Ogm, guerra batteriologica, protocollo di Kyoto: secondo Stefano Vaj le grandi sfide del terzo millennio possono essere affrontate solo tramite una rottura radicale dei valori oggi dominanti

Biotecnologie, ecologia, procreazione assistita, modello di sviluppo, stanno diventando argomenti prosaici, talora noiosi. La partita è sempre la stessa: gli interessi delle multinazionali agro-chimico-farmaceutiche e dell’establishment medico e la lamentosa retorica dei diritti civili, da un lato; contro il proibizionismo reazionario dei comitati di bioetica, le legittime diffidenze dei consumatori, il millenarismo ambientalista, dall’altro.
Se al primo schieramento viene pronosticata anche dagli avversari una vittoria inevitabile, sul piano politico-culturale oggi è il secondo a farla da padrone, specie dopo la “vittoria” astensionista nei referendum sulla procreazione assistita, e più o meno tutti sacrificano demagogicamente sull’altare di tale ultima squadra, intanto che fanno affari e si mettono d’accordo con la prima.
Nessuno d’altronde si chiede se siano possibili prospettive radicalmente diverse, e se quelle dominanti siano adeguate ad affrontare la rivoluzione biologica e ambientale iniziata da circa mezzo secolo, e che oggi sta precipitando. Si può anzi dire che l’epoca che va dai referendum sul nucleare e sull’aborto a quello sulla fecondazione artificiale è caratterizzata proprio da una sclerotizzazione del dibattito sui temi biopolitici, pure assolutamente centrali per il nostro futuro. Non solo. Questioni centrali come etnicità, territorio, demografia, rilancio della ricerca europea restano assolutamente marginalizzate in tale dibattito, declinato appunto secondo parametri puramente economici o moralistici.
Biopolitica. Il nuovo paradigma, l’ultimo saggio di Stefano Vaj, si pone su un piano completamente diverso. Anche se è ricchissimo di riferimenti alle acquisizioni scientifiche e tecnologiche che vengono a comporre il passaggio a uno scenario del tutto nuovo, per l’autore la biotecnologia è innanzitutto poesia, arte creatrice e postmoderna di un nuovo possibile progetto collettivo, di un’autodeterminazione di comunità storiche e radicate che decidano di rifiutare la fine della storia e di dare anzi vita a un nuovo inizio -- simile a quello che ha avuto luogo una decina di migliaia di anni fa con la rivoluzione neolitica -, innanzitutto rifiutando il proprio riassorbimento in un’ “umanità” indifferenziata e globalizzata.
In quest’ordine di idee - che pure rifiuta i facili ottimismi e i facili entusiasmi del progressismo di un tempo, e sottolinea il rischio estremo cui la specie umana è confrontata - l’ippogrifo prende posto accanto alla soia transgenica e alla fecondazione artificiale, e Faust, Licurgo e Prometeo siedono al tavolo con Darwin, Frankenstein, il Golem e gli autori dell’età d’oro della fantascienza americana come Heinlein e Anderson.
In effetti, l’esposizione pare volta innanzitutto a ricomporre le notizie e le polemiche di cui sono oggi piene la cronaca e la divulgazione in un quadro complessivo, che mira a fare il punto su cosa sappiamo, cosa sta succedendo, dove stiamo andando, e a ricollocare tale quadro nella trama di riferimenti di cui è intessuta la cultura personale di ognuno di noi, non escluso in campo artistico, cinematografico, giuridico, mitologico, eccetera, attraverso un’interdisciplinarietà che molto aggiunge al piacere della lettura.
Certo, la posizione di Vaj in campo biopolitico è dichiaratamente a favore di un Archeofuturismo, e non solo il saggio abbonda di citazioni dell’omonimo libro-manifesto di Guillaume Faye pubblicato in italiano dalle Edizioni Barbarossa, ma contiene un’appendice del medesimo intellettuale francese, tratta da La colonisation de l’Europe, in cui le tematiche del testo principale vengono riprese e sviluppate, da un’angolatura solo leggermente diversa, con riguardo al destino etno-culturale del nostro continente e dei suoi popoli a fronte della colonizzazione di ripopolamento da cui essi sono oggi minacciati.
Il libro mira d’altronde a essere qualcosa di più di una brillante provocazione scientifico-letteraria, e affonda la propria analisi nella filosofia della storia, identificando la rivoluzione biopolitica come il luogo privilegiato dello scontro fondamentale della nostra epoca. Il meticciato delle popolazioni umane o la bionica, come l’effetto serra o la clonazione, fanno infatti parte dell’epoca in cui l’umanismo e l’universalismo conoscono al tempo stesso il proprio apogeo e la propria crisi. Ora, secondo l’autore (debitore in questo di Giorgio Locchi), l’inizio della fine del vecchio mondo non comincia con il completamento del Progetto Genoma, ma si annuncia sin dalla metà dell’Ottocento, e a cavallo tra i due secoli passati è già stata affrontata dall’ ”antropologia” di autori come Nietzsche, Spengler, Jünger, Heidegger, Marinetti e Gehlen, antropologia che oggi riemerge prepotentemente, in modo conscio o meno, al di là di cinquant’anni di rimozione ed incomprensioni.
Ed è certamente suggestivo il fatto che la risposta postmoderna ed identitaria alle sfide della biopolitica che tutto ciò preconizza corrisponda esemplarmente all’atteggiamento verso il mondo che Vaj identifica come proprio dell’eredità dei popoli (indo-) europei.
A loro volta, le possibili opzioni al riguardo hanno ricadute decisive, non solo con riguardo al modo di affrontare le sfide epocali cui siamo confrontati, ma rispetto a scelte politiche che coinvolgono la nostra esistenza immediata, a livello individuale e collettivo, a cominciare dalla indipendenza e sopravvivenza (economica, politica, biologica) delle nostre comunità di appartenenza, confrontate come sono con il sistema della fine della storia e dell’omologazione universale.
Vaj non si sottrae così a indicazioni molto concrete, ad esempio di politica economica e legislativa, per chi faccia propri i medesimi riferimenti e valori; ma soprattutto ti incoraggia a pensare sino in fondo ciò che pensi, a “divenire ciò che sei”. Operazione questa che se compiuta con la dovuta onestà potrebbe condurre molti a revisioni radicali o conversioni insospettate, o almeno a rendersi conto che ci sono davvero più cose in cielo e in terra di quante non ne immagini la piatta filosofia irenista ed universalista della fine del Novecento.
BIOPOLITICA. IL NUOVO PARADIGMA
autore: Stefano Vaj
appendice di Guillaume Faye
Soc. Ed. Barbarossa, Milano 2005
304 pagine
20 euro
richiedibile al sito http://www.orionlibri.com