Il castello errante di Howl
Per amare un film di Hayao Miyazaki, basta poco. Basta arrivare in sala in tempo, sedersi, e guardare lo schermo diventare blu, con lo stemma dello Studio Ghibli, rappresentato dal personaggio più amato in Giappone, ovvero Totoro, lo spirito della foresta (da Il mio vicino Totoro). Quando poi inizia il film, ci ritroviamo catapultati in un paesaggio familiare e inconfondibile (per chi conosce Miyazaki), un mondo assai strano perché, pur rimandando a tanti altri mondi (in particolar modo della letteratura), somiglia solo a se stesso.
Un universo apparentemente contraddittorio, in qualche modo speculare a quello in cui viviamo, ma che al tempo stesso lo rifugge, lo idealizza, o viceversa, lo trasforma in un inferno prossimo venturo (come nello splendido Nausicaa della valle del vento).
Questo mondo si regge su fondamenta impossibili, su meccanismi che sfuggono alla ragione, eppure alla ragione fanno appello, come gli strani macchinari pre-tecnologici che nostalgicamente rimandano alle epopee paleo-industriali narrate da Jules Verne. La contraddizione è la ricchezza del cinema di Miyazaki. L'ultimo film ne è un esempio: il protagonista è un castello che cammina, un'accozzaglia di strani materiali assemblati insieme che si regge su quattro zampe da ragno meccanico e si sposta per paesaggi sublimi per proteggere il suo regno dalla guerra. La guerra, altra ossessione di Miyazaki, segnato come tanti artisti giapponesi dalla tragedia della bomba atomica, compare qui sullo sfondo, meno rilevante ai fini della storia raccontata. Che è invece una strana, bellissima storia d'amore tra Sophie, un'umile ragazza che fabbrica e vende cappelli, e il misterioso mago di Howl, una sorta di fuorilegge bellissimo ma oscuro, che si dice mangi il cuore delle belle ragazze, e vive appunto all'interno del castello errante. Ma Sophie, che non si considera bella, non teme affatto il giovane mago, ma anzi ne è attratta, sin dalla prima volta che l'ha incontrato. Quando Sophie, per il dispetto e la gelosia di una vecchia e gigantesca strega, viene trasformata in una vecchia, decide di entrare nel castello di Howl come donna delle pulizie.
Tratto dall'omonimo romanzo fiabesco della prolifica autrice inglese Diana Wynne Jones, Il castello errante presenta alcune variazioni rispetto all'universo solito di Miyazaki, che generalmente si concentra su pochi elementi e trova il suo punto di forza nella semplicità dei temi trattati – semplicità cui fa sempre seguito un forte spessore, anche ma non soltanto morale. Qui invece il Maestro dell'anime fa sua una storia più complessa, in alcuni momenti quasi ermetica, costruita intorno a passaggi meno immediati e più oscuri, e basata su personaggi contorti e ambigui. Il personaggio di Howl, ad esempio, è estremamente controverso e ricco, e porta alle estreme conseguenze la visione miyazakiana che da sempre rifugge dal trattare con manicheismo i propri personaggi. Persino il personaggio di Sophie, la solita protagonista femminile miyazakiana dal valore salvifico, portatrice di amore e speranza, subisce qui un trattamento insolito: a pochi minuti dall'inizio del film, quella che era una bella e giovane ragazza viene invecchiata di colpo e, nel corso del film, senza che ci venga spiegato esattamente come e perché, a tratti ringiovanisce e sembra recuperare il suo aspetto, ma solo per poco.
Non mancano ovviamente gli incantevoli personaggi di contorno, a partire da quello, assolutamente geniale e divertentissimo, di Calcifer, il demone di fuoco che, bruciando nel camino del castello, ne costituisce non solo il propellente, ma anche la forza di coesione, e più ancora, ne è il cuore: bisogna infatti stare attenti che non si spenga mai, per via della particolare interdipendenza che c'è tra questo simpatico, avido demone e lo stesso Howl. C'è poi lo spaventapasseri fatato Rapa, col suo sorriso perpetuo e la pipa all'angolo della bocca, che zompetta come un canguro sul suo palo. I cattivissimi uomini-gomma, che ricordano vagamente i Cavalieri oscuri tolkeniani. Infine un vecchio cagnolino, designato come "spia" dalla regina, che non ce la fa nemmeno ad abbaiare: si tratta senz'altro del candidato ideale per il prossimo pupazzo di peluche dello Studio Ghibli
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