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Discussione: Lo spiritismo classico

  1. #21
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    Predefinito Rif: Lo spiritismo classico

    Tu non ha assolutamente compreso! la questione discarica è riferita al meccanismo, quando fai una seduta spiritica non si manifesta (in questo caso tua madre) ma una entità che "imita" tua madre....... Posso parlarne se ti rassereni e ragioni con tranquillità riprendiamo il discorso da dove si era interrotto Per la questione del fascio dovremo aprire una discussione per le grandissime inplicazioni storiche, archeologiche, politiche, etiche ecc. Simbolo fondamentale carico di significati: dalle origini etrusche passando per la Rivoluzione Francese, Garibaldi stesso e la Repubblica Romana ed infine ritorna però modificato come simbolo del movimento sorto a Milano.

  2. #22
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    Predefinito Rif: Lo spiritismo classico

    penso che possa essere interessante al riguardo leggere questo articolo:

    A CHE TIPO DI REALTÀ APPARTENGONO LE STORIE E I PERSONAGGI CREATI DALLA MENTE
    di Francesco Lamendola - 15/10/2010

    «A che tipo di realtà appartengono le storie e i personaggi creati dalla fantasia dello scrittore?»: ecco una domanda meno semplice di quello che può sembrare.

    Se la era posta, fra gli altri, Luigi Pirandello; per giungere alla conclusione che l’autore non crea affatto i suoi personaggi, ma li porta in luce, traendoli da una dimensione in cui essi preesistono, così come continueranno ad esistere dopo che lui sarà scomparso.
    Inoltre il drammaturgo siciliano aveva notato che, se i personaggi
     sono privi della proprietà dell’esistenza (almeno nella sfera della realtà ordinaria),
     possiedono però una essenza, vale a dire una unità e una coerenza di carattere che l’autore, in quanto persona esistente e perciò continuamente mutevole, é ben lungi dall’avere;
    e così, anche da questo punto di vista, era giunto alla conclusione che fra i due, l’autore e il personaggio, è il primo ad apparire labile e sbiadito, mentre il secondo è dotato di una vitalità straordinaria, che lo rende praticamente indistruttibile.
    Naturalmente lo statuto ontologico di un personaggio letterario o di una storia ideata da uno scrittore non deve essere molto diverso da quello di un individuo o di un paesaggio raffigurato da un pittore sulla tela, o da uno scultore nella pietra o nel bronzo, oppure da un regista cinematografico nel suo film; o, ancora, più semplicemente, da una storia e dai personaggi di una fiaba inventata da un genitore, la sera, seduto sul bordo del lettino del suo bambino o della sua bambina, per predisporli al riposo notturno.

    Miguel De Unamuno, nel suo racconto «Niebla» («Nebbia»), immagina la situazione paradossale di un personaggio che, insoddisfatto di come il suo autore ha delineato la sua vicenda, si presenta a casa di quest’ultimo e gli chiede di modificarla; situazione, peraltro, non molto dissimile da quella dei pirandelliani «Sei personaggi in cerca d’autore».

    D’altra parte, se la vita - come sospettava fortemente Pedro Calderón de La Barca - non è altro che un sogno - tema trattato da Shakespeare nel suo stupendo «A Midsummer Night’s Dream» e ripreso, oggi, nella prospettiva della fisica quantistica, in cui si potrebbe ipotizzare una sorta di ologramma cosmico di cui siamo parte -, allora diviene lecito domandarsi se davvero le cose della vita “reale” possano vantare uno statuto ontologico più consistente di quelle soltanto immaginate, o rappresentate, mediante la parola o altri mezzi espressivi.

    Si prenda, a mero titolo di esempio, un racconto dell’orrore cosmico di H. P. Lovecraft come «The Shadow out of Time» («L’ombra venuta dal tempo»), scritto fra il 1934 e il 1935 e pubblicato nel 1936; racconto che ebbe origine, come altri dello scrittore di Providence, da un sogno che egli aveva realmente fatto:
    «Circa un anno fa sognai di risvegliarmi su una lastra di una sostanza sconosciuta, in un’enorme sala dal soffitto a volta illuminato fiocamente e direi oscuramente, ma piena di lastre su cui erano distesi una serie di corpi coperti da lenzuola, e dalle proporzioni evidentemente inumane. Tutti i particolari suggerivano l’orribile idea che io on mi trovassi più sulla terra. Inoltre avevo la sensazione che il mio corpo fosse simile a quello degli esseri nascosti dalle lenzuola. A questo punto mi svegliai davvero, e così non c’è una storia da raccontare!»
    Nel racconto si narra la storia di un professore della immaginaria Miskatonic University, Nathaniel Wingate Peaslee, il quale per ben cinque anni, dal 1908 al 1913, cade vittima di una amnesia, mentre il suo corpo e la sua mente sono occupati, per tutto quel tempo, da una entità estranea venuta dagli abissi cosmici. Tale entità è giunta sulla Terra per esplorarne la vita e, durante questa ricognizione, essa “cede” il proprio corpo alla coscienza del professore, che si vede proiettato in una lontanissima epoca geologica, milioni di anni addietro.

