alle elezioni; nell’88 con Shamir; nel 92 con Rabin di nuovo; nel 96 con Nethanyahu e poi la sconfitta di fronte a Moshe Katzav quando correva per la presidenza della repubblica).
    Peres ha una esposizione e una esperienza che lo renderebbe, se volesse, indispensabile al Peretz. Ma allora Peretz dovrà dire a Sharon, nel prossimo incontro di domenica, che rimanderà un poco le elezioni anticipate.
    "


    Shalom

  5. #5
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    Predefinito tratto da http://www.pri.it

    La sconfitta di Peres

    Una svolta nel Labour che mette in difficoltà il governo Sharon

    La sconfitta di Shimon Peres alla guida del Partito laburista, significa principalmente il preludio della fine della solidarietà nazionale in Israele. Il nuovo leader del partito laburista, Amir Peretz, ha già annunciato che non intende farsi "likudizzare" nell'abbraccio con Sharon e punta alle elezioni anticipate con il ritiro della sua delegazione dal governo. Nemmeno fosse un caso, a questa ipotesi sorride Netanyahu, che non vede l'ora di misurarsi alle primarie con Sharon, anche per regolare i conti dopo il ritiro dalla striscia di Gaza.

    Non si tratta purtroppo solo della lotta inevitabile per la successione alla guida dei principali partiti dello Stato ebraico. Si tratta, come detto, della fine della solidarietà nazionale, concepita da due anziani guerrieri come Sharon e Peres, convinti della necessità di una trattativa con il mondo arabo per la sicurezza di Israele. Su questa base Likud e Labour avevano costruito una faticosa intesa ma avevano ottenuto dei risultati importanti. Caduto Peres, cadrà, se non anche Sharon, certamente il suo governo, e questi risultati potrebbero tornare in discussione.

    E' vero che i laburisti con Shimon Peres hanno perso le elezioni in maniera inequivocabile e che la loro stella appariva oltremodo appannata. Ma in compenso hanno ottenuto una conversione del principale falco della politica israeliana sulla piattaforma tipica del loro programma: pace per territori. E se il Likud vinse le elezioni, il Labour party aveva vinto la politica, con la trattativa con Abu Mazen.

    Paradossalmente, se il Labour si è "likudizzato", come lamenta il nuovo leader Amir Peretz, anche il Likud si era "laburizzato", come Netanyahu accusava, causa l'abbandono del governo degli insediamenti ebraici nella West bank.

    La nostra impressione è che la commistione di elementi fra i due partiti rivali, sia stata alla base del maggior successo conseguito da Israele dopo le vittorie militari sull'Egitto, la Siria e la Giordania. Ci preoccupa non poco lo scossone che si sta verificando. Se il Labour vuole tornare a competere con il Likud e viceversa, se salta l'intesa che ha retto finora, potrebbe anche essere a rischio l'equilibrio della politica israeliana. E con i tanti nemici assiepati alle porte di Gerusalemme, la riapertura dello scontro all'interno non ci sembra certo cosa rassicurante.

    Roma, 11 novembre 2005

  6. #6
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    Il nuovo leader del Labour israeliano vuole uscire dal governo

    A pagina 15 de Il Corriere della Sera del 14 novembre 2005, è stato pubblicato un articolo di Francesco Battistini dal titolo.......


    " «Peretz ha fretta e minaccia Sharon»


