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  1. #1
    po sa Repùbrica de Sardigna
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    Post Sardegna del Littorio:il discorso di Montanaru a Pietro Badoglio

    Articolo pubblicato dalla rivista bilingue "Làcanas", fondata e diretta da Paolo Pillonca

    Anno III,numero 12,I/2005

    -------------------------------------------------------------------------------

    UNA PICCOLA CRONACA DI SESSANTOTTO ANNI FA A DESULO

    Sardegna del Littorio: il discorso di Montanaru a Pietro Badoglio

    Ecco il testo del discorso pronunciato dal podestà di Desulo, il poeta Antioco Casula noto Montanaru,in occasione della visita del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio nel paese del Gennargentu il 21 maggio del 1937(i puntini di sospensione sono dovuti a lacune nel dattiloscritto dell’autore,conservato negli archivi del comune di Desulo e in qualche altro archivio privato).

    Glorioso Duca,
    L’eroico Generale Achille Martelli,Medaglia d’oro,che regge le sorti della nostra Provincia,con l’ardore di un neofita e la fede di un apostolo,ha voluto accompagnarvi quassù,fra queste chiostra di belle montagne,ove ancora si conservano,assieme alla bellezza del costume,quelle fiere tradizioni di ospitalità e di amicizia che sono vanto e distinzioni di sarda Gente.
    Nell’accompagnarvi ha forse pensato che qui vive e si agita lo Spirito di un poeta che ha cantato e lenito i dolori del suo popolo,esaltandone le virtù e la forza. E mai come oggi ho chiesto a Dio la grazia di far fluire nel mio spirito,come un torrente divino,l’Epopea di Omero,gli inni alati di Pindaro o la gravità di un carme di Orazio,per glorificarvi degnamente col canto.
    Vorrei avere in quest’ora,in cui a me tocca il raro ed ambito privilegio di salutarvi a nome di Desulo,lo spirito puro e la freschezza immaginosa degli antichi Aedi,che sapevano con meravigliosa e ingenua espressione fondere le voci della Natura con quella dello Spirito,per trarre dagli alvei dei fiumi la voce scrosciante delle acque e dalle ritorte bucine(sic!)dei monti il mormorio possente dei venti,onde comporvi una canzone di gesta,o Grande Pietro Badoglio!Ripetere ad ogni strofa ,in un canto di Epopea,il vostro nome che risuona nei nostri cuori come il fragore di un ciclopico maglio che batta sulla ferrea incude o lo squillo di bronzea campana,che chiami a raccolta popoli ed eserciti per spingerli nelle loro avanzate fatali. Quando il Duce sempre Veggente e Previdente interpretando ancora una volta l’unanime sentimento degl’italiani, Vi destinò al Comando della Grande Impresa Africana, tutti sentimmo con matematica certezza, che il valoroso Esp………………………………………………………………………………………………….
    Così cadde la munitissima Amba Aradam, e lo spaventoso Tambien fu purgato dalla barbarie abissina. Sulle rive del lago Ascianghi si concluse la vostra fulminea e napoleonica manovra.
    Tafari vi aveva concentrato la sua famosa guardia imperiale che Voi disperdeste come uno stormo di passerotti sotto l’impeto vittorioso delle aquile romane. Quale sarà il poeta che un giorno canterà la Vostra marcia leggendaria? Attraverso un terreno immenso,senza strade, pieno di dislivelli; accidentato,impantanato dal fango, corso da lunghi fiumi,sotto l’insidia nemica, Voi avanzaste con un intero esercito senza perdere un uomo, senza sostare un giorno, per giungere, quasi per forza di magia, ad Addis Abeba, fiore dell’Etiopia colto dalle vostre mani. Dopo il crudo inverno era venuta per noi la grande smagliante sospirata primavera. Oh notte aulente di maggio, chi potrà dimenticarti? Beato chi ti visse nella tua vasta profondità!
    Grappoli di stelle pendevano dal cielo come ghirlande preparate per la festa imminente. Tutte le nostre strade erano diventate come un foro. Gli anziani immobili appoggiati ai muri sembravano antiche cariatidi di bronzo mentre i giovani nel centro delle strade scalpitavano impazienti come puledri usi al corso, e le donne stavano in gruppi separati,vigilanti e belle come vestali. Anche i pargoli che tenevano in braccio tendevano in alto le manine lievi; come ali di farfalle notturne quasi a ghermire la grande ora che stava per scoccare.
    Ad un tratto,nel silenzio, tuonò la ben nota voce: il Maresciallo Badoglio mi telegrafa…Un clamore immenso si levò dai nostri petti e gli occhi si bagnarono di lacrime.
    E Voi Duca foste benedetto assieme al Duce in un momento di passione sovrana. Dall’Ara di Vesta il fuoco mai spento,illuminò di nuovo i colli fatali sorti per l’impero. E pensammo al Conquistatore dell’Impero ,a Voi lontano ma così vicino ai nostri cuori riconoscenti. E desiderammo con struggente amore di conoscerVi, di cercarVi in pellegrinaggio devoto, come mai gli antichi Greci andarono a Delfo.
    Ma il miracolo sognato in quell’ora Voi l’avete compiuto oggi con generosa umana semplicità venendo quassù a vederci e confortarci. Voi il Grande Condottiero di eserciti siete passato umile e sorridente in mezzo all’umile Gente nostra. Avete al nostro contatto offerta la vostra Persona glorificata da tanta guerriera fatica. CHE SIATE VOI BENEDETTO!
    I nostri Vecchi potranno dire come l’antico Simeone: Ora possiamo chiudere gli occhi in pace perché si è offerto a noi questo memorabile giorno!
    I nostri Balilla cresceranno fieri del Crisma che Voi avete dato col vostro largo e paterno sorriso. Tutto questo Popolo eternerà con la memoria e con le Opere il premio che gli avete serbato. E questo Popolo che ha dato alla grande Guerra settantaquattro morti e riversa ogni anno nelle scuole settecento fanciulli, può con fiducia guardare all’avvenire!
    Tanta Balda Giovinezza prepara sulla grandezza d’oggi un più grande domani. E da queste gole, se l’ora giunga, scenderanno con la furia dei torrenti montani i nostri manipoli, per andare lieti a morire e farsi massacrare purché salga sempre in alto rispettata, temuta ed ingrandita, la PATRIA IMMORTALE!

