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  1. #11
    Lumbard
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    Predefinito Rif: Qualche cm di neve e tutto va in tilt

    Citazione Originariamente Scritto da Bèrghem Visualizza Messaggio
    In ogni caso un bell'inverno come si deve, tanto freddo e ora anche la neve. Con dedica ai cialtroni delle puttanate tipo riscaldamento globale o global warming, ai buffoni stile Al Gore di Copenaghen, ai terroni del sole e del mandolino che han paura di congelare, agli allogeni della giungla che la neve non l'hanno mai vista. Via, sciò, raus, a casa se non vi aggrada.

    vero, straquoto

    W la nèef
    W ul frècc
    W ul giàzz

  2. #12
    Blut und Boden
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    Predefinito Rif: Qualche cm di neve e tutto va in tilt

    Citazione Originariamente Scritto da Eridano Visualizza Messaggio
    Questo è il risultato della meridionalizzazione della Padania. Non solo la preponderanza numerica in molti grandi centri, ma addirittura la corruzione mentale e intellettuale di molti padani etnici.
    Chiamasi tragedia.

    Sono sempre più convinto che se fossimo diventati un grande Land Germanico, oggi staremmo molto meglio.
    La d di Land era rimasta nella tastiera...
    Ultima modifica di Eridano; 23-12-09 alle 11:41
    Rubano, massacrano, rapinano e, con falso nome, lo chiamano impero; infine, dove fanno il deserto dicono che è la pace.
    Tacito, Agricola, 30/32.

  3. #13
    Mé rèste ü bergamàsch
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    Predefinito Rif: Qualche cm di neve e tutto va in tilt

