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    Enclave MUSSOLINISTA
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    Sono un uomo che ama il suo Popolo. "Chi fa del male al mio Popolo e' un mio nemico" "Regnum Italicum".
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    Predefinito Teatro-iniziativa militante.

    Ripropongo un vecchio messaggio con l'intento di trovare coraggiosi decisi a rappresentare la commedia.


    TUTTI ASSOLTI IL FATTO NON SUSSISTE !



    Atto I

    (scena prima)


    Nello studio dell’avvocato Gret si ritrovano a convivio il rivoluzionario Mast ed il professor Mild. Iniziano a discutere del moderno mondo decadente vinto dalla viltà e dal perbenismo. Per Mast e Mild l’unica via d’uscita consiste nel ritorno alla Tradizione e ad un mondo solare antico, luce e faro per le generazioni future.



    Avvocato Gret: Avanti chi è?

    Mast: (affacciandosi appena) Sono Mast avvocato, si ricorda di me?

    Gret: Si, si prego.

    Mast: Sono in compagnia d’un amico.

    Gret: Accomodatevi. Lei chi è? (rivolto a Mild)

    Mild: Piacere, Mild.

    Gret: Piacere mio. Dunque, (a Mast) è da almeno vent’anni che non avevamo la possibilità di incontrarci.

    Mast: Si, più o meno dai tempi del liceo. Anni duri, battaglie a mai finire. Belli però. Non so perché ma ogni volta che mi capita di ripensare a quei periodi mi sembra di rivivere un sogno.

    Gret: Bei tempi si. Però sono passati. Comunque, a cosa debbo questa visita?

    Mast: Io, il professor Mild e Cedu avremmo interesse a presentarle un progetto.

    Gret: Cedu? Non ditemi che quel brigante (in senso affettuoso) d’un Cedu v’ha messo in mezzo ai guai.

    Mast: No, no. Abbiamo intenzione di riprendere la nostra battaglia politica abbandonata vent’anni fa. Volevamo sapere solamente se potevamo contare anche su di lei.
    Avvocato Gret: Mirate amici. Non è affatto semplice mutare gli eventi. Sono passati due decenni. Il mondo è cambiato, le esigenze sono diverse, gli uomini sono diversi. Forse siamo mutati anche noi?

    Mild: Se permette avvocato vorrei dissentire. Io non mi sento affatto cambiato e sono pronto a ricominciare la mia battaglia di libertà. Lei non mi conosce però le posso assicurare di essere rimasto fermamente convinto delle mie idee. Certo hanno subito modifiche durante il percorso. Però l’importante è credere fermamente che si può vivere in un mondo diverso. Voglio lottare per far si che si possa avere una società migliore. Lotterò per la mia Patria e per la mia gente. Dobbiamo ricominciare.

    Gret: Non sarà facile, professor Mild!

    Mast: Non lo è, caro avvocato, non lo è. Sa perché? Per il semplice fatto che l’uomo d’oggi non può più definirsi tale. E’ vittima e figlio del pregiudizio democratico che costringe tutti parimenti ad essere felici e tristi nello stesso modo. Tutti uguali, tutti omologati. La massa è diventata il punto di riferimento per ognuno e ciò che mi pare ancor più grave è il constatare il reiterato sentimento di viltà. Mild però ha ragione. Se tutti crollano, noi dobbiamo rimanere in piedi. Non c’è spazio per la viltà.

    Mild: Già la viltà. L’uomo d’oggi è talmente stregato dal vortice del vuoto che al suo interno non contiene nemmeno la viltà.

    Gret: Si ma proviamo a ragionare. Quali e quante possibilità abbiamo di recuperare le nostre battaglie nazionalpopolari oggi? Nessuna. Guardatevi intorno cosa ci è rimasto?

    Mild: Dobbiamo ripartire da noi, non da ciò che ci sta intorno.

    Gret: Si ma da soli cosa potremo fare. L’uomo d’oggi non ha più voglia di impegnarsi politicamente. Non c’è più nulla nell’animo umano.

    Mast: La materialità avvocato. Mi rendo conto che tale risposta potrebbe, in un primo momento, sembrarle semplicistica, ma ne sono convinto. Il materialismo imprigiona l’uomo, lo costringe a viaggiare una vita da scemo imbrigliato dal piacere del possedere. Questo è rimasto all’uomo moderno.

    Mild: Non solo, ma tutti i parametri di valutazione oggi si basano sull’avere. Un uomo conta in quanto ha e non in quanto è. Il possedere ha surclassato l’essere divenendo l’unico elemento distintivo fra gli individui umani.

    Gret: E’, però, semplicistico voler dire che oggi gli uomini si dividono fra chi ha e chi non ha?

    Mild: Ma è proprio così. Vede il pensiero debole che ci sovrasta ha stabilito delle regole ferree. Nel mondo si conta in base al reddito che si ha. E’ una dura realtà, ma è così. Non voglio e non posso pensare che ci si possa ridurre così.




    Dopo una breve pausa per accendere una sigaretta, Mast si rivolge direttamente all’avvocato Gret…

    Mast: Avvocato, noi avremmo piacere che lei ci desse un consiglio, una parola su di un progetto che avremmo in mente di realizzare.

    Gret: Dite pure, ascolto.

    Mast: Noi avremmo intenzione di costituire un’associazione politica e culturale che si riproponesse di presentare realmente le istanze della gente vera. Vogliamo costruire un movimento di ribelli che sappia raccogliere il malcontento generalizzato. Vogliamo, come le abbiamo già detto, ritornare a fare la politica che lasciammo un ventennio fa.

    Gret: Si, ho capito, ho capito. (titubante) Ma la vostra intenzione è….

    Mild: La nostra intenzione è quella di costruire una palestra filosofico-culturale che ponga le basi per far si che i giovani d’oggi possano ravvedersi e provvedere per il futuro.

    Gret: (sempre più interdetto) Capite bene che v’è da fare molta attenzione. (quasi assente) La tecno-oligocrazia che detiene il potere mondiale di certo non accetterà di buon grado tutto ciò. Vi daranno la caccia e vi condanneranno senza tregua e senza pietà.

    Mild: Sappiamo bene, avvocato, ma non ci spaventano le sfide, cosiddette, impossibili. Dobbiamo intervenire, altrimenti cosa lasceremo ai nostri figli? Solo un cumulo di macerie sopra alle quali galleggeranno i soliti pescecani che, con la scusa della libertà e della democrazia, tengono, e terranno, a bada milioni di persone?

    Gret: Dovremo approfondire meglio le tematiche da affrontare, non credete? Sarebbe estremamente superficiale, da parte mia, darvi ora una risposta. Devo pensare.

    Mast: Sarà dei nostri avvocato?

    Gret: Son tentato, ma ho bisogno ancora di capire molte cose. Ritengo necessario, prima di aderire a questo progetto, incondizionatamente, capire certe cose.

    Mild: Avvocato, ritengo non sia possibile affrontare stasera questo ragionamento.

    Gret: Si, si lo so bene. Che giorno è oggi professore?

    Mild: Venerdi 26 Maggio.

    Gret: Benissimo, ritengo necessario che ci si riveda tutti e tre, qui da me, lunedì pomeriggio. Fate venire anche Cedu, parleremo tutti insieme. Potremo iniziare, così, a stilare un manifesto programmatico nel caso in cui mi ritrovassi a convenire con voi.

    Mast: Bene, dunque, avvocato. Ci vedremo lunedì subito dopo il pranzo.

    Gret: A lunedì allora.

    Mast e Mild: A lunedì.



    (scena seconda)

    Mast e Mild scendono in strada ed iniziano a ragionare su quanto avvenuto cercando di capire cosa realmente avesse in mente l’avvocato. Lungo il percorso incontrano Cedu e…

    Mild: E’ un po’ strano quell’avvocato. Cedu ci aveva assicurati che avrebbe accettato ma non so se…

    Mast: Non sai se accetterà? Ma caro Mild, sei un insegnante, fai il professore da una vita ed ancora non sei in grado di discernere un uomo che parla senza sapere cosa dica. Avranno vita facile i tuoi studenti! (sorridendo all’amico professore)

    Mild: Credo solo nei principi, Mast, e solo quelli so riconoscere. Non tollero chi non mi dice in faccia cosa ha in testa.

    Mast: Guarda Mild, sta arrivando Cedu.

    Cedu: Salve carissimi come va?

    Mild: Torniamo proprio ora dallo studio di quell’avvocato Gret, a te tanto caro.

    Cedu: Allora come è andata?

    Mast: Ha detto che ci farà sapere Lunedì.

    Mild: Ho uno strano presentimento. Sento che non vorrà saperne di noi.

    Cedu: Non vedo perché dovrebbe, è un grande amico, da ragazzi abbiamo combattuto battaglie comuni. Ora, effettivamente, si è un po’ allontanato, ma era e rimarrà sempre il Gret di un tempo.

    Mild: Ricordati che in genere gli uomini subiscono quel processo che viene comunemente definito, nella moderna società del pensiero debole, il cambiamento. Si cambia, Cedu, si cambia. A vent’anni si è disposti a tutto, poi solo dei pazzi come noi continuano a credere nei sogni.

    Cedu: Sono sicuro che non sarà così, Gret non può farmi questo. Sono sicuro che accetterà, vedrete, accetterà. E voi smettetela. Tu Mild continui con quell’aria da professore anche quando sei senza la cattedra e tu Mast sei il solito sfigato di rivoluzionario.

    Mast: No Cedu. E’ la realtà che è diversa. Ma guardati intorno, siamo rimasti in tre. Non abbiamo più nessuno. Dobbiamo per forza di cose ripartire dai giovani e dai ragazzi per far comprendere loro quanto sia fondamentale, in un mondo come questo, avere un opinione libera. Libera, Cedu, libera. Non globalizzata, non massificata e nemmeno internazionalizzata, ma libera. Nazionale e libera.

    Cedu: So bene ciò che vogliamo non dovete convincere me.

    Mild: Ma il tuo amico si. Perché vedi Cedu, il mondo, l’esistenza e la vita dividono le categorie umane in due tronconi. Da un lato i mediocri, dall’altro i folli. Si dà il caso che la prima categoria sia molto frequentata mentre..

    Cedu: Dove vuoi arrivare.

    Mild: Vorrei cercare di farti capire che l’avvocato, secondo me, appartiene al primo troncone di esseri umani. Cioè ai mediocri. Quegli uomini che vivono galleggiando nel mare anonimo della massa e dopo aver raggiunto un posticino di lustro all’interno di questa nefanda società saluta tutti e dimentica gli ideali.

    Cedu: Io rimango convinto che Gret sarà dei nostri. Oltre alla politica c’è un vincolo d’amicizia che ci unisce e ci lega indissolubilmente. Vedrete non m’abbandonerà.

    Mast: Vedi Cedu, tu continui a parlare da idealista romantico, quale sei. Noi lo siamo. Ma non è detto, anzi non lo è affatto, che anche il tuo caro avvocato segua lo stesso ragionamento.

    Cedu: Perché dite così?

    Mild: Perché è da una vita che viviamo in questo ambiente di gente falsamente pura. Siamo stanchi ormai. Abbiamo perso anni per aspettare questo o quel personaggio. Ora basta. Ognuno per la propria strada. E’ giunto il tempo di agire.

    Cedu: Parlerò io con Gret. Già da domani, vedrete si unirà a noi. Ne sono sicuro.

    Mild: Noi non aspetteremo oltre Lunedì. Se dirà di si, inizieremo con lui, altrimenti andremo comunque avanti da soli.

    Mast: Vedi ciò che puoi fare, comunque ci incontreremo tutti lunedì pomeriggio nello studio dell’avvocato. Lì avremo tutte le risposte che ora stiamo cercando.

    Cedu: Datemi ventiquattro ore di tempo. Domani vi dirò qualcosa in più. Parlerò con Gret. Sarà dei nostri vedrete.

    Mast: Lo spero per tutti noi.

    Cedu: Ora devo andare, sono in impegno con Sagrati il folle. Vi saluto ci sentiamo domani.

    Mast: A domani.

    (Cedu esce di scena)

    Mild: Povero Cedu!

    Mast: (affettuoso) E’ sempre così, crede troppo nella gente sbagliata. Pensa che tutti siano come lui ed invece (con aria rassegnata) viviamo in un mondo di predatori.

    Mild: Un po’ mi dispiacerebbe se il bell’avvocatino decidesse di riparare il suo culo al caldo. Mi dispiacerebbe soprattutto perché Cedu crede fortemente nell’amicizia, mentre il signor Gret…

    Mast: Ma in che crede quello? Fagli vedere i soldi e lì inizia e termina la sua passione per la politica con la p maiuscola.

    Mild: Mi piacerebbe sapere veramente cosa avesse in mente Gret. Comunque prima o poi….

    Mast: Non so perché, è una mia sensazione, ma quell’avvocato a me non piace. Non voglio fare il solito paranoico ma non sto sicuro con quello vicino.

    Mild: (scherzando) Quasta volta mi dispiace ma devo darti ragione.

    Mast: Comunque, ora andiamo, sarà ciò che dovrà essere.

    Escono dalla scena camminando.




    (scena terza)

    Cedu va a trovare nel suo studio l’avvocato Gret per sondare le sue vere intenzioni riguardo la sua eventuale adesione al progetto costituente dell’associazione.

    Segretaria: Buongiorno desidera?

    Cedu: Avrei urgenza di parlare con l’avvocato.

    Segr. : Momentaneamente non è possibile è impegnato in un’importante riunione. Non posso disturbarlo.

    Cedu: (severo) Ho da parlargli urgentemente. Per favore andate a dirgli che Cedu attende di parlargli.

    Segr. : Guardi non posso…

    Cedu: Lo chiami per favore (innervosito sempre più) non ho tempo da perdere con una donna come lei.

    Segr. : (fra se) Cosa avrà mai costui di così importante da dire non so? Si vede solo che è un gran maleducato.

    (bussa alla porta dell’ufficio)

    Gret: Si, avanti.

    Segr. : Avvocato ci sarebbe…

    Gret: Avevo detto di non disturbarmi per nessun motivo al mondo.

    Segr. : Ma ho provato a dissuaderlo, mi ha detto di dirle che aspetterà sino a quando non potrà riceverlo.

    Gret: Chi è costui che si permette…

    (Cedu si avvicina alla porta)

    Cedu: Sono io. Ho da parlarti.

    Gret: Ah Cedu sei tu? Sono impegnato sino all’una se vuoi puoi…

    Cedu: Aspetterò, non c’è nessun problema.

    (all’una in punto l’avvocato esce dal suo studio con un anonimo personaggio. Si salutano)

    Anonimo: Avvocato ci vediamo la prossima settimana.

    Gret: Alla prossima allora. Arrivederci.(si stringono la mano e l’anonimo lascia la scena)- (si rivolge a Cedu) Caro amico cosa c’è di così urgente.

    Cedu: Credo dovremo chiarire delle cose, non credi?

    Gret: Riguardo?

    Cedu: Riguardo la proposta che due miei amici ti hanno presentato qualche ora fa.

    Gret: Cedu caro, sono cose da valutare bene quelle. Non posso dare una risposta così su due piedi.

    Cedu: Gret, con me devi parlare chiaramente. Abbiamo vissuto all’università i nostri migliori anni, abbiamo combattuto per gli stessi ideali. Non vorrai abbandonarmi ora?

    Gret: Perché dici così?

    Cedu: I miei due amici sono convinti che non aderirai al nostro progetto.

    Gret: Guarda voglio parlarti chiaramente. Siediti intanto.

    Cedu: No, no. Sto bene così. Dimmi dunque.

    Gret: (rassegnato) Vedi, il tempo cambia. Non credo di essere più quello di una volta. Non credo più nelle stesse cose. Intendimi, con ciò non voglio dire che non vorrei difendere gli stessi valori ed idee per le quali abbiamo combattuto un tempo. Ma ora è diverso. Ho una famiglia, un buon lavoro e…

    Cedu: (molto irato) Da te non mi aspettavo questo. Allora avevano proprio ragione Mild e Mast. Non posso credere di stare a parlare con il Gret che conoscevo.

    Gret: Ma Cedu, si cambia non puoi…

    Cedu: No Gret, cambia solo chi decide di cambiare. Si fa corrompere solo chi decide di essere un corrotto. Non avrei mai pensato che un uomo, un idealista romantico come te si sarebbe mai potuto far irretire dalle sirene del piacere.

    Gret: Cosa dovrei fare. Essere un idealista fottuto come voi? Ma guardatevi. Non avete più credito verso nessuno. Ormai il mondo è cambiato. Ciò che conta è apparire, è possedere. Non pensare. Il vostro tanto odiato pensiero debole vi ha sconfitto. Il pensiero debole, ha vinto su quello forte.

    Cedu: Il vostro? Stai parlando come se tutto ciò non ti toccasse più. Sei spregevole, non ho parole per definirti.

    Gret: Povero il mio Cedu. Cosa credi che un avvocato come me si sarebbe potuto mettere a giocare alla guerra col mondo.

    Cedu: Non ho parole. Perché non lo hai detto subito. Perché hai rimandato l’incontro a lunedì.

    Gret: Volevo parlarne prima con te!

    Cedu: Ma va al diavolo. Senza di te sarà uguale. (arrabbiato) Non abbiamo bisogno di relitti come l’egregio signor Avvocato Gret. Galleggia bene in mezzo agli agi, mi raccomando. Ricordati però che un giorno dovrai rendere conto di tutto ciò. Quel giorno io ci sarò per aiutarti a scavare la fossa nella quale sarai costretto a calarti.

    Gret: (con aria di superiorità) Ei, ei. Addirittura.

    Cedu: Va al diavolo. Per me sei un uomo morto. Non mi cercare più, non voglio avere più nulla a che fare con te. Sei riuscito a rovinare anche la nostra amicizia. Ma bravo!

    Gret: Ora basta. (irato) Non mi va più di sentirti. Esci di qui.

    Cedu: Ebbene signor Gret. Addio.

    Gret: Addio caro. (con aria distaccata)





    (scena quarta)

    (Cedu esce e lungo la strada incontra nuovamente Mild e Mast)

    Mild: Cedu che succede.

    Cedu: Sono mortificato, avevate ragione. Torno proprio ora dallo studio di Gret. E’ un essere spregevole, non saprei come definirlo. Mi ha chiuso ogni porta in faccia.

    Mast: Mi dispiace veramente per te, ma non era difficile da comprendere ciò che aveva in mente questo caro signore. Sai cosa abbiamo saputo?

    Cedu: Cosa?

    Mast: Il tuo caro avvocato oggi si è incontrato con un funzionario dei Servizi Segreti ed abbiamo sospetti che lo avesse avvisato delle nostre intenzioni.

    Cedu: Ma come i Servizi Segreti? Cosa dite?

    Mast: Proprio così. Il nostro informatore ci ha garantito che l’informazione era assolutamente vera. Dopo aver incontrato noi, l’avvocato Gret ha chiamato questo anonimo signore con il quale sembra si tenesse in contatto da tempo.

    Cedu: Aspetta. Io sono andato nel suo studio un’ora dopo di voi. Effettivamente era occupato nel suo studio con un signore.

    Mild: Lo hai visto in viso?

    Cedu: Si, lo ricordo benissimo. Un uomo sulla quarantina, alto, brizzolato, con un accento romano.

    Mild: Dovremmo cercare di contattare quest’uomo per sapere cosa si siano detti. Il gioco inizia ad essere duro. Lo Stato ha paura di noi ancora prima che, ufficialmente, venga costituita quest’associazione.

    Cedu: Quel bastardo, perché ci ha fatto questo. Perché?

    Mast: Non sarà certo facile scoprirlo. Dobbiamo assolutamente incontrare entro stasera il nostro informatore. Abbiamo bisogno di sapere cosa sono venuti a conoscere del nostro progetto.

    Mild: Vado a chiamarlo dalla cabina. Aspettatemi qui.

    Mast: Vai.

    (Mild esce)

    Cedu: Non posso crederci. Era insieme a me. Fianco a fianco a combattere contro questo stato, contro le deviazioni dei Servizi Segreti, contro tutti i poteri occulti. Ed ora?

