Originariamente Scritto da
Forzanovista
Ragionare con i piedi
Parole in libertà (con nostro commento) di Lilian Thuram sui mali che
affliggono il mondo.
TORINO - Lilian Thuram, lei è da dieci anni in Italia ed è da sempre
in prima linea nella lotta contro il razzismo: servirà a qualcosa la
ribellione di Zoro?
"Non lo so, è difficile lottare contro certe persone. Ed è impossibile
tappare la bocca a tutti".
Ma è facile, purtroppo, gridarvi "buuu" solo perché siete neri.
"Oltre al razzismo, mi deprime la mancanza di rispetto nei confronti
dell'altro, qualsiasi tipo di altro. Questa gente non capisce che, a volte,
l'altro sono loro: e allora come la mettono? Ma è gente che faccio anche
fatica a definire".
Ci vuole provare?
"Stupidi no, mi sembra riduttivo. Ignoranti, forse, anche se credo che
siano perfettamente consapevoli di ciò che fanno. Il problema di base è la
cultura, è l'educazione. Quindi è un problema sociale".
Un problema di cattivi maestri?
"Sì, perché manca l'educazione al rispetto. Cosa significa urlare
"buuu"?".
Che un nero vale una scimmia, giusto?
"Giusto, e questo perché ci insegnarono che i neri non erano uomini,
ma animali. Era l'unico modo per giustificare la tratta degli schiavi. Ora,
invece, il potere gestisce l'ordine attraverso la paura".
La paura?
"Dopo l'11 settembre, una persona qualsiasi con un filo di barba e la
carnagione leggermente scura viene guardata con sospetto. La gente ha paura,
così il potere può offrire ciò che la gente chiede: sicurezza. E in nome
della sicurezza si è autorizzati a fare qualsiasi cosa. Si insegnasse il
rispetto, anziché il sospetto, il mondo andrebbe diversamente. Ma vedo che i
cattivi maestri proliferano".
A chi si riferisce?
"Ho letto sul giornale che un cardinale importante ha sconsigliato
matrimoni fra persone di religione diversa, di cattolici con musulmani. Ma
che razza di ragionamento è? Mi sembra esista un comandamento che invita ad
amare il prossimo come noi stessi. Mi piacerebbe sapere come, secondo il
cardinale, Gesù valutava il prossimo. Si rende conto di quanto siano
pericolose, quelle parole?".
Pericolose quanto?
"Quei quattro cretini, o ignoranti, che hanno urlato quelle cose a
Zoro non hanno contagiato il resto dello stadio, perché la maggioranza non
condivide certi atteggiamenti. Ma il discorso di quel cardinale sì che può
contagiare, condizionare, convincere".
Quindi ciò che ha detto Ruini l'ha proprio colpita?
"Sono parole che portano alla divisione, non all'unione. E così
continueremo a guardarci di traverso. Lo vedete che si ritorna sempre alla
base, cioè all'insegnamento e all'educazione? Ma se l'insegnamento è quello,
non si può pretendere altro che non sia l'intolleranza".
Questa settimana, le partite cominceranno con cinque minuti di
ritardo: basta, serve?
"Non basta ma serve, perché la Figc ha preso una posizione contro il
razzismo. Il problema è che la soluzione non la conosco nemmeno io. Ma sono
meglio cinque minuti di niente".
Lei è stato spesso vittima di episodi razzisti?
"I soliti cori, ma ormai non ci faccio caso. Per fortuna sono arrivato
in Francia da francese, anche se ero francese d'oltremare, e questo mi ha
aiutato: conoscevo già la lingua e la cultura, due elementi fondamentali. Ma
volete che ve ne racconti una?".
L'ultima che le è capitata?
"Sì. L'altra settimana ero a Parigi. Vado al ristorante, chiedo di
entrare perché avevo un appuntamento con una persona ma un responsabile mi
guarda storto e comincia a farmi mille domande: chi è lei, cosa vuole, chi
deve vedere?".
Poi?
"Poi un paio di buttafuori mi riconoscono, ma io chiedo loro di fare
finta di nulla. Volevo capire perché c'era quel sospetto nei miei confronti,
e fin dove voleva arrivare quel tipo. Fatto sta che alla fine, dopo lunghe
discussioni, mi lascia entrare. Sono andato al mio tavolo, ma non ho
resistito e me ne sono andato".
Perché?
"Perché mi è rimasto il dubbio che quell'atteggiamento ostile
dipendesse dal colore della mia pelle. Ed è bruttissimo convivere con quel
dubbio, è assurdo. Quel che è peggio, è che per altri non è solo un dubbio,
ma una certezza. Ma poi la serata è proseguita".
