Lituania: passo indietro sull'aborto (e l'Italia?)
di Daniele Ciacci
Con 49 voti favorevoli, 19 contrari e 25 astenuti, è passato nel Parlamento Lituano il disegno di legge che vuole limitare l’aborto ai soli casi di gravidanza risultante da stupro o da incesto, e quando la salute della donna incinta è a rischio. La proposta di una legge che limitasse i casi di aborto è stata proposta dal Partito di minoranza polacca, e ha subito guadagnato il consenso dell’Unione Lituana cristiano-democratica e del Partito Laburista lituano, superando l’ostacolo dell’evidente ostilità dei partiti progressisti. Le ragioni stanno, per quanto possibile, nello specchio dei numeri e delle percentuali. La Lituania è un paese che vive da tempo piaghe sociali e demografiche inindifferenti: è il paese europeo con più alto tasso di suicidio e più alta percentuale di emigrazione.
A questo, si aggiunga che il tasso di natalità del 2012 (9,34 nati ogni 1000 abitanti) è molto inferiore al tasso di mortalità (11,4 morti ogni 1000 abitanti). Il tasso di crescita della popolazione (ovvero il rapporto tra natalità e mortalità) è negativo da circa 10 anni, raggiungendo nel 2012 la soglia di 0,28. Si stima che ogni donna in età gravida abbia 1,28 figli, segno di una crisi demografica che rischia di pesare sulle future generazioni di lituani. La crisi demografica – e i lituani lo hanno capito prima di noi – è concausa, forse causa primaria, della crisi economica. Tanto più in un sistema come il nostro, italiano, dove lo stato assistenzialista è fortemente spostato in favore delle pensioni piuttosto che verso il sostegno alle famiglie.
Per queste ragioni, la Lituania ha deciso di intervenire sull’aborto, nella prospettiva di ridurre dei numeri davvero agghiaccianti. Ogni anno in Lituania si consumano circa 10 mila aborti, pari a circa 33 ogni 100 nati vivi. In media, una donna su cento è ricorsa all’aborto. Nonostante la quantità di aborti dall’inizio del millennio si sia in realtà quasi dimezzata (da 13.677 del 2001 a 6.989 del 2011), questo non ha di fatto bloccato la crisi demografica.
Una prima legislazione sull’aborto si è costituita nel 1955, durante il dominio sovietico. L’aborto era possibile fino alla dodicesima settimana e solo nel caso non esistessero controindicazioni per la madre e solamente nell’eventualità di handicap fetali. Non dissolvendosi però le pratiche di aborto illegale, dal 1982 il governo sovietico ha aumentato a 28 settimane il limite massimo per la procedura, ampliandone anche le giustificazioni. Oltre alle cause di salute, concause ritenute valide erano: la morte del marito durante la gravidanza, la prigionia del marito (o della stessa donna) durante la gravidanza, divorzio durante la gravidanza, stupro.
Dopo il 1992, anno dell’indipendenza lituana, non si è più toccata la regolamentazione sull’aborto creando, di fatto, una grossa lacuna nel corpus giuridico della nazione. Non esiste a tutt’oggi, infatti, una vera e propria legge “lituana” sulla pratica, benché nel 1994 il Ministero della Salute abbia legiferato in merito ad alcune procedure. Tenendo sempre come riferimento, comunque, l'antiquata legge sovietica.
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Germania, svolta al Bundestag: i bimbi non nati sono persone
In Germania è ora possibile dare legalmente un nome, e dunque un’identità giuridica e una sepoltura ufficiale, ai bambini nati morti anche se di peso inferiore ai 500 grammi. Finora in Germania li chiamavano “Sternenkinder”, bambini delle stelle, il loro nome infatti era scritto solo in cielo, nessuna traccia sulla terra. Oggi questi piccoli nati morti potranno essere iscritti dai genitori nel registro civile e avere una degna sepoltura. Lo ha stabilito il Bundestag, la legge è entrata in vigore mercoledì scorso. I bambini non nati, anche se morti durante la gravidanza, vengono quindi ufficialmente inseriti nel "mondo" degli esseri umani. La legge tedesca si incanala nella strada che sta aprendo la petizione europea «Uno di noi». E la coincidenza con la legge tedesca rafforza la campagna di raccolta delle firme e spinge le istituzioni europee a far propria l’istanza per la dignità dell’embrione.
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Lettera di don Camillo a una mamma che vuole abortire
(pubblicata sul terzo numero della rivista “Notizie PRO-VITA”)
Carissima,
so che ci sono troppe persone interessate alla tua decisione di uccidere il figlio che porti in grembo, però abbi pazienza e ascoltami, almeno per la buon’anima di tua nonna che ti ha insegnato a fare il segno della Croce – ricordi? – quando mangiavi le stelline in brodo a casa sua. Benedetta donna!
