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  1. #11
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    Citazione Originariamente Scritto da benfy
    non se tu c'eri, ma ho apprezzato quando ha detto che non si può lasciare il tema dei valori alla destra che li strumentalizza solo la politica non può lasciare alla libertà di coscienza e la sintesi non è facile ma possibile
    No io non c'ero... però qualcosina ho letto.
    Ed in ogni caso, sono convinto anch'io che non sarà facile.

  2. #12
    Obama for president
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    domani o quando ho tempo scrivo qualcosa di più su quello che è successo

  3. #13
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    Predefinito tratto da http://www.pri.it

    Le cose cambiano

    Il nuovo sistema proporzionale modifica gli equilibri presunti

    La vita politica insegna che a volte i disegni razionali, anche quelli più minuziosi e curati, possono inciampare in un ostacolo accidentale, magari dall'apparenza insignificante, ma sufficiente per cambiare il corso delle cose.

    Così ci sembra più malinconico, piuttosto che avveniristico, leggere che il centrosinistra, sicuro della sua vittoria elettorale, avrebbe perfino già designato i futuri ministri. Ma come? Ancora non ha scritto il programma, il magnifico cartello elettorale dell'Unione, e già si conosce il profilo dell'esecutivo? Forse i nostri colleghi corrono troppo e rischiano di non fare bene il conto dei passi che li separano ancora dalla loro grande vittoria.

    Hanno puntato gran parte della campagna elettorale sull'unità fra i due principali partiti dell'opposizione, Ds e Margherita, con la leadership di Prodi. Dalle due distinte conferenze programmatiche delle settimane scorse, è vero che è emersa una certa comunità di intenti, ma ancora più chiaramente si è visto come le due organizzazioni siano profondamente e, forse, anche orgogliosamente separate. E non è certo un dettaglio insignificante che, dove si confrontino nelle primarie per indicare i loro leader locali, non trovino mai un accordo soddisfacente: così i candidati della Margherita ne escono con le ossa rotte.

    Si è cominciato in Puglia e si è continuato in Sicilia. Non è detto che la Margerita abbia voglia di continuare a prendere schiaffoni su questo fronte; ed i rapporti così serafici oggi potrebbero tornare tesi come fu al tempo, non lontano, della vicenda Unipol.

    Ed in fondo bisogna ricordare che la divisione è nei fatti al Parlamento europeo, dove gli eletti dei due partiti nella lista unitaria siedono in gruppi diversi e contrapposti. Quale dei due sarà disposto a tornare sui suoi passi? Ammettiamo anche che la proposta di formare un terzo partito, un partito democratico, consenta una posizione di equilibrio, tale da far sì che ciascuno rinunci a qualcosa. A quanto si legge nell'intervista all'onorevole Bersani, dopo il voto, nel giro di un anno, potremmo avere questo soggetto capace di azzerare le differenze, di esaltare il riformismo comune. Ci sono già i suoi profeti in circolazione che ne magnificano l'avvenire.

    Ma, anche se fosse, come si comporterà il nuovo gruppo dirigente rispetto al governo in carica? Quest'ultimo diventerà un governo amico, visto che vi sarà la propensione di indicare il leader di questo partito alla guida del governo. Certo il professor Prodi potrebbe essere sia il leader del governo sia il leader del partito democratico: se non che si è già detto che serve un ricambio generazionale, uomini del nuovo secolo, rispetto ai quali i cinquantenni - sessantenni appaiano già vecchi. Figurarsi il settantenne professore, sopravvissuto ai governi di andreottiana memoria.

    Ora, ammettiamo anche che tutto questo si potesse comporre, che gli apparati trovassero un accordo soddisfacente, che Prodi comprendesse le esigenze future ed i nuovi dirigenti rispettassero e onorassero le scelte precedenti: rimarrebbero pur sempre dei dettagli non proprio insignificanti.