  2. #2
    Acer monspessulanum L.
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    arrori mannu, unu ki ligit una cosa de aici no arrennescit mancu a nai nudda.
    puru ki poneus sa "prospetiva" stòriga....

    Custu po s'Istadu Italianu fiat cosa normali, ki castiaus in sa Primu Gherra Mòndiali, sa Sardinnya e totu at tènniu sa maioria de mortus, meda de prus in pocentuali arrispetu a s'Itàlia.
    No si podint ponni a canta sa densidadi de popolatzioni in Sardinnya e cussa de s'Itàlia, esti craru ca in Itàlia sa densidadi esti prus manna perou a s'acabu funti mortus prus sardus!
    Duncas ki d'at gherrada sa Primu Gherra Mòndiali? Is trupas colonialis o s'armada italiana????
    Di fatis sa bandera italiana ki anti sbentullau in Trieste candu anti bintu sa gherra d'ant arregalada a is sardus e da tenint in su Casteddu de Seddori! (da podianta fuliai puru)
    Tanta Balda Giovinezza prepara sulla grandezza d’oggi un più grande domani. E da queste gole, se l’ora giunga, scenderanno con la furia dei torrenti montani i nostri manipoli, per andare lieti a morire e farsi massacrare purché salga sempre in alto rispettata, temuta ed ingrandita, la PATRIA IMMORTALE!
    arroddu pighit!
    de tota custa cosa si ndi depint arregordai is de su PSD'AZ!
    Sa Monarkia Italiana, su Fascismu e s'Arrepùbrica Italiana anti portau su pròpriu arresultau.

  3. #3
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    su post innoi asuba esti meu, de ARROGALLA (Taniei fiat in domu mia e no esti bessiu de POL)
    pardon!!!!

  4. #4

  5. #5
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    Predefinito

    ..sa cosa maba esti che ist'tempusu funti cambiausu,ma is'politticusu sadrusu candu beinti cussusu de su continendi po ciccai vottusu, sighinti a donai su cù!zaraccusu

  6. #6
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  7. #7
    Meda sabios paris
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    Predefinito Re: Sardegna del Littorio:il discorso di Montanaru a Pietro Badoglio

    In Origine Postato da Sardo Pellita
    Tanta Balda Giovinezza prepara sulla grandezza d’oggi un più grande domani. E da queste gole, se l’ora giunga, scenderanno con la furia dei torrenti montani i nostri manipoli, per andare lieti a morire e farsi massacrare purché salga sempre in alto rispettata, temuta ed ingrandita, la PATRIA IMMORTALE!

