di Antonio Moscato
Una appassionata discussione ha diviso la sinistra sulla definizione di quello che è accaduto in Spagna tra il 1936 e il 1939. Ci fu solo una guerra popolare contro una sollevazione militare sorretta poderosamente dagli Stati fascisti, o una guerra civile tra spagnoli, uno scontro tra rivoluzione e controrivoluzione? Se il conflitto principale fu tra le sinistre e le forze della reazione, molte contraddizioni si manifestarono all'interno delle forze repubblicane: sulla questione della terra, sul tipo di organizzazione militare, sulle alleanze internazionali, e le divergenze pesarono fortemente soprattutto dopo il primo anno di guerra e nelle fasi successive.
Paradossalmente le forze della sinistra che in quegli anni si scontrarono duramente tra loro, in Spagna ma con notevoli ripercussioni in gran parte del mondo per la presenza tra i combattenti della repubblica di miliziani di tutti i continenti, sono state poi d'accordo nell'attribuire la sconfitta soprattutto alle divisioni interne più che al nemico comune.
Ma il problema ancora oggi è capire le cause, le origini, di quelle divisioni. Se le due correnti che si contrapposero allora (banalizzate spesso riducendo una allo stalinismo, l'altra al "trotskismo", che invece era assai poco presente in Spagna) attribuivano ciascuna all'altra la responsabilità del rafforzamento e poi della vittoria di Franco, e avevano entrambe qualche ragione, oggi non ci basta più questa constatazione. Solo nella visione manichea dello stalinismo (tutt'altro che estinta, anche tra molti di coloro che formalmente negano la loro dipendenza ideologica da esso) la diversità è una colpa, perché c'è una mitologica esaltazione dell'unità come bene supremo e assoluto, e quindi una riduzione di ogni opposizione o dissenso a una "manovra del nemico di classe".
Questa concezione ignora che prima della teorizzazione staliniana del partito unico e del "monolitismo" al suo interno, nel movimento operaio e in ciascuno dei suoi partiti (compreso quel "partito operaio social-democratico russo" all'interno del quale si forma e si cristallizza la frazione bolscevica), sono sempre esistite opinioni diverse, le cui origini possono essere ricondotte a volte a diversi radicamenti sociali, ma anche semplicemente a diverse matrici ideologiche.
Nella sinistra spagnola, paradossalmente, il principale sostenitore dell'unità e demonizzatore di chi la metteva in pericolo, il partito comunista, era estremamente minoritario: nel 1933, quando lanciava assurdamente l'inverosimile proposta di soviet in Spagna, aveva avuto un solo deputato. Il Pce era stato indebolito da continue scissioni ed espulsioni di dirigenti legate alle frequenti svolte del Comintern stalinizzato.
Nel movimento operaio spagnolo c'era prima di tutto un peso schiacciante della corrente anarco-sindacalista che dirigeva il più grande e radicato sindacato, la Cnt (Confederación Nacional del Trabajo). La Cnt non era riducibile semplicemente all'anarchismo, a cui erano legati molti dei suoi dirigenti (organizzati nella Fai, Federación Anarquista Ibérica), ma non la grande maggioranza degli iscritti. Fino alle elezioni del 16 febbraio 1936 la Cnt aveva incoraggiato i suoi aderenti a non partecipare alle elezioni, considerate, non del tutto a torto, manipolate e manipolabili dai notabili, i caciques. Nel 1936 tuttavia la Cnt non aveva fatto l'abituale invito a non votare ed era stata determinante per il successo del Fronte Popolare. Non aveva mutato il suo orientamento di fondo, ma l'unico punto concreto del programma del Fp, l'amnistia per i detenuti politici, l'aveva spinta a impegnarsi. Nel 1933-1934 le carceri si erano riempite di operai e soprattutto contadini, che avevano tentato di lottare in condizioni molto sfavorevoli. I primi anni della repubblica nata nel 1931 erano stati molto duri: l'odiata guardia civil non era stata soppressa, ma affiancata da un nuovo corpo di polizia, le "guardie d'assalto" che le faranno concorrenza sul terreno della repressione.