    Intanto i confini dell'alleanza. Colpisce, ad esempio, che i socialisti di Boselli, finora sodali dei Ds, si siano chiamati fuori ed alleati ad un estraneo al centrosinistra come Pannella. Soprattutto il cuore di questa nuova alleanza, la Rosa nel pugno, è una riaffermazione di principi laici, conflittuali con i valori della Margherita, tanto da poter creare non pochi scompensi nei Ds. Quale mediazione sarà possibile fra i laici Pannella e Boselli ed i cattolici Rutelli e Parisi? E Mastella non ha già detto che non ha intenzione di allearsi con Pannella?

    Ignorare tutti questi aspetti, accontentarsi della formula del partito democratico, rischia di apparire come una semplice campagna propagandistica, che come tale può affondare al primo scoglio reale che si presenterà, uno solo fra i tanti richiamati.

    Del resto lo stesso centrodestra appare in movimento e anche questo può complicare le cose ulteriormente, perché uno scompaginamento dell'attuale maggioranza può prendere in controtempo i piani non sufficientemente meditati dell'opposizione. Casini ha detto, ad esempio, che Berlusconi non sarà più il candidato premier nel caso Forza Italia perdesse voti. E, a fronte di un successo dell'Udc e a un calo di Forza Italia, cosa vieterebbe al cosiddetto partito democratico di cercare un accordo con Casini e Mastella, soppiantando Bertinotti e Boselli, tanto per fare un esempio? E' il proporzionale, signori. Le cose cambiano.

    Roma, 5 dicembre 2005

  4. #14
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    Predefinito ... dalla "Voce" domani in edicola ...



    Il presidente del Partito repubblicano Giorgio La Malfa, con un articolo per il "Corriere della sera" di giovedì 8 dicembre, ha messo il dito nella piaga programmatica del centrosinistra. La sua era una risposta a Michele Salvati, che aveva consigliato in un editoriale del quotidiano di via Solferino di dare “minor rilievo a temi che tutti coloro i quali si occupano di politica sanno essere crucialmente importanti: alcuni temi economici difficili, dal debito pubblico alle liberalizzazioni”. La Malfa ha replicato: “E’ possibile che Salvati suggerisca alla sinistra di non parlare di questioni crucialmente importanti? E che cos’è che determina questa reticenza? In effetti eludere le enormi questioni di finanza pubblica e apertura dei mercati che si pongono al nostro Paese significa evitare di parlare di economia. E l’economia è il problema cruciale dell’Italia e dell’Europa tutta. Non parlarne vuol dire non avere un programma elettorale. O meglio ancora vuol dire riconoscere che se la sinistra tentasse di formulare un programma su questo, si spaccherebbe una volta per tutte. In realtà Salvati sa benissimo che le cose stanno così. Tant’è vero che, nello stesso articolo, elenca tra i temi che maggiormente interessano gli elettori: occupazione, precarietà del lavoro, assistenza, pensioni. Ma il punto è che egli sa che se si vuol parlare con chiarezza di questi problemi ai cittadini, la sua coalizione viene meno”. E La Malfa allora, ne parla con chiarezza: “L’Italia non può più riguadagnare competitività sui mercati internazionali svalutando: siamo nell’euro". E non può più garantire “occupazione, sanità, assistenza e pensioni, aumentando la spesa pubblica: siamo già oltre i limiti di Maastricht”. Per poterci permettere tutto questo l’unica cosa plausibile è allora “far crescere l’economia”. E perché questo avvenga c’è una sola strada: “abbattere le rendite, aprire i mercati, liberalizzare”. Esattamente quello che Bertinotti, Pecoraro Scanio, Diliberto e una parte dei Ds, oltre all’ala cattolica della Margherita, non vogliono nemmeno discutere. Mentre Salvati giunge alla conclusione che è meglio “sacrificare i propri convincimenti per vincere le elezioni”, la sinistra in Germania ha preferito fare un accordo con la Cdu per isolare la deriva estremista dell’antimercato, Lafontaine, per intenderci, “l’equivalente tedesco di Bertinotti”.
    Allora la domanda è se una vittoria della sinistra “costruita su una combinazione così equivoca apra una prospettiva al Paese, o porti ad un aggravamento della sua crisi”. La risposta è fin troppo facile, visto che Salvati ci ha dato una precisa e piena conferma, di quello che ci è sempre parso abbastanza evidente.

 

 
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