    Itte iskifu, si est seriu......
    Ma lezinde custu ultimu uccone mi faghet a pensare ki Montanaru.... est faghinde ironia...... E isfuttinde su regime italianu cun sa patria faulalza......

  8. #8
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    Predefinito

    Su chi pentzu deu est chi sa faina de un’omini cument’’e Montanaru, me’ in su beni e me’ in su mali, bandit ghettada tot’a unu e no spratzida e bogada a pillu a spitzulus e a bucconis. Medas e difarentis meda s’una de s’atera funtis is pasias de sa vida sua, peleada e malasortada. Paulu Pillonca, cand’hat donau su “placet” po fai imprentai cuss’articulu, beni hiat hai fattu de ammentai puru ca is gerarcas fascistas a Montanaru, in d’un’atera pasia de sa vida sua, no ddu podiant biri e cun s’iscusa arreghesciosa chi dd’hiant bogau -ca nanca fiat totu a unu treu cun is bandius barbarixinus- ‘nci dd’hiant fattu ghettai a presoni puru. Sa beridadi fiat ca su poeta donàt istrobu a su fascismu, sendi issu, Montanaru, impiciau a difendi s’isula e sa limba sua.

    (Ateru contu mi paret chi siat su de sos canes de donzi tempus chi hana mandigadu e mandigana suta de sa mesa, prontus a ‘onare su culu po finas a sos meres chi ‘enin dae foras.)



    TRISTESAS ATONZINAS (poesia de Montanaru)



    Atonzu a sos gianniles de sos montes
    tue torras cun nues iscurosas
    torran sas abbas tristas e ludosas
    a currer'altas sutta de sos pontes.

    S'ingroghini sos buscos, dogn'altura
    est nud'e bestiamine e de zente
    sa terra nostra, su sinu potente
    aberit pro haer s'atera coltura.

    Passan sos boigheddos sardignolos
    in sa terr'aspra cun s'arad'antigu,
    omines serios sémenan su trigu
    in baddes tristas e in montes solos.

    E partin sos pastores. Sa muntagna
    in s'ierru est nemiga a sos pastores,
    chi andan'a sos pianos cun ardores
    e isperos d'achistu in terra istragna.

    Los'accumpagnan canes e teraccos
    e caddos carrigos: trùban sos masones
    a boghes mannas in sos istradones
    imboligados de nieddos saccos.

    Parene Sazerdotes d'Oriente
    de cuddos de s'Antigu Testamentu;
    a Deus fideles andant cun su entu
    e cun s'aba cun coro paziente.

    Cun su coro saludan custu logu
    de su naschier'issoro, cun sas bonas
    massagias bellas chi restan padronas
    de sas domos filende accant'a fogu

    Ma magiu det torrare, magiu mannu
    riccu 'e sole, de olos de nidos,
    den'esser custos logos fioridos
    coment'issos costumana dogn'annu;

    Den torrare a sas serras sos pastores
    a ponner cuiles bellos e umbrosos
    tottu sos coros den'essere isposos
    in noeddos isperos e amores.

    Solu tue non torras o dulzura
    mia prima, pro sempre sun'andadas
    comente 'e fozzas frazigas siccadas
    sas visiones de sa gioventura.

  9. #9
    Sardista primo nemico
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    Fatti non foste a viver come bruti, ma a ricercar vertute e INDIPENDENTZIA
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    Predefinito Re: Sardegna del Littorio:il discorso di Montanaru a Pietro Badoglio

    In Origine Postato da Sardo Pellita
    Articolo pubblicato dalla rivista bilingue "Làcanas", fondata e diretta da Paolo Pillonca

    Anno III,numero 12,I/2005

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    UNA PICCOLA CRONACA DI SESSANTOTTO ANNI FA A DESULO

    Sardegna del Littorio: il discorso di Montanaru a Pietro Badoglio

    Ecco il testo del discorso pronunciato dal podestà di Desulo, il poeta Antioco Casula noto Montanaru,in occasione della visita del maresciallo d’Italia Pietro Badoglio nel paese del Gennargentu il 21 maggio del 1937(i puntini di sospensione sono dovuti a lacune nel dattiloscritto dell’autore,conservato negli archivi del comune di Desulo e in qualche altro archivio privato).