    GERUSALEMME — Ai comici tv, non pare vero: basta con l'austero grigiore di Shimon Peres, viva il turbosindacalista «rosso» Amir Peretz. Un leader laburista da sfottere senza pietà, finalmente. Cominciano quelli di Eretz Neederet,
    «Che fantastico Paese», cabaret del weekend: «Signor Peretz, se andrà al governo, che cosa farà per bloccare i kamikaze sugli autobus?». «Facile: uno sciopero degli autobus».
    L'uomo nuovo della politica israeliana ha poca voglia di scherzare, però. Sabato sera, nella piazza Rabin di Tel Aviv, alla sua prima uscita emoziona le fiaccole dei 200mila che rimpiangono la pace assassinata dieci anni fa: «L'occupazione dei Territori — dice — è immorale». Poche ore dopo, appicca il fuoco alla casa comune della maggioranza: «Mercoledì — annuncia —, voteremo lo scioglimento del Parlamento».
    La crisi è qui. Peretz ha già intimato lo sfratto ad Ariel Sharon, vuole elezioni anticipate a marzo, e la seduta domenicale del governo non dura neanche dieci minuti: «I ministri Likud e laburisti non hanno più nulla da dirsi», prende atto il premier. «Sembra d'essere all'ultimo giorno di scuola», riassume un fedelissimo. Il vecchio Ariel vuole prendere tempo. Rinvia a giovedì l'incontro col nuovo Amir e spera che intanto la Knesset bocci la mozione di scioglimento presentata dal piccolo Partito nazionale religioso, ma sostenuta dal Labour: nel caso, la legge gli concederebbe altri sei mesi prima dell'apertura formale d'una crisi.
    Crisi di nervi, anche. «Il Likud è nel panico», racconta un ministro laburista, e non saranno questi giochetti a salvarlo: Sharon è «un irresponsabile», dice Peretz, non può «comportarsi come se il terreno politico fosse di sua proprietà, perché quest'epoca è finita» e non è tollerabile che sfugga al divorzio, già fissato, «non rispondendo a 22 telefonate». La replica dal Likud è ironica: «Peretz continua a gridare nel megafono — dice Ronnie Bar-On —, ma dimostra di non avere esperienza negli affari di Stato: Sharon non è un sindacalista da richiamare all'ordine». Altri, sul Jerusalem Post, ci vanno più pesante: «Uno che in un'ora e mezza chiama 22 volte lo stesso numero, senza ottenere risposta, deve avere qualche problema mentale».
    L'agonia di Sharon è lenta. Rimasto senza alleato, azzoppato dai falchi del Likud, tentato di formare un nuovo partito, l'ex generale riceve un ultimatum anche da James Wolfensohn, l'uomo della Banca Mondiale che dice d'avere perso la pazienza: o entro mercoledì si trova l'accordo sulle frontiere di Gaza, dove il ministro palestinese Mohammed Dahlan accusa gl'israeliani di boicottare il transito d'ogni merce, oppure «sarà una tragedia» e la Striscia, dopo lo sgombero dei coloni, rischia di diventare «una gigantesca prigione». L'unica buona notizia, al vecchio Ariel, la porta un'inattesa Hillary Clinton. Che assieme al marito visita il Muro e non lo maledice: «Il Muro non è contro il popolo palestinese. E' contro i terroristi. Ed è sul terrorismo che i palestinesi devono cambiare atteggiamento".
    "


    Shalom

  7. #7
    Hanno assassinato Calipari
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    Nell'attentato di Amman, sono morti tanti palestinesi che erano uomini d'affari e uomini della sicurezza palestinese.

    Peretz può sbraitare quanto vuole, tanto se non risolve il "problemino" del "modo" di governare deò Mossad non se ne esce...

  8. #8
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    Il problemino è bello risolto, il Mossad avrà ordine di occuparsi dei rifondaroli antisionisti italici........................ io sono già stato ingaggiato....prepara le mutande di acciaio, che ho noleggiato un toro omosex zapatero di Siviglia

    Shalom

  9. #9
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    da www.paginedidifesa.it

    " Israele, l’ascesa del sefardita “anomalo” Amir Peretz

    --------------------------------------------------------------------------------

    Rudy Caparrini, 14 novembre 2005

    --------------------------------------------------------------------------------




    Le elezioni primarie in seno al partito laburista israeliano, che si sono tenute giovedì 10 novembre, hanno segnato una clamorosa sorpresa: Shimon Peres, storico leader della formazione socialista, è stato sconfitto da Amir Peretz, numero uno della potente organizzazione sindacale d’Israele, Histadrut.
    L’esito della votazione potrebbe sortire un impatto profondo sia per ciò che concerne la politica israeliana sia per gli effetti che potrà produrre nel contesto geopolitico del Medio Oriente. Amir Peretz, che ha annunciato l’intenzione di uscire dalla coalizione di governo guidata da Ariel Sharon, potrebbe imprimere una svolta per due ragioni: la sua origine e la sua intenzione di arrivare presto a una pace definitiva coi palestinesi.

    Amir Peretz è un ebreo sefardita, essendo nato in Marocco nel 1952. Per ribadire la centralità di tale elemento, appena dopo la sua elezione alla massima carica del partito laburista, ha esplicitamente affermato che “è giunto il momento di seppellire il demone etnico in Israele”.