L'altra forza politica importante, in crescita negli anni Trenta, era il partito socialista (nel 1936 ebbe 99 deputati contro 17 del Pce), con vari leader in aspra polemica tra loro: uno di essi, Francisco Largo Caballero, si era radicalizzato in carcere leggendo per la prima
volta qualche classico marxista, e fu per un certo periodo molto corteggiato dai comunisti che lo chiamavano "il Lenin spagnolo"; nel settembre 1936 era divenuto capo del governo. Nel maggio 1937, tuttavia, aveva rifiutato di sciogliere il Poum (Partido Obrero de Unificación Marxista) e di avallare il processo ai suoi dirigenti, e il Pce lo fece dimettere sostituendolo con un esponente della destra socialista, Juan Negrín, molto più disponibile a subire le pressioni sovietiche (sarà sotto la sua presidenza che verrà trasportato in Urss in gran segreto l'oro della Banca di Spagna).
La terza forza era il Poum, sorto dalla confluenza di un piccolo nucleo di militanti legati all'opposizione internazionale di sinistra ("trotskista") tra cui Andrei Nin, che era stato a Mosca uno dei dirigenti dell'internazionale sindacale, con il più consistente gruppo buchariniano di Maurín. Nel complesso il Poum era tutt'altro che trotskista (Nin aveva rotto con Trotskij già nel 1934 sulla tattica verso il Ps e la Cnt, e la rottura si era aggravata quando era entrato in Catalogna in un governo con i nazionalisti borghesi), ma sarà duramente perseguitato dagli stalinisti, e Nin, assassinato senza processo in una delle prigioni segrete organizzate dalla Nkvd sovietica, fu anche calunniato insinuando che fosse passato dalla parte di Franco.
Queste forze eterogenee si erano trovate insieme nella coalizione di Fronte Popolare che vinse le elezioni del 1936. Le caratteristiche del suo elettorato erano prevalentemente proletarie e urbane, ma la coalizione con partiti inequivocabilmente borghesi assegnò a questi un notevole peso tra i deputati, grazie al meccanismo elettorale tutt'altro che trasparente e democratico, e ancor più tra i ministri della prima fase dello scontro. Ma i partiti borghesi, che avevano tanto peso in parlamento e nel governo, non ne avevano nessuno nel paese: erano espressione di un ceto politico che aveva curato gli interessi della borghesia nei primi anni della repubblica, ma la borghesia in quanto tale era schierata quasi totalmente con i golpisti.
Per giunta, se il meccanismo elettorale aveva assicurato al Fp 278 deputati contro 134 delle destre e 55 dei centristi di Alejandro Lerroux (il centrista anticlericale che aveva governato ferocemente la Spagna durante il "Biennio nero"), nella realtà i rapporti di forza nel paese non erano gli stessi: il Fp aveva avuto 4.838.449 voti, ma la destra ne aveva ottenuti ben 3.996.931.
Il peso dei partiti borghesi tra gli eletti inoltre aveva determinato non solo il programma elettorale, assolutamente ambiguo su tutto tranne che sull'amnistia, ma anche l'attuazione dei primi governi repubblicani: restarono passivi di fronte agli evidenti preparativi di golpe, rinviavano ogni misura sociale, e perfino l'applicazione dell'amnistia (che però fu applicata "dal basso" dalla sinistra radicale, assaltando le prigioni per aprirne le porte).
I contrasti tra le varie anime della coalizione si manifestarono subito sul modo di reagire al golpe. La sollevazione militare del 17-18 luglio 1936 era appoggiata dalla quasi totalità degli alti ufficiali, che il governo repubblicano di Casares Quiroga aveva lasciato ai loro posti o al massimo spostato da una regione all'altra, nonostante gli evidenti preparativi di golpe (i frequenti viaggi a Berlino, gli arresti di ufficiali repubblicani, ecc.). Tuttavia fallisce quasi ovunque. Quando arrivano le prime notizie del levantamiento il governo minimizza il pericolo, e rifiuta di consegnare armi alla popolazione che le richiede (solo alcuni ufficiali radicalizzati e convinti del pericolo tremendo di un successo dei generali traditori contravvengono agli ordini e distribuiscono qualche fucile), ma grazie al ruolo straordinario di singoli militanti e di settori della popolazione urbana, con poche armi e grande determinazione, le caserme di Madrid, Barcellona e altre importanti città vengono assediate da folle enormi, che quasi ovunque convincono soldati e sottufficiali a isolare e poi a consegnare gli ufficiali ribelli. A Barcellona finisce così lo stesso Goded, uno de los cuatro generales, che dovevano assumere il potere. Un altro, forse il più autorevole, Sanjurco, muore il 20 luglio in un incidente provocato dalla sua vanità: aveva caricato su un piccolo aereo, che si schianta subito dopo il decollo, enormi valigie con le alte uniformi che avrebbe indossato come capo della "nuova Spagna".
