La banca olandese ha vinto la battaglia per la conquista con l'acquisizione da BPI del 25,9 di AntonVeneta, azioni da poco dissequestrate dalla magistratura...ma anche gli olandesi non sono esenti da "furberie"...

da Il Sole 24 Ore – Abn Amro ha vinto la sua battaglia per la conquista di AntonVeneta anche grazie alla collaborazione di un informatore che lavorava alla Banca Popolare di Lodi (ora Bpi), lo scrive ieri in esclusiva il quotidiano olandese Het Financieele Dagblad. Anzi, senza il suo contributo l’esito avrebbe potuto essere differente. Secondo il quotidiano, l’informatore, che ora non lavora più in Bpi, avrebbe fornito alla banca olandese importanti informazioni sulle mosse del gruppo lodigiano nei confronti dell’AntonVeneta. Il presunto “mister X” avrebbe preso contatto con gli avvocati di Abn Amro fin dallo scorso aprile, quando la battaglia per l’istituto padovano stava entrando nel vivo. Tra le altre notizie fornite e risultate poi determinanti per la “vittoria” finale l’informatore avrebbe tra l’altro rivelato agli olandesi l’esistenza dei 18 conti intestati a prestanome.....

Il Wsj e i fondi neri di Abn Amro

Bandiere rosse ignorate»: il Wall Street Journal introduce così un lungo articolo inchiesta dedicato alla banca olandese dal titolo «Come Abn Amro è andata oltre ogni limite nel mondo della finanza spericolata»; la scorsa settimana Abn Amro ha sottoscritto una transazione con il governo degli Stati Uniti e con le autorità olandesi per 80 milioni di dollari a fronte di trasferimenti illegali o sospetti per 70 miliardi da Europa dell'Est, Libia e Iran.

Tuttavia l'inchiesta penale sui fondi neri procede e i guai non sembrano essere arrivati al capolinea.
Secondo Glenn R. Simpson, che firma il pezzo, tutto è iniziato quando due banche di New York sono state prese in trappola dal Dipartimento di giustizia per i loro loschi legami con finanziatori russi nel 1999. Allora la maggior parte dei colossi del credito a stelle e strisce si sono dati da fare per scaricare i loro scomodi clienti moscoviti. La sola banca invece che ha colto l'occasione è stata la numero uno d'Olanda, che, fra i maggiori azionisti di Capitalia e vincitrice della guerra per la conquista della Popolare AntonVeneta, passa qui da noi come portatrice sana delle istanze del mercato in uno scenario bloccato e protetto come quello italiano. Nonostante le ammissioni, non ci sono ancora capi d'imputazione contro dirigenti di Abn e sembra che ogni violazione sia stata scoperta e riferita alle autorità dagli stessi sistemi investigativi interni alla banca, ma resta il problema etico di un istituto che, nonostante il presidente Rijkman Groenink avversi ufficialmente le pratiche illegali, di fatto si è prestato a fare da testa di ponte negli Usa per le attività finanziarie dei nuovi raider dell'Est Europa.

Racconta il Wsj che a un certo punto della vicenda un dirigente della filiale newyorchese di Abn Amro scrisse un'email del tipo: «Come possiamo non trarre profitto da questa opportunità?». Fin da subito emersero dubbi su tali operazioni tanto che in alcune e-mail un dipendente della banca numero venti nel mondo per patrimonio scriveva: «Ci stiamo cacciando tutti nei guai». Ebbene, a cinque anni di distanza i guai hanno puntualmente bussato alla porta, scrive il Wsj. Abn Amro è sotto inchiesta da parte del Dipartimento penale della Giustizia. Secondo le ammissioni della stessa banca sono stati trasferiti miliardi di dollari negli Usa senza preoccuparsi granché di chi trasferisse il denaro e perché. Spesso è venuto a mancare il necessario zelo nella comunicazione delle transazioni al governo degli Stati Uniti, come prescritto dalla normativa sui crimini finanziari. Abn Amro ammette poi che i suoi responsabili abbiano falsificato documenti relativi ad operazioni per miliardi di dollari con l'Iran e la Libia, nonostante siano paesi oggetto di sanzioni da parte di Washington.

La vicenda sul perché Abn Amro abbia bellamente ignorato i limiti di legge, le cosiddette "bandiere rosse", muovendosi in maniera spregiudicata, è illuminante sul ruolo centrale del sistema finanziario degli Stati Uniti nel giro globale dei fondi neri e del loro mercato, anche quando istituzioni straniere non hanno un business direttamente negli Usa. La questione vera è che finora agli avvertimenti delle autorità, anche in altri paesi come la Gran Bretagna e il Dubai (con ulteriori implicazioni in traffici finanziari con società impegnate in Libia e Iran), i vertici di Abn hanno risposto promettendo di sistemare le cose senza poi fare seguire i fatti. Nel marzo 2004 funzionari della Banca centrale degli Stati Uniti (Federal Reserve) accusarono Abn di non reagire con la dovuta solerzia alla richiesta di porre un freno alle transazioni illegali. Fu così che Groenink e i suoi top executive decisero di ingaggiare la società di consulenze Kpmg di scaricare un centinaio di clienti scomodi con base in Russia, Cipro e in altre ex repubbliche sovietiche. Uno dei fatti più inquietanti riportati dall'inchiesta del Wsj è che il numero uno della banca olandese nell'ottobre 2004 sarebbe arrivato al punto di ordinare dalla sua suite dell'hotel Ritz-Carlton di New York di bloccare il flusso di informazioni sensibili agli americani e di distruggere il report interno sul dossier Iran-Libia, salvo ripensarci per l'opposizione dei suoi stessi collaboratori. I problemi di Abn Amro negli Usa non sono ancora finiti. Naturalmente la banca sostiene di avere tutta l'intenzione di cooperare con la magistratura.