    Per comprendere l’affermazione di Peretz è opportuno ricordare che gli ebrei si suddividono in due grandi gruppi: sefarditi e aschenaziti. I primi, il cui nome deriva da ‘Sefarad’ che in ebraico antico significava Spagna, sono i discendenti delle comunità israelitiche che trovarono rifugio nei territori sotto il controllo dell’Impero Ottomano (Nord Africa e Medio Oriente), dopo essere fuggite dalla penisola iberica alla fine del secolo Quindicesimo in seguito alla “Reconquista” cristiana. Accanto ad essi vi sono gli ebrei “aschenaziti”, da “Aschenaz” che significa Germania, ovvero gli israeliti originari di Germania, Russia, Polonia e degli altri paesi dell’Europa centrale e orientale.

    Fin da quando nacque lo Stato di Israele affiorarono tensioni fra i due gruppi, giacché gli aschenaziti, più forniti di mezzi economici e forti di una preparazione culturale più avanzata, monopolizzarono il potere politico, burocratico ed economico. I sefarditi, relegati al rango di ceti bassi del paese e assegnati ai mestieri più umili, maturarono una forte ostilità nei confronti dei laburisti, partito egemone d’Israele e responsabile della loro pessima condizione sociale. Un’eloquente spiegazione di queste disparità era stata espressa, già molti anni fa, nell’articolo “Eastern and Western Jews: ethnic divisions in Israeli society” di Lee Dutter (pubblicato in “The Middle East Journal”, Autumn 1977).

    Dal punto di vista della politica estera, i sefarditi si distinguevano per il forte risentimento nei confronti degli arabi, che hanno espulso le loro famiglie nel 1948 in seguito al primo conflitto arabo-israeliano. Come sempre avviene a chi si sente vittima di un torto (è successo anche ai palestinesi), essi svilupparono una ideologia di stampo nazionalista. E’ d’uso affermare che la destra oltranzista d’Israele, intesa come Likud e partiti nazionalisti religiosi, ha il principale bacino di voti fra i sefarditi. A conferma di ciò, i sostenitori di tale equazione ricordano che Ygal Amir, il giovane studente che uccise Rabin nel novembre 1995, è un ebreo sefardita discende da una famiglia originaria dello Yemen, oltre che un militante della destra oltranzista ultra-ortodossa.

    Amir Peretz si presenta come un sefardita “anomalo”, giacché infrange un doppio tabù. Essendo nato in Marocco, egli è il primo ebreo sefardita che assume la leadership del partito laburista, fino ad ora considerato di esclusivo dominio degli aschenaziti. In secondo luogo, Peretz ha posto in cima alle sue priorità l’esigenza di raggiungere al più presto una pace definitiva coi palestinesi.

    L’ascesa di uno di loro al vertice della formazione socialista potrebbe indurre i sefarditi a mutare atteggiamento. I dirigenti del partito laburista, non solo il neo-leader Peretz, sanno che solo attirando il consenso dei sefarditi si può sperare di battere Ariel Sharon. Se ne ebbe un chiaro esempio con le elezioni politiche del 1999 quando Ehud Barak, allora candidato laburista, vinse perché seppe convincere alcune frange sefardite, sottraendo consensi al suo avversario Benjamin Nethanyahu, esponente della destra nazionalista.

    È presumibile che Peretz imposti la sua campagna elettorale sostenendo che le due priorità del suo programma, maggiore giustizia sociale e pace con i palestinesi, sono strettamente collegate. Il neo leader laburista potrebbe spiegare che il disimpegno dai territori occupati liberebbe molte risorse da utilizzare per un programma di riforme in campo economico e sociale. A fronte di tali motivazioni i sefarditi potrebbero sacrificare l’ideologia nazionalista in cambio di benefici economici e sociali.

    Non è possibile sapere oggi se Peretz possa o meno sperare di battere Sharon. La politica israeliana è in continuo fermento e lo stesso premier non sa ancora se correrà per il Likud o se fonderà un nuovo raggruppamento. In ogni caso, l’ascesa di Amir Peretz ha riaperto i giochi. Adesso tutti i principali attori della politica israeliana dovranno fare i conti col sefardita “anomalo” che guida i laburisti.
    "


    Shalom

  10. #10
    Hanno assassinato Calipari
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    In origine postato da Pieffebi
    Il problemino è bello risolto, il Mossad avrà ordine di occuparsi dei rifondaroli antisionisti italici........................ io sono già stato ingaggiato....prepara le mutande di acciaio, che ho noleggiato un toro omosex zapatero di Siviglia

    Shalom
    beh, zapatero ha molto successo con le donne, cosa che non si può dire di te. Il Mossad non ti prenderebbe mai, troppo scarso

 

 
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