    Mast: Non serve piangersi addosso. Avrà al momento giusto la sua buona dose di punizione. Ora dobbiamo solo cercare di essere uniti, fare meno errori possibili e stare attenti a non scoprirci.

    (Cedu passeggia insofferente. Mild torna di corsa dopo aver telefonato)

    Mild: Ei ragazzi! Ci incontrerà fra mezz’ora dietro la stazione. Ha nuove notizie. Da quello che ho capito il nostro avvocato avrebbe chiamato questo anonimo dei Servizi ed insieme a lui stava organizzando una trappola per noi nel suo studio. Lunedì, appena entrati, ci avrebbero fatti sedere intorno ad un tavolo tappezzato di microfoni. Quello stronzo d’avvocato ci avrebbe fatto parlare e trac. Fregati.

    Cedu: Bastardo, d’un bastardo. La pagherà!

    Mild: Aspetta non ho finito. Tu sei entrato nel suo studio, lo hai mandato al diavolo e li hai costretti a cambiare tattica. Erano certi che mai ci saremmo presentati lunedì dal nostro caro Gret.

    Cedu: Dunque ora?

    Mild: Dunque ora saltano i loro piani. Noi non andremo da Gret e loro non sapranno nulla della nostra comunità.

    Cedu: Voglio agire, sono impaziente.

    Mild: Aspettiamo ciò che avrà da dirci il mio informatore. Non poteva dilungarsi al telefono e così mi ha dato un appuntamento. Avviamoci verso la stazione o si farà tardi. (escono insieme dalla scena)


    (scena quinta)


    Nello studio dell’avvocato torna l’anonimo uomo dei Sevizi a progettare le prossime mosse.

    Segr.: Si chi è?

    Anonimo: Ho urgente bisogno di conferire con l’avvocato.

    Segr.: Ah mi scusi, non l’avevo riconosciuta. Prego, l’avvocato la sta aspettando

    Gret: (uscendo dall’ufficio e dirigendosi verso l’ospite) La stavo aspettando. Prego.

    Anonimo: Allora cosa ha scoperto di nuovo avvocato?

    Gret: Brutte notizie sono costretto a darle!

    Anonimo: Perché? Che fu mai?

    Gret: Cedu mi ha mandato a quel paese. Non verranno qui lunedì. Esigevano un mio impegno dall’interno. Lei capisce la mia posizione.

    Anonimo: (rassegnato) Si, si capisco.

    Gret: (servizievole) Mi spiace averle complicato il lavoro.

    Anonimo: No, no, non fa nulla. Ora, però, abbiamo perso i nostri contatti ed oltretutto qualcuno ha passato loro delle informazioni.

    Gret: Chi può essere stato mai?

    Anonimo: Non siamo sicuri. Ma riteniamo possibile una fuga di notizie dall’interno. Non hanno sbagliato nulla. Non possono aver fatto tutto da soli. Non possiamo più incastrarli.

    Gret: Non disperiamo. Vedrò cosa si può fare. Conosco bene il Magistrato De Cruz. Vedrò con lui quale via seguire.

    Anonimo: Che significa che conosce bene il Magistrato. Quanto lo conosce?

    Gret: Stia tranquillo. Aderiamo alla stessa loggia massonica. Ci aiuterà vedrà.

    Anonimo: Bene, benissimo! Agiremo così. Lei convinca il Magistrato a spiccare un mandato di cattura per quei tre ed al resto penso io.

    Gret: L’accusa?

    Anonimo: Quale accusa?

    Gret: Nel mandato, cosa faccio mettere? Che accusa?

    Anonimo: Avvocato, proprio lei? Non sa come va il mondo? Si sta a preoccupare della motivazione? Prima li arrestiamo e poi ci inventiamo qualcosa. E’ sempre stato così.

    Gret: Provvederò io col Magistrato.

    Anonimo: Se dovesse fare problemi mi faccia sapere.

    Gret: No, non credo ne farà. Come ha detto prima, sono un avvocato. So come va la magistratura. Se si vuol colpire qualcuno basta avere gli amici giusti ed è tutto a posto.

    Anonimo: Bene avvocato, sono contento di sentirla convinto. (con ironia) I nostri cari nazionalrivoluzionari avranno ciò che meritano. La galera.

    Gret: La cosa più bella sa qual è?

    Anonimo: Qual è?

    Gret: E’ quello di avere questo grande potere. Avere amici magistrati e dunque decidere chi deve rimanere libero e chi no. Mi piace pensare che questi tre “buoni idealisti” vadano in galera. Ma ciò che mi fa godere ancor più è il sapere che non hanno commesso nulla. Anzi di qualcosa hanno colpa. Pensano. E chi pensa troppo non mi piace. (ironicamente termina ridacchiando)

    Anonimo: Avvocato, ha proprio ragione. (si accende un sigaro) Sono nelle nostre mani. Lei avrà la sua ricompensa, io avanzerò in carriera e pace all’anima loro se son capitati in mezzo tre sventurati sognatori. Il mondo non li aspetta, non possiamo certo farlo noi. No?

    Gret: Ah, ah. Ma certo. Brindiamo al nuovo sodalizio (prende da una credenza due bicchieri ed una bottiglia di liquore). Cin, cin. Alla nostra salute, alla nostra gloria.

    Anonimo: Alla nostra gloria.



    (scena sesta)


    Mild, Mast e Cedu incontrano l’informatore dietro la stazione.

    Inform.: (movendosi con aria circospetta) Mild possiamo parlare liberamente?

    Mild: Dicci pure.

    Inform.: Partiamo da un concetto chiaro, chiaro. Noi oggi non ci siamo visti. Io non vi conosco e voi non conoscete me.

    Mild: Naturale!

    Inform.: Dunque! L’avvocato Gret è da tempo un informatore dei Servizi. Dopo aver abbandonato il suo passato rivoluzionario ha deciso di lavorare per lo stato.

    Cedu: Senta, non dica stronzate. Non la dà a bere a noi. Un uomo come l’avvocato Gret non passa dalla lotta dura al collaborazionismo così, da un giorno all’altro. Sia chiaro con noi. Vogliamo sapere la verità. Il Gret di oggi è molto diverso dal combattente di venti anni fa. Qualcosa deve essere successo!

    Inform.: Io vi dico ciò che vi ho da dire. Questo è quanto.

    Mast: Vogliamo la verità. Innanzitutto, perché lei è qui a dirci queste cose? Non ci vorrà mica far credere che lo fa solo per amicizia nei confronti di Mild?

    Inform.: Sono qui per realizzare un progetto comune che v’illustrerò. Per quanto riguarda Gret so solo che poco più di dieci anni fa fu “beccato”, insieme ad altri tre, durante una riunione clandestina. Ci fu una soffiata e vennero arrestati. I tre che erano con lui non vollero parlare e di loro non si sa più nulla. Abbiamo ragione di ritenere che possano essere stati sotterrati vivi. Gret è qui, vivo e vegeto. Dunque capite bene come è iniziato il tutto.

    Mast: Bene, vada avanti.

    Inform.: Eravamo rimasti…ah si Gret! Gret informa i Servizi, anzi lavora per i Servizi Segreti. Il suo compito era ed è quello di ricostruire volti, personaggi e strategie di tutto il mondo nazionalrivoluzionario. Uomini, sedi, luoghi. Insomma tutto ciò che ha avuto a che fare con quell’area.

    Mast: E noi dunque?

    Inform.: Voi fate parte del gioco. Gret era venuto a sapere, tramite intercettazioni, della vostra iniziativa. Aveva capito il gioco e vi attendeva al varco. Una vostra parola di troppo, un nome in più ed eravate fregati, fregati, fregati.

    Cedu: Si è preso gioco di me. Non ci posso credere, Gret mi ha tradito.

    Inform.: Gret tradisce tutti, anche se stesso. Non riuscirà a tradire i Servizi però. Non si scherza, lì ci si gioca la vita.

    Cedu: Quindi noi saremmo le pedine di una grande scacchiera?

    Inform.: Esattamente. Nella ricostruzione della vostra area mancava un tassello. Eravate voi. Cioè mancavano i responsabili dell’associazione culturale nazionalpopolare che sfornava documenti politici a ripetizione. Gret disse, all’inizio degli anni novanta, che in passato era stato un assiduo frequentatore del vostro circolo culturale. Fece lì, per la prima volta il nome di Cedu. Quando successivamente venne a sapere che vi stavate riorganizzando ed avevate intenzione di coinvolgerlo, lui ha fatto il suo gioco. Ha avvisato il nostro capo ed ha organizzato la trappola, che sventate grazie a me.

    Mild: E’ assolutamente sicuro di ciò che dice?

    Inform.: Naturalmente si. Ho detto tutto ciò che avevo da dirvi. State attenti. Se non avete altro da chiedere ci salutiamo.

    Mast: No, grazie può andare. Ci possiamo riservare la facoltà di ricontattarla se ne avremo bisogno?

    Inform.: Si, ma il tutto si faccia con discrezione.

    Mild: Aspetti un secondo, non ci ha ancora detto quale è il progetto che ha in comune con noi.

    Inform.: Ah si! (sorridendo) Alla fine degli anni settanta militavo in un movimento della vostra area. Gret era il capo. Eravamo pronti per compiere un’esercitazione ma d’un tratto fummo bloccati da trecento militari dell’esercito italiano. Una soffiata di qualcuno mi costrinse a quindici anni di reclusione solo perché ero giunto alla vita dalla porta sbagliata. Tutti fummo arrestati, tranne Gret. Non so ancora come, ma venne a sapere di questo assalto, non ci avvisò e non si presento al campo per l’esercitazione. Noi andammo dentro e lui ci tradì dimenticandosi di noi.

    Mild: Dunque è per vendetta che fa tutto ciò?

    Inform.: Si, forse.

    Mast: Teniamoci in contatto. Avremo un bel da fare nei prossimi periodi.

    Inform.: Senz’altro. Arrivederci.

    Mild, Mast e Cedu: (insieme) Arrivederci. (escono dalla scena)




    (scena settima)

    Mild, Mast e Cedu si trovano in un sottoscala quando vengono raggiunti da tre gruppi di assaltatori militari che li conducono in carcere senza mandato di cattura e senza alcuna motivazione.

    Mild: Dunque vediamo. (con impazienza) Ma quando arrivano questi due? (riferendosi a Mast e Cedu). Sempre in ritardo questi, non possiamo andare avanti così. (bussano alla porta) Chi è?

    Mast: Noi!

    Mild: (aprendo la porta) Finalmente! Ma avete più di un ora di ritardo, che fine avete fatto?

    Cedu: Brutte notizie. Ci hanno seguito, abbiamo dovuto temporeggiare un po’.

    Mild: Chi vi ha seguito?

    Mast: Cedu ha riconosciuto il signore dei Servizi che incontrò nello studio di Gret. Abbiamo dovuto percorrere tutto corso Cairoli, piazza xx Settembre e…

    Mild: (con aria preoccupata) Va bene basta così, organizziamoci.

    Mast: Ma come organizziamoci. Non capisci? Ci seguono, sanno tutto di noi ormai. E’ questione di giorni.

    Mild: Chi vuole andare vada. Questa è la nostra strada, se il potere dell’infamia ci darà la caccia, noi lo sfideremo. Quest’ordine costituito deve essere sovvertito. Non ci sto a vivere in una terra ridotta così. E’ guerra, riorganizziamoci. Riprendiamo tutti i nostri contatti per l’Italia e diamo l’ultimo assalto.

    (di colpo un grido squarcia il silenzio. Entrano i militari ed immobilizzano i tre amici riuniti. Lo smarrimento nei loro occhi è palese)

    Capitano: (voce fuori campo) Oraaaa!

    Cedu: (movendosi di scatto verso la porta) Cos’è? Cos’è stato?

    Capitano: (entra insieme agli altri sfondando la porta) Fermi, fermi tutti. Nessuno si muova.

    Mast: Ei signori calma (gridando). Cosa succede

    Capitano: Siete tutti e tre in arresto.

    Mild: (con aria non intimorita) L’accusa?

    Capitano: Per ora non vi interessa. Dovete seguirci e basta. Vi prego, oltretutto, (con voce sprezzante) di non opporre resistenza. Ci costringerete alle maniere forti, altrimenti. Poi chi glielo dice alle vostre mammine che vi abbiamo fatto la bua?

    Mild: Io non mi muoverò di qui se non mi viene formulata un’accusa.

    Mast: (sottovoce a Mild) Non conviene forzare la mano, questi non attendono altro.

    Capitano: Basta a confabulare, non potete scegliere di fare ciò che volete. Qui, cari miei, decido io. (rivolto ai militari) Arrestateli ed immobilizzateli. Poi conduceteli nel camion. Verranno via con noi.

    Cedu: (con voce dimessa rivolto verso Maste Mild) Gret me la pagherà. Lo giuro la pagherà.

    Mild: (gridando) Solo la viltà è il padrone di questo mondo. (Rivolto ai due militari che lo avevano bloccato) Il vortice del vuoto che vi pervade, un giorno vi sommergerà. Schiavi e servi. Siete solo schiavi e servi.

    I°Militare: Sta zitto se vuoi salva la pelle.

    II° Militare: Forse non hai ancora capito che sei nella merda. Eh? E’ arrivato il signor “sfido tutti”. Ei, merdaccia, ricordati che qui le regole le decidiamo noi.

    Mild: (con aria di disprezzo) Voi siete solo dei poveracci. Non decidete un bel niente.

    II° Militare: (gli dà uno schiaffo e lo acciuffa per i capelli) Se non stai zitto, sporco rivoluzionario, ti spezzo le ossa. Non ti voglio sentire.

    Capitano: Mi sembra che abbiate atteso anche troppo. Portateli via.

    (escono tutti di scena)

    * * * * *

  2. #2
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    Atto II

    (scena prima)


    I tre “Combattenti-Legionari” vengono condotti in prigione. Qui hanno il tempo di riorganizzare la propria mente e impostare la propria difesa.

    (la scena si apre con Mast, Mild e Cedu chiusi in una cella buia ed umida. Vi è solo una scrivania ed una sola rete senza materasso)


    Mild: Camerati carissimi, animo.

    Cedu: Sopporteremo anche quest’ultima umiliazione!

    Mild: Non possiamo abbatterci ora. Ricordate sempre che adesso è notte ma domani verrà il giorno.

    Mast: Non è per la pena fisica che mi preoccupo, ma per la mia famiglia. Quante ne dovranno sentire e subire.

    Mild: Ricordate che loro, la gente, la massa ed i giudici potranno dire e decidere ciò che riterranno più opportuno. Ma il giudizio che ci interessa non è il loro. Noi rispondiamo ora alla nostra coscienza ed un giorno risponderemo a Dio. Lasciate, dunque, ai poveri mortali decidere cosa devono fare del nostro soma. Mai sapranno imprigionare, però, la nostra anima.

    Cedu: Mai, questo è sicuro! Noi saremo sempre liberi. Anche se in gabbia, la nostra mente sarà all’esterno. Animo camerati!!!

    Mast e Mild: (all’unisono) Animo!!!

    (Scende un silenzio di riflessione nella stanza. I tre protagonisti sono pervasi da pensieri e da emozioni che a stento riescono a trattenere. I loro volti sono attraversati da un pathos sempre crescente)

    Mast: Certo che è veramente strano.

    Mild: Cosa?

    Mast: Tutto ciò. Il mondo, l’uomo. Tutto!


    Cedu: Cioè?

    Mast: Pensa che noi lottiamo e soffriamo per un mondo che ci esclude. Le persone, gli uomini che vogliamo difendere sono i primi a pugnalarci le spalle vendendosi al primo acquirente. E’ strano tutto ciò…, no?

    Cedu: No, non è poi così tanto strano. Vedete il mondo è composto da miliardi di uomini. La natura per sua e nostra fortuna non conosce il concetto di democrazia. Siamo tutti diversi! Accanto al genio esiste l’idiota, accanto al guerriero il vigliacco ed accanto al bello il brutto; negare ciò significa affermare una menzogna. Ora, perché dico che tutto ciò che ci è capitato non è strano. Semplice. In natura osserviamo che i geni, i santi e gli eroi rappresentano un’esigua minoranza. I mediocri, i deboli ed i bruti sono, al contrario, maggioranza. Dunque ci troviamo di fronte ad un mondo che da un lato esprime minoranza ma qualità, dall’altro quantità e mediocrità. Ora avendo distrutto l’ordine antico e gerarchico d’un tempo, basato sulla meritocrazia, ed anteposto a quello un criterio meccanico ed artificioso atto a determinare ciò che sia bene o male, cosa abbiamo da aspettarci? Questa è la Democrazia e cioè la forza del numero nei confronti della “debolezza” della qualità.

    Mild: Ma proprio per questo ci siamo dati da fare.

    Cedu: Certo! E proprio per questo ci danno la caccia. Resistere camerati. Noi siamo più forti. Perché, a differenza loro, non siamo in vendita. Siamo fermamente convinti di ciò che diciamo. Questa è la nostra fede.

    Mast: Le tue parole mi ricordano un passo che lessi qualche anno fa. (Cercando di ricordare) Aspettate faceva.. Ah si, “non esiste l’uomo perfetto, ma esiste l’uomo che si sforza di essere sempre migliore”. Mi sembra fosse così. Credo che dovessimo tendere a questo, no? Migliorare sempre!

    (Un vocio dall’esterno ed irrompono nella cella il magistrato, l’accusatore ed un avvocato d’ufficio. Inizia l’interrogatorio. I tre imputati zittiscono di colpo e si stringono al tavolo)

    Accusatore: Guardia, guardia?

    Magistrato: Tutte le volte la stessa storia.

    Accusatore: Ma dove è finito questo nullafacente?

    Guardia: (Entra affannato) Eccomi, eccomi. Mi dica. Ai suoi ordini signore. Scusassero ma ero impegnato in archivio, sa lì ci sono carte, lavori, insomma tutta…

    Magistrato: Si, si, non ci interessa; faccia solo il suo lavoro.

    Accusatore: (alla guardia) Conduci due di questi fuori di qui e falli stare buoni. Non voglio sentire rumori. Se è necessario, legali. Devono stare buoni.

    Mild: Vogliamo rimanere.

    Cedu: Perché dobbiamo andarcene. Vogliamo ascoltare insieme cosa avete da dirci.

    Magistrato: Nemmeno per sogno. Decidiamo noi cosa si fa qui. (minaccioso) Fuori! Guardia, portali via.

    Guardia: (in tono servizievole) Sissignore, sarà fatto signore.

    Accusatore: Forza allora. Sbrigati che non abbiamo tempo da perdere.



    (Vengono condotti fuori Cedu e Mild. L’interrogatorio inizia con Mast; si avvicinano attorno ad un tavolino posizionato al centro della scena. La flebile luce rende ancora più crudo l’interrogatorio)


    Accusatore: (rivolgendosi con aria di sufficienza a Mast ancora in piedi) Prego si segga. (Dopo un attimo di silenzio, con aria altezzosa) E’ messo male caro mio! Proprio non vorrei essere al suo posto.

    Mast: Anche volendo non ci riuscirebbe comunque.

    Accusatore: Ha nominato un avvocato?

    Mast: Nomino mia nonna a difendermi.

    Accusatore: Non siamo qui a perdere del tempo, ne avrà uno d’ufficio.

    Mast: Come non è qui a perdere tempo? Lei perde tempo tutto il giorno. Non vorrà dirci ora che anche i magistrati e gli uomini di legge lavorano?

    Accusatore: Non le conviene fare dello spirito. (rivolto all’avvocato d’uff. con aria di sfottimento) Le piace avvocato il suo assistito? Certo non è proprio un gran che, ma le farà guadagnare un bel po’ di soldini. Questa è una storia “grossa”. Diventerà famoso.

    Avv.d’uff.: (con aria divertita) Non posso scegliermi il cliente. Ho questo e va più che bene.

    Magistrato: (intento a fumare il suo sigaro) Iniziamo su che si fa tardi. (rivolgendosi all’accusatore) Prego, faccia pure le sue domande. (rivolgendosi a Mast) Si comporti decorosamente, non tollero il suo atteggiamento offensivo.

    Mast: Non ho offeso nessuno.

    Magistrato: Basta non voglio sentirla più. Stia zitto. (rivolto all’accusatore) Inizi pure!

