Giovane cattolica figlia di operai, sposa un integralista islamico
Si arruola nella Jihad. Altri occidentali sarebbero pronti a partire
BRUXELLES - Monceau-sur-Sambre è una cittadina da niente: terra di ex minatori, file di case in mattoni scuri a due piani, cumuli di detriti di carbone che punteggiano la pianura a testimoniare un'epoca ormai finita ma mai superata. Marcinelle, con i ricordi della tragedia mineraria che costò la vita a tanti italiani, dista pochi chilometri. Paesaggi per altre storie, incongrui. Perché oggi la storia che raccontano i muri slavati della casetta al numero 33 di Avenue de l'Europe è quella della prima donna europea morta in Iraq come kamikaze di Al-Quaida.
Si chiamava Muriel Deganque, aveva 38 anni. Si è fatta saltare il 9 novembre a bordo di un'auto chiara imbottita di esplosivo sulla strada per Baquba, sessanta chilometri a nord di Bagdad. C'è chi dice che con lei siano morti cinque poliziotti iracheni. Altre versioni parlano solo di un soldato americano leggermente ferito.
Di certo si sa che il marito della prima kamikaze europea, Issam Goris, di origini marocchine e più giovane di lei di sette anni, è stato ucciso poco prima o poco dopo nel corso dell'azione.
Come si diventa "martiri della Jihad" su una strada irachena quando si è nati a Monceau-sur Sambre da una buona e modesta famiglia belga, quando si è fatta la prima comunione con il cappottino rosa, le calzette bianche e le "ballerine" ai piedi, quando si è andati a scuola sui banchi polverosi dell'Athenée Royale de Fontaine l'Eveque e si è trovata le prima occupazione come commessa in una "boulangerie" di Charleroi? La risposta a queste domande può fare paura. Perché quella di Muriel, morta con il nome islamico di Myriam che si era scelta al momento della conversione, è una storia di ordinario disagio comune a milioni di altre storie che tessono la trama dell'ormai sconfinata provincia d'Europa.
Una famiglia normale e sfortunata. Il padre, Jean, che assomiglia vagamente a Richard Nixon, è un operaio mandato a riposo in anticipo per un brutto incidente sul lavoro. La madre, Liliane, impiegata in uno studio medico. Un fratello, Jean-Paul, morto a 24 anni in un incidente di moto. Muriel fin da bambina dimostra, a detta dei genitori, un carattere difficile. "Già a due anni accusava il fratello delle proprie marachelle", racconta oggi la madre come se questo potesse essere il presagio di una vita da kamikaze.
A scuola va bene in matematica. Ma lascia gli studi a 16 anni. Le vecchie foto che i genitori sparpagliano sul divano ritraggono un'adolescente graziosa e leggermente imbronciata. Piace ai ragazzi, e i ragazzi le piacciono, specialmente se hanno fama di duri e difficili. Cattive compagnie, come si dice. Cominciano le prime fughe da casa. "Una volta - racconta il padre - sono andato a ripescarla a 170 chilometri da qui, nelle Ardenne". Ci sono storie di droga. Di lei si occupa anche il giudice dei minori. Perde il lavoro alla panetteria perché accusata di rubacchiare dalla cassa. Ancora adesso la madre la difende: "non era vero niente", si accalora.
Segue un lungo periodo di disoccupazione, quasi normale per tanti figli di questa terra dimenticata. Si trasferisce a Bruxelles.
A sentire i genitori e i vicini di casa (la famiglia che abita in faccia alla casetta dei Deganque è di origini italiane), la svolta che porterà Muriel-Myriam sulla via di Baquba è l'incontro con i ragazzi islamici che assediano il quartiere della Gare du Midi, nella capitale. Nel Duemila c'è un primo marito, turco. Per sposarlo, Muriel si converte all'Islam e indossa il velo che è quasi una divisa per le donne del quartiere. I genitori non si inquietano, anzi: forse il matrimonio servirà a stabilizzare la ragazza.
Spesso Muriel viene con il marito in vista nella casetta di Avenue de l'Europe. Ma il matrimonio dura poco. Il turco scompare. E al suo posto arriva Issam Goris, nato in Belgio ma di origini marocchine. Goris è più giovane. Più bello. Ed è fanatico. Muriel lo segue, non solo fisicamente. Si sposano. La coppia si trasferisce in Marocco per oltre due anni. Da là arrivano telefonate a Monceau-sur-Sambre in cui si parla di cavalli e Mercedes. Ma non dev'essere tutto facile se, allo scadere dei tre anni, Muriel-Myriam ritorna con il marito a Bruxelles per non perdere il diritto all'indennità di disoccupazione. E quando torna, il velo islamico è stato sostituito dal burka, che la copre dalla testa ai piedi.
Lo "scontro di civiltà" a casa Deganque è devastante. Quando vengono in visita, Myriam e Issam impongono pranzi separati: donne con donne, uomini con uomini. Myriam ha smesso persino di fumare e cerca di fare proselitismo con la madre inorridita. "Quando venivano qui - racconta il padre - non si poteva accendere la televisione o stappare una birra. Alla fine non ce l'ho fatta più". I rapporti, dopo poco, si sfilacciano, tenuti insieme solo da qualche telefonata sempre più rara. Muriel non metterà mai più piede a Monceau-sur-Sambre.
Il resto è cronaca di terrorismo. Prima dell'estate la coppia parte in auto per la Turchia. L'ultima chiamata ai genitori arriva dalla Siria. Poi il lungo silenzio, interrotto solo due giorni fa dall'irruzione della polizia belga.
Sono gli agenti, mentre perquisiscono la casetta senza trovare nulla, a informare i genitori che la loro figlia è morta da kamikaze. "Vorrei solo sapere se ha ammazzato qualcuno: civili, donne, magari bambini", si dispera il padre. Nessuno, dalla bolgia dell'inferno iracheno, è in grado di dargli una risposta credibile.
Le autorità belghe, che erano informate da settimane, stavano da tempo tenendo d'occhio gli ambienti frequentati da Issam e Myriam.
C'è il timore, quasi la certezza, che altri kamikaze siano pronti a partire o siano già partiti. L'altro ieri la polizia ha fermato 14 persone, otto sono state rilasciate. A Bruxelles si lamentano che sia stata una "soffiata" partita dagli inquirenti francesi a far precipitare lanzitempo l'indagine. Ma ieri, intanto, nei palazzi europei, i ministri della giustizia e dell'interno hanno concordato una "piattaforma europea per la lotta al terrorismo".
http://www.repubblica.it/2005/l/sezi...73/iraq73.html
nuova fase della guerra di resistenza contro il mostro amerikkkano?