Francisco Franco, il meno anziano ed esperto dei cospiratori, sembra isolato, ma non lo è. È appoggiato dalla gerarchia di una Chiesa cattolica timorosa di ogni riforma, ma soprattutto ha grandi complicità internazionali. Prima della Germania nazista, che aveva assicurato aiuti ai generali Mola e Sanjurco, interviene discretamente la Gran Bretagna, che ad esempio fornisce l'aereo che preleva Franco alle Canarie e lo porta nella sua roccaforte in Marocco, da cui sarà più facile e rapido il passaggio nella Spagna continentale.
Il ruolo della Gran Bretagna - abitualmente sottovalutato e soprattutto taciuto negli anni in cui non era più definita imperialista, ma "grande potenza democratica e antifascista" - è stato ricostruito recentemente da un libro di Clement Leibowitz e Alvin Frankel, Il nemico comune. La collusione antisovietica fra Gran Bretagna e Germania nazista (Fazi, Roma, 2005). Un libro prezioso per smentire la leggenda di un Chamberlain "ingenuo ed esitante" di fronte al pericolo fascista e nazista, dal momento che dimostra che lui stesso e gran parte dei suoi ministri esprimevano nella corrispondenza personale una vera ammirazione per Hitler, che sembrava loro un baluardo contro il "pericolo comunista" che li ossessionava.
Lord Halifax, ministro degli Esteri con Chamberlain ma anche nel primo gabinetto di guerra guidato da Churchill, aveva ammesso cinicamente il "carattere illusorio" e la "finzione" del "Comitato di Non-Intervento" (costituito il 4 agosto con una dichiarazione anglo-francese e con l'avallo della Società delle Nazioni), ma lo aveva giustificato sia perché aveva impedito che le nazioni interessate (appunto la Gran Bretagna e la Francia) fossero costrette dall'opinione pubblica a intervenire a fianco del legittimo governo repubblicano, sia perché "permise l'abbassamento della febbre spagnola".
L'atteggiamento del governo britannico sarà determinante nel legare le mani a quello francese, che pure era espressione di un Fronte Popolare analogo a quello sotto attacco in Spagna, e per alcuni mesi alla stessa Unione Sovietica, che nell'illusoria speranza di spingere Gran Bretagna e Francia ad assumere un atteggiamento deciso nei confronti della Germania nazista, accetta la finzione del "Non-Intervento" nel cui comitato era entrata in agosto. Solo in ottobre, quando già Germania e Italia hanno inviato in Spagna aerei, navi e un gran numero di "volontari", l'Urss decide di inviare armi e il movimento comunista lancia un appello per la formazione di Brigate Internazionali. Tra luglio e ottobre invece l'afflusso di militanti comunisti era stato scoraggiato: si diceva che non servivano volontari ma armi. Per questo la maggior parte dei primi arrivati in Spagna per combattere sono socialisti di varie tendenze o trotskisti. La svolta è della seconda metà del mese di ottobre: lo si deduce da una protesta rivolta all'Up del Pci dai socialisti italiani, che non erano stati preavvisati del cambiamento e - legati dal patto di unità d'azione - avevano continuato a rifiutare volontari in base alle decisioni prese in comune (la lettera è del 27 ottobre, e si trova presso l'Archivio del Pci).
A quel punto il movimento comunista si impegna a fondo, e diventa rapidamente maggioritario tra i miliziani internazionalisti. Lo si deve alla spinta spontanea, fortissima nei paesi come Italia e Germania in cui i fascisti sono al potere, ma anche in molti altri paesi, dal Maghreb a Cuba. In Urss grandi masse partecipano a iniziative di solidarietà, i lavoratori sottoscrivono parte dei loro modesti salari per pagare le armi (ovviamente non sanno che saranno pagate con le 510 tonnellate di oro della riserva aurea spagnola). La consegna all'Urss dell'oro spagnolo rimarrà un segreto ben conservato, ma avrà conseguenze di vario tipo. Ad esempio renderà impossibile al governo diversificare gli acquisti di armi, perché quelle offerte dall'amico Messico (modernissime e di provenienza statunitense) andavano acquistate in valuta o in oro, che mancavano. Così l'Urss avrà il monopolio dei rifornimenti, e lo userà per accrescere il prestigio del Pc locale, e per discriminare le formazioni non controllate direttamente dai comunisti.
