Maurizio Blondet
27/11/2005

GERUSALEMME - E così, Gianfranco Fini, dopo aver smentito l'esistenza di un rapporto UE che denuncia la politica annessionista di Israele a Gerusalemme, è stato smentito dalla stessa Commissione Europea: il documento esiste e sarà presentato il 12 dicembre (1).
Ma è stato smentito dagli stessi suoi padroni: Israele ha infatti letto l'«inesistente» rapporto, e l'ha bollato come «antisemita».
Tutti sanno già perfettamente quello che vi è scritto.
Dice che la frenetica costruzione di insediamenti rabbinici attorno a Gerusalemme Est (con 200 mila «coloni» pagati dalla Diaspora e dagli USA) ha lo scopo di impedire che l'Autorità Palestinese insedi in quella parte della città santa la sua capitale, preannuncio dell'annessione dell'intera città allo stato ebraico.
«Le attività di Israele a Gerusalemme», si legge nel rapporto, «sono in violazione sia della 'roadmap' [il piano di pace], sia delle obbligazioni e del diritto internazionale».



Nel rapporto si dice che il «muro» di 8 metri costruito da Sharon nella Giordania occupata è stato usato per espropriare terre palestinesi, e mantenere la proporzione dei palestinesi a Gerusalemme a non oltre il 30%.
E «questa è un'annessione di fatto di terra palestinese, irreversibile salvo una vasta evacuazione forzata dei coloni e una ridefinizione della barriera».
Come si vede, anche la UE chiama «barriera» il colossale «muro» del ghetto ebraico mondiale: è volontà israeliana che il nome sia «recinto difensivo» o «barriera difensiva»: in Italia, il sottoscritto ha visto arrivare un console israeliano per istruire il direttore del suo ex giornale «cattolico» sul divieto di usare altri termini.



«Quando la barriera sarà completata», dice il rapporto, Israele controllerà tutti gli accessi a Gerusalemme Est, tagliandone fuori le cittadine palestinesi di Betlemme e di Ramallah, e i West Bank (Giordania occupata) al didietro.
Questo avrà gravi conseguenze per i palestinesi.
I palestinesi sono coscienti che «Israele riuscirà a far passare anche questo, sotto la dizione di 'disimpegno' (disengagement)».
Certo che sarà così, ha ringhiato Mark Regev, il ministro degli esteri rabbinico: «la posizione di Israele è nota e pubblica: Gerusalemme sarà la capitale indivisa di Israele nel quadro dell'accordo di pace finale».
Insomma, ce la teniamo tutta noi.
Qualche colono sarà ritirato, fra pianti, strilli e commozione ripresi da tutte le TV mondiali; la massima parte saranno lasciati lì, sulle terre che hanno rubato, e il «muro» si estenderà e zigzagherà come un serpente per avvolgere il loro furto e «proteggerlo».
«Chiane e' ffotte» è il nuovo proverbio sionista.



Israele è particolarmente «irritata», fa sapere, per un'altra frase del rapporto UE: quella che raccomanda gli europei a tenere i loro incontri politici con l'Autorità Palestinese a Gerusalemme Est anziché a Ramallah, a dimostrazione simbolica del riconosciuto diritto dei palestinesi sulla città. Ma Israele ha devastato e abbattuto le sedi istituzionali palestinesi a Gerusalemme nel 2001, subito dopo aver perpetrato l'11 settembre, come parte della sua partecipazione alla «guerra mondiale contro il terrorismo islamico»; morto Arafat, i suoi sconosciuti successori sono stati confinati a Ramallah.
Tutta questa fatica per niente?
Israele è «irritata»: ciò significa che i suoi missili atomici, installati sui sottomarini donati dalla Germania, sono puntati su Bruxelles?
Nessuno in Europa ha voglia di verificare.



Così Sharon sta definendo la fase finale del suo piano, come ha potuto scrivere il Telegraph (2), «dando la forma finale ad Israele» e fissandolo nella pietra, o meglio con il cemento armato del «muro».
Dopotutto, è lui che dal 1948 ha espanso Israele fino ai confini voluti.
E' lui che ha costruito il «muro» che serpeggia per includere, e sottrarre ai palestinesi, ogni metro di zolla fertile.
Il «muro», che si è mangiato un altro 10 % di terreno palestinese, diventerà il confine orientale definitivo.
E' per questo che ha rotto col Likud ed ora si presenta come il «centrista» equidistante dai fanatici a destra, e dai pacifisti di Amir Peretz a sinistra.



