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    Predefinito Bernard Lewis, negazionista: un divertente contrappasso

    Maurizio Blondet
    18/12/2005
    Il professor Bernard Lewis ritenuto il maggior mediorientalista del mondoApprendo con ritardo di anni, ma con fresco piacere, che anche Bernard Lewis è stato condannato in Francia per «negazionismo».
    Bernard Lewis è un arabista di fama mondiale, britannico-americano ed ebreo (1).
    Il suo negazionismo, punito dal «Tribunal de Grande Instance» di Parigi nel giugno 1995, riguarda un «olocausto» diverso da quello unico e legittimo.
    In un'intervista a Le Monde, Bernard Lewis contestò che la strage turca degli armeni potesse essere chiamata «genocidio».
    Prontamente trascinato in giudizio dall'influente comunità franco-armena, Lewis si è dovuto sorbire, oltre che la condanna, la lavata di capo del giudice: «ha mancato ai suoi doveri di obbiettività e di prudenza».
    Un tragicomico contrappasso, come risulta da un articolo, ridicolmente allarmato, apparso su Le Monde (2).



    Gli storici francesi, dice, sono terrorizzati.
    Non scrivono più nelle pagine culturali.
    Rifiutano di farsi intervistare.
    Temono di farsi citare per nome.
    Evocano un clima «di terrore fisico», e alcuni hanno ricevuto «minacce di morte».
    Ma soprattutto, temono di essere trascinati davanti ai tribunali a doversi giustificare delle loro idee e opinioni, e di essere condannati a pagare cospicui risarcimenti per aver espresso pensieri vietati.
    Ben gli sta.
    Gli intellettuali francesi applaudirono in massa quando la Francia, obbedendo alla nota lobby, si dotò della legge che dichiara delitto perseguibile ogni dubbio sull'«olocausto» ebraico.
    La legge Gayssot, infatti, è del 1990.
    Solo dopo l'esempio della culla del «libero pensiero», gli altri Paesi si sono dotati di leggi simili.
    In Italia, come noto, ha voluto legare il suo nome a questa norma liberticida il discutibile senatore Mancino, che ammise persino a suo tempo di aver «ricevuto pressioni»: evidentemente ritenendo una scusa ragionevole questa indegnità.
    Non sia mai che qualche parlamentare resista a pressioni, specie a «quelle».

    Parve una bella idea, allora, agli intellettuali francesi: in fondo, ogni mezzo era buono per contrastare Le Pen e il suo Front National. E in fondo, ad andarci di mezzo fu solo Robert Faurisson, colpevole di non credere alle camere a gas.
    Come noto, Faurisson ha perduto il lavoro di docente, è stato ridotto in miseria; è ancor oggi perseguitato, è stato picchiato da ignoti fin troppo noti, senza che nessuno alzasse un dito: era un «revisionista», dunque un fascista.
    Ma molto rapidamente, in Francia le lobby «identitarie» e custodi di qualche «memoria ferita», imbaldanzite dall'esempio giudaico, si sono - come si dice a Roma - «allargate».
    Senza incontrare resistenza nella patria di Voltaire, hanno allungato a dismisura l'elenco delle idee vietate e criminali.
    Anni fa gli islamici hanno portato in giudizio Brigitte Bardot, che aveva definito «rivoltante» lo sgozzamento rituale musulmano di capre e caproni (pratica identica, peraltro, a quella ebraica).



    La massonico-ebraica Licra (Ligue contre le Racisme et l'Antisemitisme) ha sfruttato ogni possibilità della legge Gayssot (3): i nostri lettori sanno quello che hanno fatto a Israel Shamir, accusato e condannato per antisemitismo, e al suo editore francese, messo alla rovina economica e obbligato a ritirare dalla circolazione il libro di Shamir «Fiori di Galilea» (La Licra ha chiesto ad Israele di procedere all'arresto dell'autore).
    Anche Oriana Fallaci è stata chiamata in giudizio a rispondere del suo razzismo anti-islamico.
    E a quanto pare ci sono decine di storici, docenti universitari, sotto inchiesta per aver espresso idee od opinioni, o scritto libri, in cui (così li accusano) «relativizzano la schiavitù» o «il colonialismo». Ogni loro ricerca rischia di essere colpita come reato.
    E rischiano grosso: dal rogo dei loro libri al pagamento di cospicui risarcimenti alle varie «identità ferite».
    Il fatto è, ci informa Le Monde, che in Francia è oggi «obbligatorio» definire «genocidio» la tragedia armena: lo sancisce un'apposita legge del gennaio 2001, quella che ha condannato il negazionista Lewis.
    E' vietato fare ricerche sulla storia dello schiavismo, magari di quello del '600, senza definirlo preventivamente «crimine contro l'umanità» (legge del 21 maggio 2001).
    E' reato insinuare che la colonizzazione francese in Africa e Indocina abbia avuto un qualunque «ruolo positivo» (legge del 23 febbraio 2005).



