Dal federalismo in edicola, intervista a Max di Savoini.

"Io sto con Max Ferrari». Al collo di Mario Borghezio, di altri parlamentari e di moltissimi militanti leghisti spiccava un cartello con queste parole, nel corso della manifestazione di Torino del 4 dicembre. Stare dalla parte del direttore di Telepadania Max Ferrari significa - questo il significato del cartello - essere dalla parte di chi ha svolto il suo mestiere di giornalista: dare una notizia così come fu data da un importante quotidiano locale e ripresa dal più autorevole giornale italiano. Ma, chissà perché, l’unico ad essere querelato è stato il direttore di Telepadania. I fatti sono noti, li ricapitoliamo in breve, prima di ascoltare direttamente lo stesso Ferrari. Due giorni dopo gli attentati dinamitardi effettuati a Londra da terroristi che Scotland Yard aveva immediatamente definito “estremisti islamici”, alla redazione di Telepadania arriva un fax che, riprendendo un articolo pubblicato sul Resto del Carlino, racconta di una scena inquietante: a Pieve di Cento, nel Ferrarese, un gruppetto di immigrati di fede musulmana avrebbe lanciato urla di giubilo e cantato a squarciagola lodi rivolte ai bombaroli di Londra. Era l’11 luglio, quando Max Ferrari riporta la notizia nel corso del tg serale sull’emittente padana. «Come si fa normalmente e quotidianamente in tutte le televisioni del mondo - racconta Ferrari -, mentre leggevo la notizia e trovandomi non in radio, ma in tv, ho pensato di far scorrere un filmato di repertorio che raffigurava scene di islamici in festa, dove peraltro non si faceva fatica a capire che Pieve di Cento non c’entrava nulla, visto che si vedeva bene sullo sfondo del filmato il Duomo di Milano. Io non ho mai detto che si trattava di islamici che esultavano a Pieve di Cento».
E per questo motivo sei stato querelato dall’Islamic Anti-defamation League e la Digos, a fine novembre, è giunta in redazione a sequestrare la videocassetta del tg dell’11 luglio?
«Sì. E a notificarmi un avviso di garanzia per istigazione all’odio razziale e diffusione di notizia falsa. Sono stato accusato, in pratica, di aver riportato una notizia pubblicata da altri colleghi e ripresa anche da importanti esponenti politici, tra i quali Dario Franceschini della Margherita, che sul Corriere stigmatizzava un simile episodio. Ma il fatto grottesco è che il “caso Max Ferrari” - permettimi questa espressione personalizzata - è scoppiato non il 12 luglio, ma due settimane più tardi, grazie all’articolone di Gian Antonio Stella sul Corriere. Il giornalista criticava nel suo pezzo le dichiarazioni rese in un comizio dal ministro Castelli, in cui il Guardasigilli sottolineava che la notizia dei festeggiamenti in onore dei kamikaze di Londra era stata riportata soltanto da Telepadania. Secondo Stella, e anche secondo l’Islamic Anti-defamation League, si tratta di un episodio mai verificatosi, nonostante diversi testimoni oculari di Pieve di Cento per diversi giorni avessero confermato quella versione. A fine luglio mi telefona un avvocato della potente organizzazione islamica dicendomi gentilmente che mi avevano querelato».
Anche se non sei stato tu a dare la notizia, ma hai riportato un ritaglio altrui. Ma ti sei recato poi sul posto per verificare l’esattezza della notizia?
«Certo, sono andato diverse volte a Pieve di Cento, ho intervistato il principale testimone oculare, denunciato e indagato anche lui...