Come?
"Ho cambiato locale ed è esplosa una rissa tra un altro buttafuori e
una persona con i tratti arabi. Non volevano farlo entrare, lui si è
ribellato, si sono alzate le mani. E tutti dicevano: visto?, gli arabi sono
violenti. Ma io mi chiedo: e non è violenza umiliare una persona solo perché
ha tratti somatici che noi associamo, sbagliando, a qualcosa di
pericoloso?".
E la violenza delle banlieues?
"Ecco un'altra cosa che vorrei che si dicesse: i casseurs si sono
comportati da delinquenti, hanno sbagliato. Ma erano delinquenti francesi a
tutti gli effetti, cittadini francesi da generazioni. Per l'opinione
pubblica, invece, erano 'solo' africani. Africani di cui avere paura,
naturalmente".
Non crede che gli emigrati sbaglino a ricreare i loro clan, quando
vengono in Europa?
"Ma questo è naturale, fisiologico. Se un italiano incontra un
italiano all'estero, fraternizza. È una questione di affinità, di cultura,
di lingua. A volte, per esempio, i miei compagni di squadra ci fanno delle
battute: Lilian, ma voi stranieri fate sempre gruppo. E io rispondo: e voi
no? Solo perché voi siete quindici e noi cinque il vostro non è un gruppo? È
il gruppo più ampio che dovrebbe aprirsi per ospitare quello più piccolo, ma
questo non è successo e l'integrazione non c'è stata, per quanto nelle
banlieues ci siano ragazzi che non hanno mai visto l'Africa ma che tuttavia
non vengono considerati francesi. E poi c'è un altro problema".
Quale?
"Che nessuno ha mai capito che chi emigra non lo fa per nessun altro
motivo che non sia cercare di essere felice. Si lascia il proprio paese
perché non si trova da lavorare, da mangiare, da vivere, le stesse cose che
cercavano gli italiani quando emigravano in America. Ma il mondo occidentale
non ha mai trovato spazio per questa gente. D'altronde, i politici hanno
sempre e solo fatto gli interessi dei ricchi".
Lei ha due figli, uno si chiama Chefren. Perché?
"Gli ho dato il nome di un faraone perché voglio che la gente sappia
che anche l'Africa ha una storia, una cultura, un passato, mentre per molti
l'Africa è cominciata soltanto quando gli schiavi sono stati caricati sulle
navi. Là è nato il genere umano, ma non voglio andare così lontano. Vorrei
solo che ci si ricordasse che l'antico Egitto è sempre stato in Africa e che
il popolo che creò quella straordinaria civiltà ha la pelle scura. Chissà
quanti lo sanno".
Sarkozy lo saprà?
"Gli ho già risposto, del resto io sono cresciuto in mezzo a quello
che lui chiama feccia. Ma ho visto che anche lui ha detto cose molto
interessanti, l'altro giorno: se l'è presa con l'Italia e la Spagna che
hanno accolto troppi stranieri. Anche queste sono parole pericolose, come è
pericoloso qualsiasi pregiudizio".
Anche religioso?
"Anche. Qualche tempo fa, ho dato l'elemosina a un mendicante, e lui
mi ha chiesto se ero musulmano. Mi sono offeso, volevo quasi riprendermi i
soldi, gli ho detto: amico, cosa c'entra cosa io sono? Io sono un uomo, come
te. Tutto il resto non conta".
È sospettoso anche nei confronti della chiesa?
"Ho il sospetto che le religioni, qualsiasi religione, siano prima di
tutto un centro di potere. Ma era così anche nel Medioevo, se non sbaglio.
Credo che tutti gli uomini del mondo vorrebbero vivere felici con le proprie
famiglie ma il potere, politico o religioso che sia, punta a condizionare le
menti con un unico obiettivo: controllare le persone".
(1 dicembre 2005)
Qualcuno mi aiuti a capire, per favore: Thuram sta rivendicando la sua
identità di francese ("sono arrivato in Francia da francese"), di africano
(vedi la storia del figlio Chefren e dell'Africa culla della civiltà.) o
semplicemente "umana" ("cosa c'entra cosa io sono? Io sono un uomo, come te.
Tutto il resto non conta")? Vorrebbe l'assimilazione degli allogeni o il
riconoscimento della loro alterità etnoculturale? I disordini parigini non
sono forse figli anche di discorsi confusi e buonisti come questi? Diciamo
la verità: Thuram non è un granché come filosofo; d'altra parte anche
Nietzsche avrebbe toppato come terzino. Forse è meglio che ognuno faccia il
mestiere che sa fare. (noreporter)