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" La Tav fa parte di un ampio progetto di network europeo
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Giuseppe Croce, 12 dicembre 2005
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Nella notte tra il 6 ed il 7 dicembre la polizia, in assetto antisommossa e dotata di ruspe, ha rimosso con la forza (a detta di alcuni anche troppa) il blocco anti-Tav. Ai manifestanti sono bastati appena due giorni per riprendere il controllo del cantiere, in una specie di guerra di posizione in cui le reti metalliche che delimitano l’area dei lavori assomigliano fin troppo a una trincea. Ogni metro è prezioso e lo sanno bene sia i manifestanti che le forze dell’ordine. A detta del ministro Pisanu, gli episodi violenti che hanno causato feriti da entrambe le parti in lotta sarebbero dovuti a un migliaio di estremisti venuti da tutta Italia, forse anche d’oltralpe. Estremisti, anarco-insurrezionalisti, indipendentisti a parte, tra le riprese dei telegiornali si vede un po’ di tutto: bandiere rosse, arcobaleni della pace, qualche Che Guevara e persino i vessilli della Irs (Indipendèntzia Repùbrica de Sardigna) con i suoi quattro mori. Nel frattempo gli esperti si affannano, su giornali e televisioni, a sfornare analisi sui pro e i contro della linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione.
Significativo, ad esempio, il sintetico giudizio espresso da Marco Ponti su L’Espresso in edicola questa settimana: Treni ad Alta Follia. Secondo l’esperto citato dal settimanale, la Tav non ha ragione di esistere, ma non certo per motivi ambientali. Il problema sarebbe economico, in quanto gli enormi investimenti richiesti per la realizzazione dell’opera non sarebbero giustificati dal volume del traffico (passeggeri e merci) della tratta in questione. Inoltre il concetto stesso di treno ad alta velocità non si adatterebbe alle caratteristiche urbanistiche italiane che vedono prevalere molti piccoli centri abitati (che verrebbero devastati dall’infrastruttura senza goderne alcun vantaggio, visto che non sono previste stazioni intermedie) a scapito delle grandi metropoli da milioni di brulicanti abitanti sempre in viaggio.
E a vedere i paesini della Val di Susa verrebbe da dargli ragione. Il problema è, però, la prospettiva d’analisi: la Tav non è semplicemente un treno che viaggia a 300 Km/h da Lione a Torino. È molto di più. Si tratta, infatti, di una linea ferroviaria ben più lunga in cui Torino non è altro che una stazione di un treno che collegherà Lisbona con Kiev passando, oltre che per Lione e il capoluogo piemontese, per Valladolid, Madrid, Saragozza, Barcellona, Montpellier, Nimes, Novara, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Lubiana e Budapest. Non si parla semplicemente di un gioiello tecnologico che collegherà due grandi - ma neanche troppo - centri abitati attraverso le Alpi, ma di un troncone del “Corridoio V” che fa parte dei “Ten”. Parole che, purtroppo, si leggono su pochi giornali italiani.
Il progetto Ten (Trans-European Network) nasce per volontà del Consiglio Europeo nel 1993, partendo dal presupposto che l’unione economica e monetaria, non ha senso senza un sistema di trasporti e di una rete di infrastrutture plurimodali efficiente, tale da permettere la circolazione delle merci e delle persone da un capo all’altro dell’Europa. Giusto per fare un esempio, l’aeroporto di Milano Malpensa è stato finanziato con fondi Ten. I progetti Ten, più volte rivisti nel corso del decennio, avrebbero dovuto realizzarsi, nella loro maggior parte entro il triennio 2007/2010, ma i vincoli di bilancio derivanti dal Trattato di Maastricht hanno fortemente rallentato l’erogazione dei fondi necessari alla realizzazione di molte opere, costringendo il Consiglio a posticipare la scadenza al 2020. Il Corridoio V, di cui appunto la Tav Lione-Torino fa parte, unirà l’Atlantico al cuore dell’Europa. Difficile, per questo, affermare che la Tav non sia giustificata dai volumi di traffico merci e passeggeri: quante merci e persone passeranno da quella tratta non lo potremo sapere finché non sarà possibile percorrerla, ma di sicuro saranno molte.
