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    Predefinito Ustica: il dibattito a Casa Pound

    Si è tenuta a Casa Pound la sera del 13 dicembre la presentazione del libro “Il buco: scenari di guerra su Ustica” edito dalla Vallecchi e scritto da Luigi Di Stefano.

    Questi fu consulente di Repubblica e perito di parte civile per l’Itavia in occasione del processo per l’abbattimento del DC9 avvenuto il 27 giugno 1980 sui cieli siciliani.

    Di Stefano ha raccontato la serie incredibile di depistaggi, di falsità e di ridicole e vergognose figure fatte durante l’inchiesta da chi si affannava costantemente per affossarla. Al fine di sostenere le tesi ufficiali si è persino giunto a far affermare a tre professori universitari che quella notte la terra girava al contrario! Piuttosto che ammettere la verità si è preferito sostenere a lungo la tesi del “cedimento strutturale” non curandosi di far così fallire l’Itavia e mandare 1.100 famiglie per strada. E, colmo dei colmi, la stessa Itavia si è immediatamente rassegnata. Il che comprova l’esistenza di un vero e proprio “muro di gomma”. O, come ha sostenuto a fine dibattito Miro Renzaglia, della Menzogna molteplice che si espande ovunque come una micosi almeno dal settembre 1939, quando le plutocrazie dichiararono guerra alla Germania e pretesero che fosse avvenuto il contrario. In ogni caso la menzogna nell’indagine di Ustica copre il “buco” sulla fusoliera del DC9 e tutto quanto gira intorno a quel buco.

    I dati incontestabilmente emersi dalle indagini, per Di Stefano sono due.

    1. I radar hanno comprovato l’azione di aerei militari sui cieli di Ustica durante il passaggio del DC9

    2. Il DC9 venne colpito da un missile in dotazione a un Mig 23 da esportazione (non dunque in dotazione ad apparecchi del patto di Varsavia). Le aviazioni in dotazione di tale apparecchio erano cinque: la siriana, l’irachena, la libica, la statunitense e l’israeliana.

    Non volendo spingersi oltre, Luigi Di Stefano, ha voluto ricordare lo scenario internazionale mettendo l’accento su due dati in particolare: il recente riarmo del blocco sovietico mediante gli SS 20 contro i quali l’Italia si era detta disposta a riarmare a sua volta e la crisi maltese con i libici che cercavano di appropriarsi fattualmente dell’isola.

    Assente ingiustificato, Sandro Provvisionato è stato sostituito da Gabriele Adinolfi che ha evocato un terzo scenario: il riarmo atomico dell’Iraq per mezzo francese con l’ambigua partecipazione italiana.

    È stato confermato che il cargo diretto in Iraq e portatore di uranio arricchito (che bruciando accumula plutonio che una volta estratto è buono per l’atomica) era di transito su quella rotta.
    Adinolfi non ha nascosto di ritenere quella la spiegazione dell’abbattimento del DC9 che, a suo avviso, fu opera israeliana.

    Incalzato dalla platea, Luigi Di Stefano ha risposto che se proprio deve scegliere, la sua opinione è che il DC9 sia stato abbattuto da un aereo libico. A sostegno di questa tesi tre elementi. La partenza degli aerei libici dall’Italia il 28 giugno (che potrebbe essere motivata anche dal semplice sentirsi in pericolo), il transito sui cieli italiani di un aereo da guerra libico proveniente dall’aeroporto corso di Ajaccio (da notare che in quel momento la Libia era però in guerra aperta con la Francia a causa del Tchad) e infine il “movente” per Bologna. La strage fu eseguita un’ora dopo la firma del trattato con Malta che estrometteva i libici da quell’isola strategica.

    Adinolfi ha ribattuto esprimendo la ferma convinzione che l’attentato fu opera degli israeliani.

