Originariamente Scritto da
Decima Regio
La questione è leggermente più complessa : tra l'altro, le riserve di petrolio leggero dell'Iraq sono circa triple di quelle siberiane, e all'attuale ritmo di non-sfruttamento (causa sabotaggi l'esportazione iraqena è scesa dal miliardo abbondante di barili annui di'inizio secolo ai meno di quattrocento milioni attuali) . Per cui le riserve mesopotamiche dovrebbero durare vari decenni dopo l'esaurimento di quelle siberiane e dell'Asia centrale.
Tuttavia, l'ultimo pozzo di petrolio del mondo non conterà nulla, perchè quando sarà rimasto un unico giacimento - evidentemente insufficiente a sostenere un'economia avanzata su tutto il pianeta - esisterà un sistema energetico alternativo (nel qual caso il petrolio sarà sempre utile, ma solo per l'agricoltura e la petrolchimica) , oppure una serie di guerre consistenti avrà spazzato via - se non la specie tout court- il sistema industriale.
Il ruolo strategico dell'Europa è appunto nel dopo-petrolio ; se sarà fusione nucleare, nascerà a Caradache (Francia). SE sarà solare fotovoltaico vedrà la luce (è il caso di dirlo) a Friburgo, in Germania. Il vantaggio tecnologico sul resto del mondo (ma, in pratica, sul Giappone) , in ciascun settore , è dell'ordine del decennio abbondante.
Il problema è che probabilmente nessuna delle due soluzioni sarà operativa per un altro ventennio , o giù di lì. Durante il quale il supporto energetico fondamentale saranno ancora gli idrocarburi di origine fossile.
Ciò non vuol dire semplicemente petrolio. E' già in corso, da una decina di anni, uno spostamento dal petrolio liquido al gas naturale (sia per la sintesi dei fertilizzanti che per l'elettrogenerazione). Tale riequilibrio dal petrolio al gas è stato lento nell'ultima parte del secolo scorso, a causa del prezzo bassissimo del petrolio. Con i prezzi attuali, accelererà grandemente.
Questo riequilibrio non è geopoliticamente neutro. (Infatti il petrolio è - notoriamente - liquido in natura, e trasferirlo da un luogo all'altro ha un costo energetuco ed economico - irrisorio. Una petroliera carica a Dubai può salpare per Tokio, Pechino Jew York o Amburgo - quasi indifferentemente.
Il gas naturale invece non è liquido, se non raffreddandolo a poco più dello zero assoluto. I costi di liquefazione, trasporto e conservazione fan sì che il trasporto per nave assorba circa il 25 % del contenuto energetico del gas (che, conseguentemente, se impiegato in località non collegabili con gasdotti arriva a costi quasi doppi rispetto all'impiego in situ).
Questo il motivo per cui il Giappone (e Taiwan, credo) son le uniche nazioni in cui il costo dell'elettricità è addirittura superiore a quello dell'Italia. Non avendo giacimento di gas prossimi, arriva tutto per nave.
Il corollario geopolitico è che il petrolio è facilmente sequestrabile in un continente e consumabile in un altro. Per fare un esempio, il petrolio della Libia e dell'Iraq può esser prelevato e consumato nelle Americhe. Il gas dell'Algeria e dell'Iran, per restare nei rispettivi paraggi, no.
Ciò è evidentemente allarmante per gli U$A, la cui produzione nazionale di gas è in declino da un decennio (causa prossimo esaurimento riserve). Recentemente, anche in Messico e Canada le scorte di gas sembrano in affanno (il rendimento dei singoli pozzi sta crollando). Del gas naturale rimasto al mondo, il 60 % dovrebbe essere in Eurasia, il 20 % in Africa, il 15 % in America Latina ... considerando che la distanza tra Bolivia ed U$A tutto sommato è quella che c'è tra la Costa d'Avorio e l'Europa Occidentale, la situazione non sembra rosea per il subcontinente nordamericano (che per contro, come è poverissimo di gas, ha la stragrande maggiuornaza dle petrolio pesante esistente al mondo ... oltre l'80 % sta tra Venezuela e Canada. ma l'EROEI del petrolio sabbioso è troppo bassa, ed il costo troppo alto, per esser competitivo. Lo diverrebbe con il barile a 160 $, ma i danni ambientali sarebbero drammatici)
Quindi, per l'Eurasia l'interregno tra l'era del petrolio e quella dell'energia solare, o del nucleare da fusione, può essere soddisfatto dal gas. Per gli U$A far lo stesso significa condannarsi ad avere costi energetici superiori a Cina Euriopa India ed altri paesi industriali (e, quindi, perdere ogni residuo di competitività, già scarsa).
Da tutto ciò è facile evincere che, per sottrarsi ad un destino di assoluta marginalità nel XXI secolo, U$A deve non tanto e non solo garantirsi petrolio per se', ma soprattutto assicurarsi che i potenziali ciompetitori (UE, India Cina) non ne trovino, o comunque non a prezzi talmente bassi da rendere dirimenti le penalizzazioni in termini di EROEI del petrolio scistico, o del GNL.
In questa chiave di lettura , è facile evincere che :
- se scopo dell'invasione dell'Iraq fosse stato il sequestro del petrolio Iraqeno, ,la missione sarebbe drammaticamente fallita (la produzione è scesa ad un terzo di quella che era) ;
- se scopo invece era impedire che lo stesso arrivasse agli altri, la missione deve dirsi riuscita.
Analogamente :
- qualche babbeo ancora crede che gli U$A abbiano invaso l'Iraq - e praticamente l'intero Golfo Persico - per calmierare il prezzo del petrolio.
Poichè il prezzo del greggio è invece triplicato in quattro anni, e triplicherà ancora nei prossimi quattro, l'operazione può dirsi sensata solo ammettendo che scopo del gioco era ingigantire, non calmierare , il prezzo del petrolio.
Scopo dell'unità d'intenti della SCO è impedire che le scorte energetiche dell'Asia centrale, Iran incluso, possano subire analoga sorte di quelle del Golfo. Come sarebbe sicuramente accaduto se i governanti di Cina e Russia fossero stati abbastanza idioti da contendersi l'egemonia sul Kazakhstan : tra i due litiganti, avrebbe goduto il terzo.