    Accusatore: Bene, bene. (breve pausa) Caro Mast.

    Mast: (indispettito) Caro un corno. Mi dia del lei. Non voglio essere caro ad uno come lei.

    Accusatore: Oi, oi… siamo nervosetti?

    Magistrato: Vada avanti su…non allunghiamoci troppo.

    Accusatore: Bene arrivo al dunque. A noi serve sapere il nome del vostro finanziatore. Sappiamo tutto di voi, delle vostre follie filosofico-culturali e delle manie di onnipotenza politica. Tutto, tutto. Però ci sfugge un tassello, un piccolo pezzo del mosaico. Chi vi finanziava?

    Mast: Ci autofinanziavamo!

    Magistrato: Non ci vorrà mica far credere che riuscivate a tenere in piedi un’organizzazione così complessa da soli?

    Mast: E’ così.

    Accusatore: Su via Mast sia bravo. In cambio potrebbe ottenere dei risultati interessanti.

    Mast: Nella mia vita non ho mai fatto nulla pensando di avere in cambio qualcosa. Di certo non inizierò ora.

    Avv.d’uff.: (rivolto a Mast) Ma si rende conto di ciò che dice? Qui potremmo metterci d’accordo. Potrebbe venire scarcerato. A loro serve solo un nome. (quasi supplicando) Lo faccia.

    Mast: Avvocato, non ho bisogno di lei. Mi so difendere bene da solo. Queste minchiate le vada a raccontare a sua madre. Volete un nome. Ebbene ve lo faccio. Mast! Io finanziavo il tutto.

    Magistrato: Tutto ciò non giova né a lei né a noi. Capisce bene che la sua posizione è già compromessa abbastanza.

    Avv.d’uff.: (supplicando) Sia ragionevole, così complica solo le cose? Giova a se stesso la sua deposizione.

    Mast: (con aria di disprezzo) Non deve giovare a nessuno la mia deposizione. Ho vissuto una vita in un certo modo e continuerò a condurla così.

    Accusatore: Ci sono delle leggi che le impongono una decisione diversa. Non crede?

    Mast: Delle vostre leggi non mi interesso. Nessuna legge potrà mai stabilire ciò che devo o non devo dire. Io ho finito, non ho nulla da aggiungere. (Rivolto al Magistrato) Chiami pure gli altri se lo ritiene opportuno. Da noi non saprete nulla!

    Avv.d’uff.: Ma provi a ragionare. Chi glielo fa fare? La sua libertà non può avere prezzo. Faccia il nome e sarà libero.

    Mast: Io sono già libero.

    Avv.d’uff.: (spazientito) Ma cosa dice. Non vede come è ridotto. Vive in una cella squallida, senza possibilità di dormire comodamente, senza luce, umida. Per lei questo vuol dire essere liberi?

    Mast: La libertà, caro avvocato, è uno stato dell’essere. Io sono libero perché non potrete mai imprigionare il mio essere. Non avete alcun potere sulla mia anima. Potete solo bloccare il mio corpo, ma non mi interessa.

    Magistrato: Noi possiamo tutto su di lei.

    Mast: Eh no! Non potete nulla, invece. Io sono un uomo libero e tale rimarrò. Sia in carcere sia fuori.

    Magistrato: (rosso in volto, con tono minaccioso) Allora marcirà qui!

    Mast: Bene, se ritiene opportuno io accordo. Meglio rinchiuso qui che amico degli sbirri o degli schiavi come voi.

    Avv.d’uff.: (scandalizzato, rivolto a Mast) Ma lei è pazzo. Non ha letto i capi di imputazione? Guardi, guardi qui (porgendogli un foglio) sovversione, azioni contro lo stato democratico… le sembra niente tutto ciò?

    Mast: (sereno in viso) Assolutamente nulla.

    Avv.d’uff.: (rivolto al Magistrato ed all’accusatore, entrambi costernati) Ma questo è pazzo. Non posso difenderlo, non mi dà la possibilità di farlo.

    Mast: (in tono amichevole) Avvocato, non abbia pena per me, faccia la sua vita tranquillamente. Io posso badarmi da solo.

    Magistrato: (a Mast) Dunque non vuole parlare?

    Mast: Ho detto tutto ciò che avevo da dirvi.

    Magistrato: Ci pensi bene!

    Mast: Ripeto. Ho già detto tutto.

    Magistrato: Ma se non ha detto nulla?

    Mast: Significa che ciò è quanto so.

    Accusatore: Mast lei si mette in una brutta posizione!

    Mast: (al Magistrato) Senta non possiamo farla finita qui? Sono stanco di sentire minchiate.

    Magistrato: (rivolto all’avv. ed all’accusatore) Non ha intenzione di dirci nulla. Lasciatelo andare. Sentiamo gli altri due.

    Accusatore: Guardia!

    Guardia: (compare dalla porta) Dite pure, sono al vostro servizio.

    Accusatore: Portatelo via e conducete qui Mild.

    Guardia: Sissignore. (Ammanetta Mast ed escono di scena insieme)





    (scena seconda)


    Rimangono in scena l’Avvocato d’ufficio, l’Accusatore ed il Magistrato. Attorno al tavolino iniziano a confabulare nella speranza di trovare una formula per far capitolare i tre indagati.


    Magistrato: Qui la questione si complica. Se questo non vuole parlare credo non lo faranno neanche gli altri.

    Accusatore: Avvocato, lei da che parte sta?

    Avv.d’uff.: Io sarei il loro difensore, però per questi schifosi rivoluzionari non ho pietà. Vogliono fare i duri? Ebbene, noi giocheremo sporco.

    Accusatore: (compiaciuto) Dei nostri! Evviva!

    Magistrato: Dobbiamo organizzare una trappola un…

    Accusatore: Semplicissimo. Diremo a Mild e Cedu che il loro caro amico (in tono di sfottimento) ha parlato e ci ha detto tutto.

    Magistrato: Inducendoli a parlare?

    Accusatore: Proprio così. Poi interviene il nostro avvocato.

    Avv.d’uff.: Ai vostri ordini!

    Accusatore: Fa scadere i termini per la scarcerazione, per la revisione del processo e consiglia tutto ciò che vi può essere di più sbagliato. (breve pausa) Ah, ah, ah… come mi divertirò. Supplicheranno pietà e (con cattiveria) noi non ne avremo.

    Magistrato: Si bene mi sembra possa andare.

    Accusatore: Mi sembra d’aver udito passi. Sta tornando la guardia con Mild.

    Magistrato: Silenzio signori, non proferite parola.






    (scena terza)


    (bussano alla porta ed entrano Mild in compagnia della guardia)


    Magistrato: Prego si segga. Le presento il suo avvocato.

    Accusatore: (prendendosi gioco) Le piace? E’ di suo gradimento?

    Mild: Perché mi avete chiamato?

    Avv.d’uff.: Farò del mio meglio per proteggervi.

    Mild: Non ho bisogno della sua protezione. Ho già quella di Dio.

    Avv.d’uff.: Lei è nelle mie mani. La sua posizione è delicata.

    Mild: Sono solo nelle mani di Dio. Non potete nulla contro di me.

    Accusatore: Ah, ricominciamo come l’altro. State in galera! Non riuscite a capirlo?
    Sarà il giudice a decidere il vostro destino. Per il giudizio di Dio c’è tempo.

    Mild: (serio ripete nuovamente) Perché mi avete chiamato?

    Magistrato: Ha fretta, no? Tanto dovrà trascorrere ancora diverso tempo qui dentro.

    Mild: Il mio tempo non voglio perderlo con voi. Allora, perché mi volete qui?

    Magistrato: Per sapere?

    Mild: Cosa?

    Magistrato: (rivolto all’accusatore) Continui lei.

    Accusatore: Chi vi finanziava?

    Mild: Finanziava cosa?

    Accusatore: E’ inutile che tergiversa, abbiamo già la testimonianza di Mast. Ora ci serve la sua.

    Mild: E Mast vi avrebbe detto il nome di chi ci finanziava?

    Magistrato: Proprio così!

    Mild: (con aria divertita si rivolge sfottendo) Ah si? Bene allora confermo ciò che ha detto Mast. Se Mast vi ha fatto un nome, bene anche per me vale la stessa cosa.

    Magistrato: (adirato) Lei ci deve fare un nome!

    Mild: E perché? A me sta bene il nome che vi ha fatto Mast!

    Accusatore: Ricordatevi, rivoluzionari schifosi, non uscirete più da questa galera.

    Mild: Mamma che paura che mi fa. Il suo essere servo non le permette di incutere timore a nessuno.

    Magistrato: (molto adirato) Come si permette? Come si permette?

    Avv.d’uff.: Lei è in una brutta situazione.

    Mild: Avvocato, ma lei da quale parte sta?

    Magistrato: Dalla parte della legge è l’avvocato. Come è giusto che sia.

    Accusatore: (rivolto al Magistrato) Credo che lo si possa mandar via. Farà la fine dell’altro.

    Magistrato: Avvocato lei che dice?

    Avv.d’uff.: Io sono costernato. (rivolto a Mild) Ma chi ve lo fa fare. Ma benedetto Dio, fate questo nome?

    Mild: (sfottendo) Ma come non ve lo ha fatto già Mast?

    Magistrato: Basta abbiamo pazientato abbastanza. Mandatelo via!

    Accusatore: Guardia, guardia! Ma dov’è finita. Guardia!

    Guardia: (fuori campo) Eccomi arrivo.

    (la guardia entra di corsa con le manette bloccate ai polsi)

    Magistrato: Ma cosa fa con quelle manette?

    Guardia: (imbarazzato) Ehm, scusate, scusate. Mi sono incastrato, si, insomma, stavo per fare quella cosa e poi..

    Magistrato: Va bene, va bene, non ci interessa. Si faccia aiutare a liberarsi dalle manette.

    Guardia: Sissignore ecco.

    Accusatore: Venga l’aiuto.

    Guardia: Ecco fatto. Scusate ancora. Sa io non volevo…

    Magistrato: (interrompendo bruscamente) E basta! Non ci interessa sapere che è successo. Deve solo portare via quest’uomo e condurre qui Cedu.

    Guardia: Si, si scusi (affannato) eccellentissimo, sarà fatto.

    (ammanetta Mild ed escono di scena)


    (scena quarta)


    (Rimangono in scena, ancora una volta, il Magistrato, l’accusatore e l’avvocato d’ufficio. Nell’attesa dell’interrogatorio di Cedu, pianificano una trappola…)


    Magistrato: Sembra proprio non vogliano saperne di parlare?

    Avv.d’uff.: Sentite (rivolto al magistrato ed all’accusatore) io voglio aiutarvi. Ho bisogno di strumenti però. (supplichevole) Da dove posso iniziare? Cosa dico a quelli? (riferendosi agli imputati)

    Magistrato: Abbiamo bisogno di prove. Dobbiamo cercarle.

    Accusatore: Signor Magistrato, più che trovarle ci converrebbe farle.

    Avv.d’uff.: (con aria disorientata) Come farle?

    Accusatore: (severo) Farle, farle! Non vorrà farmi credere che non sa a cosa mi riferisco? Dobbiamo costruire delle accuse. Se non riusciamo a trovarle le inventiamo.

    Magistrato: Per me si può fare. (rivolto all’accusatore) Dovrà ricontattare i Servizi Segreti; faremo posizionare cimici ovunque, controlleremo i telefoni di tutti amici e parenti e poi dovremo costruire testimonianze.

    Accusatore: Troveremo sicuramente qualche bravo pentito di mafia pronto a fare nomi scottanti pur di ottenere una vacanzina premio.

    Avv.d’uff.: (sempre più assente) Io veramente, non so più cosa dire.

    Magistrato: (spazientito) Avvocato, ma cosa deve dire. Dobbiamo incastrare questi tre. Dunque, o lei ha delle prove schiaccianti oppure dobbiamo inventarle. Mi sembra chiaro, no?

    Accusatore: (con sufficienza) Tranquillo, avvocato, tranquillo. Poi con lei sistemeremo tutto.

    Magistrato: Voglio sia tutto pronto per l’inizio della prossima settimana.

    Accusatore: Sarà fatto! (all’avvocato) Lei, invece, non dovrà fare altro che aggravare la posizione dei suoi assistiti. Faccia scadere tutti i termini per le loro richieste e li induca a sbagliare.

    Avv.d’uff.: (servizievole) Se essi dicono così, io farò così. Sono contento di aiutarvi e di aiutare la legge. Sono contento!

    Accusatore: Bene! (si odono dei passi) Signori facciamo silenzio, sta entrando l’ultimo dei tre.

    Avv.d’uff.: Signori, io andrei. Tanto è inutile la mia permanenza qui. Fatemi sapere qualcosa nei prossimi giorni.

    Magistrato: Vada, vada pure avvocato, la terrò informata.

    Avv.d’uff.: Grazie e buonasera!

    Magistrato ed Accusatore: Buonasera!

    (esce l’avvocato di scena portando con sé tutte le carte inerenti al processo. Due fogli cadono a terra, si ferma, li raccoglie e se ne va)








    (scena quinta)


    (Entra di nuovo la Guardia con il terzo imputato: Cedu)


    Magistrato: (a Cedu) Si sieda! Dunque anche lei ha intenzione di rimaner zitto o, invece di farci perdere tempo, vuole confessare.

    Cedu: (con aria di sfottimento) Eccellenza illustrissima e signori della corte, cosa dovrei confessare, non so nemmeno perché sono qui.

    Accusatore: Lo sa benissimo, invece. Parli.

    Cedu: Non ho nulla da dirvi.

    Magistrato: Ma benedetti uomini, lo capite, o no, che vi state rovinando con le vostre stesse mani? Mi state indispettendo!

    Cedu: E’ il suo lavoro questo!

    Magistrato: Ho incontrato, nella mia carriera, tanti delinquenti. Mai nessuno come voi.

    Cedu: Naturale! Noi non siamo delinquenti. Abbiamo solo una visione della società e del mondo diversa dalla vostra e da quella di chi vi paga per romperci le scatole.

    Magistrato: Non le permetto certe insinuazioni. Io non sono manovrato.

    Cedu: Lo è, lo è. Lo sono tutti qui dentro. Guardi il nostro accusatore, si guardi lei. In fondo alla sua coscienza, non vede una macchia nera? Provi a guardare attentamente.

    Accusatore: Non abbiamo tempo da perdere con lei.

    Cedu: La verità, signori. La pura verità. Scotta, fa male. Però è la verità.

    Magistrato: Noi non siamo manovrati, la magistratura è pulita. (sempre più alterato)

    Cedu: Il fatto che si sta arrabbiando così tanto rafforza ancor più la mia convinzione. Siete tutti asserviti al soldo dei potenti, dei massoni e di coloro che boicottano il popolo sfruttandolo. Noi abbiamo convinzioni diverse. E così, il buon potere che voi esercitate, ci condanna.

    Magistrato: La vostra follia vi condanna.

    Cedu: No, la vostra miserabile corruzione.

    Accusatore: (al Magistrato) Eccellenza, io riterrei opportuno chiuderli tutti e tre in una fogna. E’ inutile parlare con questi tre topi.

    Cedu: Topo ci sarà lei. Servo e schiavo di ogni potere.

    Accusatore: Sono schiavo del potere ma libero dal carcere.

    Cedu: Chi è schiavo e servo, come lei, non è libero da nulla. Un carcere non limita la libertà, ma il servilismo si. Non bastano quattro mura perché io sia finito.

    Magistrato: (severo ed irritato) Ora basta, finiamola! Guardia, guardia!

    Guardia: (giunge trafelato) Si signore illustrissimo. Mi spieghi tutto, sono al vostro servizio.

    Magistrato: Portatelo via, via, viaaaaaa! Chiudeteli e buttate via la chiave.

    Guardia: Dove la butto signore?

    Magistrato: Ma va al diavolo scemo!

    Guardia: Ma, signore, io sono il suo servitore.

    Magistrato: Portate via quest’uomo. Chiudete i tre delinquenti in celle diverse.

    Guardia: Sarà fatto!

    (prende Cedu ed esce di scena)


    (scena sesta)

    Rimangono chiusi nella stanza il Magistrato e l’Accusatore. Sconfortati dall’andamento generale dell’interrogatorio cercano conforto nel loro diabolico piano volto ad incastrare i tre imputati.


    Magistrato: Senta, dobbiamo assolutamente trovare una soluzione immediata.

    Accusatore: Non si preoccupi provvederò. Si ricorda di Basirei?

    Magistrato: Il mafioso?

    Accusatore: Esatto, proprio lui!

    Magistrato: Cosa centra qui?

    Accusatore: Baratto.

    Magistrato: Come baratto?

    Accusatore: Noi diamo una cosa a lui se lui ne dà una a noi.

    Magistrato: Sarebbe?

    Accusatore: Sconto di pena a patto che accusi i nostri tre “amici”.

    Magistrato: Ah, ah, ah… Lei è proprio diabolico. Non vorrei averla come nemico.

    Accusatore: Faccio quello che posso.

    Magistrato: Dunque, lei crede che sia fattibile?

    Accusatore: Lasci fare a me, non si preoccupi. Penserò io a tutto. Lei deve solo istruire il processo. Per le testimonianze penso io.

    (un rumore interrompe la conversazione dei due. Bussano alla porta, entra Gret)

    Gret: E’ permesso?

    Accusatore: Chi è?

    Gret: Sono Gret, l’avvocato Gret.

    Magistrato: Avvocato carissimo, venga pure!

    Gret: So che state indagando sui tre della comunità nazionalpopolare. Io li conosco.

    Accusatore: Si, si, sappiamo tutto.

    Gret: Voglio aiutarvi.

    Magistrato: Come?

    Gret: Vi darò informazioni interessanti.

    Accusatore: Inizi pure.

    Gret: Come già sapete, qualche settimana fa fui ricontattato, dopo oltre venti anni, da Mast. Mi propose di ricominciare l’attività politica di un tempo. Non sapeva nulla della mia vicenda giudiziaria. Io l’ho ascoltato e poi ho, come dovevo, riportato tutto all’ispettore dei Servizi Segreti.

    Magistrato: Dunque?

    Gret: So di sicuro che si stavano riorganizzando nel nord Italia. Avevano già tre o quattrocento militanti. Finanziamenti dall’estero e…

    Magistrato: Basta così, è più che sufficiente. Sarebbe disposto, avvocato, a testimoniare al processo?

    Gret: Certamente!

    Accusatore: Mi scusi Gret!

    Gret: Prego!

    Accusatore: Per quale motivo noi dovremmo fidarci di lei? Cioè, non vorrei essere frainteso. Perché ci viene a dire queste cose? Anche se dopo il suo processo ha cambiato vita, questi sono sempre suoi amici.

    Gret: (mentendo spudoratamente) All’interno dei Servizi Segreti stanno cercando avvocati. So bene che in quei posti si riesce ad arrivare solo dopo molte prove. Questa è la mia occasione. Non mi interessa di Mast e dei suoi amici. Loro non sono miei amici ed io mi faccio la mia vita.

    Magistrato: Avrà il suo posto vedrà. Se ripete al processo ciò che ha appena detto, metterò io una buona parola per lei.

    Gret: Che Dio l’abbia in gloria.

    Magistrato: Non v’è bisogno di ringraziare. Per un amico questo ed altro.

    Gret: Grazie.

    Magistrato: Di nulla. Io le faccio un favore e lei ne fa uno a me. Così va il mondo.

    Gret: Peccato che quei poveracci non l’hanno ancora capito.

    Accusatore: Capiranno presto vedrete.

    Gret: Comunque, io andrei.

    Magistrato: Si ha ragione è molto tardi. Veniamo via anche noi.

    Gret: Arrivederci signori.

    Magistrato: Arrivederci.

    Accusatore: Si tenga reperibile.

    Gret: Sicuramente. Arrivederci. (esce di scena)

    Accusatore: Dunque, Magistrato, per Basirei vedo io.

    Magistrato: Faccia pure con tranquillità, mi raccomando non deve trapelare nulla.

    Accusatore: Non si preoccupi, sarà silenzio totale.

    (escono di scena)


    * * * * *

  3. #3
    Enclave MUSSOLINISTA
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    Atto III

    (scena prima)

    (In una stanza del carcere di massima sicurezza di Altak l’Accusatore incontra il temutissimo mafioso Basirei per organizzare la truffa)

    Entrano in scena l’Accusatore, una guardia ed il direttore del carcere.