    Glorioso Duca,
    L’eroico Generale Achille Martelli,Medaglia d’oro,che regge le sorti della nostra Provincia,con l’ardore di un neofita e la fede di un apostolo,ha voluto accompagnarvi quassù,fra queste chiostra di belle montagne,ove ancora si conservano,assieme alla bellezza del costume,quelle fiere tradizioni di ospitalità e di amicizia che sono vanto e distinzioni di sarda Gente.
    Nell’accompagnarvi ha forse pensato che qui vive e si agita lo Spirito di un poeta che ha cantato e lenito i dolori del suo popolo,esaltandone le virtù e la forza. E mai come oggi ho chiesto a Dio la grazia di far fluire nel mio spirito,come un torrente divino,l’Epopea di Omero,gli inni alati di Pindaro o la gravità di un carme di Orazio,per glorificarvi degnamente col canto.
    Vorrei avere in quest’ora,in cui a me tocca il raro ed ambito privilegio di salutarvi a nome di Desulo,lo spirito puro e la freschezza immaginosa degli antichi Aedi,che sapevano con meravigliosa e ingenua espressione fondere le voci della Natura con quella dello Spirito,per trarre dagli alvei dei fiumi la voce scrosciante delle acque e dalle ritorte bucine(sic!)dei monti il mormorio possente dei venti,onde comporvi una canzone di gesta,o Grande Pietro Badoglio!Ripetere ad ogni strofa ,in un canto di Epopea,il vostro nome che risuona nei nostri cuori come il fragore di un ciclopico maglio che batta sulla ferrea incude o lo squillo di bronzea campana,che chiami a raccolta popoli ed eserciti per spingerli nelle loro avanzate fatali. Quando il Duce sempre Veggente e Previdente interpretando ancora una volta l’unanime sentimento degl’italiani, Vi destinò al Comando della Grande Impresa Africana, tutti sentimmo con matematica certezza, che il valoroso Esp………………………………………………………………………………………………….
    Così cadde la munitissima Amba Aradam, e lo spaventoso Tambien fu purgato dalla barbarie abissina. Sulle rive del lago Ascianghi si concluse la vostra fulminea e napoleonica manovra.
    Tafari vi aveva concentrato la sua famosa guardia imperiale che Voi disperdeste come uno stormo di passerotti sotto l’impeto vittorioso delle aquile romane. Quale sarà il poeta che un giorno canterà la Vostra marcia leggendaria? Attraverso un terreno immenso,senza strade, pieno di dislivelli; accidentato,impantanato dal fango, corso da lunghi fiumi,sotto l’insidia nemica, Voi avanzaste con un intero esercito senza perdere un uomo, senza sostare un giorno, per giungere, quasi per forza di magia, ad Addis Abeba, fiore dell’Etiopia colto dalle vostre mani. Dopo il crudo inverno era venuta per noi la grande smagliante sospirata primavera. Oh notte aulente di maggio, chi potrà dimenticarti? Beato chi ti visse nella tua vasta profondità!
    Grappoli di stelle pendevano dal cielo come ghirlande preparate per la festa imminente. Tutte le nostre strade erano diventate come un foro. Gli anziani immobili appoggiati ai muri sembravano antiche cariatidi di bronzo mentre i giovani nel centro delle strade scalpitavano impazienti come puledri usi al corso, e le donne stavano in gruppi separati,vigilanti e belle come vestali. Anche i pargoli che tenevano in braccio tendevano in alto le manine lievi; come ali di farfalle notturne quasi a ghermire la grande ora che stava per scoccare.
    Ad un tratto,nel silenzio, tuonò la ben nota voce: il Maresciallo Badoglio mi telegrafa…Un clamore immenso si levò dai nostri petti e gli occhi si bagnarono di lacrime.
    E Voi Duca foste benedetto assieme al Duce in un momento di passione sovrana. Dall’Ara di Vesta il fuoco mai spento,illuminò di nuovo i colli fatali sorti per l’impero. E pensammo al Conquistatore dell’Impero ,a Voi lontano ma così vicino ai nostri cuori riconoscenti. E desiderammo con struggente amore di conoscerVi, di cercarVi in pellegrinaggio devoto, come mai gli antichi Greci andarono a Delfo.
    Ma il miracolo sognato in quell’ora Voi l’avete compiuto oggi con generosa umana semplicità venendo quassù a vederci e confortarci. Voi il Grande Condottiero di eserciti siete passato umile e sorridente in mezzo all’umile Gente nostra. Avete al nostro contatto offerta la vostra Persona glorificata da tanta guerriera fatica. CHE SIATE VOI BENEDETTO!
    I nostri Vecchi potranno dire come l’antico Simeone: Ora possiamo chiudere gli occhi in pace perché si è offerto a noi questo memorabile giorno!
    I nostri Balilla cresceranno fieri del Crisma che Voi avete dato col vostro largo e paterno sorriso. Tutto questo Popolo eternerà con la memoria e con le Opere il premio che gli avete serbato. E questo Popolo che ha dato alla grande Guerra settantaquattro morti e riversa ogni anno nelle scuole settecento fanciulli, può con fiducia guardare all’avvenire!
    Tanta Balda Giovinezza prepara sulla grandezza d’oggi un più grande domani. E da queste gole, se l’ora giunga, scenderanno con la furia dei torrenti montani i nostri manipoli, per andare lieti a morire e farsi massacrare purché salga sempre in alto rispettata, temuta ed ingrandita, la PATRIA IMMORTALE!
    Delle volte è meglio non sapere...
    Sono in crisi, avevo mitizzato montanaru, e questo è un duro colpo...

