| Venerdi 23 Dicembre 2005 - 12:19 | Alessia Lai |

Il parlamento russo ha approvato l’altro ieri una versione emendata della legge sulle Organizzazioni non governative (Ong) presentata dalla Duma alla fine di novembre.
Il nuovo testo ha comunque scatenato ulteriori polemiche, perché, secondo i rappresentanti delle Ong, la nuova normativa va incontro solo in parte alle esigenze delle associazioni, mentre il resto rende ancora più restrittiva una legge considerata tutt'altro che liberale.
I legislatori hanno fatto più di 60 revisioni al testo iniziale della legge, che era stato proposto dal presidente Putin, dalla maggioranza di governo e dalle organizzazioni pubbliche. Il progetto di legge prevedeva il rafforzamento dei controlli sulle organizzazioni non governative, soprattutto quelle straniere. Un testo fortemente criticato, accusato di eccessiva ruvidezza. Gli attivisti dei diritti civili, sia russi che occidentali, avevano parlato di possibili violazioni dei principi democratici, invitando il presidente Vladimir Putin ad esortare la Duma a stilare una legge in accordo con le indicazioni internazionali.
I deputati si erano allora impegnati a tenere conto delle critiche nella successiva stesura legge. Ma anche l’ultimo testo, approvato mercoledì sera, non ha soddisfatto i critici della legge: ciechi di fronte al reale pericolo costituito da certe Ong o, al contrario, ben consapevoli del potere che certe strutture possono avere nel sovvertimento delle strutture politiche.
La decisione russa di limitare il lavoro delle Ong è stata infatti determinata dalle cosiddette rivoluzioni colorate finanziate e ‘telecomandate’ da Washington, quelle che hanno cambiato, una dopo l’altra, la fisionomia di Paesi prima vicini a Mosca come l’Ucraina, la Georgia e il Kirghizistan, e come anche la Serbia.
L’esperienza di Kiev, quella più datata di Belgrado, passando per la Georgia, danno il metro della pericolosità che rivestono certe Ong manipolate dalla Casa Bianca attraverso la Freedom House, il National Endowment for Democracy, dalla Us Aid come dall'International Republican Institute o da facoltosi filantropi a stelle e strisce come George Soros.
Tutti nomi collegati a Washington e alle sua strategie per la democratizzazione delle repubbliche ex sovietiche.
Otpor, Pora, Kmara: Serbia, Ucraina, Georgia.
Tre tappe del piano statunitense per l’accerchiamento di Mosca, un progetto che si vuole spingere fino al Cremino.
La legge sulle Ong voluta da Putin punta a tutelare la Russia dalle ‘ventate di democrazia’, dai movimenti ‘d’opinione’ alimentati dai dollari americani.
Già qualche tempo fa il governo russo ha accusato le Ong occidentali, in particolare americane, di fare da tramite per finanziare le fazioni anti-russe negli ex Stati-satellite e, ora, anche a Mosca.
Così speciali controlli saranno introdotti nel finanziamento alle Ong straniere, alle quali potrà essere impedita ogni attività in Russia se i suoi scopi sono in contrasto con la Costituzione o rappresentano una minaccia alla sovranità, all’indipendenza politica, all’integrità territoriale, e agli interessi nazionali russi.
Alessia Lai