Ma ogni rivoluzione vera è "contagiosa". Per questo la maggior parte dei consiglieri sovietici al loro rientro in patria furono vittime della repressione. Tra essi l'ambasciatore a Madrid Rosemberg, il console a Barcellona Antonov-Ovseenko (l'uomo che aveva capeggiato l'assalto al Palazzo d'Inverno nel 1917), il coordinatore delle spedizioni di armi Stachevskij, il grande scrittore e corrispondente di guerra Michail Kolzov. Anche nei "processi di Mosca" svoltisi a Praga e Budapest negli ultimi anni di Stalin la maggior parte delle vittime, da Rajk a Slanski, erano stati tra i brigatisti in Spagna. Invece in Jugoslavia, dove ben 12 dei più importanti generali dell'armata popolare si erano formati durante la guerra civile spagnola, la rottura con l'Urss ha probabilmente evitato loro un'analoga sorte. Su questi aspetti esiste una smisurata memorialistica: una prima bibliografia della guerra civile comprendeva già una ventina di anni fa molte migliaia di titoli.
Quelle che sono meglio ricostruite sono in genere le differenziazioni politiche all'interno dello schieramento repubblicano (quelle che spesso si concludevano con la repressione dei "dissidenti" definiti complici e "quinte colonne" del franchismo). Su tempi e limiti della riforma agraria, sull'autogestione delle Comuni contadine in Aragona, sulle fabbriche occupate e autogestite in Catalogna, sulle caratteristiche delle milizie, i comunisti, che appena tre o quattro anni prima proponevano soviet dappertutto, rappresentavano sorprendentemente l'ala moderata e frenante.
Eppure una radicale riforma agraria avrebbe creato grossi problemi a Franco nelle regioni occupate, come l'Andalusia, dove il problema della terra era acuto; il riconoscimento del diritto del Marocco all'indipendenza (sollecitato da una delegazione di nazionalisti marocchini giunti a Barcellona e neppure ricevuti dal governo repubblicano) avrebbe tagliato l'erba sotto ai piedi a Franco, perché avrebbe staccato da lui una parte dei mercenari marocchini, arruolatisi per scarsa coscienza politica e nazionale, ma anche perché senza prospettive dopo la sconfitta delle prime insurrezioni indipendentiste. Perché allora fecero tutto il contrario di quel che sarebbe stato utile per vincere?
Difficile spiegarlo altrimenti che con l'interesse sovietico di dare garanzie a Parigi e Londra, dimostrando ai recalcitranti possibili alleati nella lotta contro il nazismo che non c'era nessun pericolo di rivoluzione, e che comunque Mosca non la incoraggiava. In quel periodo non solo in Spagna, ma anche in Francia la questione coloniale sparisce dai programmi dei partiti comunisti. Non invece in quello italiano, che combatte un governo alleato di Hitler: Ilio Barontini andrà dalla Spagna in Etiopia a organizzare la resistenza all'oppressione fascista.
Il film di Kean Loach ricostruisce efficacemente oltre al mutamento di stato d'animo popolare dopo gli scontri del maggio 1937, anche una delle contrapposizioni più aspre durante la guerra civile, quella tra milizie o esercito. Prevalse, contro le impostazioni libertarie (ma non necessariamente caotiche e disordinate, come furono dipinte) delle milizie, la scelta della ricostruzione di un esercito regolare in cui le donne non potevano fare che le cuciniere o le infermiere, e i criteri di disciplina erano ricalcati su quelli del vecchio esercito reazionario, colonialista e inefficace: compresa la pena di morte per l'insubordinazione, applicabile assurdamente persino ai volontari!
L'inopportunità di quelle scelte è dimostrabile, non con un processo alle intenzioni col senno di poi, ma dall'esito finale di quell'esercito tradizionale ricostruito sul modello borghese: nel 1939 molti ufficiali, spesso ancora con la tessera del Pce in tasca come Casado, tentarono di accordarsi con Franco (vanamente, perché già stava vincendo e non aveva bisogno del loro tradimento).
Ma incredibilmente un serio dibattito su questi temi è ancora da fare nella sinistra: c'è molta esaltazione retorica della "gloriosa Spagna" e del suo eroismo, manca ancora un bilancio delle cause della sconfitta della rivoluzione e della stessa repubblica.
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