“col fascismo, l’Italia si è proposta di diventare una grande potenza. Risultato: è riuscita a interessare seriamente il mondo … senza il fascismo, l’Italia sarebbe stato un paese fallito … il grande merito di Mussolini è di avere inventato per l’Italia la forza … il fascismo è un trauma, senza il quale l’Italia è un compromesso paragonabile alla Romania attuale”

“Se c’è qualcosa che mi piace nell’hitlerismo, è la cultura dell’irrazionale, l’esaltazione della vitalità in quanto tale, l’espansione virile della forza”

“Nel mondo di oggi non esiste uomo politico che mi ispiri una simpatia e un’ammirazione più grande che Hitler. Esiste qualcosa di irresistibile nel destino di quest’uomo, per il quale ogni atto della vita acquista significato solo attraverso la partecipazione simbolica al destino storico di una nazione … La mistica del Führer in Germania è pienamente giustificata …”

“L’hitlerismo mi sembra essere un movimento serio per aver saputo associare direttamente alla coscienza della missione storica di una nazione i problemi inerenti alla giustizia sociale. Quanto al bolscevismo, se è vero che rappresenta una barbarie unica al mondo, nondimeno esso è, per via dell’affermazione assoluta della giustizia sociale, un trionfo etico unico. Non si può fare una rivoluzione nazionale di grande respiro sulla base delle ineguaglianza sociali”

“L’invasione giudaica negli ultimi decenni del divenire romeno ha fatto dell’antisemitismo la caratteristica essenziale del nostro nazionalismo. Inintelligibile altrove, da noi questo fatto trova una sua legittimità, che però non deve essere esagerata (...) Un organismo nazionale sano viene sempre messo alla prova nella lotta contro gli ebrei, specialmente quando, costoro, col loro numero e la loro tracotanza, invadono un popolo. Ma l’antisemitismo non risolve né i problemi nazionali né quelli sociali di una stirpe. Esso rappresenta un’azione di purificazione, niente di più. I vizi costituzionali di quella stirpe rimangono gli stessi. La strettezza di vedute del nazionalismo romeno è dovuta alla sua derivazione dall’antisemitismo. Un problema periferico diventa fonte di movimento e di visione”.


“Ogniqualvolta un popolo prende coscienza di se stesso, entra fatalmente in conflitto con gli ebrei. Il conflitto latente che esiste sempre tra gli ebrei e il popolo rispettivo si attualizza in un momento storico decisivo, a un crocevia essenziale, per collocare gli ebrei al di là della sfera della nazione, di più: esistono momenti storici che fanno degli ebrei in modo fatale, dei traditori (...) Non sentendosi in nessun luogo a casa propria, essi non conoscono in nessuna maniera la tragedia dell’estraniamento. Gli ebrei sono l’unico popolo che non si sente legato al paesaggio. Non esiste angolo della terra che abbia loro modellato l’anima; è per questo che sono sempre gli stessi in qualunque paese o continente. La sensibilità cosmica è loro estranea (...) in ogni cosa gli ebrei sono unici; non hanno pari al mondo, piegati come sono da una maledizione di cui è responsabile soltanto Dio. Se fossi ebreo, mi ucciderei all’istante”

"In che cosa i capitalisti romeni sono migliori dei capitalisti ebrei? La stessa bestialità negli uni e negli altri. Non posso concepire, e mi rifiuto di credere, che potremmo fare una rivoluzione nazionale la quale distruggesse i capitalisti ebrei e risparmiasse quelli romeni. Una rivoluzione nazionale che volesse salvare i capitalisti romeni mi sembrerebbe qualcosa di orribile”.


“La nostra disgrazia – scrive Cioran – è dovuta alle condizioni di vita dei popoli contadini. Il loro ritmo lento sarebbe una felicità, se non esistesse l’evoluzione rapida dei paesi industriali. Da una parte il villaggio, dall’altra la città. L’entusiasmo per il villaggio è la nota comune dei nostri intellettuali di sempre, è la loro caratteristica stolta. Perché, se questi intellettuali avessero avuto un minimo di spirito politico, avrebbero capito che il villaggio non rappresenta affatto una funzione dinamica, anzi, costituisce addirittura un ostacolo se si vuole accedere al grande potere. Il villaggio è l’infrastruttura e la base biologica di una nazione; non è però il suo portatore e il suo motore. Un anno di vita di una città moderna è più pieno ed attivo che non un secolo della vita di un villaggio. E non solo a causa del gran numero della popolazione, ma anche del tipo di vita cittadino, che accelera il proprio ritmo grazie alla sua sostanza interna. Città e industrializzazione devono essere due ossessioni per un popolo in ascesa”

“Prima di Corneliu Codreanu la Romania era un Sahara popolato. L’esistenza di coloro che si trovavano tra quel cielo e quella terra non aveva altro contenuto se non l’attesa. Qualcuno doveva venire. (...) Il Capitano ha dato al romeno un senso (...) Vicino al Capitano, nessuno rimaneva tiepido. Sul paese è passato un brivido nuovo (...) A eccezione di Gesù, nessun morto ha continuato ad essere presente tra i vivi … d’ora in poi, il paese sarà guidato da un morto, mi diceva un amico sulle rive della Senna. Questo morto ha diffuso un profumo di eternità sulla nostra minutaglia umana e ha riportato il cielo sopra la Romania”.


In ricordo di Emil Cioran