MAURIZIO BLONDET
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Come previsto, tutti i media dei poteri forti danno la colpa a Putin: cattivo, ci fa mancare il gas. “Il Cremlino chiude il rubinetto energetico”, strilla il Financial Times. E tutti piangono sulla povera Ucraina, costretta dallo Zar a pagare il gas al quadruplo. Nessuno menziona alcuni fatti, che sono ben noti. Primo: l’Ucraina è un paese produttore di gas. Ne estrae a sufficienza per i suoi bisogni interni. Solo che preferisce venderlo sui mercati internazionali al prezzo internazionale (250 dollari per mille metri cubi), e consumare per sé quello che riceve dalla Russia a 55 dollari. La Gazprom ha semplicemente chiesto ai furbetti di Kiev di pagare i prezzi di mercato.
Delitto, urlano i giornali del potere. Strano: i giornali che predicano ogni giorno il “libero mercato”, vogliono che Gazprom non pratichi il libero mercato. Dicono: alla Bielorussia, Putin fa pagare solo 65 dollari. Dicono: Mosca usa le forniture energetiche come un’arma politica.
Piccolo particolare: petrolio e gas sono armi politiche per tutti quelli che ne dispongono o li controllano, Stati Uniti in testa. Il “libero mercato“ non c’entra nulla con l’Opec, che è un “cartello” ossia un accordo per tenere alti i prezzi.
Se nel settore esistesse la concorrenza, l’Arabia Saudita, che estrae il greggio al costo di soli 3 dollari a barile, lo venderebbe a 10; invece lo vende a 70.
Non è dunque solo Mosca a usare il gas come un’arma politica. Poiché il gas è suo, è suo diritto, se vuole, venderlo sottocosto agli amici. Ed è naturale che leghi il prezzo politico di favore a condizioni politiche; nel caso che il paese beneficiato non faccia una politica ostile alla Russia. Invece l’Ucraina, dai giorni della nuova “democrazia arancione”, vuol fare una politica da nemica di Mosca, ma continuare a godere dei prezzi da “amica”. E crede di poterlo fare.
Perché? Perché ha in mano i rubinetti del gas russo. Perché Mosca, se vuol vendere il suo gas all’Europa, deve convogliarlo nei gasdotti che passano attraverso l’Ucraina; non ha altro modo da quando, crollata l’Unione Sovietica, la Russia si è trovata geograficamente isolata dall’Europa. E l’Ucraina non solo fa pagare dei diritti per il passaggio del gas, ma si serve da sé abbondantemente, succhiando in quantità gas destinato ai clienti europei. La Gazprom ha accusato Kiev di rubare: è una cosa ben nota. A Mosca circolano persino battute del tipo: la Coca Cola ha smesso di mandare la sua bibita in Ucraina, perché quando arriva non ha più bollicine. Lo sa persino Daniel Pipes, un neocon americano che, in varie interviste, si scaglia contro Putin. Sì, dice Pipes, l’Ucraina ruba il gas: “E fa bene a rubarlo”. È una strana teoria: ora il liberismo comprende anche il saccheggio?
Ma la cosa si spiega politicamente. «Ricordiamoci che la “rivoluzione arancio” ucraina è stato un progetto americano», scrive la rivista americana Stratfor (Strategic Forecasting). È così: come la “rivoluzione di velluto” in Georgia e quella “dei tulipani” in Kirghizistan, la Cia ha pagato e diretto anche la “democrazia arancione” a Kiev. Scegliendo un vecchio comunista del passato regime, Victor Yushenko, l’ha riciclato come modello di “democrazia” e l’ha messo al potere. Lo scopo delle “nuove democrazie” così artificialmente create è proprio circondare la Russia con stati filo-americani, presto membri della Nato, per isolarla e strangolarla. È il progetto elaborato e scritto nero su bianco da Zbignew Brzezinsky, antico consigliere per la sicurezza nazionale di Carter: gli Usa debbono approfittare del vuoto di potere aperto dalla caduta dell’Urss, e isolare Mosca per toglierle il controllo sulle materie prime dell’ex impero sovietico.
Putin resiste a questo progetto: perciò i poteri forti e i suoi giornali ci dicono che “non c’è democrazia” a Mosca. Invece in Ucraina c’è “la democrazia”, e Yushenko è “democratico”. Tutta propaganda, guerra psicologica. La verità è che è l’Ucraina a ricattare la Russia con i gasdotti, e non il contrario. Per questo Putin, con Schroeder, sta costruendo il costoso gasdotto del Baltico, che correrà in fondo al mare: per portare il gas ai clienti europei, Germania, Francia e Italia, rompendo l’assedio dei paesi ostili di cui Washington l’ha circondato. È cattivo Putin? Fa solo i suoi interessi nazionali. Che per coincidenza sono anche quelli dell’Europa, che ha bisogno delle forniture russe più che di buoni rapporti con l’Ucraina, la quale è economicamente un peso morto.
Ma non si creda che Yushenko abbia spinto il conflitto con Mosca fino alla rottura e alla crisi su mandato americano. Il sospetto è che Yushenko si metta in pericolo deliberatamente, per far salvare dall’Occidente il suo regime (pardon: la sua “democrazia”). La “democrazia arancione”, in pochi mesi, è degenerata nella solita ripugnante consorteria post-sovietica di collusioni e arricchimenti personali. Sta affondando negli scandali, non ha risolto un solo problema della popolazione e dell’economia, risucchia tangenti ed esibisce lussi: Yushenko s’è appena fatto acquistare a spese dello stato un aereo privato da principe arabo, con le maniglie placcate oro e poltrone di pelle bianca, da 12 milioni di dollari. I giovani che hanno sostenuto in piazza la “rivoluzione arancio” sperando nella democrazia, sono delusi e arrabbiati. E presto ci sono le elezioni in Ucraina.
Ecco perché Yushenko va allo scontro con Putin. Vuole mettersi alle corde, per poi chiamare in aiuto l’Occidente: datemi una mano, sto lottando per voi. Vuole appoggi, vuole denaro, finanziamenti, sostegno politico. A chi conviene farsi trascinare nel suo gioco? All’Europa certo no.
MAURIZIO BLONDET
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[Data pubblicazione: 05/01/2006]