    Accusatore: Come avrà compreso, Direttore, ho assoluto bisogno di parlare con Basirei a quattr’occhi. Ho da parlargli di una questione delicata e non vorrei mettere in mezzo nessuno.

    Dirett.: Ma lei sa meglio di me che ciò non è possibile, io non posso…

    Accusatore: (molto seccato) Io devo fare quanto le ho detto. O mi permette di parlare con Barisei, oppure mi vedrò costretto a contattare un suo superiore.

    Dirett.: (confuso) Ma, veramente. Io, non so…

    Accusatore (con tono severo) Mi faccia lavorare. Avrà la sua ricompensa nel momento dovuto. Ora non faccia storie.

    Dirett.: (servizievole) Si, si, ma non comprendo perché non si possa seguire il normale percorso burocratico. Insomma, voglio dire, così come si fa per gli altri.

    Accusatore: Non le deve interessare il perché. Devo parlare con Basirei e devo farlo col massimo riserbo.

    Dirett.: (chiede con atteggiamento curioso) Ma è successo qualcosa di grave, di irreparabile? Ci sono fatti grossi?

    Accusatore: (molto seccato) Se le ho detto che non posso dire nulla! Su, via. Non mi faccia spazientire. Se insiste, ancora così, mi vedrò costretto a contattare gente che conta. (in tono minaccioso) Non so se ha compreso.

    Dirett.: (con voce tremolante) Si, si, ho capito. Ma se succede qualcosa chi si assume la responsabilità…

    Accusatore: (interrompendolo bruscamente) Io, direttore, io!

    Dirett.: (rassegnato) Va bene, se lo dice lei! (rivolgendosi alla guardia) Va a prendere Basirei e conducilo qua. Non dare molto nell’occhio. Muoviti senza fare troppo rumore.

    Guardia: Si, vado!

    Accusatore: Ho bisogno di non essere disturbato. Solo se dovesse arrivare il Magistrato Perfetti sarà autorizzato ad interrompermi.

    Dirett.: Il Magistrato? Ma (balbettando sempre più disorientato) perché? Cosa è successo?

    Accusatore: Non si preoccupi, tutto sotto controllo. Diciamo che è un’operazione di normale amministrazione (si accende una sigaretta sghignazzando).

    Entrano in scena la Guardia e Basirei

    Guardia: Direttore, come richiesto. (spingendolo in avanti) Ecco Basirei!

    Dirett.: Bene, lo lasci libero sulla sedia. (rivolto alla guardia) Bene! Lei vada pure.

    La guardia esce di scena. Basirei si siede senza dire nulla

    Accusatore: (rivolto al direttore) Lei può andare.

    Dirett.: (in tono servizievole) Se dovesse avere bisogno di noi, siamo di là.

    Accusatore: Grazie!

    Esce di scena il direttore. Dopo un breve silenzio l’accusatore si rivolge a Basirei.

    Accusatore: (in maniera ironica)Allora, Basirei. Ho letto la sua scheda personale. Niente male eh?

    Basirei: (seccato) Non ho tempo di scherzare. Cosa vuole?

    Accusatore: Vorrei riportarle alla memoria alcune sue frequentazioni passate.

    Basirei: (con aria sorpresa) Frequentazioni? Quali?

    Accusatori: Tre rivoluzionari con il vizietto della politica. Mast, Mild e Cedu. Lei li incontrò a Roma a metà degli anni settanta.

    Basirei: (con calma) Io a Roma non ci venni in quel periodo.

    Accusatore: Ci vene, ci venne; glielo dico io.

    Basirei: (irato) Ma fatemi capire. Siete voi Basirei oppure io? (con rabbia) Non venni a Roma e non conosco, né ho mai conosciuto quei tre.

    Accusatore: Molto probabilmente lei non ricorda…

    Basirei: (lo interrompe con veemenza) Che cazzo vuoi sbirro di merda. Parla chiaro!

    Accusatore: (con sufficienza) Basirei, stia calmo! Vedrà che sforzandosi ricorderà!

    Basirei: Fottiti! Non ho nulla da ricordare. E poi la vostra brutta faccia non mi permette di pensare.

    Accusatore: (sicuro di se)Che ne dice di un bello sconto di pena?

    Basirei: Che sconto? Di che parla?

    Accusatore: Oh, vede ora si ragiona! Diciamo che potremmo far riemergere tutte le attenuanti del caso e se dovesse dire ciò che io voglio si potrà aprire anche un programma di protezione.

    Basirei: Si, ma cosa volete da me? Cosa volete che vi dica io? Non conosco quei tre che mi avete nominato. Non so proprio chi siano. Non li ho mai visti. E poi io mi occupavo di affari non di politica. Non ho mai intrattenuto nessun rapporto con uomini impegnati in battaglie politiche.

    Accusatore: Ed allora, qual è il problema? Dalle carte che abbiamo su di lei e dai suoi viaggi a Roma, registrati sulle agende, possiamo ricostruire degli incontri ed incastrare quei tre.

    Basirei: Ma perché cosa vi hanno fatto! Che ho a che fare con loro?

    Accusatore: (con disprezzo) Basirei, lei dovrà coprirli di merda. Si inventi quello che vuole ma quelli devono marcire in prigione. Non dovranno più vedere la luce del sole. Intesi?

    Basirei: (sorridendo) E poi il delinquente sarei io, eh? Signor accusatore, io non ho proprio nulla da insegnarvi! Voi siete già bello e delinquente per conto vostro.

    Accusatore: Ha visto, siamo uguali. Io lavoro per uno stato e lei ha trafficato, per anni, per un altro stato.

    Basirei: A volte mi fate paura. Anzi, se ci penso bene, mi fate anche un po’ schifo! Noi, almeno, avevamo una morale. Ma voi, passate sopra a tutto ed a tutti!

    Accusatore: Lasci stare la tavoletta della morale e torniamo a noi. Lei deve dichiarare, durante un processo di cui le dirò, di aver incontrato i tre rivoluzionari a Roma.

    Basirei: Ma perché proprio a me dovete far fare questa cosa? Io già ne ho commessi tanti di atti delinquenziali e adesso, alla fine della mia vita mi volete far dire anche il falso. (con tono duro) Io, caro Accusatore, sarò anche stato delinquente, ma non ho mai detto una bugia in vita mia.

    Accusatore: (cerca di smorzare i toni) Si, ma non si preoccupi per questo. Lei deve solo dire due cosine ed il gioco è fatto.

    Basirei: (sconcertato) Incredibile, non posso crederci. Lei è un delinquente incallito.

    Accusatore (sorride sonoramente) Il bue che dice cornuto all’asino. Comunque, veniamo a noi.

    Basirei: (poco convinto) Io dunque vengo a Roma. Quando e perché?

    Accusatore: Diciamo, indicativamente, che lei è venuto a Roma nel ’73.

    Basirei: E poi? (molto seccato, gesticola con le mani) Cosa dovrei inventare, signor accusatore. Siamo nel 2003, posso ricordare che cazzo ho fatto nel ’73? Ma che vi passa in quella testa? Eh certo, che ve ne fotte a voi? Se mi imbroglio, tanto, ci vado io di mezzo, mica voi!

    Accusatore: (senza replicare, come se Basirei non avesse detto nulla, continua per la sua strada) Vi siete incontrati in zona “Colle torto” ed avete organizzato un incontro tra la loro comunità ed i vertici della mafia siciliana.

    Basirei: Di che comunità parlate?

    Accusatore: Della comunità nazionalpopolare.

    Basirei: (molto seccato) Lei mi sta facendo perdere davvero tempo. Crede veramente che qualcuno con un po’ di sale in zucca possa ritenere vera una stronzata del genere?

    Accusatore: Certo che si! Avevate tutti e due lo stesso interesse. Usare la vostra unione per destabilizzare, ognuno per i propri fini, lo stato.

    Basirei: A me sembra fantascienza e basta! Mi volete mettere in mezzo per fregarmi!

    Accusatore: Non si preoccupi, vedrà andrà tutto bene. Il Magistrato sa già tutto; è d’accordo con me. E’ già tutto preparato.

    Basirei: Se lo dite voi?

    Accusatore: Dunque siamo intesi? Le invierò in settimana un rapporto molto dettagliato su ciò che dovrà dire. Se lo studi con attenzione e poi ci rivedremo per ripetere la lezioncina.

    Basire: Mi ritenete totalmente incapace di apprendere da solo? Addirittura dovrò imparare tutta la lezioncina a memoria?

    Accusatore: Assolutamente no. Ma non possiamo rischiare amnesie o contraddizioni. E’ una questione troppo delicata. Il giudice è dalla nostra parte ma si troverebbe in difficoltà se non dovessimo fare le cose per benino.

    Basirei: (con un cenno della mano) Aspettate un attimo. Io faccio tutto ciò. Non vi chiedo cosa ci sia dietro anche perché non me lo direte mai. Accetto di dichiarare il falso e poi? Che garanzie ho?

    Accusatore: I suoi vantaggi li potrà avere una settimana prima della sua deposizione. Verrà subito messo in libertà vigilata e dopo il processo inizierà il programma di protezione fuori del carcere.

    Basirei: Se è così, aspetterò il vostro rapporto. Ma ricordate, se non avrò quanto promesso rimarrò muto.

    Accusatore: Non si preoccupi e buon lavoro (fa per alzarsi a chiamare la guardia e viene interrotto da Basirei).

    Basirei: Scusate se mi ripeto. Sapete una cosa?

    Accusatore: Dica!

    Basirei: Mi sembra proprio strano collaborare con voi. Io, il signor mafioso Basirei, l’uomo del terrore, che aiuta lo stato italiano ad incastrare tre poveracci che, ancora, non ho capito cosa vi abbiano fatto.

    Accusatore: Non vorrà mica mettersi a fare il moralista a sessant’anni?

    Basirei: Dio me ne scampi! Ma vi posso assicurare che di delinquenti ne ho conosciuti tanti durante la mia vita. Però voi li superate tutti in spregiudicatezza e malvagità.

    Accusatore: E perché mai?

    Basirei: Ma perché cosa le avranno fatto di così grave questi tre uomini?

    Accusatore: Sognano Basirei, sognano troppo. Ed i sogni fanno male. Dobbiamo fermarli.

    Basirei: Cosa sognano? Se è lecito domandare!

    Accusatore: Discorso lungo! (fa un cenno come per sbrigarsi) Comunque, vogliono costruire una società basata sulla meritocrazia, sull’onore, sulla fedeltà. Tutta roba vecchia, superata. Sono dei folli e vanno fermati, per il ben di tutti.

    Basirei: Di tutti? (sorridendo) Forse solo del vostro e di chi vi è dietro, non dite?

    Accusatore: (vago e sbrigativo) Comunque non ci perdiamo in chiacchiere. Ci vedremo presto. Lei deve interessarsi solo a far bene il suo lavoro. Arrivederci.

    L’accusatore suona il campanello entrano il direttore e la guardia che ammanetta Basirei e lo conduce via.

    Rimangono al centro della scena l’accusatore ed il direttore.

    Direttore: (dopo una breve pausa) Tutto bene? E’ soddisfatto dell’interrogatorio?

    Accusatore: (intento a riordinare delle carte nella borsa) Si non c’è male. Grazie ancora per la disponibilità. Sono sicuro che per lei è in arrivo una promozione.

    Direttore: (con un fare sconsolato) Ma veramente è da oltre due anni che avevo richiesto di essere promosso. Tante promesse, ma nulla di fatto. Sa come vanno queste cose; vi è bisogno di un sollecito di pezzi grossi.

    Accusatore: Non si preoccupi. La sua disponibilità verrà ricompensata. Me ne occuperò io direttamente.

    Direttore: (balbettando) Ma, davvero? Non so che dire, grazie, grazie infinite.

    Accusatore: Di nulla, dovere. Un buon servitore dello stato come lei ha diritto ad una promozione. Comunque ci sentiremo presto. La prossima settimana tornerò a farvi visita.

    Direttore: Noi siamo qua, sempre a disposizione sua e di S.E. il Magistrato. (con un cenno della mano)Tante buone cose.
    Accusatore: (stringe la mano del direttore) Tante cose anche a lei.

    Escono di scena. Si abbassano le luci.



    (scena seconda)


    Il Magistrato e l’avvocato d’ufficio sono a colloquio. D’un tratto entro l’accusatore…

    Magistrato: Non ha motivo di preoccuparsi, avvocato. Questi tre poveracci non hanno alcuna possibilità di salvarsi.

    Avv.d’uff.: Non dovremmo fare i conti senza l’oste (riferendosi ai tre imputati). Non mi fido di quella gente.

    Magistrato: Perché, scusi? Le fanno paura quei tre poveracci (in tono di disprezzo)?

    Avv.d’uff.: Potrebbero sempre decidere di pagare un avvocato durante il dibattimento. A quel punto io sarei estromesso e voi non potrete più usufruire della mia collaborazione.

    Magistrato: Vedrà, che con tutte le prove false che avremo costruito neanche il miglio avvocato del mondo riuscirà a salvarli dal carcere. E poi il giudice sono io. Già è scritta la condanna, dovrò solo leggerla. E lei, caro mio avvocato, avrà la sua giusta ricompensa economica e professionale.

    Bussano alla porta ed entra in scena l’accusatore

    Accusatore: Si può?

    Magistrato: Prego, venga, venga!

    Accusatore: Buona sera, come andiamo?

    Magistrato: Bene, non c’è male.

    Accusatore: Ancora a lavoro? Ma non avete visto l’ora?

    Avv.d’uff.: Stavamo considerando delle ipotesi.

    Accusatore: Quali ipotesi?

    Magistrato: (con fare sicuro) Ma nulla di che! Il nostro caro avvocato ha timore di essere defenestrato dai quei tre pusillanimi. Crede che in dibattimento possano decidere di pagarsi un avvocato.

    Accusatore: (sorridendo) Ma chi, Mast, Mild e Cedu? Ah, ah, non mi faccia ridere. Non hanno un soldo?

    Avv.d’uff.: Se facessero una colletta? Potrebbero…

    Accusatore: (interrompendolo) Potrebbero niente. Abbiamo tante di quelle prove su di loro che anche se cambiassero avvocato non succederebbe nulla. Lei verrà comunque pagato. Troveremo il modo per farle avere i soldi; se è questa la sua preoccupazione.

    Avv.d’uff.: (intimorito) No, ci mancherebbe. Io lo dicevo anche per il processo.

    Magistrato: Non preoccupiamoci per ciò che non esiste. Ripeto, sono io il giudice. Sono già stati condannati. La condanna è già stata emessa. Devo solo terminare di scriverla e lo farò dopo aver sentito cosa vuole il nostro governo. Ho un appuntamento, con il Presidente del Consiglio, la prossima settimana. (mimando il gesto delle manette) Sono incastrati.

    (tutti e tre sorridono; l’avvocato e l’accusatore battono le mani al magistrato in senso d’approvazione)

    Magistrato: (rivolto all’accusatore) Carissimo ha qualche buona nuova?

    Accusatore: Direi proprio di si. Tanto per tranquillizzare il nostro avvocato, ci tengo a dirvi che Basirei ha già accettato. Gli invierò a giorni un rapporto dettagliato su quanto dovrà affermare durante la deposizione ed il gioco è fatto.

    Magistrato: Basirei ha accettato senza fare storie? Non posso crederci, lei è proprio bravo!

    Accusatore: (con falsa modestia)Oh, si figuri, per così poco! Non si tratta di essere bravi o meno. A gente come Basirei appena gli si prospetta sconti di pena, soldi e protezione. Sa come vanno queste cose, no (sorride)?

    Magistrato: (sorridendo) Certo, certo! Ormai siamo diventati degli esperti nel montare processi.

    Avv.d’uff.: (con un tono di preoccupazione) Ed il Direttore, non le ha fatto domande, non ha voluto sapere nulla?

    Accusatore: (sorridendo) Sa come sono quei signori li. Gli ho assicurato che ne avrebbe tratto dei benefici economici se non avesse detto nulla ed ha subito accettato di farmi parlare con Basirei senza testimoni fra i piedi.

    Magistrato: (sorpreso) Senza fare storie?

    Accusatore: (con aria strafottente) Ci ha provato un po’ all’inizio. Gli ho fatto capire che non era aria e che avrei contattato i suoi superiori ed allora ha capito che c’era qualcosa di grosso dietro. Tutto qua.

    Avv.d’uff.: Bene! Non poteva andar meglio. Siamo ancora in corsa!

    Accusatore: (gongolando) Beh, credo proprio di si!

    Magistrato: E le richieste, del nostro mafioso, quali sono state?

    Accusatore: Quelle che avevo già concordato con lei. Sconto della pena ed inizio di un programma di protezione dopo la deposizione.

    Avv.d’uff.: E’ filato tutto liscio. Quasi non posso crederci.

    Magistrato: Complimenti, davvero. Vedrà, per la sua richiesta non ci sarà alcun problema. Ho già telefonato al Ministro di Grazia e Giustizia e mi ha assicurato il via libera all’operazione da parte di tutto il governo.

    Avv.d’uff.: (sorpreso) Addirittura! Abbiamo la coperture anche delle alte sfere dello stato. Stupendo!

    Accusatore: Tutto come previsto. Fuori il mafioso Basirei e dentro i tre schifosi rivoluzionari. Non ci posso credere, il mio sogno di una vita.

    Magistrato: Certo non è il massimo liberare un mafioso.

    Avv.d’uff.: (ridacchiando) Beh, di certo si sarebbe potuto far di meglio!

    Accusatore: No, perché? Per il bene dell’Italia e per i privilegi che abbiamo acquisito, questo ed altro. Non mi farò portare via i vantaggi della mia posizione da tre idealisti sfigati. Ho lavorato per anni a questo progetto ed alla fine si è concluso. Andranno in galera dritti, dritti con buona pace delle loro idee rivoluzionarie e sconclusionate.

    Magistrato: Ha proprio lavorato di fino.

    Avv.d’uff.: E con estrema intelligenza investigativa. Mi inchino alla sua bravura.

    Accusatore: (sorridendo) Addirittura. Ho solo fatto ciò che la mia posizione, il governo ed il potere mi hanno richiesto.

    Magistrato: Creando un castello accusatorio perfetto.

    Avv.d’uff.: (servizievole) Non esiste uomo più astuto di lei. Sono davvero contento di collaborare con gente come voi (riferendosi ad entrambi i presenti). Voglio servire il mio stato sino in fondo. Con voi di fianco non ho più timore.

    Magistrato: (ridacchiando) Oh, finalmente il nostro caro avvocato si è tranquillizzato! Forza ragazzi che la partita è chiusa.

    Avv.d’uff.: Processo concluso! E soldi; molti soldi per noi.

    Accusatore: Terminata questa storia noiosa, condannati questi tre rivoluzionarietti da nulla per noi ci saranno glorie ed onori. Non vedo l’ora.

    Avv.d’uff.: A chi lo dice.

    Magistrato: Comunque, sin qui è andato tutto bene. Continuiamo così. Domani sentirò il Ministero dell’Interno. Sapremo bene cosa fare. Il governo ha riposto molta fiducia in noi e non possiamo assolutamente deluderli. Dopo la mia riunione con il Presidente del consiglio ci aggiorneremo sulle ultime novità. Spero solo che il Consiglio dei Ministri ci dia il via libera subito per iniziare il processo.

    Accusatore: Vedrà, saranno contenti della soluzione del problema. Loro non avranno più questi scocciatori fra i piedi e noi otterremo una promozione ricca di danaro.

    Avv.d’uff.: (chiudendo gli occhi come se stesse sognando) La mia carriera; finalmente il sogno di una vita che si realizza!

    Magistrato: Sarà felicità per tutti, ne potete esser certi… Direi (guardando l’orologio), se non c’è altro, che possiamo aggiornarci.

    Avv.d’uff.: Si, va bene!

    Accusatore: Si, per me è tutto. Ho da farle solo una richiesta signor Magistrato.

    Magistrato: Prego, dica!

    Accusatore: (rivolto all’avv.d’uff.) Le dispiace se parlo un attimo da solo con…?