    Al termine dell’esperimento, la creatura aliena “restituisce” il corpo del professore al suo legittimo proprietario, il quale - però - non sarà in grado di ricordare nulla della sua sconvolgente avventura; salvo mettersi al lavoro per ricostruire pazientemente, in base a labili indizi, ciò che l’estraneo ha fatto in quei cinque anni, servendosi del suo corpo. La conferma definitiva che i suoi faticosi ricordi corrispondono alla verità giunge allorquando alcuni archeologi, dall’Australia, si mettono in contatto con il professor Peaslee per informarlo di alcune loro notevoli scoperte, che suffragano quanto la mente di quest’ultimo crede di aver intuito.

    Prendiamo questo racconto, dunque, a titolo di esempio e proviamo a domandarci se non sarebbe possibile immaginare, come ipotesi di lavoro, che una entità sconosciuta, giunta da altri mondi o da altre dimensioni, entri nella nostra mente e se ne impossessi, per agire attraverso di noi, ma senza rivelare ad alcuno la sua vera natura.

    Ebbene, giunti a questo punto possiamo domandarci: la “possessione” del professor Peaslee non è un tipico esempio di ciò che accade, praticamente alla lettera, quando l’idea di un personaggio letterario si impadronisce di uno scrittore? E che cosa ci vieta di pensare, con Pirandello, che non si tratti solamente di un’idea, ma di una realtà antecedente alla sua “scoperta” da parte dello scrittore; anzi, di una realtà antecedente alla stessa nascita dello scrittore?

    Tuttavia, si può considerare la cosa anche da un altro punto di vista: vale a dire dal puto di vista del personaggio, anziché da quella dello scrittore; o, più in generale, del soggetto che si immedesima in un determinato personaggio di fantasia.

    Quando uno scrittore, o semplicemente un bambino, si immedesima in un esploratore che avanza a fatica nella fitta giungla tropicale; quando scavalca, grondante di sudore, i tronchi marciti o quando ammira la variegata livrea dei pappagalli o degli uccelli Paradiso; quando il suo cuore trema di spavento all’udire il ruggito delle bestie feroci, chi è colui che sta provando tali emozioni, che sta vedendo, odorando, registrando tali stimoli sensoriali: lo scrittore chino sui fogli, il bambino che sogna sul banco di scuola, oppure l’intrepido esploratore di quei luoghi esotici?

    Non è affatto una domanda oziosa, né un gioco letterario: se è vero, come sosteneva Berkeley, che l’essere è l’essere percepito, allora chi esattamente sta percependo quelle tali sensazioni, chi è il soggetto di quelle percezioni?

    Se è vero che tutto ciò che sperimentiamo, lo sperimentiamo nella nostra mente, all’interno della nostra mente e non fuori di essa - perché nulla sappiamo di ciò che è fuori della nostra mente -, allora a chi appartiene la mente che sta penetrando nella giungla tropicale; di chi è la coscienza che ode il ruggito delle belve, che ammira i colori degli uccelli, che si emoziona, si spaventa o si esalta nel trovarsi solo a sola con la realtà della foresta primordiale?

    Ecco un significativo brano di Ernst Jünger che tratta precisamente questo aspetto della questione (in: «Ludi africani», Parma, Ugo Guanda Editore):
    «È un avvenimento bizzarro come la fantasia, simile a una febbre i cui germi sono apportati da lontano, prende possesso della nostra vita e si insedia in essa sempre più profondamente e ardentemente. Alla fine, soltanto l’immaginazione ci pare l’unica realtà e la vita di tutti i giorni un sogno, nel quale ci muoviamo svogliati, come un attore turbato dal suo ruolo. È allora venuto il momento in cui il crescente disgusto fa appello alla ragione e le pone il compito di cercare una via d’uscita. […]
    Da mesi vivevo in una eccitazione segreta, che in quegli ambienti [cioè le aule scolastiche] difficilmente può passare inosservata. Così’ ero già arrivato al punto di non partecipare affatto alle lezioni, sprofondandomi invece in descrizioni di viaggi in Africa che sfogliavo sotto il banco. Quando mi veniva rivolta una domanda, dovevo superare tutti quei mari e quei deserti prima di dare qualche segno di vita. IN FONDO ERO PRESENTE SOLO COME RAPPRESENTANTE DI UN LONTANO VIAGGIATORE [il maiuscolo è nostro].»

