Sei italiani su dieci: è giusto far più controlli sulla «194»

Francesco Cramer

Sei italiani su dieci approvano la proposta di istituire una commissione d'inchiesta per verificare se la legge 194/78 «sull'aborto» è applicata correttamente oppure no. Quattro su dieci, inoltre, ritengono sia troppo facile oggi interrompere la gravidanza non quando vi siano malformazioni o malattie del feto, ma per altri motivi. Addirittura il 27,7 per cento vorrebbe abrogare la legge: il 12,6 per cancellarla definitivamente; il 15,1 per riaprire un dibattito sul tema. Sono questi alcuni dei risultati emersi da un sondaggio effettuato per il Giornale dall'Arnaldo Ferrari Nasi. La società demoscopica ha contattato telefonicamente 431 persone: un campione rappresentativo della società italiana.
Il problema sollevato negli ultimi giorni dall'Udc e sostenuto dagli alleati di governo è un problema delicato e molto sentito. Anche perché il campione degli intervistati ha dimostrato che il più delle volte si abortisce non perché il futuro bebè abbia gravi malformazioni ma per altre ragioni. Tra chi personalmente ha scelto di interrompere la gravidanza o anche solo chi conosce una donna che l'abbia fatto, emerge che ben il 73,4 per cento non ha abortito per problemi legati al feto. Tante possono essere le ragioni: condizioni fisiche o psichiche non ottimali della madre, problemi di ordine sociale e/o economico dei genitori, situazioni contingenti delle più varie. Alla domanda se sia troppo facile con l'attuale legislazione fermare la gestazione, il 40,7 per cento ha risposto di sì. Il 44 per cento ritiene che non lo sia, il 15 non si esprime. Per quanto riguarda i casi di aborto non legati a seri problemi del nascituro, ben il 45,6 per cento degli italiani pensa che la legge dovrebbe imporre limiti maggiori. La maggioranza relativa. Non la vede così, invece, il 41,1 per cento; mentre il 13,1 per cento non ha un'opinione precisa in merito.
Ieri i centristi hanno chiesto alla Commissione Affari sociali della Camera non di mettere in discussione la legge 194, ma di aprire un'inchiesta per verificarne il corretto funzionamento. La stragrande maggioranza degli intervistati è d'accordo: il 62 per cento è favorevole alla proposta della maggiornaza, solo il 25,3 per cento è contrario, mentre il 12,7 non sa o non risponde. La legge attualmente in vigore prende in considerazione i casi di chi decide di abortire non perché vittima di una violenza o perché la madre sia in pericolo di vita o perché il figlio sarà di certo malato, ma per altri motivi. Proprio per questo prevede che le strutture sanitarie e assistenziali debbano contribuire «a far superare le cause che potrebbero indurre la donne all'interruzione della gravidanza». Su questo gli intervistati si sono espressi in maniera netta: il 59 per cento ritiene che le norme siano «giuste». Per il 37,1 per cento la volontà del legislatore di dissuadere questa pratica è «molto giusta», per il 21,9 per cento «abbastanza giusta», per l'11,6 per cento «poco giusta», per il 17,6 per cento «per nulla giusta».
Sempre la legge prevede che le stesse strutture (in genere i consultori) «possano avvalersi (...) della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato», al fine di far superare le cause che potrebbero indurre la donna ad abortire. Anche su questo tema la maggioranza relativa degli intervistati s'è espressa a favore. Per il 40,8 per cento è «molto giusto», per il 26,3 per cento «abbastanza giusto», per il 3,3 per cento «poco giusto» e per il 14,4 per cento «per nulla giusto».
Ma la legge nel suo complesso va bene o no? Alla domanda se fosse opportuno abrogare la 194, la maggioranza (35,6 per cento) ha detto che «no, ma occorre controllare che venga applicata correttamente»; per il 27,7 per cento va invece cambiata. Di questi, il 15,1 per cento la vorrebbe cancellare per riaprire un dibattito sul tema. Va invece bene così per il 26,2 per cento.

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