    A sostegno di questa versione vari elementi. Innanzitutto c’è la conferma del transito del cargo “atomico” per l’Iraq e, a conforto di quel movente abbiamo le “confessioni”del colonnello del servizio segreto israeliano “Mossad”, Victor Ostrowski che nel suo “The other side of deception” (non tradotto in italiano) narra di aver lasciato il servizio dopo aver scoperto che un super/nucleo al suo vertice si dedicava a compiere stragi e al narcotraffico e di essere venuto a conoscenza proprio dell’abbattimento del DC9 ad opera dei caccia israeliani.

    Abbiamo altre tracce del comportamento israeliano in tal senso; nel 1973 abbatterono l’aereo militare italiano Argo 16 e in un’altra occasione causarono una strage di civili aprendo indiscriminatamente il fuoco sui palestinesi all’aeroporto di Fiumicino. L’unico stragista colto con le mani nel sacco, Gianfranco Bertoli, era appena tornato da un soggiorno di due anni in un kibbutz israeliano. Gli israeliani parteciparono a numerose azioni d’infiltrazione nel terrorismo e in particolare al sequestro Moro.

    Si aggiunga che quattordici fra testimoni oculari e periti di Ustica trovarono la morte in casi sospetti (quattro dei quali vittime di omicidi palesi), che l’intero apparato italiano e quello della Nato si attivarono per coprire l’accaduto del 27 giugno 1980, per la qual cosa venne addirittura allo scoperto, fino a bruciarsi, la struttura “stay behind”.

    Un po’ troppo per coprire un paese non alleato come la Libia. Se è vero che all’epoca la famiglia Gheddafi era socia di maggioranza della Fiat nonché della famiglia Carter (e si batteva per conto americano contro la Francia) questo non è sufficiente per rendere credibile una copertura così totale, intensa, accanita e prolungata verso quella potenza modesta.

    La quale ha tra l’altro l’abitudine di accusarsi a comando (americano) di ogni strage in Europa. Il che non è mai costato al signor Gheddafi neanche l’allestimento di un processo-farsa come è stato invece il caso per Milosevic e Saddam.

    Inoltre se ci fu un aereo libico (o registrato come tale) sul cielo siciliano, furono registrati anche apparecchi americani ed altri aviogetti di guerra che avevano ingannato elettronicamente i radar. Potrebbero essere libici ma anche francesi (non esistevano però Mig 23 in dotazione alla Francia), israeliani o americani.

    Le sole piste credibili restano pertanto l’americana e l’israeliana, con la differenza che quest’ultima ha dalla sua sia il movente che la prova (la confessione di Ostrowski e altre conferme, anche italiane, a quella tesi).

    Se Bologna rimanda ad Ustica, ha aggiunto Adinolfi, essa rinvia anche a Monaco e Parigi: e qui l’ipotesi israeliana si fa ancor più consistente.

    Se vogliamo liquidare Bologna con il movente libico siamo padronissimi di farlo, ma non dobbiamo dimenticare da chi furono confezionati i depistaggi per quel massacro. Un rappresentante al contempo di Usa e d’Israele (Michael Ledeen), un rappresentante della Francia (Desmaranches) e i rappresentanti pidduisti dei servizi militari italiani.

    Considerate poi le “esternazioni” del pidduista Pacini Battaglia, nonché il ritardo di partenza del DC9 da Bologna e la sua “sovrapposizione” con il cargo francese di uranio arricchito destinato all’Iraq, la cosa più probabile è che gli italiani abbiano fatto il doppio gioco, cercando di guadagnare dalla centrale irachena senza inimicarsi gli israeliani ai quali avrebbero offerto un bersaglio falso per trarsi d’impaccio. Di qui la vendetta israeliana in Italia, in Francia e infine in Iraq (la distruzione della centrale di Osirak) e l’accordo fra tutti i protagonisti della storia per mettere il tutto a tacere e nasondere ognuno i propri panni sporchi. Questo spiegherebbe tanto accanimento in Italia nei depistaggi di ambo gli atti di guerra (Ustica e Bologna), cosa che – per Adinolfi - sarebbe del tutto risibile nell’ipotesi libica. Tranne per chi vuole a tutti i costi alimentare lo “scontro di civiltà” fino magari a crederci.