    Avv.d’uff.: (interrompendolo con il solito atteggiamento servizievole) No, per carità. Ci mancherebbe. A presto!

    Accusatore e Magistrato: A presto!

    Esce di scena l’avvocato d’ufficio.

    Magistrato: Dica pure!

    Accusatore: Volevo chiederle, a riguardo la mia richiesta di promozione, se poteva raccomandare al Ministro dell’Interno di tenere in considerazione la mia posizione all’indomani della conclusione del processo.

    Magistrato: Ogni sua richiesta sarà esaudita, non vi saranno problemi, può stare tranquillo. Comunque, tanto per sapere, oltre al denaro che riceverà per il servizietto svolto, cosa le piacerebbe fare?

    Accusatore: Gradirei essere promosso e di poter usufruire dei benefici del vitalizio spettante agli uomini di stato che hanno dato molto al proprio paese.

    Magistrato: Non credo ci saranno problemi. Vedrà. Chiudiamo il processo e poi saranno denari per me e per lei.

    Accusatore: La ringrazio veramente. Lei è veramente un uomo sul quale si può sempre contare.

    Magistrato: Per gli amici, questo ed altro. Si figuri.

    Accusatore: Ci conto, allora!

    Magistrato: Non si preoccupi caro mio!

    Accusatore: (con un tono molto servizievole) Naturalmente, se dovesse servirle qualcosa, io sono a sua disposizione.

    Magistrato: Per ora nulla, grazie. Ma ricorderò di avere un amico come lei se ne avrò bisogno, può star sicuro.

    Accusatore: Sono contento di ciò. (dopo una breve pausa) Se non ha nulla in contrario, la vorrei invitare a casa mia stasera. Accetta?

    Magistrato: Molto volentieri!

    Accusatore: Allora andiamo?
    Magistrato: Andiamo!

    Escono di scena tutti e due sotto braccio parlottando.



    (scena terza)


    Entra in scena l’avvocato Otineb, uomo vicino alla comunità nazionalpopolare ed amico dei tre rivoluzionari. L’avvocato colloquia con Tilz, responsabile del settore cultura della comunità, cercando di costituire un comitato di difesa.

    Otineb: (con voce tremula dalla tensione) Ti ho fatto chiamare perché la situazione sta degenerando. Non credevo davvero potessero arrivare a tanto.

    Tilz: Cosa c’è di nuovo?

    Otineb: Hanno costruito una montagna di falsità. Hanno messo in mezzo mafiosi e tanta gentaccia. Stavolta c’è qualcosa di grosso, ci sbattiamo il muso tutti.

    Tilz: Ma falsità di che tipo (preoccupato). Dimmi!

    Otineb: Hanno costruito un impianto accusatorio da far spavento. Guarda queste carte (gli mostra le carte del processo). Da rimanere allibiti. Roba da non credere. C’è dietro qualcosa di losco!

    Tilz: Effettivamente anche io non pensavo riuscissero a costruire questo castello accusatorio basato sul nulla. Ho dato un’occhiata alle carte; mi sembra assurdo tutto ciò.

    Otineb: Che mi sai dire su quel Basirei?

    Tilz: Chi?

    Otineb: Basirei. Se ne parla a pagina quindici (mostrandogli nuovamente le carte).

    Tilz: (scuote la testa) Basirei? Nulla che io sappia. Oltre al fatto che comunque, dovresti saperlo meglio di me, non abbiamo mai avuto a che fare con quella gente.

    Otineb: Lo so benissimo, ma vorrei capire come ci sia finito li. Ci dovrà pure essere un legame!

    Tilz: Non è né la prima e né sarà l’ultima volta. Ormai siamo abituati ad ascoltare pentiti che parlano a comando sperando in uno sconto di pena.

    Otineb: Qui c’è qualcosa di più.

    Tilz: Cioè?

    Otineb: Ho motivo di ritenere che tutto ciò sia stato montato dal Magistrato e dall’Accusatore.

    Tilz: Anche questo è probabile. Però ci vogliono delle prove per uscire allo scoperto. Non possiamo, di certo, andare in giro ad affermare tutto ciò.

    Otineb: Non uscirò allo scoperto. Di certo non ora. Le nostre azioni dovranno essere coordinate e mirate.

    Tilz: Perché parli di azione, che intenzioni hai?

    Otineb: Ho deciso di difendere Mast, Mild e Cedu.

    Tilz: (sorpreso) Dici davvero? Stavo per chiederti di difenderli, dopo aver letto queste porcate, ma avevo timore che avresti subito il peso…

    Otineb: (interrompendolo) So cosa vuoi dire. Mi prendo tutti i rischi. Ma non posso più stare fermo. Hanno superato la decenza. La mia morale mi impone di agire.

    Tilz: Ti fa onore ciò! Non avrei mai osato chiederti di esporti così tanto, ma sono contento del tuo coraggio.

    Otineb: Devo dirti che all’inizio ero un po’ titubante. Sai ho due figli, una moglie e da questo punto di vista sono ricattabile. Però non riuscivo più a dormire sapendo cosa stavano facendo ai nostri camerati.

    Tilz: (mette una mano sulla spalla di Otineb) Ricordati, io sarò al tuo fianco in ogni momento.

    Otineb: Ci prepareremo attentamente per organizzare la difesa. Mi aiuterai, si?

    Tilz: Puoi contarci. Con ogni mezzo!

    Otineb: Ti assicuro che ora, dopo aver parlato con te mi sento leggermente sollevato. Non sopportavo più il peso di non essere intervenuto subito per difenderli.

    Tilz: Non preoccuparti, è naturale il tuo timore per chi ha famiglia. Facciamoci coraggio ed iniziamo a lavorare.

    Otineb: (guarda l’orologio) Purtroppo ora ho tre appuntamenti improrogabili. Vediamoci domani, qui a casa mia alle 14.00

    Tilz: Certamente, per me va bene.

    Otineb: Ti prego, fatti venire in mente qualcosa.

    Tilz: Ci penserò non preoccuparti.

    Otineb: (accompagnandolo all’uscita) A domani allora.

    Tilz: A domani.

    Si abbassano le luci e cambia la scena



    (scena quarta))


    Il Magistrato convoca d’urgenza una riunione con l’accusatore e l’avv.d’uff. per informarli della richiesta presentata dai tre imputati di potersi far difendere dall’avvocato Otineb. Urgeva un cambiamento dei programmi.

    Nell’ufficio del Magistrato sono tutti e tre seduti intorno al tavolo.

    Magistrato: (parla con tono di voce grave) Come avete compreso stanno tentando di colpirci alle spalle. Le paure del nostro avvocato erano fondate. Assolutamente fondate.

    Avv.d’uff.: (agitato, si muove nervosamente) Non so perché ma negli ultimi colloqui avuti con i tre imputati avevo avvertito tutta la loro distanza. Ero sicuro che avrebbero cambiato avvocato. Non collaboravano più.

    Accusatore: (passeggia su e giù nella stanza) Ma dove hanno trovato i soldi?

    Avv.d’uff.: Quali soldi?

    Accusatore: Quelli per pagare l’avvocato. Mica avranno trovato uno scemo che li difenderà gratis?

    Magistrato: Non ne hanno bisogno. L’avvocato Otineb è un loro camerata. Dalla sua scheda personale che mi hanno inviato i Servizi ho appreso che anche lui nel settanta era membro della comunità nazionalpopolare.

    Accusatore: Quindi mi vuole dire che (aumenta la disperazione sul suo viso) abbiamo a che fare con un ex…(non termina la frase)

    Magistrato: (scuotendo la testa) Proprio così!

    Avv.d’uff.: E’ proprio un bel guaio. Questo non ha nulla da perdere. Non abbiamo nessuna possibilità di incastrarli.

    Magistrato: Purtroppo no. Queste persone, come Otineb, non sono ricattabili, né corruttibili. Dovremmo cercare di indagare su di questo avvocato. Avrà sicuramente qualche scheletro nell’armadio. Lì, li dovremo colpire.

    Accusatore: Altrimenti creeremo delle prove false anche su di lui. Come per gli altri tre. Sarà un gioco da ragazzi.

    Magistrato: Vorrei evitare di tirare troppo la corda. Potrebbe essere pericoloso coinvolgere anche lui. Si potrebbe venire a pensare che ci sia qualcosa di poco chiaro sotto. Poi, caro mio Accusatore, (a bassa voce e con un tono sconsolato) questo è un noto avvocato. Sarà difficile montargli addosso un caso come abbiamo fatto per gli altri tre.

    Avv.d’uff.: (visibilmente preoccupato) Io a questo punto cosa faccio?

    Magistrato: Se lei è d’accordo le proporrei di continuare a lavorare per noi affiancando il nostro Accusatore.

    Accusatore: (rivolto all’avv. d’uff.) Sarei molto contento di poter collaborare con lei.

    Avv.d’uff.: Grazie davvero per la fiducia. Per me va bene. Sono pronto ad iniziare anche subito.

    Magistrato: Sentite, pensavo di organizzare il lavoro in modo da non compiere altri errori. Dovremmo cercare di incastrarli bene, questa volta, senza rischiare troppo. Ho avuto contatti con vari ministri del nostro governo che mi hanno fornito il loro appoggio ma esigono la massima pulizia nel lavoro.

    Accusatore: I Servizi ci affiancheranno?

    Magistrato: Sicuramente. Lunedì prossimo mi incontrerò con il responsabile del controllo dei movimenti politici per pianificare il lavoro.

    Avv.d’uff.: Non dimentichiamoci del mio collega Gret? Ricordate, si rese disponibile a collaborare con noi.

    Accusatore: Giusto, giustissimo! Anche lui è un’importante pedina del puzzle. Dovremmo sentirlo.

    Magistrato: No, per ora no. Non lo avevo dimenticato, ma lì vorrei che intervenissero i Servizi Segreti, visto che l’avvocato stesso era già in trattativa con loro.

    Avv.d’uff.: Potrei intanto iniziare ad informarmi sull’avvocato Otineb?

    Magistrato: Si, avvocato, faccia pure. Non credo comunque che riusciremo ad incastrare anche lui. Comunque (rivolto ai suoi due collaboratori) vi raccomando la massima prudenza. Non possiamo farci beccare.

    Accusatore: (rivolto all’avv. d’uff.) Provi a contattare qualcuno che conosce le abitudini dell’avvocato, lo faremo seguire. Chissà non ci porti a qualcosa di interessante.

    Avv.d’uff.: Ci proverò, farò del mio meglio.

    Accusatore: (rivolto al Magistrato) Se ha terminato io inizierei a lavorare.

    Magistrato: Si, si andate pure, ci sentiamo domani.

    Accusatore: A domani allora. (l’accusatore si avvia ad uscire e fa un cenno di saluto all’avvocato d’uff., che però rimane nello studio, e se ne va)

    Magistrato: (all’avv.d’uff.) Lei non va?

    Avv. d’uff.: Si, subito! E’ che non sono tranquillo, vorrei parlare con lei per capire bene ciò che ho da fare.

    Magistrato: A che riguardo?

    Avv. d’uff.: Ma, tutta questa storia; (con un tono impaurito) vorrei non commettere errori…

    Magistrato: Ha da fare per cena?

    Avv.d’uff.: No, assolutamente. Sono libero.

    Magistrato: Allora andiamo. Venga a casa mia. Mia moglie mi chiede sempre di invitare qualcuno ma sa il mio lavoro mi impedisce di avere molto tempo libero.

    Avv.d’uff.: (con fare timido) Ma, grazie io non vorrei disturbare.

    Magistrato: Non disturba affatto, scherza. Venga, venga, andiamo.

    Escono di scena insieme





    (scena quinta))

    Otineb, coadiuvato da Tilz, scrive un documento politico-culturale nel quale venivano spiegati i concetti base della comunità, cercando di smontare l’impianto accusatorio.

    Otineb è davanti alla sua macchina da scrivere, nel suo studio, e d’un tratto bussano alla porta.

    Otineb: Si chi è?

    Tilz: Io, Tilz!

    Otineb: Oi, un attimo solo che ti apro (si avvia verso la porta per aprire).

    Entra in scena Tilz

    Tilz: Eccomi qua vecchio mio, come andiamo?

    Otineb: (ruotando la mano) Così, così. Diciamo bene e male!

    Tilz: Ti riferisci alla situazione dei nostri camerati?

    Otineb: Si proprio a loro. E’ un pensiero fisso per me. Non riesco a pensarli lì, chiusi dentro quattro squallide mura. Non riesco proprio…

    Tilz: Per carità non dirlo a me. Comunque, bando alle ciance. Veniamo al dunque. Mi parlavi di redigere un documento?

    Otineb: Si, proprio così. Sto analizzando in ogni dettaglio la linea di difesa e ritengo necessario presentare un documento programmatico nel quale possa essere chiarita la nostra reale posizione riguardo ai punti cardine del programma.

    Tilz: Ho capito. Pensi di scrivere una sorta di memoriale che Mast, Mild e Cedu dovranno leggere di fronte al giudice ed alla corte?

    Otineb: Si credo di voler fare una cosa del genere. Tu che ne pensi?

    Tilz: Può andare, non dovrebbero esserci problemi. L’unico inghippo potremmo trovarlo riguardo la lunghezza del documento e la totale incapacità dei giudici di apprendere, culturalmente, ciò che abbiamo da dire.

    Otineb: (annuendo con la testa) Infatti!

    Tilz: Sai bene che lo Stato Organico non è un concetto da essere compreso in venti minuti di deposizione

    Otineb: Capisco bene a ciò cui ti riferisci. Però c’è assoluto bisogno di un documento da mettere agli atti e credo possa redigerlo solo tu.

    Tilz: Bene, dammi una settimana di tempo ed avrai quanto richiesto. Ci sentiamo man mano per le eventuali correzioni. Ti farò avere da mio figlio le bozze dei vari argomenti.

    Otineb: Perfetto, davvero perfetto. Grazie!

    Tilz: E di che? Scherzi? Non pensarci nemmeno. Per me la battaglia non è mai finita e ciò che devo fare lo eseguo per difendere l’idea. La mia idea, la nostra idea.

    Otineb: Ho solo un gran timore di non riuscire a tirare fuori di lì Mast, Mild e Cedu. E’ il mio incubo quotidiano.

    Tilz: Ci riusciremo, vedrai che ci riusciremo.

    Il colloquio viene interrotto dal suono del campanello. Otineb va ad aprire e…

    Otineb: Chi è?

    Informatore: Sono Ben 431!

    Otineb: Chi?

    Informatore: (sottovoce) Sono un informatore dei Servizi Segreti. Sono un amico di Mild.

    Otineb: (apre la porta con cautela guardando dallo spioncino) Cosa vuole?

    Informatore: Sono venuto qui a parlare con lei perché ho saputo che difenderà Mild ed i suoi due amici.

    Otineb: Chi è lei?

    Inform.: Mi faccia entrare le dirò chiaramente tutto.

    Otineb: Venga, si sbrighi.

    Inform.: (rivolto a Tilz) Buona sera!

    Tilz: Buona sera!

    Otineb: Dunque, cosa avrebbe da dirci?

    Inform.: Sono stato io ad avvisare Mild del tranello che i Servizi, aiutati da Gret, stavano organizzando. Poi è successo tutto questo casino e sono venuto a conoscenza di altri fatti. Si può fidare di me.

    Otineb: Mild mi ha parlato di un suo amico nei Servizi. Ma come facciamo noi a fidarci di lei?

    Tilz: Tranquillo Otineb, ho riconosciuto io il signore. Lei è Balz?

    Inform.: (scatta dalla sedia) Mi conosce?

    Tilz: Eh si! Lei era un giovanotto promettente della comunità del nord Italia. Ci vedemmo all’ultimo Comitato Centrale nel ’78 a Brescia.

    Inform.: (poggiando una mano sulla fronte) Si, ora ricordo. Lei era il responsabile cultura?

    Tilz: Proprio così! Come è finito nei Servizi?

    Inform.: (scotendo la testa) Quando ci sciogliemmo si decise che avremmo sfidato lo stato fino alla fine. Io riuscii ad intrufolarmi nei Servizi e decisi di portare avanti la battaglia politica. Ho sempre informato Mild di ciò che stava accadendo, fino a quando, come cercavo di dire prima, non è avvenuto qualcosa di molto grande.

    Otineb: Di cosa si tratta?

    Inform.: Del Governo!

    Tilz e Otineb: (all’unisono) Il Governo?

    Inform.: Proprio così. Il Governo s’è messo in mezzo a questa storia, hanno segretato dei documenti accessibili solo ai pochissimi servi fidati; hanno capito che c’era una talpa ed hanno limitato la diffusione di notizie.

    Otineb: Hanno capito che era lei che forniva notizie?

    Inform.: No, credo di no. Se scavano, però, ci arriveranno. Non ci vuole molto a collegarmi alla comunità nazionalpopolare.

    Otineb: Possiamo continuare ad usufruire della sua collaborazione?

    Inform.: Si certo, ma ti prego, da ora diamoci del tu.

    Otineb: Ci mancherebbe, fra camerati!

    Tilz: Bene, allora. Dobbiamo organizzarci il lavoro.

    Otineb: (rivolto all’inform.) Senti, io avrei bisogno di intercettazioni. Devo sapere cosa hanno in mente il Magistrato e l’Accusatore. Mi puzza questa storia.

    Inform.: Non ti preoccupare ci penso io. Userò tutti i mezzi che fanno al nostro caso.

    Otineb: Mi raccomando tienici informati riguardo ogni novità. Intercetta, se possibile, anche le telefonate con politici e Ministri. Stavolta dobbiamo fare il botto.

    Tilz: Se li incastriamo abbiamo una possibilità di salvare i nostri camerati, altrimenti è finita.

    Inform.: Farò il possibile! Ah, dimenticavo!

    Otineb: Dicci!

    Inform.: Ogni cosa che invierò qui, nel tuo studio, avrà, sul retro, la mia sigla. Ben 431. Se sul retro non vi sarà questa sigla, significherà che il materiale non è mio. Vi dico tutto questo per evitare manomissioni e notizie false.

    Otineb: Bene, grazie. Ora mettiamoci subito al lavoro.

    Inform.: Io vado, vi aggiornerò al più presto.

    Otineb e Tilz: Ave!

    Inform.: Ave! (esce di scena)

    Otineb: Non posso crederci, per una volta siamo stati baciati dalla fortuna. La prima cosa che ci va dritta di tutta questa storia.

    Tilz: Comunque dobbiamo lavorare ancora molto. Speriamo bene. (breve pausa di silenzio) Tornando al discorso troncato prima; io termino il lavoro e man mano ti presento le bozze. Fra sei o sette giorni ci rivediamo.

    Otineb: Ah dimenticavo, una raccomandazione! Non dire nulla per telefono, vieni qui quando hai da dirmi qualcosa.

    Tilz: (sorridendo) Ma certo! Guarda che anche io ho vissuto gli anni settanta! So bene come aggirare questi controlli.

    Otineb: Certo (sorride), dicevo solo per maggiore sicurezza.

    Tilz: Non ti preoccupare. Ti saluto. A presto.

    Otineb: A presto.

    Tilz esce di scena. Otineb riprende a scrivere a macchina sulla sua scrivania. Si spengono le luci e si cambia scena.


    (scena sesta)

    Il Magistrato convoca d’urgenza l’accusatore e stabilisce la data di apertura del processo.
    L’accusatore presenta ulteriori prove false montate ad arte.

    (nello studio il magistrato è intento a leggere delle carte. Bussano alla porta ed entra in scena l’accusatore)

    Magistrato: Si chi è?

    Accusatore: (affacciandosi verso l’interno) Mi aveva fatto chiamare?

    Magistrato: Si, si, venga. Ho urgente bisogno di parlare con lei!

    Accusatore: Qualche problema?

    Magistrato: Più o meno!

    Accusatore: (preoccupato) Che succede?

    Magistrato: Si stanno organizzando bene. Hanno messo in mezzo anche Tilz. Ricorda Tilz?

    Accusatore: (sorpreso) Il professore della comunità?

    Magistrato: Esattamente! Stanno stilando un documento; queste sono le notizie a me pervenute da alcune intercettazioni. Da giorni però non dicono più nulla a telefono. Dobbiamo agire subito.

