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  1. #1
    Tringeadeuroppa
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    Predefinito I testi che fecero infuriare Tabucchi

    Brunello De Cusatis, docente all’Università di Perugia, è stato il primo a tradurre nel nostro Paese gli scritti politici di Fernando Pessoa. Nel 1994, per la piccola casa editrice “di destra” Settimo Sigillo presentò gli Scritti di sociologia e teoria politica, all’interno della collana “Disenciclopedia”, diretta da Alessandro Campi, attuale consigliere di Gianfranco Fini. In quel volume, erano già contenuti i testi, che ora edita Guanda, sull’opinione pubblica e le società segrete (l’edizione di De Cusatis, infatti, viene citata). La pubblicazione, tuttavia, suscitò un putiferio e portò il professore di Perugia a scontrarsi duramente con Antonio Tabucchi.

    Professore, come mai nel ’94 pubblicò per una casa editrice così piccola? Ora Pessoa è edito da Guanda, Feltrinelli...

    «Nessuna casa editrice, allora, avrebbe pubblicato gli scritti politici e sociologici. Perché Pessoa era stato presentato, in versione politicamente corretta, da Antonio Tabucchi. Quegli scritti erano stati raccolti in Portogallo e Pessoa li aveva pubblicati in vita. Nel 1996, invece, ho fatto uscire per l’editore Pellicani Politica e profezia. Appunti e frammenti 1910-1935, volume che conteneva scritti inediti».

    Che differenza c’è tra il Pessoa che ha pubblicato lei e la versione “politicamente corretta”?

    «Credo che quello che ho pubblicato io sia il Pessoa vero. Era un anarchico di destra, un antidemocratico, un antiliberale e allo stesso tempo, in campo economico, un liberista. Questo perché allora il Portogallo era prettamente agricolo e Pessoa, da modernista, aveva intuito la necessità di un impulso industriale. E poi c’è il fatto che Pessoa, fondamentalmente, era un antisemita. Tanto che quando fondò una sua casa editrice, nel piano editoriale era prevista la traduzione dei Protocolli dei savi di Sion, probabilmente realizzata da lui stesso sotto la sigla A.L.R., che non è riconducibile ad altri».

    Da lì il litigio con l’autore di Sostiene Pereira.

    «Il suo fu un attacco ferocissimo. Spiego che cosa accadde. Quando uscì il volume, nel ’94, lo inviai ad Antonio Gnoli di Repubblica, che ne presentò un estratto in anteprima, forse tratto proprio dallo scritto sull’opinione pubblica. Uscì questo titolo: “Fernando Pessoa, destra e astri” e ci si chiedeva se lo scrittore “era fascista”. Può immaginare il putiferio».

    Che cosa accadde?

    «Quando uscì la recensione, due librerie Feltrinelli di Roma fecero ordinare 200 copie ciascuna del libro. Tabucchi, allora autore di punta proprio di Feltrinelli, fece annullare l’ordine. Mi attaccarono duramente, dicendo che ero un fascista e un salazarista. Cosa per altro sbagliata, perché tra fascismo e salazarismo ci sono profonde differenze. Anche Pessoa, per un certo periodo, sostenne Salazar. Nel 1928 pubblicò L’interregno. Difesa e giustificazione della dittatura militare in Portogallo. Era convinto che, in un momento di caos totale, solo i militari potessero riportare l’ordine nel Paese. Ma non avrebbero dovuto legiferare, bensì limitarsi a stabilizzare la situazione. Ecco perché, quando la dittatura si istituzionalizzò, Pessoa non poteva approvare. Avrebbe preferito una monarchia assoluta o una repubblica presidenziale. Che poi in effetti arrivò con Sidónio Pais».

    A proposito di Sidónio Pais, lei sta per rieditare un testo di Pessoa sull’argomento.

    «Si tratta dell’elegia Alla memoria del Presidente-re Sidónio Pais, dove si uniscono appunto i due aspetti di monarchia e presidenzialismo. Uscirà fra una decina di giorni per le edizioni Urogallo di Perugia».

  2. #2
    Tringeadeuroppa
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    Predefinito Rif: I testi che fecero infuriare Tabucchi

    «La democrazia di oggi è un’orgia di traditori»

    | Cultura | Emilio Roccanera
    Pubblicato il giorno: 22/12/09

    Curioso Pessoa. In realtà irriducibile a schemi ed etichette. Poeta misticheggiante, pensatore critico dei canoni bolsi della democrazia ottocentesca ma non certo antiliberale nel senso più pieno del termine, a tratti nazionalista ma pure democratico (se la parola non fosse poundianamente usurata), comunque comodamente sistemato dentro il regime conservatore di António de Oliveira Salazar eppure suo critico sottile. Fernando Pessoa fu davvero tutto questo. Ora esce un quaderno di suoi scritti alquanto dimenticati dal titolo Sulla tirannia (Guanda, pp. 134, euro 12). Lo cura Roberto Mulinacci, che avvisa il lettore circa gli articoli, cioè «pervenutici in condizioni di parziale dissesto testuale» e «composti verosimilmente nell’immediato dopoguerra».
    La riflessione

    La raccolta propone una riflessione in forma di cinque dialoghi sul tema appunto della tirannia, significativamente preceduti da un ragionamento controcorrente sul concetto di “opinione pubblica” e chiusi da una difesa delle società segrete. Su quest’ultimo scritto, particolare, preziosa è la spiegazione di Mulinacci. Un disegno di legge presentato dal deputato monarchico José Cabral nel Portogallo salazarista del 1935 mirava a bandire dal Paese la massoneria, vero ostacolo alle politiche del governo, e ciò che spinse Pessoa «a intervenire pubblicamente e in maniera così decisa, sapendo di mettere a repentaglio i suoi buoni uffici col regime» fu il suo grande interesse per l’esoterismo.

