Per le Feste è innegabile che i prezzi siano aumentati. A Milano, in particolar modo: la nostra città è diventata la più cara d’Italia (stima Codacons) e la seconda più costosa dell’Unione Europea: ci batte solo Parigi, stando a uno studio recente effettuato dall’Università Cattolica. A cosa lo dobbiamo? Lo abbiamo chiesto a Carlo Stagnaro, dell’Istituto Bruno Leoni, per non sentire le classiche spiegazioni pauperiste e piagnone, ma per avere il parere di un libertario. “Mi sembra ovvio” – ci risponde – “C’è tantissima domanda per una città come Milano. La gente, mediamente, è disposta a pagare di più solo per esserci. Non ti limiti a pagare la merce, che puoi trovare anche fuori città a prezzo inferiore: paghi il luogo, perché se vai a Milano trovi tutto nel raggio di 18 metri. Non è solo un aumento del prezzo sul ‘logo’ della grande città, è soprattutto un valore aggiunto dato dalla sostanza di Milano, dalla comodità che ti offre”.

Certo quest’anno i prezzi sono innegabilmente aumentati. C’è chi attribuisce la causa al petrolio, chi all’Euro e molti anche alle privatizzazioni…

“Quando si parla genericamente di aumento, non si tiene conto che si tratta di prezzi di beni che hanno poco o nulla a che vedere l’uno con l’altro. Non c’è una causa unica, dunque. Per quanto riguarda le spese di luce e gas, è evidente che la causa principale è l’aumento del prezzo del petrolio, fissato sul mercato globale e legato all’instabilità delle relazioni internazionali. È un fatto contro cui è inutile scontrarsi, per lo meno nel breve periodo”.

Ma quando andiamo in un negozio qualsiasi, anche solo per comprare il pane e il cibo essenziale, vediamo anche lì forti aumenti, in alcuni casi dei raddoppi. Tanti attribuiscono la colpa alla furbizia dei commercianti che approfitterebbero ancora della confusione del cambio dalla Lira all’Euro. È un’accusa fondata?
No, non penso che circa 50 milioni di consumatori siano stupidi. Fosse questa la causa, il problema dell’inflazione si sarebbe risolto in pochi mesi. La causa va cercata altrove: la moneta unica europea, dal momento in cui è stata adottata, è un peso che ci tiriamo dietro. Questo soprattutto per la ben poco saggia negoziazione sul tasso di cambio tra la Lira e l’Euro: era visto come il giusto prezzo da pagare in cambio della possibilità per l’Italia di entrare nell’Unione Europea, quando tutti o quasi i parametri di Maastricht non erano stati rispettati. Per quanto riguarda i prodotti agricoli in particolare, la responsabilità principale grava sulla Politica Agricola Comune. Non lo saprei spiegare in altro modo: la ragione dei prezzi alti, non dico degli aumenti, è soprattutto la politica di protezione degli agricoltori voluta da Bruxelles. Da una parte, l’Unione Europea sussidia gli agricoltori, dall’altra impone tariffe alte per disincentivare l’importazione di prodotti agricoli a basso costo da paesi extracomunitari e infine ritira le sovraproduzioni così da mantenere il prezzo artificiosamente alto. Se ci sembra che il cibo sia arrivato a livelli intollerabili è semplicemente perché l’Europa promuove politiche studiate apposta per tenere i prezzi alti. Preferisce avvantaggiare gli imprenditori agricoli a costo di penalizzare i consumatori.

Uno dei settori dove viene accusato il libero mercato è quello della benzina: i prezzi sono alti. È veramente colpa del mercato o lo Stato ci mette lo zampino?
Gran parte dell’aumento del prezzo della benzina dipende dall’aumento delle tasse. Se ci lamentiamo che 1,20 Euro al litro è troppo, dobbiamo sapere che almeno 70-80 centesimi vanno allo Stato.

C’è chi sceglie di lasciare a casa l’auto e prendere i mezzi pubblici. Se si privatizzano completamente i mezzi pubblici, come si pensa di fare a Milano, non si rischia un rialzo dei prezzi del biglietto?
Non è detto. Potrebbe aumentare il prezzo del biglietto, ma non sarebbe un male, perché è giusto che il prezzo di un servizio sia pagato interamente da chi ne usufruisce, anziché essere spalmato sulla totalità dei cittadini. Rimango scettico nei confronti delle privatizzazioni: se privatizzi senza liberalizzare, di fatto trasferisci un monopolio pubblico ad un monopolista privato, mentre solo se privatizzi liberalizzando favorisci un ambiente competitivo nel quale ci si può aspettare che i prezzi diminuiscano. Detto ciò è meglio comunque che vi sia un monopolista privato piuttosto che uno pubblico, perché un privato scarica i costi solo sulle persone che utilizzano il servizio. Inoltre, se un privato lavora male, può fallire, mentre il pubblico scaricherebbe la sua inefficienza su tutta la collettività.

Però abbiamo degli aumenti di prezzo, comunque. E se molti di essi sono destinati ad abbassarsi nel lungo periodo, non sarebbe bene porre almeno
un calmiere nel breve periodo?

Il calmiere provoca degli effetti perversi anche nel brevissimo periodo. Basta andare a leggere I Promessi Sposi per rendersene conto: le code per il pane che finisce subito, la gente ridotta alla fame e pronta a linciare i panettieri… senza tornare al ‘600, fino a tre decenni fa, il monopolio sul sale aveva prodotto una scarsità di quel bene unica in tutto il mondo occidentale: eravamo l’unico Paese europeo in cui c’erano le code per acquistarlo. Il controllo dei prezzi produce inevitabilmente scarsità.



di Stefano Magni