    Accusatore: Come mai non comunicano più per telefono? (con un gesto di stizza) Qualcuno deve averli avvisati che li stavamo controllando!

    Magistrato: Credo proprio di si! E non solo questo. I Servizi hanno scoperto che, quando dialogavano al telefono, parlavano in codice.

    Accusatore: Cosa intende fare?

    Magistrato: Dobbiamo accelerare i tempi. Mattiamo in agenda una prossima apertura del processo.

    Accusatore: (preoccupato) Ma non ci basterà il tempo per finire tutto. Mi servono ancora diversi giorni!

    Magistrato: (scotendo la testa sconsolato) Non ne abbiamo. Purtroppo non ne abbiamo.

    Accusatore: (quasi supplicando) Almeno un altro mese!

    Magistrato: No, è troppo. Dobbiamo stringere.

    Accusatore: (rassegnato) Ma come faccio? (si mette le mani fra i capelli) Aspetti, mi faccia pensare. Devo terminare di acquisire delle ultime informazioni la prossima settimana. Lavorando anche di notte, forse fra quindici giorni possiamo anche iniziare. Non prima, però.

    Magistrato: Bene! Mi raccomando. Questa fretta non ci deve essere cattiva consigliera. Facciamo tutto bene e non cediamo proprio ora.

    Accusatore: Farò il possibile per non sbagliare nulla.

    Magistrato: Dunque possiamo stabilire già per il 27 novembre?

    Accusatore: (guardando l’ agenda) Mi faccia vedere. Si il 27 può andare. Dico al segretario di iniziare a preparare i documenti del processo.

    Magistrato: Nuovamente, le raccomando, la massima prudenza.

    Accusatore: Non si preoccupi, abbiamo già molto in mano. Concludo il tutto! Farò del mio meglio.

    Magistrato: Ha qualcosa di nuovo da mostrarmi?

    Accusatore: Si, si. (apre la valigia e lascia dei fogli al Magistrato) Guardi qui.

    Magistrato: (legge sommariamente) Da quello che posso percepire, leggendo velocemente, è che lei sta facendo proprio un gran bel lavoro.

    Accusatore: Ho cercato di rendere il tutto il più credibile possibile.

    Magistrato: E ci è riuscito magistralmente. Complimenti!

    Accusatore: Sono contento di ciò che dice!

    Magistrato: Bel lavoro, sul serio. Questo Fromis (indicando il foglio) è un altro mafioso?

    Accusatore: Esattamente. E’ francese ed ha sempre tenuto i rapporti con la malavita calabrese e con la mafia.

    Magistrato: Come lo facciamo entrare in questa vicenda?

    Accusatore: (autoelogiandosi) Se mi permette. E’ qui il tocco di classe. Fromis aveva un fratello che militava nella milizia nazionale.

    Magistrato: La milizia? Il movimento rivoluzionario francese?

    Accusatore: Esattamente! I fratelli Fromis si odiavano, tanto che presero due strade completamente differenti. Questo però lo sappiamo solo noi due ed il signor Fromis.

    Magistrato: Dunque?

    Accusatore: Dunque, diventa per noi molto semplice fare due più due. Fromis Arnoux, il nostro uomo, è il fratello di Fromis Dualt, l’extraparlamentare.

    Magistrato: (sempre più incuriosito) Si! E allora?

    Accusatore: Possiamo dimostrare, naturalmente con carte false, che Arnoux conobbe Mast, Mild e Cedu, grazie al Fratello Dualt che collaborava con la comunità nazionalpopolare italiana.

    Magistrato: Eccellente!

    Accusatore: Non è finita. Dualt fu ucciso dalla polizia francese in circostanze sconosciute. Da qui facciamo nascere il sodalizio mafioso-politico tra Arnoux, Mild, Mast e Cedu. Incastrati!

    Magistrato: Cioè, si spieghi meglio. Come li incastriamo?

    Accusatore: (si avvicina all’orecchio del Magistrato) Facciamo credere che Arnoux Fromis si volesse vendicare della morte del fratello avvenuta a Genova. Per fare ciò, ed attaccare al cuore lo stato italiano, ha bisogno dell’appoggio di qualcuno che odiasse lo stato tanto quanto lui. E chi vi può essere di meglio degli ex amici del fratello?

    Magistrato: Veramente un grande lavoro! Splendido! Sono completate le carte?

    Accusatore: Non ancora. Con un macchinario laser molto sofisticato stiamo cercando di riprodurre la calligrafia di Mast, l’unico che conosceva il francese e che teneva i rapporti con l’estero.

    Magistrato: Benissimo e poi?

    Accusatore: Compileremo quattro o cinque lettere in cui il nostro caro Mast (in tono di sfottimento) chiedeva aiuto ad Arnoux Fromis.

    Magistrato: Perfetto! Ma Basirei come si collega!

    Accusatore: Arnoux Fromis funge da collegamento fra la mafia francese e quella italiana ed il gioco è fatto.

    Magistrato: (con lacrime di gioia, abbraccia l’accusatore) Lei è un genio. Li abbiamo incastrati, sono finiti.

    Accusatore: (sicuro di sé) E’ finita, Magistrato mio, è finita. Per loro sarà notte fonda.

    Magistrato: Non posso crederci. Si raccomandi con i Servizi Segreti. Devono fare un buon lavoro, senza sbavature. Devono essere perfetti. Deve sembrare proprio la calligrafia di Mast.

    Accusatore: (sorridendo) Non si preoccupi, non è mica la prima volta che falsificano documenti (scoppia in una sonora risata). Sono esperti in falsificazioni.

    Magistrato: Si, si certo (sorridendo). (dopo una breve pausa) …E’ impegnato a pranzo?

    Accusatore: (rimette a posto le carte sparse sul tavolo) Vorrei rientrare presto oggi pomeriggio per iniziare subito a lavorare.

    Magistrato: Bene, devo tornare in fretta anch’io. Possiamo pranzare insieme?

    Accusatore: Con piacere. Quando si mangia non vi può essere compagno di viaggio migliore!

    Sorridendo si prendono sottobraccio ed escono di scena insieme.


    (scena settima)

    Si apre il processo.

    (Nella sala del processo sono presenti il Magistrato , la corte, l’accusatore, i tre imputati, Otineb e Tilz oltre alle guardie e a diversi attivisti della comunità, ancora in libertà)

    (suona il campanello; in aula si avverte un bisbiglio)

    Voce fuori campo: Silenzio, entra la corte!

    Magistrato: (si siede) Dichiaro aperto il processo. In nome del popolo italiano invito l’accusa a presentare i capi di imputazione alla corte.

    Accusatore: Signor presidente, signori della giuria. Non nascondo l’angoscia, la rabbia ed il mio puerile terrore nel dover sostenere l’accusa nei confronti dei tre imputati. Uomini pericolosi e privi di scrupoli. Signori giurati, ci troviamo di fronte ad un processo di fondamentale importanza, in un momento di transizione politica, come quello attuale. Gli imputati di questo processo hanno dimostrato non solo di essere politicamente ma anche socialmente pericolosi. I continui contatti con Arnoux Fromis e Basirei, così come chiaramente si evince leggendo le carte processuali presentate, rafforzano ancora una volta, se ce ne fosse stato il bisogno, la posizione dell’accusa. Noi ci siamo trovati di fronte ad una associazione a delinquere che aveva lo scopo di sovvertire lo stato utilizzando tutti i canali illeciti a disposizione. Anche la Mafia, e non solo quella italiana. Ed è per questo che io chiedo alla giuria ed al Presidente di considerare colpevoli di sovversione ai danni dello stato, di cospirazione e di associazione a delinquere di stampo mafioso i tre imputati Mild Otto, Mast Celto e Cedu Solini. Per i tre imputati chiedo, altresì, due mesi di isolamento ed il massimo della pena, senza nessuno sconto e senza nessuna attenuante. Chiedo cioè anni quindici di reclusione, così come previsto dal codice di procedura penale.

    (rumoreggiano in aula i vari esponenti della comunità nazionalpopolare presenti al processo)

    Magistrato: Silenzio, silenzio, o faccio sgomberare l’aula! (dopo qualche secondo interviene la polizia a calmare gli animi) La parola passi alla difesa.

    Otineb: Signor Presidente, signori giurati. A malincuore, davvero a malincuore, ci troviamo a ravvisare continui vizi procedurali nell’andamento di questo assurdo processo. Riteniamo, a ragione, di essere caduti in una trappola tesa solamente ed esclusivamente ad eliminare una embrionale contrapposizione politica e nulla più. Ancora a malincuore mi sento di dover affermare che, nonostante svolgessi l’attività di avvocato da molti anni, non ripongo più nessuna fiducia in questa giustizia ed in questa magistratura. I miei assistiti hanno comunque la volontà di lottare e di proseguire una battaglia legale che, per cause a noi esterne, si è trasformata in battaglia politica. E’ proprio per questo motivo che il signor Mast, a nome di tutti e tre gli imputati effettuerà una dichiarazione spontanea. Chiedo dunque che il documento che vi verrà, fra breve presentato, venga messo agli atti. Concludo chiedendo alla corte ed a Voi, signor Presidente, un rigurgito di dignità. Sapete tutti meglio di me che questa sentenza è già stata scritta altrove. Sapete già bene tutti quali siano i poteri, legali e non, che hanno dichiarato guerra ai tre imputati ed alla loro comunità nazionalpopolare. Sapete ancora tutti altrettanto bene che quello che si sta svolgendo oggi è un processo farsa viziato da presenze inquietanti anche all’interno della stessa giuria. Così non può e non deve essere. Ma siccome così, purtroppo è, finiamola qui. La pantomima è durata anche troppo. Non abbiamo nessuna volontà di proseguire questo stillicidio per molto. Detto questo, rimetto alla vostra coscienza, semmai ne abbiate una, il verdetto finale. Grazie.

    (esplode un applauso generale dai banchi; le forze dell’ordine a stento riescono a far tornare la calma)

    Magistrato: (scuro in volto) Silenzio, o faccio sgombrare l’aula. (posa gli occhi sulle carte e dopo un attimo di pausa…) Le affermazioni dell’avvocato Otineb, ci lasciano sorpresi e delusi. Siamo sorpresi, perché non è mai avvenuto, durante un processo, un attacco così violento e frontale ad un’importantissima istituzione dello stato. Siamo anche delusi perché questo attacco ci giunge da un uomo come lei, avvocato Otineb. Da un uomo, cioè, che è uomo di giustizia. Nessuno qui può dire che la sentenza sia stata scritta già. Siamo qui proprio per vedere cosa in realtà sia successo. Se, (con voce falsamente conciliante) ed io me lo auguro, i tre imputati risulteranno innocenti, ben volentieri li proscioglierò. Non posso tollerare, però, avvocato Otineb, da un uomo come lei, accuse infamanti di questo tenore rivolte alla mia persona ed alla corte tutta. Soprassiedo, per ora, riservandomi misure disciplinari da adottare in seguito. Ciò che abbiamo ascoltato è di una gravità assoluta. Spero, avvocato Otineb, che vorrà provvedere a rettificare quanto da lei esposto.

    (i componenti della comunità nazionalpopolare presenti al processo rumoreggiano e vengono invitati, nemmeno troppo garbatamente, ad uscire)

    Magistrato: (suonando il campanellino) Silenzio, silenzio in aula. Faccio sgomberare tutto. (in tono minaccioso) Guardia conduca fuori tutti, continuiamo a porte chiuse.

    Tilz: No, come a porte chiuse! Non potete!

    Magistrato: Fuori tutti!

    (i componenti della comunità rumoreggiano sempre più lanciando invettive alla corte)

    Otineb: No, non può fare questo. Vogliamo i testimoni. Così ci oscurate.

    Magistrato: Decido io cosa bisogna fare qui. Ora basta avvocato (rivolto ad Otineb) altrimenti sbatto fuori anche lei.

    Otineb: (nervoso) Questo è ingiusto, tremendamente ingiusto. (rivolto al magistrato) Si vergogni, si vergogni!

    Tilz: (agitando le mani) E’ una vergogna, è una vergogna!

    Magistrato: Basta, basta. Sarò costretto a sospendere la seduta.

    (prosegue per qualche secondo il trambusto ma poi vengono condotti fuori tutti tranne Tilz, Otineb, l’accusatore e la giuria)

    Magistrato: (alle guardie) Fate entrare gli imputati!

    (entrano Mast, Mild e Cedu)

    Magistrato: (rivolto ad Otineb) Allora chi è che deve venire a deporre?

    Otineb: (rassegnato) Verrà Mast!

    (Mast si va a sedere nel posto riservato agli interrogati ed inizia la sua deposizione)