  2. #2
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    Citazione Originariamente Scritto da metapolis
    Si è tenuta a Casa Pound la sera del 13 dicembre la presentazione del libro “Il buco: scenari di guerra su Ustica” edito dalla Vallecchi e scritto da Luigi Di Stefano.

    Questi fu consulente di Repubblica e perito di parte civile per l’Itavia in occasione del processo per l’abbattimento del DC9 avvenuto il 27 giugno 1980 sui cieli siciliani.

    Di Stefano ha raccontato la serie incredibile di depistaggi, di falsità e di ridicole e vergognose figure fatte durante l’inchiesta da chi si affannava costantemente per affossarla. Al fine di sostenere le tesi ufficiali si è persino giunto a far affermare a tre professori universitari che quella notte la terra girava al contrario! Piuttosto che ammettere la verità si è preferito sostenere a lungo la tesi del “cedimento strutturale” non curandosi di far così fallire l’Itavia e mandare 1.100 famiglie per strada. E, colmo dei colmi, la stessa Itavia si è immediatamente rassegnata. Il che comprova l’esistenza di un vero e proprio “muro di gomma”. O, come ha sostenuto a fine dibattito Miro Renzaglia, della Menzogna molteplice che si espande ovunque come una micosi almeno dal settembre 1939, quando le plutocrazie dichiararono guerra alla Germania e pretesero che fosse avvenuto il contrario. In ogni caso la menzogna nell’indagine di Ustica copre il “buco” sulla fusoliera del DC9 e tutto quanto gira intorno a quel buco.

    I dati incontestabilmente emersi dalle indagini, per Di Stefano sono due.

    1. I radar hanno comprovato l’azione di aerei militari sui cieli di Ustica durante il passaggio del DC9

    2. Il DC9 venne colpito da un missile in dotazione a un Mig 23 da esportazione (non dunque in dotazione ad apparecchi del patto di Varsavia). Le aviazioni in dotazione di tale apparecchio erano cinque: la siriana, l’irachena, la libica, la statunitense e l’israeliana.

    Non volendo spingersi oltre, Luigi Di Stefano, ha voluto ricordare lo scenario internazionale mettendo l’accento su due dati in particolare: il recente riarmo del blocco sovietico mediante gli SS 20 contro i quali l’Italia si era detta disposta a riarmare a sua volta e la crisi maltese con i libici che cercavano di appropriarsi fattualmente dell’isola.

    Assente ingiustificato, Sandro Provvisionato è stato sostituito da Gabriele Adinolfi che ha evocato un terzo scenario: il riarmo atomico dell’Iraq per mezzo francese con l’ambigua partecipazione italiana.

    È stato confermato che il cargo diretto in Iraq e portatore di uranio arricchito (che bruciando accumula plutonio che una volta estratto è buono per l’atomica) era di transito su quella rotta.
    Adinolfi non ha nascosto di ritenere quella la spiegazione dell’abbattimento del DC9 che, a suo avviso, fu opera israeliana.

    Incalzato dalla platea, Luigi Di Stefano ha risposto che se proprio deve scegliere, la sua opinione è che il DC9 sia stato abbattuto da un aereo libico. A sostegno di questa tesi tre elementi. La partenza degli aerei libici dall’Italia il 28 giugno (che potrebbe essere motivata anche dal semplice sentirsi in pericolo), il transito sui cieli italiani di un aereo da guerra libico proveniente dall’aeroporto corso di Ajaccio (da notare che in quel momento la Libia era però in guerra aperta con la Francia a causa del Tchad) e infine il “movente” per Bologna. La strage fu eseguita un’ora dopo la firma del trattato con Malta che estrometteva i libici da quell’isola strategica.

    Adinolfi ha ribattuto esprimendo la ferma convinzione che l’attentato fu opera degli israeliani.