    Allergico ai luoghi comuni, Pessoa spiega che la tirannia si esercita in tre forme precise: con la forza, attraverso il numero e mediante l’abitudine. Non è cioè solo una questione di regimi, ma soprattutto di mentalità, persino di stili di vita. Anche qui, però, senza scontatezze. Contro ogni illusione da “pensiero facile”, per il poeta portoghese la peggiore di tutte è infatti «la tirannia rivoluzionaria, che è il vivere soggetti non alle abitudini di ieri, ma a quelle di dopodomani; la tradizione del passato è brutta, ma la tradizione del futuro è ancora peggiore». Come polverizzare, insomma, le ubbie progressiste in una manciata di parole ben articolate. Anche perché, poco oltre, Pessoa glossa così: «Lo stato sociale che rende possibile il progresso è l’equilibrio delle tirannie. Quanto più intensa è la tendenza alla tirannia da ogni parte, più fecondo è lo stato del progresso». Non che le tirannidi siano motore di progresso sociale, ma l’equilibrio fra esse sì. La differenza tra il progressismo e il progresso non potrebbe essere più lampante. Di mezzo c’è il realismo, un realismo quasi alla Metternich che farà gridare allo scandalo i “liberal” ma che descrive efficacemente le dinamiche politiche del moderno, per intendersi da Niccolò Machiavelli in qua.

    Attualissimo è, del resto, il suo dire che «l’unica inquisizione che c’è oggi è la stupidità», così come il riflettere sul fatto che «il dovere degli intellettuali (in un’epoca come la nostra, in cui l’odio più grande è quello verso l’Intelligenza) è di creare un’atmosfera favorevole all’Intelligenza, di far risultare l’Intelligenza come una forza, o, perlomeno, come una cosa». Si vede a occhio nudo che nel tempo attuale Pessoa non gode di numerosi lettori, persino fra quanti si pensano intelligenti (molti) e si dicono liberali (troppi). Certamente, infatti, ai più non è presente questa notazione dello scrittore portoghese: «La libertà individuale non può esistere se non dopo aver conquistato la libertà sociale, e, principalmente, quella economica. A che mi serve la libertà di scrivere un romanzo se, per una questione di temperamento, per scrivere ho bisogno di concentrazione, e devo andare in ufficio tutti i giorni?».

    Per Pessoa, insomma, quella della tirannia non è una questione di mera dottrina circa la natura del migliore regime possibile, ma una questione autenticamente politica se per politica, come egli fa, si ha non una concezione castale e avulsa dal reale, ma concreta, partecipativa e quindi sì, a queste condizioni, davvero democratica. Ed è per questo che Pessoa di fatto esalta l’“opinione pubblica”, il patriottismo autentico di chi resta attaccato non intellettualmente ma fisicamente a ciò che è tramandato e che il potere politico moderno, salvo pagare un mero tributo verbale, non riesce a comprendere.
    Lo sfaldamento

    Un istinto di conservazione, insomma, che porta «allo sfaldamento integrale del concetto moderno di Democrazia, alla dimostrazione che la Democrazia, come la si intende modernamente, è essenzialmente nemica dell’opinione pubblica, e dunque antisociale, antipopolare e antipatriottica». La democrazia moderna, sottolinea però Pessoa, giacché ve n’è un’altra, non moderna, persino, egli dice, una «democrazia monarchica», per esempio nel Medioevo, dove essa rappresentava autenticamente il popolo.

    E «popolo», per Pessoa, significa «rivoluzione nazionale», ribellione contro cioè che è «straniero», lesivo, distruttivo. «E così, siccome c’è verità popolare solo in questi movimenti», ovvero le rivoluzioni nazionali «la Democrazia moderna, oltre a dimostrarsi falsa in tutta l’estensione dei suoi princìpi, risulta comprovatamente falsa anche in tutta l’estensione dei suoi processi, che sono quelli rivoluzionari». Per questo liberal-nazionale che saluta con favore l’idea di controrivoluzione, infatti, «essere rivoluzionari significa servire il nemico. Essere liberali significa odiare la patria. La Democrazia moderna è un’orgia di traditori»”.

  3. #3
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    Predefinito Rif: I testi che fecero infuriare Tabucchi

    I due testi di Pessoa li fece arrivare all'università dove studiavo il professore di Scienza Politica, Gianfranco Lami, e l'ho sempre ringraziato per aver contrastato la scemenza del tabucchismo.
    Tradizione e Azione

  4. #4
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    Predefinito Rif: I testi che fecero infuriare Tabucchi

    Grande Pessoa, tra i miei letterati preferiti.

 

 

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