    Mast: Egregio Presidente, signori della corte, è giunta l’ora di chiarire una volta per tutte la nostra posizione processuale consapevoli, come siamo, di essere vittime di un processo politico viziato dai poteri superiori dello stato.
    Cosa ci contestate? La nostra azione rivoluzionaria? Con tutto il rispetto per il Presidente e per la corte, non vi riteniamo sufficientemente preparati a giudicare culturalmente, perché di questo si tratta, la nostra posizione. Comunque, ci atteniamo alla realtà dei fatti ed, obtorto collo, cercheremo di spiegarvi cosa significhi per noi il vivere la politica e la militanza.
    Innanzi tutto dobbiamo evidenziare un aspetto fondamentale del nostro pensiero fornendo una precisazione. Ci accusate di essere fascisti? Ebbene! Chiariamo subito un concetto. Se il Fascismo-regime appartiene al passato, il Fascismo-pensiero, nella sua profonda essenza, rimane un’idea forza che anima ed infiamma tutti i movimenti della rivolta nazionale ed antidemocratica europea. Vi è, dunque, un’evoluzione aristocratica del Fascismo che intende recuperare l’ultima esperienza della R.S.I ed attualizzarla completamente. Un dibattito sul fascismo non può prescindere, preliminarmente, da una definizione del Fascismo stesso. “Il Fascismo ha una concezione aristocratica del mondo e della vita, concezione che sul piano politico si estrinseca in un rifiuto netto del concetto democratico.”
    La democrazia infatti è un’idea astratta che configura un sistema di potere e di governo del tutto innaturale, inorganico. Quando tale sistema riesce a prendere piede integralmente, lo Stato sparisce, insieme alle élites politiche; la società si corrompe, si ingenera violenza e il sistema si trasforma, inevitabilmente, in una dittatura richiesta, a gran voce, dalla gente esasperata. Da ciò si può comprendere come tutte le dittature siano figlie dello stesso pregiudizio democratico in quanto, anche esse, si basano sul consenso popolare. Da ciò è dimostrato, ancora una volta, come il capitalismo ed il comunismo siano gli ultimi e consequenziali prodotti della democrazia.
    Il Fascismo è dunque il tutto, è l’alfa e l’omega della politica, della società e dell’anima degli uomini. Lo stato Fascista è uno Stato Totalitario, che non significa tutto il potere in una sola mano, ma tutti i poteri per un solo scopo.
    Gli individui sono classi secondo le categorie degli interessi; sono sindacati secondo le differenziate attività economiche cointeressate; ma sono prima di tutto e soprattutto Stato. Il quale non è numero, come somma d'individui formanti la maggioranza di un popolo. E perciò il fascismo è contro la democrazia che ragguaglia il popolo al maggior numero abbassandolo al livello dei più; ma è la forma più schietta di democrazia se il popolo è concepito, come deve essere, qualitativamente e non quantitativamente, come l'idea più potente perché più morale, più coerente, più vera, che nel popolo si attua quale coscienza e volontà di pochi.
    Non potrà, questa corte, negare che in Natura esistono valori relativi e valori assoluti. Le pulsioni, le passioni ed i rapporti fra gli uomini sono regolati da delle norme non scritte che trascendono la conoscenza e la ragione. Nell’intimo dell’uomo, nel silenzio della sua riflessione, è conoscibilissimo ciò che è Bene da ciò che invece è Male o il confine tra il giusto e l’ingiusto; l’animo umano, indotto ad errare, se trasportato a forza nel terreno della materialità, può lasciarsi corrompere e per comodità riconoscere perfettamente ciò che è bene ma compiere, a suo vantaggio, ciò che, invece, è male.
    In una realtà naturale vi è un’aristocrazia di valori che è radicale rifiuto del livellamento egualitario figlio del pensiero cerebrale e razionale della democrazia. Nella società tradizionale si assume una prospettiva gerarchica ed organica: l’unica valida a consentire l’integrazione della singolarità individuale nel complesso sistema della vita sociale e comunitaria. Ecco perché alla base del rispetto dei valori vi è una scala di priorità determinata dalla gerarchia che, provenendo dall’alto, contiene in sé l’assoluto.
    La gerarchia è l’espressione naturale dell’autorità che segue rigide norme dettate dalla natura e dall’entità assoluta divina che l’ha prodotta. La gerarchia è il fine ultimo del volere assoluto, che vuole perché deve volere (e non vuole tanto per volere) è anch’essa assoluta e come tale non suscettibile del giudizio razionale. In tutte le società tradizionali il “migliore” (cioè colui che risulta comunemente spiritualmente più valido e tecnicamente più capace) è il duce, il capo, il condottiero ed è da tutti rispettato come tale. Il capo che non vuol dire despota: è capo chi sa comandare ma anche ascoltare, chi sa imporsi ma anche rispettare, chi induce il popolo a sollevarsi ma insieme alla sua gente si solleva.
    “Al popolo viene attribuito l’effimero potere di scegliere per mezzo delle elezioni i suoi rappresentanti cui delegherà l’esercizio effettivo dell’autorità di governo. Proprio così, si è voluto togliere l’autorità dalle mani dei migliori poiché, pretesto meschino, erano in pochi, per concederla ai pochi che non sono più i migliori.”
    Il migliore non è più l’uomo spiritualmente valido e tecnicamente capace a governare, ma è l’uomo che meglio riesce ad accattare voti. Non è possibile fare a meno dell’autorità? Ebbene, si dona l’autorità a chi è disposto al compromesso. L’uomo scaduto a numero, divenuto individuo nella massa dei mediocri, privo di altri interessi che non siano quelli di carattere utilitaristico, ha perso, a causa dell’ingannevole concezione democratica, il senso della vita. Un uomo che ha sostituito all’autorità i partiti, alla gerarchia il numero, all’ordine il caos.
    La democrazia ha, dunque, un valore del tutto cerebrale, fittizio ed antinaturale. Come si può pensare di poter sostenere che nulla vi può essere al di là della democrazia? Rendere gli uomini uguali, quando non lo sono, dare a tutti le stesse opportunità, quando è palese il contrario, affermare che si debba partire tutti dallo stesso piano, quando basta aprire gli occhi per rendersi conto che ciò non è possibile è una bestialità della quale dobbiamo liberarci. Ciò induce tutti noi a comprendere che la democrazia, con i suoi pregiudizi, è una forzatura inaccettabile da rifiutare senza appello.
    La natura, gli uomini, il creato, tutto ciò è costituito da miliardi di diversità. Forzare questo principio, e pensare di sostituire all’ordine il caos ed alla diversità l’uguaglianza, è già più che sufficiente per decretare la sentenza: la democrazia non s’ha da fare.
    Siccome è palese che in natura pochi sono i migliori e tanti sono i mediocri, non è risultato difficile diffondere questo principio democratico convincendo gli altri restanti mediocri che anche loro avrebbero potuto prendere il potere. E perché anche il più stolto, se viene votato ed ottiene la maggioranza, non può governare? Da qui il processo degenerativo è proseguito sino a noi che ci troviamo, obtorto collo, di fronte ad una situazione disastrosa in cui la stragrande maggioranza della popolazione, vivendo nella più totale ignoranza di ogni principio antidemocratico, galleggia nel mondo reale non rendendosi più conto che per una semplice X su di una scheda elettorale ha svenduto la sua anima al diavolo.
    Nella società moderna si è portati a credere che la partecipazione degli uomini nella società si esprima con il voto. Cioè induce a pensare che il consenso popolare ricopra un ruolo fondamentale negli equilibri di uno stato. Ciò non è. Vediamo perché!
    Innanzitutto in una società basata sull’omologazione e sulla pubblicità il consenso popolare altro non è che il prodotto finale tornito dai mezzi di informazione che, drogando le menti degli uomini, guidano ed indirizzano il volere del popolo. Quanti, infatti, votano consapevolmente? Mi spiego! Si è affermato che in questi ultimi anni il desiderio di esprimere il proprio voto è sceso sempre più. La gente è lontana dalla politica attiva ( ed anche da quella passiva) ed i giovani non nutrono alcun interesse per la gestione della res pubblica. Addirittura otto ragazzi su dieci hanno affermato di non conoscere alcun programma politico. Da ciò possiamo dedurre che oltre l’ottanta percento della popolazione giovanile non sa nulla di politica e non conosce alcun programma. Dai dati, però, sappiamo che il settanta percento della popolazione va a votare; il trenta percento degli “assenteisti” è in prevalenza costituito da anziani e dai defunti non depennati dalle liste elettorali. Da qui deduciamo che la stragrande maggioranza degli elettori, che hanno espresso il loro voto, hanno adempiuto al loro “dovere” senza sapere ciò che stavano facendo. Come si può votare per questa o quella coalizione se non si conoscono nemmeno i programmi (ammesso e non concesso che i programmi avessero un effettivo valore nella politica moderna)? A questo punto in che consiste il suffragio universale? Ecco dimostrato che il concetto dell’espressione del voto è un contentino che viene fornito al popolo senza che lo stesso ne provasse effettivo interesse. Non è infatti con il voto che si rafforza l’organicità dello stato, ma con l’impegno ed il rispetto dei ruoli assegnati che si rafforza l’unità e la partecipazione alla cosa pubblica.
    Un altro pregiudizio che ci troviamo a dover affrontare è quello riguardante il suffragio universale. Oltre all’inutilità del voto è profondamente ingiusto basare sul numero un concetto assoluto come l’esercizio dell’autorità: cioè il potere decisionale.
    Nella società e nella stato esistono strutture orizzontali e verticali. Le elezioni possono essere indette come criterio di selezione di una classe dirigente all’interno di ogni singola struttura orizzontale ed in qualche caso,di quelle verticali. Non per questo ci si deve dipingere come dei pazzi sanguinari che pretendono di comandare; del resto anche il Papa viene eletto non dai miliardi di cristiani, ma da un centinaio di cardinali con l’aiuto della Spirito Santo.
    Nel nostro caso lo spazzino dovrà decidere chi fra i suoi colleghi dovrà rappresentarlo, così come lo studente potrà e saprà scegliere i propri rappresentanti d’istituto, i prof. Universitari il rettore e così via.
    Questo è lo stato organico che sogniamo e che la nostra comunità cercava di diffondere prima che la vostra arrogante prepotenza entrasse a distruggere le nostre vite. Noi sogniamo uno stato snello, veloce non blindato dalla pesante burocrazia che soffoca la missione di ognuno di noi. Uno stato in cui le categorie sono rappresentate dagli eletti di ogni singola corporazione, dai migliori, dai più dotati chiamati a rappresentare i propri colleghi. Queste sono le uniche elezioni necessarie!
    Allo stato attuale, del mondo occidentale, quasi nessuno si trova nel posto che normalmente gli spetterebbe in base alla sua natura propria. La funzione dei vari uomini viene quindi assegnata, se non dal caso, da un intreccio di fatalità e circostanze accidentali di ogni specie. Il vero fattore che dovrebbe contare, e cioè la differenza di natura esistente fra gli individui, viene relegato in un angolo.
    “Non meno facile sarebbe mettere in rilievo tutte le conseguenze assurde che derivano da quest’idea chimerica, in nome della quale si è preteso di imporre a tutti un completo uniformiamo, ad esempio impartendo a tutti lo stesso insegnamento, come se tutti fossero realmente capaci di capire le stesse cose e come se, per farle comprendere, gli stessi metodi fossero adatti per tutti indistintamente.”(Guenon)
    Ma accade che uno stesso individuo sia chiamato a svolgere ruoli diversi quasi come se le sue attitudini potessero venir cambiate a volontà.
    L’argomento più decisivo contro la democrazia si riduce a due parole: il superiore non può promanare dall’inferiore, perché il positivo non può nascere dal negativo. “E’ fin troppo evidente che il popolo non può conferire un potere che esso non possiede. Il vero potere può solo venire dall’alto, ed è per questo che esso può divenire legittimo solo attraverso la sanzione di qualcosa di superiore all’ordine sociale, cioè un’autorità spirituale. Questo capovolgimento di ogni gerarchia comincia non appena il potere temporale vuole rendersi indipendente dall’autorità spirituale e poi subordinarla e sé, pretendendo di asservirla a finalità materialisticamente politiche.”
    Essendo impossibile eliminare le differenze fra gli uomini, si vengono a formare delle false élite che usurpano il “titolo” alle vere élite; queste false élite si basano esclusivamente su differenziazioni legate alle attività materiali rendendosi dunque conto che oggi la distinzione che maggiormente conta non è fra il migliore ed il peggiore, ma tra l’avere ed il non avere. L’apparire prevale violentemente sull’essere, la materia infligge un colpo mortale allo spirito. Si fa parte dell’élite materiale se si ha; si sostituisce all’essere l’avere degenerando i rapporti comunitari a semplici scambi commerciali e riducendo le relazioni tra gli uomini ad esclusivo elemento d’interesse.
    E’ ormai concetto abbastanza comune quello che si sente troppo spesso ripetere nei salotti “buoni” e meno “buoni” della società. In democrazia tutto sommato si sta bene andando a creare una grave coincidenza tra il benessere legato al necessario ed il finto benessere legato al superfluo.
    Ci si rende sempre più conto che in realtà agli uomini di oggi non manca nulla di cui si potrebbe fare benissimo a meno ma in realtà manca moltissimo di ciò che invece è necessario per la sopravvivenza comunitaria.
    Qui si chiude il cerchio. L’equazione matematica non può che essere così semplice. La distruzione della Tradizione tende alla storicizzazione dell’uomo; democrazia sta a sfruttamento così come liberaldemocrazia sta a capitalismo.
    Nel secondo capitolo di questa deposizione spontanea affronteremo un ulteriore punto contestatoci e cioè l’accusa di razzismo.
    Uno dei problemi più gravi nel nostro paese è l' immigrazione. E non solamente quella clandestina.
    Tutti i settori della politica e della vita civile sono toccati da questo fenomeno. Un fenomeno che parte da lontano: dal calo demografico occidentale, dalla crisi economica ed alimentare e dal disordine politico nel terzo mondo, dal definitivo sopravvento dell’economia sulla politica tradizionale nei paesi “avanzati” e dallo svilupparsi di un’eresia buonista e pauperista all’interno di ambienti ecclesiastici.
    L’immigrazione va innanzitutto contro quello che è l’ordine naturale e provvidenziale delle cose. Ciò è riassumibile nello slogan: "Ogni popolo ha la sua terra ogni terra ha il suo popolo". E se nella storia dei popoli spesso sono avvenute migrazioni, invasioni, mai abbiamo assistito ad un fenomeno come quello odierno, di tali proporzioni e soprattutto con tali conseguenze.
    E’ noto inoltre che, ovunque vi sia alta immigrazione, le paghe salariali si abbassino. Il capitalismo superando tutte le remore di carattere etico e politico favorisce il fenomeno dell’immigrazione, perché consente ulteriori profitti alle solite grandi famiglie di oligarchi a scapito dei lavoratori.
    “Le cifre parlano chiaro. Se la tendenza non sarà invertita, nel 2040 avremo 40 milioni di Italiani e dieci milioni di extracomunitari; il profilo etnico, la grandezza culturale e religiosa del paese scompariranno per sempre per dar luogo ad un "melting pot" dove l’orgoglio nazionale, il senso della comunità e la tradizione cristiana e nazionale, saranno vecchi ricordi del passato.
    La soluzione del problema non può che essere radicale, è necessario quindi analizzare alla radice quest’evento di massa senza pari nella storia moderna.
    Il fenomeno immigratorio va bloccato non solo ai confini ,ma, soprattutto all’interno del Paese fonte. Se è vero che qualunque essere umano deve essere rispettato in quanto tale , è anche vero che lo Stato può garantirgli assistenza o aiuti dopo il rimpatrio o prima che arrivi sulle nostre coste; la superiorità economica delle Nazioni Occidentali permette concreti e tangibili interventi di soccorso oltre i confini europei.”
    Ed è per questo che la nostra comunità propose di:
    1) Bloccare l’immigrazione.
    2) Avviare un rimpatrio umano degli immigrati già presenti nelle nostre terre. In particolare, rimpatriare immediatamente tutti quelli detenuti, evitando al contribuente tasse maggiori, per mantenerli in Italia
    3) Dare vita, in accordo con gli altri paesi europei, ad un programma di ristrutturazione economica dei paesi del terzo mondo.
    4) Consentire ai nostri connazionali residenti all’estero, di ritornare immediatamente e così colmare il gap occupazionale del nord. E in modo prioritario, dare immediata occupazione a tutti i disoccupati italiani, prima di assumere un solo straniero

    Vogliamo però fugare ogni dubbio riguardo il problema del razzismo.
    Per noi, parlare di «razzismo» o di «antirazzismo» da un ottica prettamente nazionalpopolare, è soltanto un non senso.
    Soprattutto se ci si accusa di Fascismo! Il Fascismo, infatti, parla di «stirpe»: una nozione, quest’ultima, che non ha niente a che vedere, né con il concetto di «razza» (inteso in senso biologico o antropologico), né con l’idea di «melting pot» o di «miscuglio etnico-culturale», intesa nel senso di «brulicanti cocktails» di popolazioni di origine e di cultura diversa che vivono all’interno dello stesso habitat e che sono quasi sempre contraddittori ed antagonisti ed, in ogni caso, origine e causa primaria di patenti o latenti conflittualità multirazziali e/o multiculturali. La «stirpe», per il Fascismo è una nozione strettamente politica. Una nozione, cioè, che tende a circoscrivere, esplicitare e mettere in luce le qualità, le caratteristiche e le prerogative del «popolo» nel quale si identifica. In quest’ottica, il Fascismo concepisce i diversi «popoli» o le diverse «nazioni» del mondo, non come degli «Stati-Nazione», ma come «Popoli-Nazione». La razza, dunque, è un modo di essere.
    Detto ciò non credo che vi permetteranno di proscioglierci. Questo è un processo politico e rimarrà tale. I poteri forti che vi manovrano, e che continuano a condizionare questo processo, hanno già emanato la sentenza.
    Anche lei, signor Giudice, ha già stabilito per noi una dura condanna. E’ dunque inutile per me stare qui a fornire ulteriori spiegazioni riguardo la nostra attività culturale. E’ inutile, soprattutto, perché purtroppo non avete né l’onestà intellettuale, né la capacità intellettuale di comprendere il nostro messaggio di libertà. La democrazia, a torto, viene considerata un dogma inalienabile. La democrazia come voi ben sapete è solamente lo strumento principe utilizzato dalle grandi logge di potere finanziario internazionale per manipolare le intelligenze delle persone.
    Si parla di libertà di voto e di coscienza; ci si viene a dire che le elezioni si vincono grazie al consenso popolare. Nessuno però ha il coraggio di denunciare che il consenso popolare altro non è che il prodotto finale tornito dai mezzi di informazione.
    Comunque noi chiudiamo qui. Non rassegnati, né sconsolati. Siamo solo consapevoli che il male, il potere occulto ha colpito ancora. Non crediate però di averci battuti. Noi piegheremo la testa solamente di fronte al nostro solo ed unico Signore. Egregio Presidente, signori della corte, state pur tranquilli. Ci prostreremo solo dinanzi a Dio.
    Grazie!

    Magistrato: (scuro in volto) Vada a sedere! (dopo un breve colloquio sottovoce con gli uomini della corte, torna nel suo scranno) Oggi abbiamo assistito ad un gravissimo attacco verso lo stato. Non tollero in alcuna maniera che si possano affermare delle cose di inaudita gravità, come quelle che abbiamo poco fa ascoltato. Queste collusioni fra magistratura e politica, fra massoneria e servizi segreti è solo l’ultima difesa di un gruppo di criminali, quali dimostrate di essere.

    (protesta l’avv.Otineb)

    Otineb: Ma così lei sta già leggendo la sentenza! Avevamo ragione noi è tutto scritto. Come può parlare così? Come può dare del criminale a Mast?

    Mast: (all’indirizzo del Magistrato) Si vergogni! Schiavo e servo del potere, si vergogni!

    Magistrato: Non le permetto di interrompermi. Io sono il Giudice e posso dire, al mio processo, ciò che voglio. Non intendo proseguire in questo clima. Lei Mast, non può rivolgersi a me con quel tono; se lo ricordi, non può! (attimi di caos in aula) Basta, non è più possibile proseguire con questo clima. Sospendo la seduta a data da destinare!

    (escono fra le proteste la giuria, il Magistrato e l’Accusatore)

    Tilz: Vergogna, vergogna! E’ indegno amministrare la giustizia in questo modo!

    Mast: Corrotti!

    Mild e Cedu: (all’unisono) Vigliacchi, volete incastrarci a tutti i costi!

    (dall’esterno, i componenti della comunità riescono a sfondare il cordone delle guardie e rientrano in aula)

    (Mast si siede sopra una sedia e rivolto al pubblico)

    Mast: Ora inizia il bello. Non ve ne andate. Non finirà qui!

    (si chiude il sipario)


    * * * *

  4. #4
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    Atto IV


    (scena prima)

    L’accusatore ed il Magistrato vengono registrati dall’inform. dei Servizi che passa la cassetta all’avvocato Otineb. Quest’ultimo fornisce al giornale più venduto d’Italia una copia della conversazione. In tv italiane e straniere appaiono le immagini di un colloquio raccapricciante. Esplode un caso politico. Vengono presentate gravi collusioni tra politica-magistratura-massoneria.


    (Nel suo studio, l’avvocato Otineb è intento a studiare le carte del processo. Squilla il telefono e…)

    Otineb: Pronto chi è? (continua a parlare al telelefono) Si va bene, io sono nel mio studio. Aspetto qui. Buona sera!

    Bussano alla porta ed entra in scena Tilz.

    Otineb: Chi è?

    Tilz: Ciao carissimo, come va?

    Otineb: (con veloci cenni di mano) Vieni, vieni sbrigati. Siedi ti lì (indica una sedia). Mi ha telefonato proprio ora l’informatore dei Servizi Segreti.

    Tilz: Che succede?

    Otineb: Mi ha solo detto che deve parlarmi personalmente. Non so ancora. Sta per arrivare perché chiamava da un telefono pubblico qui vicino.

    (suona il campanello)

    Tilz: Eccolo. (si alza dalla sedia) Vado ad aprire.

    Otineb: Si fai!

    Tilz: Buonasera. Avanti, prego!

    Inform.: Buonasera a tutti.

    Otineb: Buonasera! Allora novità?

    Inform.: Novità? (con gioia) Non potete nemmeno immaginare cosa vi ho combinato.

    Tilz: Che è successo? Dicci!

    Inform.: Avvocato, la vuoi una bella notizia?

    Otineb: Che succede, dimmi?

    Tilz: Per l’amor di Dio non tenerci sulle spine, parla.

    Inform.: Vi avevo promesso che avrei cercato di intercettare le conversazioni che avvenivano nel palazzo della magistratura.

    Otineb: (sempre più ansioso) Si, dunque. Dicci, dicci!

    Inform.: Mi sono fatto aiutare da un amico ed oltre alle telefonate ho potuto registrare anche i colloqui fra l’Accusatore ed il Magistrato che progettavano come incastrare Mast, Mild e Cedu. A volte era presente anche l’avv.d’ufficio.

    Tilz: Addirittura! (con sdegno) Quel bastardo faceva il loro gioco?

    Inform.: Proprio così. Lui (riferito all’avvocato) avrebbe fatto scadere tutti i termini ed i nostri tre imputati sarebbero stati dimenticati in galera per il resto della loro vita.

    Tilz: Bastardo!

    Otineb: Cosa c’è in questa cassetta?

    Inform.: Qui c’è il bello. Leggi questo foglio. Ho sbobinato tutte le conversazioni (porge il foglio ad Otineb e Tilz che leggono attentamente per qualche secondo)

    Otineb: (sconvolto) Non posso crederci. Qui c’è una profonda collusione. Guarda, guarda qui (rivolto a Tilz). Questo è il capo della loggia massonica riconosciuta di Firenze.

    Tilz: Ma c’è di mezzo anche il Ministro dell’Interno. Guarda qua, anche il Presidente del Consiglio…

    Inform.: Non solo (con un atteggiamento di soddisfazione), guardate a pagina sette. C’è anche il Ministro della Difesa che chiede la condanna per Cedu, Mast e Mild a nome del Governo.

    Tilz: Quindi questa enorme congiura è stata ordita da tutto l’apparato statale.

    Otineb: Gran lavoro, davvero. Questa volta rivoluzioniamo tutto. (sbatte le carte sulla scrivania) Ora dobbiamo organizzare bene il lavoro.

    Inform.: Vi raccomando cautela.

    Otineb: Ne avremo sicuramente; questa volta però abbiamo messo in scacco il mondo intero.

    Tilz: Ma vi rendete conto che pur di distruggere noi e la nostra visione sola re della vita, si erano mossi politici, ministri, massoneria e governo. Collusioni su collusioni, prove false. Testimonianze di mafiosi dettate dai magistrati. Ma in che mondo viviamo?

    Inform.: E’ uno schifo lo so!

    Tilz: Non lo dico solo per questo! Ma la nostra visione positiva della vita, dove va a finire. Con quale coraggio metto al mondo un figlio sapendo di doverlo far crescere in una società del genere.

    Otineb: Non essere così pessimista, Tilz. Vedrai che stavolta vinceremo noi.

    Tilz: Si, è probabile. Ma sono rimasto disgustato lo stesso. Ma vi rendete conto? Un intero processo viziato dai poteri forti e dalla politica. Loro non volevano perdere gli squallidi privilegi che si sono accaparrati e per questo ci hanno dichiarato guerra. Senza remore. Ma come possono dormire tranquilli la sera. Sapevano che stavano facendo qualcosa di bestiale e pure proseguivano. E’ allucinante.

    Otineb: Lo è per te. Lo è per noi che abbiamo una coscienza. Di certo non lo è per chi la parola coscienza non sa neppure cosa significhi.

    Inform.: Certo che riflettendoci. Io faccio un lavoro che mi porta poco a pensare. Lo faccio e basta. Però, davvero. (scotendo la testa) Questa volta, signori miei, mi ha smosso lo stomaco tutto ciò. Non ci avevo mai pensato prima. Ma in che mondo viviamo? C’è gente che pur di non cedere un bene materiale è disposta a passarti sopra col carro armato.

    Otineb: Purtroppo è così. Sono sempre esistiti i mediocri materialisti. E purtroppo i mediocri, in quanto tali, hanno sempre avuto la presunzione di poter comandare loro sugli altri.

    Tilz: (con voce rotta dalla rabbia) No, qui non è solo colpa della mediocrità. Qui c’è la delinquenza allo stato puro. E’ mai possibile che chi compie così tanto male non si sia mai fermato un attimo. Un attimo dico. Un attimo. Non si sia mai chiesto. (si agita molto muovendosi nervosamente) Ma che sto facendo? A che pro? A cosa serve tutto ciò?

    Otineb: E’ inutile che ti dimeni l’anima, Tilz. Sai bene in che mondo viviamo. E’ inutile parlarne. (dopo una breve pausa di silenzio) Torniamo al ragionamento che facevamo prima. Esiste la mediocrità e purtroppo la mediocrità coinvolge la stragrande maggioranza delle persone. Non esistono periodi migliori o peggiori. Semplicemente esistono periodi in cui l’uomo è economicamente più in grado di acquistare dei beni materiali , e periodi in cui, invece, si fa la fame. Ma non è che nei periodi di fame nera gli uomini siano migliori di quelli di oggi. Solo che sono costretti a pensare al necessario mettendo da parte il superfluo.

    Inform.: Si, anche io credo che sia giusto ciò che sta dicendo. La mediocrità esisterà sempre perché l’uomo medio, nel suo profondo, è miope ed egoista. Quindi i periodi di sofferenza lo rafforzano mentre il benessere lo riduce ad animale dissoluto.