I contadini quando mettono il seme nella terra sanno bene che lì dentro c’è già la pianta, altrimenti tutta quella fatica chi gliela farebbe fare? Potrebbe essere un’annata siccitosa, oppure qualche parassita potrebbe rovinare il raccolto, ma nessuno mette in dubbio che nel seme c’è già la pianta. Se il contadino non credesse che nella natura c’è un progetto, allora, cara mia, non troveresti più cibo sulla tavola. Invece voi, che avete studiato Kant, non siete più neanche sicuri se il latte lo fanno veramente le mucche.
Nel grembo è come se tu portassi una pianticella che sta facendosi strada per venire alla luce, tra queste poche cellule che pulsano in te e l’uomo che vedrai crescere non c’è soluzione di continuità, così come non ce n’è tra il seme e la futura pianta. Tutti siamo diventati ciò che siamo lungo un cammino che non si è mai interrotto. Una volta non fumavo il sigaro, ma ero sempre io, una volta tu dovevi farti imboccare dalla nonna, ma eri sempre tu.
Devi considerare, però, la differenza fondamentale tra il progetto che sta nel seme della pianta e quello dell’essere che tu custodisci nel grembo: questo, potenzialmente, è capace di dirti ti amo. Attenzione però, se volessi sbarazzartene perché ha qualche imperfezione ricordati che per questo non smetterebbe di essere potenzialmente capace di dirti ti amo, cioè non smetterebbe di essere un uomo. C’è un mistero nell’uomo, qualcosa che lo fa essere quel corpo, ma nello stesso tempo è qualcosa in più di quel corpo, quello che tua nonna – giustamente – ti ha insegnato a chiamare anima. Benedetta donna! Proprio per questo un uomo non si uccide, perché quell’anima va oltre l’eventuale imperfezione del corpo e quindi lui resterà per sempre potenzialmente capace di dirti ti amo.
Se fossero le imperfezioni a stabilire cosa è un uomo allora “buonanotte ai suonatori” e “tutti a casa”, ma soprattutto, chi è quella specie di padreterno che decide dove comincia e dove finisce un uomo? Neanche Peppone arriverebbe a tanto, nonostante i bolscevichi. Se, invece, la malaugurata idea di uccidere quell’essere umano che porti in grembo ti fosse venuta semplicemente perchè non lo avevi “programmato”, perdonami, ma sento che mi prudono le mani.
Lascia che ti dica un’ultima cosa. L’amore, cara mia, non è un fotoromanzo con Yvonne Sanson e Amedeo Nazzari, ma una cosa seria. Non so da quanto tempo non ti metti in ginocchio davanti al Crocifisso, però quella è l’unica scuola dell’amore che non tradisce. E’ lì che puoi dare un senso anche a ciò che ti sembra non averlo.
Sia tu, che il piccolo che vorresti uccidere, siete invitati a guardare a Colui che hanno trafitto perché, grazie a Lui, potete andare oltre le vostre imperfezioni, anche oltre il tempo, laddove ciò che resta è solo la capacità di sapervi dire, con Lui e per Lui, “Ti amo”.
Alla stessa scuola portaci, per favore, anche quel disgraziato in blue jeans che ha compartecipato alla generazione del bimbo, a vedere se riesce a capire che non si ama una volta e poi più, ma quando si ama lo si fa per sempre.
Adesso ti saluto e ricorda la lezione di tua nonna: fatti il segno della Croce prima di prendere una decisione. Se hai bisogno sai dove sono, io ti aspetto sempre.
Lettera di don Camillo a una mamma che vuole abortire « Libertà e Persona



La Bibbia secondo Michela (e i Paolini)
di Renzo Puccetti
Ho letto su La Nuova Bussola Quotidiana il racconto fatto da un testimone dell’intervento che la deputata del Partito Democratico Michela Marzano ha svolto nell’ambito del Festival Biblico, una kermesse, si legge nei ringraziamenti degli organizzatori, promossa dalla diocesi di Vicenza e dalla Società San Paolo, col sostegno del Servizio nazionale per il Progetto Culturale della Chiesa Cattolica. Non ho assistito personalmente alla relazione della politica del PD, ma il resoconto che ho letto è stato così avvincente che confesso di non avere resistito e ho cercato di saperne un po’ di più. Per farlo non c’è molto da girare, basta un computer ed una connessione alla rete.
Primo Click, sezione “perché un festival biblico”; gli organizzatori si dichiarano convinti della «importanza vitale del dialogo tra le sacre Scritture ebraico-cristiane e l'uomo contemporaneo» e della «esigenza occidentale di un umanesimo etico-spirituale socialmente condiviso». Ottimo! Come? Sono ancora gli organizzatori a dirlo: «creare occasioni di scoperta del Testo sacro attraverso un ascolto intelligente della Tradizione, capace di declinarsi attraverso modi e linguaggi nuovi […] che invita a un incontro globale con la Bibbia, interpellando i cinque sensi e il cuore, la ragione, le emozioni e le relazioni». Corbezzoli! Davvero un bel programma.