  10. #10
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    Predefinito Re: Re: Sardegna del Littorio:il discorso di Montanaru a Pietro Badoglio

    In Origine Postato da sardiniae pars
    Delle volte è meglio non sapere...
    Sono in crisi, avevo mitizzato montanaru, e questo è un duro colpo...

    Spero tu non abbia mitizzato un altro grande poeta sardo, Efisio Pintor Sirigu, autore di bellissime poesie ma ... uno dei boia dei moti angioiani.

    Montanaru è senza dubbio un poeta controverso. Forse però, prima di esprimere giudizi, è importante conoscerlo un pò meglio:

    Antioco Casula noto Montanaru
    1878-1957

    Intellettuale barbaricino e maggiore poeta lirico in lingua sarda. Scrisse quattro raccolte di canti: Boghes de Barbagia del 1904, Cantos d'Ennargentu del 1922, Sos Cantos de sa solitudine del 1933, Sa lantia del 1950. Nacque a Desulo, in Barbagia, nel 1878. Frequentate le scuole elementari, fu mandato a Cagliari e a Lanusei per la formazione superiore, esperienze che si rivelarono fallimentari, per il carattere ribelle e insofferente del giovane. Tornato a Desulo per affiancare il padre nella gestione di una modesta attività commerciale, Antioco prese ad alternare le fatiche del lavoro e le scorribande in campagna con la lettura disordinata di romanzi e poesie. Scoprendosi dotato di estro poetico, si cimentò quindi nella stesura di rime amorose, satiriche e religiose, stagliate sullo sfondo della chiusa realtà desulese.
    Con la Guerra d'Africa, nel 1896, partì sotto le armi e, ispirato dalla nuova esperienza, compose inni patriottici e canti di guerra. Rientrato a Desulo, stanco dell'ozio paesano, si arruolò nell'arma dei carabinieri, senza tuttavia abbandonare la poesia. Nella minuscola stazione di Tula, paesino del Monteacuto, compose i suoi primi splendidi canti, ispirati dall'aspro e affascinante paesaggio isolano, dai poveri pastori e dai banditi che egli poteva osservare dal punto di vista privilegiato, e al tempo stesso scomodo, del tutore della legge. I canti furono pubblicati tra la fine dell'800 e gli inizi del '900 nel giornale Piccola Rivista, sotto lo pseudonimo di Montanaru, con notevole successo presso gli intellettuali sardi e della penisola.
    Nel 1905, abbandonata l'arma, potè finalmente dedicarsi anima e corpo alla poesia e alla famiglia; nel contempo fu direttore dell'ufficio postale di Desulo e maestro elementare. Convinto assertore del valore della lingua sarda e dell'importanza del suo insegnamento nelle scuole, fu chiamato nel 1925 a Milano per rappresentare la Sardegna al primo congresso nazionale dei dialetti d'Italia.
    Non mancarono al Montanaru grandi dolori: la morte prematura dei figli e della prima moglie; nel 1928, l'umiliazione del carcere, con l'accusa di legami con i banditi barbaricini, accusa pretestuosa, orchestrata dai gerarchi fascisti che mal tolleravano questa emblematica figura di intellettuale non conformista e soprattutto impegnato nella difesa dell'isola e della sua lingua. Prosciolto e liberato, poté continuare a comporre versi fino alla morte, avvenuta nel 1957.