    Otineb: Certo! Nei periodi di carestia questa mediocrità è celata dall’istinto di sopravvivenza. Dunque l’umanità sembra legata a dei valori, diciamo, più positivi. Ma è solo un’impressione. Il fatto drammatico è che l’uomo non riesce a controllare gli eventi positivi. Per assurdo funzionano più correttamente le società in crisi economica rispetto alle società opulente. Il male ed il bene sono concetti che tutti gli uomini hanno chiari nel proprio interno. Il potere d’acquisto condiziona l’uomo mediocre facendogli credere che tutto sia commerciabile, anche il bene. Così, però, per nostra fortuna non è.

    Tilz: (affranto) Non so più cosa dire. Sono contento perché questa registrazione ci permetterà di chiudere il caso per sempre. Ma sono deluso dall’uomo. Dall’uomo comune. Che schifo! Quante porcherie!

    Otineb: (animandosi con passione) Questo rafforza ancora di più la nostra teoria. La democrazia è un grande male perché permette alla mediocrità di stabilire chi deve esercitare l’autorità. La democrazia conferisce all’inferiore di decidere il superiore. E’ un assurdo (gesticola). E’ come dire che dal negativo possa nascere il positivo oppure dal male il bene.

    Inform.: (quasi assente) Mamma mia. Quanto schifo c’è in giro!

    Otineb: Animo camerati. Questo ci serva da insegnamento. Per questo le masse devono essere guidate. Chi governa, così come scrisse il buon Platone, deve possedere una conoscenza, una spiritualità ed una moralità superiore. Da qui. Proprio da qui bisogna ripartire per rifondare l’Occidente.

    Tilz: (sconsolato) Combattere ancora per quanto? Quando vinceremo?

    Otineb: Presto se ci mettiamo subito al lavoro. Riapriamo tutti i contatti con le ex colonne della nostra comunità. Riorganizziamo tutto il movimento. Organizziamo una riunione urgentissima per dopodomani. (alzando le braccia al cielo) E’ iniziata la nostra rivoluzione.

    Inform.: Cosa posso fare?

    Otineb: Consegna questa cassetta al quotidiano locale. Poi manda tre copie alle tv nazionali. Entro stasera tutto questo diventerà un gran caso politico. La massoneria, il governo ed i poteri forti saranno in ginocchio. Abbiamo vinto la partita. Le immagini che hai registrato, del colloquio tra Basirei e l’Accusatore, inviale subito alle tv straniere. Dobbiamo fare le cose in grande. Stasera tutto il mondo saprà che l’Italia è stata coperta di merda.

    Tilz: Già mi sento meglio.

    Otineb: Forza che entro breve si chiuderà il processo e finalmente potremo avere la possibilità di vivere in un mondo diverso. Se riuscissimo ad organizzare uno stato organico, così come sogniamo da tempo mi potrò ritenere assolutamente soddisfatto e realizzato.

    Tilz: (in tono timoroso) Ce la faremo?

    Otineb: Voglio sperarci!

    Inform.: Si, ce la faremo. Tornerò anch’io a fare politica per il mio paese.

    Tilz: Mettiamoci a lavoro!

    Inform.: Bene, io vado ad eseguire ciò che mi avete chiesto. Ci sentiamo stasera.

    Tilz e Otineb: A stasera. Ciao!

    Esce di scena l’informatore.

    Otineb: Forza Tilz. Ti vedo preoccupato.

    Tilz: Non preoccupato ma abbattuto. Comunque, cerco di reagire.

    Otineb: Ti rendi conto che abbiamo fatto? Abbiamo smascherato una porcheria internazionale. Collusioni tra massoneria italiana e francese, intrallazzi tra politica e magistratura. Stavolta facciamo il botto.

    Tilz: Lo voglio sperare. (scuro in volto) Comunque mi vado a mettere a lavoro. Contatterò tutti così come mi avevi richiesto. Non vedo l’ora che arrivi stasera. Voglio accendere la televisione e vedere cosa succede.

    (si ode un rumore dall’esterno. Bussano alla porta)

    Otineb: Chi è?

    Inform.: Sono io, l’informatore, aprite!

    Otineb: Che succede?

    Tilz: (parlando sottovoce) Sono trascorsi solo pochi minuti da quando se ne è andato…

    Otineb: Parola d’ordine?

    Inform.: Ben 431!

    Tilz: E’ lui, apri!

    Otineb va ad aprire…

    Inform.: (salta ed alza le braccia al cielo gridando) Vittoriaaaaaaaaaa! Ci sono telegiornali speciali su tutte le reti. Nel giro di trenta minuti sono riuscito a far scoppiare un caso. E’ bastato informare un’agenzia di stampa ed ecco il bum, bum, bum. Le televisioni sono impazzite…

    Otineb: (stralunato) Non ci posso credere! Tutto così in fretta! Ma è stupendo!!!

    Tilz: (euforico) Siiiii! Corro a casa ad accendere la tv.

    Otineb: Vengo anch’io. Grande, grande (abbraccia l’informatore)! (rivolto all’Informatore) Vieni con noi a gustarti il tracollo dell’Italia?

    Inform.: No grazie, vorrei passare prima ad avvisare un mio amico giornalista. Poi vado a completare il mio lavoro. Ci vediamo più tardi. Ciao.

    Tilz e Otineb: Ciao, ciao, carissimo.


    Escono tutti e tre di scena.



    (scena seconda)


    E’ indetta una conferenza stampa tenuta dal Commissario speciale del Tribunale. Sono presenti vari giornalisti.

    Commissario speciale del Tribunale: (entra in scena da una porta laterale e si siede dietro il tavolo accompagnato da un segretario che gli porge la borsa con i documenti) Buona sera a tutti voi! (rivolto ai giornalisti)

    I° giornalista: Presidente come commenta i gravi fatti avvenuti. Prenderà dei provvedimenti immediati oppure attenderà decisioni del Presidente della Repubblica?

    Commissario speciale del Tribunale: Ciò che è avvenuto è di una gravità inaudita. Vi sono state forti collusioni fra i vari poteri dello stato che non possono in alcun modo essere tollerate. Ancor più intollerabile è stata l’ingerenza della Massoneria che ha manovrato i fili dell’intera vicenda. E’ una vergogna per l’Italia e per il nostro popolo.

    II° giornalista: Allora prenderà provvedimenti disciplinari oppure no? Il governo si dimetterà al completo?

    Commissario speciale del Tribunale: Per quanto riguarda i provvedimenti disciplinari, domani stesso ascolterò il Presidente del Tribunale e deciderò, poi,cosa fare. In merito all’eventuale dimissione dell’intero governo, non so cosa dirvi. Sono in stretto contatto con il Presidente della Repubblica Italiana al quale ho prestato giuramento. La situazione è assolutamente grave in quanto molti funzionari e tre quarti del parlamento si sono dimessi. Prendere ora una decisione è assolutamente difficile. Comunque il processo verrà aggiornato a breve. Naturalmente la corte ed il Magistrato saranno diversi. Si ricomincerà dall’inizio!

    II° giornalista: L’Accusatore rimarrà lo stesso?

    Commissario speciale del Tribunale: Naturalmente no! Non vedo come potrebbe; dopo aver commesso dei fatti così gravi, non potrà di certo sostenere ancora l’accusa.

    III° giornalista: Ritiene che siano non colpevoli i tre imputati?

    Commissario speciale del Tribunale: Beh, le immagini e le registrazioni parlano da sole. Già con le precedenti prove false vi erano dubbi sulla loro colpevolezza; non credo proprio, alla luce di quanto è avvenuto, che possano essere condannati. Comunque non spetta a me decidere.

    I° giornalista: Che futuro attende i vari personaggi corrotti di questa vicenda?

    Commissario speciale del Tribunale: Non so cosa dire. Non so nulla di loro. Credo che il Presidente della Repubblica agirà seguendo il regolamento!

    Giornalisti in coro: Dunque cosa accadrà!

    Commissario speciale del Tribunale: (cauto) Molto probabilmente credo che si aprirà un processo che li vedrà imputati. Però, ripeto, non sta a me decidere le loro sorti.

    II° giornalista: Ed i politici?

    Commissario speciale del Tribunale: Ma! Mi sembra che si siano dimessi tutti coloro che erano coinvolti in questa brutta storia, tranne quelli che sono al governo. Presumo che per loro la parabola politica sia assolutamente discendente.

    I° giornalista: Verranno indette nuove elezioni?

    Commissario speciale del Tribunale: Non spetta a me decidere ciò. Questo è compito del Capo dello Stato. Certo è che senza tre quarti del parlamento il ricorso alle urne sarà inevitabile.

    II° giornalista: Quando verrà ricelebrato il processo?

    Commissario speciale del Tribunale: Stasera stessa parlerò con il nuovo Giudice. Credo che fra domani o dopodomani potrà essere istruito il nuovo processo. Ora mi dispiace ma devo andare non posso più trattenermi. Buonasera.

    Tutti i giornalisti inseguono il Commissario, per porgergli altre domande. Escono tutti di scena.







    (scena terza)

    Apertura del processo con assoluzione

    (Nell’aula del processo sono presenti Otineb, Tilz, i tre imputati, il nuovo accusatore ed una nuova giuria con un nuovo Magistrato.)

    Magistrato: Dichiaro aperto il processo. Come sapete, sono stato incaricato, dal Presidente straordinario del Tribunale, di portare a termine questo processo visti i gravi fatti di cui si era reso complice il mio predecessore. Oltre a me, l’intera giuria è stata modificata. L’accusa è stata assunta dall’avvocato Facci che sostituisce il precedente Accusatore. Considerati gli atti del processo la giuria ritiene di poter esprimere un verdetto senza il bisogno di ulteriori deposizioni. Pertanto cedo la parola all’accusa per la richiesta di un’eventuale condanna e per la conclusione del processo.

    Accusatore Facci: Presidente, signori della giuria! Considerati gli atti processuali, sentiti gli imputati e considerata la posizione del test dell’accusa, come inattendibile; chiedo, alla signoria vostra ed alla giuria, di cui siete il Presidente, di prosciogliere i tre imputati Mast, Mild e Cedu perché il fatto non sussiste. Inoltre chiedo che venga disposto l’immediato reintegro dei tre imputati nella vita sociale riconsegnandoli alla dignità di cittadini liberi.

    (applausi in aula)

    Magistrato: (suonando il campanellino) Silenzio per favore! La parola alla difesa.

    Otineb: Signor Presidente, signori della corte. Non credo si debba aggiungere nessun pensiero al ragionamento effettuato dal Pubblico Ministero. Una sola cosa mi si permetta. L’assoluzione questa volta non basta. Mast, Mild e Cedu, oltre ad essere stati limitati della loro libertà personale, sono stati, cosa ancor più grave, impediti nella loro azione politica. Sin dal primo momento era stato chiaro a tutti che questo processo non era giudiziario. O, almeno, non solo giudiziario. Questo processo, signor Presidente, era, è, e rimarrà sempre un vergognoso processo politico. Una vergogna di cui l’umanità dovrà per sempre ricordarsi. L’Italia, la culla del diritto, la madre di ogni cultura giuridica, ha compiuto un abominevole inganno ai danni di tre suoi cittadini. Dunque, come dicevo si tratta di processo esclusivamente politico. A noi non basta un assoluzione giuridica. Questa sarebbe sufficiente se il processo fosse stato, sin dall’inizio, giuridico. Ma un processo politico ha bisogno di un’assoluzione politica; ha bisogno di reintegrare la comunità nella politica ed ha bisogno di elevare il pensiero nazionalpopolare a dignità di pensiero politico. Solo se così sarà, Presidente e signori della corte, potremo allora affermare che qualcosa è cambiato. Solo se così sarà potremo dire che è valso a qualcosa questo tremendo sacrificio al quale sono stati costretti ad immolarsi i miei tre assistiti. Solo se così sarà potremo affermare che qualcosa, nel mondo, va cambiando. Non cercano, non cerchiamo, né vendetta né rivalsa. Vogliamo solamente uscire da quest’aula a testa alta consapevoli di essere rimasti vittima di un tremendo disegno figlio di una mentalità bieca, figlia e frutto della storicizzazione dell’uomo e della materialità. Abbiamo una visione troppo alta della vita per considerare come degli uomini chi ci ha fatto così tanto male. Dio, nel giorno del giudizio, deciderà cosa farne di questi personaggi di bassissimo livello morale. A noi interessa ora la giustizia terrena. Certi, come siamo, di essere a posto con quella divina. Grazie.

    (dalla platea si eleva un fortissimo applauso e grida di gioia)

    Magistrato: Invito tutti a fare un pò più di silenzio, grazie! (si calmano gli animi dei presenti). Considerate le relazioni finali la corte si ritira in camera di consiglio per deliberare. Fra cinque minuti leggeremo la sentenza.

    (esce di scena la Giuria ed il Magistrato)

    Dopo un breve attimo di silenzio…

    Otineb: (rivolto verso il pubblico) Avete sentito miei signori? (inizia a gesticolare e ad infervorarsi) Si, si, dico proprio a voi (indica la platea con il dito). A voi della prima fila, a voi delle file centrali ed a voi giù in fondo. A tutti voi! Voi che, volenti o nolenti, fate parte della nostra commedia. Avete sentito cosa accade a chi non vive il bene? Non lamentiamoci, poi, se la società è malata e le cose non vanno come invece dovrebbero! Se qualcosa non va, che facciamo? Mettiamo la testa sotto la sabbia, come gli struzzi, pur di non vedere? Cambiamo tutto ciò che non va! E noi, qui sul palcoscenico cosa abbiamo rappresentato quest’oggi? Null’altro che quanto è già avvenuto e null’altro di quanto dovrà ancora accadere. Ma a voi, a voi, si! A voi, uomini liberi, se ancora lo siete! A voi voglio dire: guardatevi nel profondo dell’anima; analizzate cosa è bene e cosa, invece, è male e troverete, a quel punto, la soluzione ai tristi eventi eterni dell’umanità. Se non farete ciò, se non sarete capaci di guardarvi dentro cercando soluzioni che non siano esclusivamente materiali, non lamentatevi. A quel punto la società sarà corrotta perché voi la volete così. Politici corrotti, giustizia malata, società allo sfascio. E’ ciò che ci siamo cercati! E’ ciò che vi siete cercati! Non lamentatevi. (gridando sempre più) Questa è la società che volete! Questa è la società che abbiamo perché nessuno di voi, qui oggi, ha il coraggio di combatterla. Vergognaaaaaaa! Il vostro silenzio è il profondo rumore dell’indifferenza che si avverte sempre più nell’uomo economico. Ora non c’è più salvezza per voi. L’Occidente è crollato e le sue rovine trascineranno anche voi!

    (si abbassano per un brevissimo momento le luci accompagnate da un triste e melodico suono)

    (suona un campanellino; rientra la corte)

    Magistrato: In nome del popolo italiano, considerati i gravi fatti processuali sopravvenuti, considerata l’insussistenza delle prove presentata, considerata l’inattendibilità totale degli accusatori, la corte assolve gli imputati perché il fatto non sussiste. Così è deciso, l’udienza è tolta!

    (applausi da parte di tutti i presenti nell’aula giudiziaria. Abbracci e grida tra Otineb, Mast, Mild e Cedu)

    (suona un altro campanellino, Mast fa cenno di voler parlare; zittiscono tutti)

    Mast al centro del palcoscenico rivolto al pubblico…

    Mast: Ed ora? Guardatevi! Siete felici? Tutto è finito bene e la vostra coscienza è a posto. Li vedo i vostri sguardi soddisfatti, il vostro viso sorridente, la vostra povera testolina che starà pensando sicuramente, e dirà fra sé: bravo Mast, hai vinto. Ha vinto il bene. (breve pausa di silenzio) Tutto questo mi manda il sangue al cervello e mi fa arrabbiare tremendamente. Voi, uomini schifosi ed inutili, mi fate arrabbiare. Non avreste mosso un dito se ci avessero condannato. Anzi, vi sareste accodati, così come fate sempre, al carro dei vincitori, gridando: in galera assassini, in galera. Questa è la vostra squallida vita. Uomini moderni, grigi e senza spessore morale. Guardatevi, vermiciattoli schiacciati dai mezzi di informazione. Larve senza cervello che prendono a prestito il pensiero di altri. Siete solo dei mezzi uomini, voi borghesucci da quattro soldi, conformisti e qualunquisti. Basta che non sia intaccato il vostro onorabile nome, tutto il resto è niente. Vergogna, vergogna. Il vostro silenzio ha permesso l’esistenza di teoremi assurdi. Il vostro silenzio permetterà ancora, mille volte mille, al potere di schiacciare qualunque dissidenza. E voi sarete lì, zitti come sempre, a racimolare le briciole di una ricchezza apparente che non vi colmerà il profondo vuoto della vostra anima. Quanti soprusi ancora dovrete far patire ai non allineati? Quante torture ancora? Avete dimenticato già? Eh, avete dimenticato? Ve lo ricordo io! Piazza Fontana, Brescia, la Stazione di Bologna, Ustica e la persecuzione politica dei cosiddetti “neri” rivoluzionari. Tutte fandonie!! E voi, dove eravate? Adesso si! Applaudite, battete le mani, perché io ho vinto, perché noi (rivolto a Mild e Cedu) abbiamo vinto. Ma prima dove eravate? Quando i nostri fratelli finirono in carcere per reati commessi dai Servizi Segreti in favore del governo, voi dove eravate? Quando ci arrestarono perché denunciammo gli schifosi intrallazzi della Massoneria e del potere contro il nostro popolo, voi dove eravate? Noi cercammo di proteggervi dalle grinfie dei poteri forti e per tutta risposta ci vedemmo traditi da voi, sporchi miserabili! Ci abbandonaste! Non c’era nessuno a battere le mani per noi, lì! Ci sputarono in faccia, costruirono assurde prove, e voi? Voi non c’eravate! Vigliacchi, vigliacchi! Voi non c’eravate. Applaudite ora solo perché ci hanno assolti. Ma voi applaudite sempre chi vince, voi vermi schifosi, siete sempre tra i vincitori. Se ci avessero condannato, se tutte quelle false prove ci fossero costate la galera, voi avreste battuto comunque le mani alla grandezza dello stato. Bravi i magistrati corrotti, bravi i politici! E noi, intanto, a marcire in galera. Con buona pace dell’anima vostra. Apriteli questi occhi. Apriteli una volta per tutte. Non potete continuare a fidarvi solo di chi vi prospetta il raggiungimento di un misero bene materiale. Pensate oltre. Andate oltre! (breve pausa) E’ buffo non credete? Ora siete tutti qua a battere le mani a tre persone che hanno fatto della spiritualità politica un esempio di vita e gridate contro i politici corrotti. Ma, mi viene da pensare. Ma chi li ha votati questi politici corrotti! Come mai, cambiano i governi, mutano i parlamenti, si alternano gli uomini e tutti coloro che si trovano ad amministrare la cosa pubblica diventano, inesorabilmente corrotti? Ve lo dico io il perché? Ve lo dico io, gente smidollata e servile. La soluzione la si trova nella società. Se la società è corrotta, i politici, che sono i rappresentanti del popolo, non possono che essere corrotti. Se voi, uomini servi e privi di morale, andate a votare scegliete un corrotto. E perché lo fate? Perché siete corrotti anche voi. Perché sperate che vi possa aiutare a raggiungere un determinato bene materiale più in fretta. Oppure perché vi potrà aiutare a fregare il vostro vicino, il vostro compaesano o un vostro connazionale. E voi siete felici così! Anzi, se vi dovesse ricapitare, lo rivolterete anche. (breve pausa di silenzio) Dunque, basta! Bastaaaaaaaaa! Non vogliamo avere più nulla a che fare con voi. Non siete degni di rappresentare il popolo della società organica che desideriamo realizzare. Siete solo carne da macello pronta ad approfittare degli altri pur di ottenere uno squallidissimo vantaggio. Vergogna, non ho più nulla da dirvi. Vergogna! Il mondo degli uomini non è per noi. Ora ci osannate, ma domani potreste condannarci.

    Voce fuori campo: Mast, sorridi. La commedia è finita! Abbiamo vinto! Il fatto non sussiste!



    Squilli di tromba. Si spengono le luci. Si chiude il sipario

  5. #5
    Enclave MUSSOLINISTA
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