    Sotto l'occhio delle più varie polizie del pensiero improvvisate, gli storici di professione si trovano a percorrere una strada stretta ed irta di trabocchetti.
    Come il povero professor Olivier Pétré-Grenouilleau, docente all'università di Lorient, e autore di un testo fondamentale sullo schiavismo, «Traites négrières, essai d'histoire globale»: ora è sotto processo su denuncia di un «Comitato delle Antille, Guyana e Réunion» (ex colonie francesi tropicali) cui è parso che il malcapitato docente abbia «relativizzato lo schiavismo».
    Ma ce ne devono essere tanti altri, che Le Monde non cita, a rischiare la galera, il ritiro dei loro libri e il pagamento dei danni.
    Tanto che un gruppo di storici ha ritenuto necessario creare una struttura di avvocati per aiutare i colleghi incalzati dalla persecuzione giudiziaria.
    «Veniamo intimiditi ogni giorno», geme tremebondo un altro storico, Michel Winock.
    Gli storici di mestiere si sono accorti di non poter più fare ricerca storica senza rischiare le manette, o le percosse di qualche gruppo entusiasta di farsi giustizia da sé contro le loro idee proibite.



    Così diciassette di loro hanno preso il coraggio a quattro mani ed hanno firmato in massa un manifesto («Libertè pour l'histoire!») in cui chiedono ai parlamentari di abrogare tutte le leggi di cui sopra.
    Come implora Michel Winock: «di grazia, signori parlamentari, fate leggi per commemorare e celebrare, ma non diteci quello che noi dobbiamo fare!».
    Il gruppo dei coraggiosi si è torturato sulla questione se includere, nelle leggi liberticide di cui chiedono l'abrogazione, anche la legge Gayssot che punisce il negazionismo anti-ebraico.
    Hanno soppesato tormentosamente i pro e i contro, che sono pesanti (l'occhiuta lobby veglia…) e alla fine hanno deciso di includere «esplicitamente» anche quella.
    La legge delle leggi.
    Eppure implorano che sia cancellata.
    Non è una bella, istruttiva parabola?

    Questi intellettuali (e si sa quanto contino gli intellettuali in Francia) hanno scoperto a loro spese che la libertà intellettuale è «indivisibile»: chi accetta la soppressione di una sola idea altrui, inevitabilmente si vedrà reprimere le proprie.
    Chi applaude a una legge che chiude la bocca a un avversario, finirà per essere un giorno imbavagliato a sua volta.
    «De te fabula narratur».
    Eppure li aveva avvertiti Madeleine Rebérioux, unica intellettuale che si oppose alla legge Gayssot: «una legge che assegna ai giudici il compito di proclamare la 'verità storica' » è liberticida, «perché l'idea stessa di verità storica rifiuta ogni autorità ufficiale».
    Questa legge, aggiunse, «finirà ineluttabilmente per essere estesa a campi diversi che il genocidio degli ebrei; altri genocidi attendono di essere battezzati legalmente come 'verità storica'».
    Ma la Réberioux poteva dirlo, in quanto ex deportata e militante del Partito Comunista francese. Doppiamente intoccabile.
    Sarà il caso di ricordare che David Irving, intanto, è tuttora in galera in Austria per i suoi libri di storia «proibita».
    Carcere preventivo, in attesa di giudizio, come il più pericoloso dei delinquenti.
    In Austria non devono esserci intellettuali (4).

    Maurizio Blondet




    --------------------------------------------------------------------------------
    Note
    1)Bernard Lewis ha insegnato a Princeton e a Cambridge. E' autore di libri ritenuti fondamentali, come «The Cambridge History of Islam» (815 pagine) e «Jews of Islam».
    2)Jean-Baptiste de Montvalon, «Les historiens pris sous le feu des mémoires», Le Monde, 17 dicembre 2005.
    3)Come esempio del terrorismo totalitario esercitato dalla Licra, un lettore ci ha segnalato da Lione il caso seguente. In una scuola media, nel correggere i compiti in classe, un professore nota delle «irregolarità proibite» nei temi di alcuni alunni. Frasi o parole «antisemite». Il professore si consulta con la preside. Che fa la preside? Avverte immediatamente la Licra. La Licra trascina in giudizio i genitori degli alunni: giudizio per direttissima. I genitori sono condannati durante un processo durato dalle 10 del mattino alle 16. La preside di Lione fa impallidire il ricordo imperituro di un eroe dell'Unione Sovietica, lo «scolaro Morozov», un ragazzotto, «pioniere dell'URSS», che aveva eroicamente denunciato mamma e papà perché esprimevano in casa idee revisioniste. Stalin fece elevare monumenti alla piccola, ripugnante spia.
    4)In Italia, la situazione è solo apparentemente migliore. Se la legge Mancino non viene applicata in tutta la sua durezza dai giudici, è solo perché la nostra «classe dirigente», totalitariamente convinta che le idee non servono a nulla, non le ritiene nemmeno pericolose. Tuttavia la legge Mancino resta lì acquattata nelle sentine del nostro sistema giuridico, pronta a sbranare quello che un giorno vorrà il potere costituito. Nella sua estesissima vaghezza, qualunque predicatore può essere da essa incriminato. Fra qualche decennio, quando la maggioranza degli italiani sarà musulmana, potrà essere usata, senza forzarla, per colpire gli ebrei.




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  2. #2
    Totila
    Ospite

    Predefinito

    Il Serpente che si morde la coda...

 

 

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