    Guardate anche cosa scrisse tra le altre cose:

    SARDIGNA
    Innu sardu

    Pesia de MONTANARU

    I

    Est sa terra de Amsicora amada
    Cudda antiga e donosa Cibele
    Ricca 'e ferru de trigu e de mele
    Cun sos fizos signora torrada
    Cun sos fizos signora torrada.
    Cuddu mantu tessidu 'e dolore
    Chi fascadu hat sos nostros antigos
    Lu frundamus de cantos amigos
    Sonet s'aera e de cantos d'amore
    Lu frundamus de cantos amigos
    Sonet s'aera e de cantos d'amore
    Sardos, Sardos! ainoghe sa manu;
    Sardos tottus, ainoghe su coro!
    s'unione s'affettu est tesoro (bis)
    Chi sos babbos chircadu han'invanu

    II

    Amentemus Lenardu Alagone
    Capitanu gentile e potente
    Chi sas armas 'e sa Sarda gente
    Conduiat cun coro 'e leone
    Conduiat cun coro 'e leone
    Contra a tie Aragona ispavarda
    Chi cun forzas majores has bintu
    E a servire cun arte has custrintu
    Custa Mama d'Heroes galiarda.
    E a servire cun arte has custrintu
    Custa Mama d'Heroes galiarda
    Sardos, Sardos! etc...


    III

    Elianora amentamus! sa Dea
    Gherriera de tempos lontanos
    Cand'in sos Sardos ardentes pianos
    Triumfare faghiat Arborea -
    Triumfare faghiat Arborea -
    Como torra a s'attaccu Sardigna
    Cun d'un impetu sanctu e majore
    Preparende a sos fizos s'honore
    De una sorte noedda e benigna
    Preparende a sos fizos s'honore
    De una sorte noedda e benigna.
    Sardos, Sardos! etc...


    O cust’atera:

    A tie! Sardigna

    Sallude Sardigna cara! O terra mia,
    Mamma d’omines fortes, berrittados,
    De pianos e montes desolados,
    De bellas femminas e de poesia.

    Una die che perla ses cumparta
    Subra sos mares ricca d’onzi incantu
    E curreit de te su dulche vantu
    De sa fama, che vela in mar’isparta.

    Fin gigantes sos òmines e sas terras
    Fruttos daian caros che i s’oro,
    E in su mundu non b’aiat coro
    Chi no esset bramadu cuddas serras

    De Gennargentu mannu e de Limbara
    O sas baddes de su Tirsu e Flumendosa.
    E tue che una dea gloriosa
    Subras sas abas risplendias giara.

    Dae tando passein longos annos
    E tue rutta in bassu tantu sese
    Tue lizu de principes e rese,
    Rutta che Cristos sutta sos affannos.

    Ma non t’avviles! Pes’alta sa testa
    Sardigna mia! E mira in altu mira
    Pustis de tantu dolu e de tant’ira
    Est tempus chi pro te puru siet festa.

    Sos buscos tuos ti lo s’han distruttos
    Cun piccones cun serras e istrales,
    Han’ingrassadu sos continentales
    E tue ses restada senza fruttos.

    A tie sempre sos impiegados
    Chi tentu han fama ‘e falsos e ladrones
    Ca sempre han giutu custos berrittones
    Che unu tazzu de boes domados.

    E has pagadu a sa muda donzi tassa
    Populu sardu avvessu a obbedire
    Cun su coro siccadu in su patire,
    Cun su coro siccadu che pabassa!

    Ma coraggiu, coraggiu! Atteros coros
    Oe Sardigna t’animan sas biddas
    Commo su mortu fogu ettet chinchiddas
    Chi altas lughen’in tottu sos oros

    De custu mare ch’ispettat serenu
    Sa tua fortuna; e sied’issa accanta
    Pro te patria mia o terra santa
    Tenta sempre in penuria e in frenu.

    Sos fizzos tuos giovanos e bellos
    Ardimentosos, giaman libertade
    E giustizia e donzi bontade
    Subra d’antigos odios rebellos.

    E issos Patria a tie ti den dare
    Donz’umana potenzia e fortuna
    Gloriosa, comente dat sa luna
    Sa lughe a su serenu tuo mare.

 

 
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