    A sostegno di questa versione vari elementi. Innanzitutto c’è la conferma del transito del cargo “atomico” per l’Iraq e, a conforto di quel movente abbiamo le “confessioni”del colonnello del servizio segreto israeliano “Mossad”, Victor Ostrowski che nel suo “The other side of deception” (non tradotto in italiano) narra di aver lasciato il servizio dopo aver scoperto che un super/nucleo al suo vertice si dedicava a compiere stragi e al narcotraffico e di essere venuto a conoscenza proprio dell’abbattimento del DC9 ad opera dei caccia israeliani.

    Abbiamo altre tracce del comportamento israeliano in tal senso; nel 1973 abbatterono l’aereo militare italiano Argo 16 e in un’altra occasione causarono una strage di civili aprendo indiscriminatamente il fuoco sui palestinesi all’aeroporto di Fiumicino. L’unico stragista colto con le mani nel sacco, Gianfranco Bertoli, era appena tornato da un soggiorno di due anni in un kibbutz israeliano. Gli israeliani parteciparono a numerose azioni d’infiltrazione nel terrorismo e in particolare al sequestro Moro.

    Si aggiunga che quattordici fra testimoni oculari e periti di Ustica trovarono la morte in casi sospetti (quattro dei quali vittime di omicidi palesi), che l’intero apparato italiano e quello della Nato si attivarono per coprire l’accaduto del 27 giugno 1980, per la qual cosa venne addirittura allo scoperto, fino a bruciarsi, la struttura “stay behind”.

    Un po’ troppo per coprire un paese non alleato come la Libia. Se è vero che all’epoca la famiglia Gheddafi era socia di maggioranza della Fiat nonché della famiglia Carter (e si batteva per conto americano contro la Francia) questo non è sufficiente per rendere credibile una copertura così totale, intensa, accanita e prolungata verso quella potenza modesta.

    La quale ha tra l’altro l’abitudine di accusarsi a comando (americano) di ogni strage in Europa. Il che non è mai costato al signor Gheddafi neanche l’allestimento di un processo-farsa come è stato invece il caso per Milosevic e Saddam.

    Inoltre se ci fu un aereo libico (o registrato come tale) sul cielo siciliano, furono registrati anche apparecchi americani ed altri aviogetti di guerra che avevano ingannato elettronicamente i radar. Potrebbero essere libici ma anche francesi (non esistevano però Mig 23 in dotazione alla Francia), israeliani o americani.

    Le sole piste credibili restano pertanto l’americana e l’israeliana, con la differenza che quest’ultima ha dalla sua sia il movente che la prova (la confessione di Ostrowski e altre conferme, anche italiane, a quella tesi).

    Se Bologna rimanda ad Ustica, ha aggiunto Adinolfi, essa rinvia anche a Monaco e Parigi: e qui l’ipotesi israeliana si fa ancor più consistente.

    Se vogliamo liquidare Bologna con il movente libico siamo padronissimi di farlo, ma non dobbiamo dimenticare da chi furono confezionati i depistaggi per quel massacro. Un rappresentante al contempo di Usa e d’Israele (Michael Ledeen), un rappresentante della Francia (Desmaranches) e i rappresentanti pidduisti dei servizi militari italiani.

    Considerate poi le “esternazioni” del pidduista Pacini Battaglia, nonché il ritardo di partenza del DC9 da Bologna e la sua “sovrapposizione” con il cargo francese di uranio arricchito destinato all’Iraq, la cosa più probabile è che gli italiani abbiano fatto il doppio gioco, cercando di guadagnare dalla centrale irachena senza inimicarsi gli israeliani ai quali avrebbero offerto un bersaglio falso per trarsi d’impaccio. Di qui la vendetta israeliana in Italia, in Francia e infine in Iraq (la distruzione della centrale di Osirak) e l’accordo fra tutti i protagonisti della storia per mettere il tutto a tacere e nasondere ognuno i propri panni sporchi. Questo spiegherebbe tanto accanimento in Italia nei depistaggi di ambo gli atti di guerra (Ustica e Bologna), cosa che – per Adinolfi - sarebbe del tutto risibile nell’ipotesi libica. Tranne per chi vuole a tutti i costi alimentare lo “scontro di civiltà” fino magari a crederci.
    Grazie del breve sunto per chi non può essere presente.

 

 

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