È indubbio che i Ten (e la Tav che di essi è una parte) abbiano, oltre a un valore economico incalcolabile, una fortissima valenza ideologica: unire l’Europa da parte a parte non farà solo guadagnare molti soldi a chi realizzerà le infrastrutture e risparmiarne molti altri a chi le utilizzerà. Unire fisicamente l’Europa farà l’Europa, nel vero senso della parola. È altrettanto fuori di dubbio che anche le proteste anti-Tav abbiano un forte colore ideologico, anche se probabilmente molti degli attivisti protagonisti delle proteste neanche se ne accorgono. Che il paesaggio montano della Val di Susa verrà, se non devastato, quanto meno sarà sfregiato dal traforo, dai ponti, dalla linea elettrica e dai binari non è certo, ma assai probabile. Ovvio, quindi, che i valligiani alzino la voce per difendere la propria montagna. Chiunque lo farebbe, gli anglosassoni definiscono questo fenomeno Nimby (Not In My BackYard, non in casa mia).
È molto più preoccupante sapere che gente da tutta l’Italia arriva in Piemonte per protestare contro un’opera che probabilmente non vedrà mai in vita sua. È preoccupante perché di corridoi che passano per l’Italia i Ten ne prevedono altri, come il Genova-Rotterdam e il Berlino-Napoli che sarà seguito, se e quando verrà costruito lo Stretto di Messina, dalla tratta ad alta velocità Napoli-Palermo (inutile, quindi, opporre al ponte l’argomentazione che, una volta sbarcati a Messina, si troverebbe il monobinario ottocentesco). Lo scontro ideologico tra i “pro” e gli “anti” non riguarda una splendida quanto sperduta valle piemontese: è uno scontro tra il locale e il globale, tra l’isolamento e l’integrazione economica e culturale. La valle è di passaggio.
Dal punto di vista politico è essenziale chiarire fermamente da che parte si sta e dare un segnale chiaro a chi ha intenzione di bloccare i lavori. Perché i Ten non riguardano solo autostrade e ferrovie ma anche linee elettriche e gasdotti: dal 1995 al 2003 l’Unione Europea ha finanziato ben sedici studi di fattibilità per la costruzione di infrastrutture energetiche riguardanti l’Italia. Fra le opere più interessanti che i progetti Ten-Energy prevedono per il nostro paese spiccano: il gasdotto Volta tra Italia e Slovenia; due linee elettriche da 380 kV che ci collegheranno ad Austria e Svizzera; un terminale di rigassificazione del gas naturale liquido; l’interconnessione elettrica con la Francia in corrente continua; la ristrutturazione di alcune linee elettriche nazionali.
Si tratta di opere molto importanti che si aggiungeranno alle autostrade e alle ferrovie. Vista la pesante dipendenza energetica dell’Italia dall’estero forse i progetti Ten-Energy sono ancor più utili rispetto ai progetti sulle reti di trasporto, ma sono ancora nella fase preliminare degli studi di fattibilità. Ciò vuol dire che se passa il messaggio che la realizzazione di un’infrastruttura europea può essere bloccata o fortemente ritardata in Italia da attivisti e manifestanti, difficilmente i progetti Ten-Energy riguardanti il nostro paese vedranno la luce.
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Già l'Italia paga una bolletta energetica (di dipendenza dall'estero e dal nucleare straniero) aggravata, e di molto, dalla demagogia degli pseudo-ambientalisti e "Verdi" (di fuori e rossi dentro, come è noto) nostrani, per 9/10 parti integranti della sinistretta che grida al declino competitivo .......
Saluti liberali