Intervista a Stefano Vernole
:::: 7 Dicembre 2005 :::: 9:17 T.U. :::: Interviste :::: Radio Base Popolare Network
Intervista a Stefano Vernole condotta da Nicola Gemignani di Radio Base Popolare Network (www.radiobase.net)- 1/12/2005


D. Due parole iniziali sulla rivista “Eurasia”. Di che cosa si occupa?

R. “Eurasia” è una rivista trimestrale di studi geopolitici, che si propone di analizzare anche dal punto di vista della strategia, dell’economia e della finanza i principali avvenimenti mondiali, non solo quanto concerne la massa continentale eurasiatica o i tradizionali confini del continente eurasiatico (Europa Russia Siberia) ma tutto ciò che riguarda la geopolitica del Pianeta, dall’Africa all’America Latina. Il prossimo numero, la cui uscita è prevista nel mese di gennaio, sarà dedicato in gran parte alla Cina.

D. Ci puoi spiegare esattamente cos’è il National Endowment for Democracy?

R. Il cd. NED è ufficialmente un’associazione senza scopo di lucro, ma il suo finanziamento è assicurato dal Congresso statunitense nella voce di bilancio del Dipartimento di Stato destinato all’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale, esso riceve comunque “donazioni” anche da diverse compagnie multinazionali. Dopo essere stato creato da Ronald Reagan ai tempi della battaglia contro il cd. “Impero del Male”, l’Unione Sovietica, oggi il NED serve soprattutto alla formazione e al finanziamento di tutti quei movimenti strumentalizzati da Washington alfine di abbattere i governi “sgraditi”, quali ad esempio la Serbia di Milosevic, l’Ucraina di Yanukovic e il Venezuela di Chavez, in combutta con le ONG manipolate dal noto speculatore George Soros. Mentre nei primi due casi il NED ha avuto successo, in Venezuela la manovra è andata male, a causa della massiccia reazione popolare a favore del Presidente della Repubblica bolivariana, Hugo Chavez. Molto probabilmente per destituire Chavez gli Stati Uniti sarebbero ricorsi anche all’intervento militare diretto ma hanno dovuto mordere il freno stante le enormi difficoltà incontrate in Iraq. Quando parliamo della strategia dell’Amministrazione nordamericana nel percorso di “esportazione della democrazia”dobbiamo sempre ricordare il doppio binario che percorre, quello dell’ “hard power”, legato alla forza militare e che vediamo in azione ad esempio in Afghanistan o Iraq e quello del “soft power”, che si basa invece sull’influenza culturale o economica statunitense (pensiamo ai film di Hollywood e ai modelli propagandati dalla pubblicità), il NED è uno strumento del secondo.

D. Il giornalista che abbiamo intervistato precedentemente ha ricordato come per protesta l’opposizione venezuelana abbia deciso di non partecipare alle elezioni legislative, come giudichi l’atteggiamento di Chavez che è stato spesso accusato di metodi un po’ rudi?

R. Chavez è un vero democratico, che ha vinto legittimamente tutte le consultazioni elettorali alle quali si è sottoposto finora, compreso il referendum indetto per farlo dimettere e previsto nella Costituzione venezuelana grazie a una legge voluta proprio dal suo governo (caso unico al mondo). Egli si è dimostrato fin troppo tollerante con l’opposizione che tentò di destituirlo nel 2002 con un colpo di Stato appoggiato dagli Stati Uniti e riconosciuto pure dall’Ambasciata spagnola e praticamente non arrestò nessuno dei golpisti. Dopo la vittoria nel referendum dell’agosto 2004, però, Chavez ha inteso regolare i conti e ha dato il via libera alla magistratura per indagare su tutti coloro che hanno ricevuto finanziamenti dall’estero per cercare di abbatterlo. Si è così scoperto che “Sumate”, il principale gruppo di opposizione venezuelano, ha incassato cospicui finanziamenti proprio dal NED e i responsabili se condannati, rischiano ora fino a 16 anni di carcere. Si tratta ovviamente di misure più che comprensibili contro coloro che hanno tentato con l’illegalità di provocare la caduta di un legittimo capo di Stato.

D. Qual è il ruolo della Spagna nelle vicende venezuelane?

R. Con il governo Aznar e in collaborazione con gli Stati Uniti, la Spagna ha agito per interposta persona nel tentativo di destabilizzare la presidenza di Chavez. In particolare i due paesi hanno utilizzato la Colombia, nazione confinante del Venezuela e stretto alleato di Washington nella regione, per scatenare un casus belli. L’esecutivo di Caracas ha infatti dovuto arrestare numerosi paramilitari colombiani che si addestravano addirittura all’interno dei confini venezuelani, nella regione di Zulia, pronta a chiedere la secessione. Ancora una volta ci è voluta tutta l’abilità diplomatica di Chavez per “raffreddare” la crisi con il governo di Bogotà, che non solo era il terzo paese al mondo per aiuti militari statunitensi dopo Egitto e Israele ma aveva ricevuto un nuovo stock di 46 carri armati proprio dalla Spagna. Il cambio di presidenza a Madrid, da Aznar a Zapatero, ha però favorito l’allentamento delle tensioni tra i due paesi e ciò viene confermato dal recente rifornimento spagnolo proprio al Venezuela di otto pattugliatori e dodici aerei da trasporto, malgrado le proteste del Partito Popolare.

D. Da quanto ci risulta, il NED interviene nella vita politica italiana anche ufficialmente. Possibile che noti politici italiani accettino di partecipare a incontri pubblici con esponenti di una fondazione che pare sia strettamente legata alla CIA?

R. Questa domanda comporterebbe la necessità di aprire un tema più vasto, cioè la reale condizione di sovranità dell’Italia, ma non sarebbe sufficiente un’intera trasmissione per parlarne. Qui posso limitarmi a fare degli esempi che aiutano a riflettere e invito a domandarsi perché tutti i partiti in cerca di legittimazione devono recare omaggio al potere statunitense. Ricordo in passato i viaggi a Londra e soprattutto a Washington di Gianfranco Fini, per “sdoganare” Alleanza Nazionale e quelli più recenti di Rutelli e Fassino a New York, dove hanno incontrato noti esponenti del Council on Foreign Relations e altre lobbies nordamericane.
La mia sensazione è che nessun governo in Italia possa essere formato senza il consenso preventivo degli Stati Uniti