    Quanto è debole questa Modernità



    di Marco Malaguti

    Quanto è debole questa Modernità Crevalcore Padana

    Contrariamente a quanto si aspettavano molte persone che si ostinano a leggere questo spazio NO, NON SONO MORTO, ho solo avuto un po’ di impegni che mi hanno tenuto lontano dal blog e mi hanno visto dedicarmi ad altre cose, ma non temete, sono di nuovo qua. Ebbene signori è accaduta una cosa incredibile, in Padania nevica! Veramente sorprendente, non trovate? I giornali negli ultimi giorni non parlano d’altro dell’ondata di freddo “polare” che starebbe spazzando il Nord come un uragano di neve, qualcosa tipo la versione siberiano-artica di Katrina. Potremmo soffermarci sul perchè ed il percome in Padania il cielo abbia osato mandar giù due fiocchi di neve, e per di più su Milano, ma il dato ancora più interessante è stata la reazione della gente. L’ondata di compulsivismo scatenata da queste nevicate “fuori programma” è degna delle migliori ricerche sociologiche. Sembra, per adesso, ovvio che in inverno nevichi, eppure la cosa, come abbiamo visto, è risultata quasi una sorpresa. I cittadini di Milano (e non solo) hanno accolto piuttosto male tale increscioso fenomeno naturale, e ancora peggio l’hanno accolta le strutture adibite ai trasporti e più in generale al buon funzionamento del meccanismo della città. I media ovviamente sono complici di ciò, bastano pochi cm di neve (30 cm non sono tanti, in Dicembre, nel Nord) per mandare in paralisi questi moderne tecnopoli che sono le città odierne, per cui vediamo giornali e telegiornali aggiornare allarmati che in zona Niguarda i tram proseguono a passo d’uomo, mentre evidentemente di morti assiderati nell’Appennino Marchigiano non gliene frega niente a nessuno (cito fatti avvenuti realmente). Un giorno solo di neve e la più grande città del Nord Italia è andata in crisi, ingolfata dal suo stesso elefantiaco meccanismo, complesso come l’orologio di una torre e farraginoso come un iter burocratico russo. Quanto stonano i proclami del modernismo positivista con queste situazioni penose! Quanto ci sembrano vuote le parole trionfanti dei politici (tutti) che declamano il successo dei Frecciarossa quando poi questi si trovano bloccati sull’Appennino per bufere di neve e allora si deve ricorrere ai panini alla stagnola per nutrire i passeggeri. Ecco come d’incanto che si fermano le automobili, i bus, i tram, si fermano quelle piccole certezze che danno sicurezza all’uomo moderno, quelle piccole certezze che, a mio parere, gli impediscono di ribellarsi alle attuali corde che lo assicurano allo status quo vigente, poichè il sistema non ha migliore arma quale l’offerta continua della propria estenuante monotonia. Per questo motivo l’uomo moderno agisce monotonamente, anche nelle sue occupazioni “ricreative”, bastano piccoli imprevisti e tutto il meccanismo si sfascia. L’uomo, che è e sempre rimarrà un animale, in barba all’intellettualismo positivista e progressista, è naturalmente creato per sopravvivere a condizioni molteplici nella natura, questo lo rende mentalmente versatile di fronte alle avversità che si possono presentare nel corso della sua vita. Purtroppo alcuni meccanismo collaudati e soprattutto il loro pedissequo ripetersi possono portare ad un’insterilimento di questa abilità di gestire, anche psicologicamente le avversità. Capita così che diventiamo isterici per 30 cm di neve o per qualunque altra stupidaggine metereologica e non. L’uomo moderno dovrebbe cercare di ritornare, in tutti i sensi, al bosco di jungeriana memoria, non soltanto in senso politico, ma anche nel senso fisico. Non si tratta qui ovviamente di fare l’apologia del survivalism o di chissà quale sport estremo, ma un invito a ricercare il Silenzio. Non il silenzio del monastero, sebbene per alcuni possa anche essere indicato, ma quello del bosco, di modo da risvegliare quel lato di noi che il folklore germanico chiama il “Wilder Mann”, l’Omm Salvàdegh, cosa che non è più possibile fare a Crevalcore e in molti altri posti della nostra amata pianura. Le città oggi sono diventate dei centri propagatori e tentacolari del modernismo, ideologico, politico e fisico. E’ quasi possibile potersi auto-migliorare a livello spirituale e fisico vivendo in una città, non ci sono Giardini Margherita che tengano, perchè vedremo sempre l’accattone che disturba, la scritta sul muro, l’immigrato ubriacone, e il tizio con la faccia che non ci piace. Questo non vuole essere un’invito alla misantropia, ma piuttosto un invito a rinunciare, anche per poco, alla Folla. Quella strana entità che l’uomo moderno, pur odiandola, nutre con tutto il suo lavoro, e che egli non solo rappresenta, ma ama. Si tratta di uno strano rapporto odio-amore, odiamo la folla, diventiamo sempre più misantropi, asociali, odiamo il nostro prossimo, e allo stesso tempo non riusciamo a starcene da soli, andiamo in crisi, fantastichiamo sulle chat, aggiungiamo dubbi personaggi su facebook. Questo non va bene, e occorre far ordine. Una bella terapia di disintossicazione dalla modernità e dalla città in genere. Anche il paesino tecno-dormitorio, modello cui aspira Claudio Broglia per Crevalcore, diventa a sua volta un centro propagatore del cancro mondialista nella sua peggior dicotomia di buonismo catto-comunista e di totalitarismo terzomondiale, per cui i piccoli paesi si avviano a diventare progressivamente delle metastasi che lavorano attivamente per il ganglo centrale, rappresentato dalla città, che, svuotata della sua identità etnica, culturale e sociale, finisce per diventare un guscio vuoto asservito alle peggiori volontà delle oligarchie finanziarie. Il meccanismo che ci fa ammalare, dato che nessuno è immune, è assai subdolo, e andrebbe prevenuto, piuttosto che curato, esso avanza lentamente sotto forma di bisogno, nei fatti l’uomo moderno, il cittadino è messo in condizione di abbisognare del Mostro, esso diventerà come la sua droga, sotto forma di lavoro/schiavismo, relax stressante, tran tran generico. Per questo motivo, poichè fino adesso non si è ancora in grado di riproporre un’alternativa a questo sistema, cosa che comunque accadrà presto, la cosa adatta da fare è, a mio parere, assumere il veleno a piccole dosi, come Mitridate. Cerchiamo di farci contaminare meno dal pensiero, ma guardiamo oltre i canoni tradizionali, fa molto più male al nostro essere uomini accettare la vista di un’orda di nordafricani nel nostro comune come “normale”, piuttosto che tre ore di Maria de Filippi alla televisione. La vera perversione culturale è la prima, contrariamente a quanto sottolineato dai criticoni di sinistra. Per questo bisogna stare molto attenti ai meccanismi di accettazione che la nostra mente ha, non dovremo mai, mai e poi mai, accettare che il fatto di essere minoranza etnica nel nostro territorio sia una cosa normale, e non dovremo mai accettarlo nemmeno nel caso questa sciagurata asserzione dovesse, un malaugurato giorno, diventare realtà. Questo è un esempio, come non dobbiamo nemmeno accettare che sia normale l’urbanizzazione selvaggia, la dipendenza da drogati da facebook, il complottismo dilagante, il dilagare di sette e santoni ecc ecc. Nulla di questo è normale. Per ritrovare un contatto con la normalità occorre tornare al Bosco, visitarlo, mettersi in sintonia con la sua vibrazione, la sua Mentalità, la sua Legge. Armonizzarsi con la Natura, dato che l’uomo l’ha abbandonata solamente per abbandonarsi all’armonizzazione con le sue chimere tecniche e finanziarie. Riscopriamo il nostro appennino, i suoi boschi, la sua neve, i suoi roccioni (a me piacciono molti quelli del comprensorio Giovo-Rondinaio, ad esempio), i suoi ruscelli. Cerchiamo anche di ascoltare meno la nostra coscienza, perchè è lei che dobbiamo curare. Come dobbiamo dare comunque una medicina ad un bambino capriccioso non dobbiamo certo ascoltare le sue lamentele e non dargliela. Così dovremo fare anche noi con le nostre coscienze pigre di uomini da città, dovremo zittirle, zittire tutto e fermarci per un po’ ad ascoltare il bosco, scoprirete cose molto interessanti, cose che non avete mai visto. Troppe volte nel bosco camminiamo, proviamo a fermarci, proviamo davvero a capire la Legge del Bosco, e a fare un bilancio se ci colpisca di più la Bellezza di esso, o la sua presunta iniquità. Farete scoperte interessanti su voi stessi.

    Buone passeggiate, o ciaspolate, vista la stagione!
    Dato che questa è una Magnum 44, cioè la pistola più precisa del mondo, che con un colpo ti spappolerebbe il cranio, devi decidere se è il caso. Dì, ne vale la pena? ("Dirty" Harry Callahan)

 

 
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