Hebron, con la sua popolazione di 80 mila palestinesi, resterà una enclave israeliana «per motivi religiosi» (sic).
Non ci sarà alcun trattato coi palestinesi, solo una definizione unilaterale.
Col tempo, i palestinesi dovranno sloggiare, se non vorranno morire di fame nel loro Bantustan senza sbocco economico.
Dove?
Facile rispondere: basta rileggersi i piani già delineati dai neocon israelo-americani.
Già durante la presidenza Reagan, infatti, Richard Perle (allora viceministro della Difesa) e Douglas Feith (allora sua vice, l'11 settembre viceministro al Pentagono) avevano delineato questo piano futuro.



Nel 1996, il piano è stato reso pubblico.
E' il documento dal titolo «A Clan Break: a new strategy for the security of the Realm», in cui i due ebrei «americani» indicavano quello che i servi-pastori USA avrebbero fatto poi per la sicurezza di Israele, dopo l'attentato dell'11 settembre.
In questo documento, Perle e Feith raccomandavano a Israele di «conformare il proprio ambiente strategico, in cooperazione con la Turchia e la Giordania, indebolendo, contenendo e anche riducendo il territorio della Siria, in modo da creare un asse naturale tra Israele, la Giordania, un Iraq hascemita e la Turchia», che «schiaccerà la Siria e la staccherà dalla penisola arabica».
E quello che sta avverandosi sotto i nostri occhi.
Si noti la menzione, en passant, di un «Iraq hascemita».
Ciò significa che al re travicello di Giordania, della dinastia hascemita, sarà dato (se riuscirà a tenerselo) l'Iraq.



E' la versione geostrategica dello slogan israeliano, «la Giordania è la Palestina»: il re hascemita si accolla i palestinesi cacciati, e in cambio il suo regno-satellite sarà ampliato a spese degli iracheni.
La fase tre di questa parte finale del progetto è cominciata con l'attentato di «Al Zarkawi» (Al Mossad) ad Amman, Giordania.
Che ha azzerato la leadership palestinese, massacrando anche un po' di delegati cinesi a colloquio con i palestinesi.
Subito dopo l'attentato, il re Abdallah di Giordania ha decapitato il suo vertice dei servizi segreti.
A questo vertice ha elevato Marouf Al Bakhit, che ha promosso a capo dell'Agenzia di sicurezza nazionale (i servizi segreti).

Chi è Marouf?
L'uomo più «amico» di Israele che si possa trovare in Giordania (3).
Carriera militare nei servizi.
Negli anni '90 ha guidato le trattative segrete fra Giordania e Israele che hanno portato alla «pace» di Wadi Arab fra i due Paesi, del 1994.
In quei giorni, Al Bakhit ha stretto intime relazioni col Mossad e i militari rabbinici.
Al punto che Israele l'ha voluto come ambasciatore giordano a Tel Aviv nel 2002.
Lì stava preparando l'attuazione ulteriore del piano segreto, quando lo scoppio della seconda intifada ha mandato a monte per qualche tempo le manovre.
Ora è tornato a completare l'opera col suo amico Sharon.

Chissà se nella parte non pubblicata del piano ci sia una promozione anche per l'altro travicello, Gianfranco Fini.
Crediamo di sì.
Alti destini attendono in Italia l'onorevole Kippà, e questo spiega le sue esternazioni (sulla clonazione umana ad esempio, sul voto agli immigrati, su Ciampi presidente a vita, sulla difesa delle legge 194): tutte cose espresse sotto dettatura israeliana.
Certo egli si prodigherà per mandare nel cestino il documento dell'UE.
Un Iraq hashemita, un'Italia finiana, un'Italia Kippà.
Ce ne accorgeremo: gli ebrei, a cui Kippà ha venduto la patria, sono duri padroni.

Maurizio Blondet




--------------------------------------------------------------------------------
Note
1)Balbettante e ridicola la scusa emanata da Kippà-Fini: «interpellata in proposito, la Farnesina ha osservato che'non si ritiene che il portavoce della Ferrero-Waldner [la Commissaria UE per gli Esteri] abbia inteso dare una versione diversa da quella del ministro Fini'. In realtà tutti stanno dicendo la stessa cosa. Il ministro Fini ha detto questa mattina che al momento non esiste un documento formale della Commissione e la portavoce Udwin ha di fatto confermato ciò, specificando infatti che il documento in questione è attualmente solo allo studio della Commissione e verrà presentato ai ministri degli Esteri il prossimo 12 dicembre».
2)Harry de Quetteville, «Prime minister plans o draw the final shape of Israel», Telegraph, 27 novembre 2005.
3)«Marouf al Bakhit», Intelligence Online, 25 novembre 2005.





Copyright © - EFFEDIEFFE - all rights reserved.