(ANSA) - ROMA, 24 NOV - Dopo la dichiarazione di Ciampi a
Istanbul di aspirare soltanto a chiudere il suo settennato con
dignità, una questione tra le altre rimane del tutto insoluta:
è impossibile prevedere cosa deciderà il capo dello Stato, fra
qualche settimana, quando si troverà sul tavolo la riforma
elettorale da promulgare. Firmerà? Non firmerà? I pronostici
sono vari e dal Quirinale non filtra alcun segnale nell'uno o
nell'altro senso. Ma una cosa è certa: anche nel caso che le
modifiche introdotte alla Camera su induzione del Quirinale per
risolvere i tre aspetti di dubbia costituzionalità fossero
giudicate soddisfacenti dai tecnici del Colle, il presidente
della Repubblica potrebbe ugualmente valutare la possibilità di
rinviare la legge elettorale alle Camere.
Spulciando i precedenti, si trovano infatti numerosi rinvii
'per motivi ordinamentali", ovvero per obiezioni che non
riguardano l'aspetto della costituzionalità in senso stretto.
C'è perfino un precedente specifico: nel 1991 Francesco Cossiga
chiese alle Camere una nuova deliberazione su una legge che
modificava le norme sulla elezione dei senatori. Lo fece "per
motivi di opportunità costituzionale e di coerenza interna
della legge". Inoltre, fra i casi più significativi e
illuminanti, c'è un precedente storico, di Luigi Einaudi, un
presidente al cui stile Ciampi più volte si è richiamato: nel
1953 rinviò alle Camere una legge che prorogava un soprassoldo
per una categoria di dipendenti pubblici definendo la norma
contraria non alla Costituzione ma al "bene pubblico".
Il messaggio di accompagnamento inviato alle Camere da
Einaudi in quella occasione è un vero trattato di pedagogia
costituzionale. In attesa di norme sulla perequazione
retributiva fra tutti i dipendenti pubblici, scriveva, il
provvedimento "è in sè irrazionale epperò fecondo di
risultati contrari al bene pubblico" e giustificato dal
legislatore con spiegazioni "prive di fondamento".
Nelle sue riflessioni, Einaudi ha spiegato che "è chiaro
che il presidente della Repubblica non è trattenuto da alcun
limite specifico nell'uso della facoltà che l'articolo 74 gli
dà di chiedere una nuova deliberazione prima di promulgare
leggi le quali traggano origine da disegni di legge di
iniziativa parlamentare. Il limite è dato dalla norma generale
costituzionale (articolo 70) in virtù della quale 'la funzione
legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camerè".
Lui personalmente si avvalse del potere di rinvio quattro volte
in tutto.
Diverso il caso di Cossiga, che detiene il primato di 22
rinvii, fra cui una legge sull'obiezione di coscienza che era
stata approvata con larghissima maggioranza (contro aveva votato
solo l'Msi). Ma vediamo l'episodio della legge elettorale del
Senato. Il referendum del 10 giugno 1991, nonostante le
indicazioni di voto di larghi settori della maggioranza
pentapartita, introdusse la preferenza unica nell'elezione della
Camera dei deputati.
Si aprì una fase di turbolenza politica in cui il presidente
della Repubblica inviò un messaggio alle Camere per sollecitare
le riforme istituzionali, ma il presidente del Consiglio
Andreotti rifiutò di controfirmarlo (firmò il vice presidente
Martelli). Il Parlamento approvò invece una riforma elettorale
per eliminare le schede bianche e nulle dal calcolo delle
percentuali dei singoli candidati al Senato. Una modifica
caldeggiata strumentalmente dai referendari di Mario Segni, che
così avrebbero potuto introdurre al Senato il sistema
maggioritario puro per via referendaria: proponendo
semplicemente la cancellazione di alcune parole della legge.
Cossiga studiò la questione e qualche giorno dopo, in pieno
agosto, a Camere chiuse, rinviò la legge, annotando fra
l'altro: "Prevede una mini-riforma elettorale e non si presenta
con i caratteri della organicità". La decisione suscitò
qualche protesta politica (il vicepresiente democristiano del
Senato, Mazzola, considerò l'iniziativa del capo dello Stato
"al limite della costituzionalità, Segni lamentò un dispetto
anti-referendario), ma fu riconosciuta legittima e motivata,
anche da un altro referendario risentito, Marco Pannella.
Ora, di certo, il caso è diverso. Tranne in una cosa: anche
stavolta si tratta di un provvedimento al centro delle
attenzioni politiche e dei calcoli dei partiti. (ANSA).


Secondo voi perché oggi esce un'agenzia del genere?