Secondo click, sezione “i relatori 2013”. Si scopre che l’onorevole Marzano è una blasonata docente di filosofia che insegna a Parigi alla facoltà di Scienze Umane e Sociali dove, secondo i curatori del Festival Biblico, si occupa di filosofia morale e politica con particolare attenzione rivolta al «posto che occupa al giorno d’oggi l’essere umano in quanto essere carnale» e alla «analisi della fragilità umana». Giunto a questo punto penso che ci sia qualcosa che non quadra; possibile che istituzioni del mondo cattolico e della Chiesa di così alto livello si prestino ad avallare qualcosa di meno che rispettoso della dottrina cattolica e del dettato biblico, oggetto del loro impegno divulgativo? Mi viene il dubbio che il resoconto che ho letto possa essere originato da qualche equivoco.
Terzo click, lettura di alcune pagine di una delle opere citate in calce al profilo dell’onorevole Marzano. Leggo: «La legalizzazione dell’aborto non obbliga nessuna donna ad abortire se non lo vuole. Non obbliga nessuno a considerare l’aborto moralmente legittimo. Permette solo a tutte coloro che non possono, o non vogliono, portare avanti la gravidanza di farlo nelle migliori condizioni». Ancora: «Al contrario, coloro che vogliono criminalizzare l’aborto non solo cercano d’imporre agli altri la loro concezione del mondo e della morale ma sono anche indifferenti di fronte alle tragiche conseguenze che potrebbe avere, per molte donne, il fatto di tornare a praticare l’aborto clandestino. Anche da un punto di vista etico, e non strettamente femminista, l’aborto è il male minore».
Siete curiosi di conoscere le ragioni profonde con cui l’autrice spiega la propria difesa dell’aborto? Eccovi serviti nella stessa pagina: «Non solo perché la vita di una donna - che esiste, vive, soffre, agisce – è infinitamente più preziosa di quella di un essere che non è ancora nato, ma anche perché sono convinta che non basta vivere perché la propria vita abbia un senso». Ora il lettore da una fonte di conoscenza filosofica di così alto rango potrebbe con qualche liceità pretendere spiegazioni di quelle che appaiono incoerenze interne (anche il bambino vive, soffre e agisce nelle modalità che gli consente la propria condizione, perché dovrebbe essere infinitamente meno prezioso?), fallacie argomentative (una legge che legalizzasse l’omicidio non obbligherebbe a commetterli, non obbligherebbe a considerarlo l’omicidio un atto moralmente legittimo, ma magari permetterebbe chi non desidera continuare ad avere tra i piedi un ostacolo alla propria felicità di eliminarlo nelle migliori condizioni) e predicati monchi (se non basta vivere perché la vita abbia un senso, è certo che privato della vita il senso viene interrotto con essa).
Al di là quindi del senso di tremenda delusione intellettuale, ancora prima che morale, suscitato da chi non dovrebbe avere difficoltà con gli elementi basilari della logica aristotelica e con la morale formale kantiana, quello che interessa qui sottolineare è il crescente senso di nausea alimentato dal susseguirsi di episodi riferiti dalle cronache che lasciano interdetti. All’indomani del crescente successo della marcia nazionale per la vita, dello sforzo profuso dal laicato cattolico nella raccolta delle firme per l’iniziativa “Uno di noi”, della risposta dei ginecologi cattolici e dei giuristi per la vita all’attacco all’obiezione di coscienza all’aborto portato da un grosso sindacato italiano, a pochi giorni dalla celebrazione dell’enciclica Evangelium vitae del beato Giovanni Paolo II, una teorica dell’abortismo libertario viene invitata in un’iniziativa diocesana non a una disputa, non a un dibattito, non a un contraddittorio, ma a tenere una “lectio magistralis”, così come con una certa pompa la si è voluta presentare. È con questi attori che “l’uomo contemporaneo” si avvicinerà alla Bibbia?
“Tu mi hai intessuto nel grembo di mia madre”, “Le mie ossa non ti erano nascoste quando fui formato in segreto”, “Nel tuo libro erano già scritti tutti i giorni che erano stati fissati per me, anche se nessuno di essi esisteva ancora”. È il salmo 139 che canta l’onniscienza di Dio. Ci sia fatto capire, è onorando gli autori di questi contenuti che secondo la diocesi di Vicenza e la Società San Paolo “i cinque sensi, il cuore e la ragione” verranno interpellati per meditare su dignità dell’uomo e sacralità della vita innocente? Il bambino abortito non è sufficientemente carnale? Non è sufficientemente fragile? È così che si serve Dio autore della vita? È stato posto in cattedra un personaggio che lancia accuse d’indifferenza e di ostacolo alla civiltà contro chi si oppone alla legalizzazione dell’aborto; mi interrogo se è con queste iniziative che si veicola “un ascolto intelligente della Tradizione” che guarda caso però definisce le leggi abortiste “corruzione della legge” (EV, 72) a cui si ha l’obbligo morale di opporsi (EV, 73). È col cibo avariato che si tutelano gli infermi? È con l’apertura ai lupi che si veglia sul gregge? Oppure, e vorrei tanto sbagliarmi, questo è quanto riesce a produrre una ONG pietosa.
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