    Non è chiaro se lo stesso Jünger, che pure ha saputo descrivere così mirabilmente la condizione del sognatore, abbia poi tratto, sul piano filosofico, tutte le conseguenze della sua notevole intuizione letteraria, nel senso da noi indicato.

    Ma una cosa è certa: quando si pensa intensamente ad una determinata situazione, e ci si immedesima in essa, si finisce per diventare i “rappresentanti” di una entità che si serve dei nostri sensi e della nostra coscienza per vivere e registrare tutte quelle realtà che essa diviene capace di raggiungere per il tramite nostro.

    Un esperimento piuttosto significativo è stato compiuto, all’inizio degli anni ’70, da un gruppo di studiosi della Società per la Ricerca Psichica Toronto, nel Canada. Essi decisero di “creare” un personaggio inesistente, un nobile inglese del XVII secolo, di nome Philip. Inventarono tutta la sua biografia, fin nei particolari, e poi tentarono di mettersi in contatto medianico con lui, ottenendo, dopo mesi di evocazioni, dei colpi sul tavolino, come se qualcuno avesse bussato.

    Allora cominciarono a porgli delle domande, col sistema di attendere un colpo per la risposta affermativa e due colpi per quella negativa. La presenza spettrale andò avanti a sufficienza per consentire a “Philip” di assumere un tono sempre più disinvolto e familiare nelle sue risposte alle otto persone del gruppo di studio che la interrogavano.

    I risultati della ricerca sono stati pubblicati da Iris M. Owen e Margareth Sparrow in un libro che reca nell’introduzione un saggio del consigliere scientifico del gruppo, il dottor A. R. G. Owen, membro del Dipartimento di medicina preventiva e di biostatistica dell’Università di Toronto, nonché ricercatore parapsichico specializzato in manifestazioni del tipo “poltergeist”. Le conclusioni cui giunsero gli studiosi canadesi, in linea - peraltro - con la prevalente impostazione di tendenza materialista e scientista del filone “ortodosso” della parapsicologia, fu che “Philip” non era affatto uno spirito, ma che le sue comunicazioni provenivano dall’inconscio dei partecipanti all’esperimento.

    Si tratta di un modo abbastanza curioso, per quanto assolutamente legittimo, di vedere le cose; infatti, basta domandarsi
     cosa sia questo “inconscio di gruppo” che risponde alle domande battendo i colpi sul tavolino, per riconoscere che non lo sappiamo affatto: un po’ come gli etologi chiamano “istinto” quella forza misteriosa che guida, ad esempio, le prodigiose migrazioni degli uccelli, anche di notte, anche con il cielo coperto, lungo distanze inverosimili. Ma sarebbe più leale ammettere che né loro, né alcun altro sanno di che natura sia una simile forza.
    Inoltre, secondo la Vulgata scientifica dominante,
     la mente non dovrebbe essere in grado di agire direttamente sulla materia, né coscientemente, né inconsciamente; per cui, a questo punto, tanto varrebbe chiamare un simile inconscio di gruppo con il nome di “spirito”, dopo di che ne sapremmo esattamente come prima, cioè niente. Insomma, qualunque definizione vogliamo dare di entità sul genere di quella che venne denominata“Philip” dai ricercatori di Toronto, resta il fato che una entità corrispondente alle sue caratteristiche, E CHE NON AVREBBE DOVUTO ESISTERE, PERCHÉ CREATA DALLA FANTASIA DEGLI SPERIMENTATORI, si è effettivamente manifestata e ha dato prova di possedere una coscienza, una intelligenza ed una volontà sue proprie.

    Si obietterà, forse, che la distinzione non è affatto irrilevante, perché una cosa è ipotizzare che Philip sia esistito in quanto entità autonoma, e un’altra cosa, e ben diversa, pensare che essa non fosse altro che la proiezione dei pensieri inconsci dei membri del gruppo che lo avevano evocato. Ma questa è, a ben guardare, una contraddizione in termini. Se lo avevano evocato, ciò significa - qualora il linguaggio abbia un preciso significato - che essi avevano rivolto un invito affinché si manifestasse qualcuno o qualcosa che era al di fuori di loro; oppure, se si preferisce, che era dentro di loro, ma allo stesso modo in cui sono dentro la mente tutte le idee, tutte le percezioni, tutte le immaginazioni di cui è umanamente possibile fare esperienza.

    Di più non è lecito dire, perché le porte dell’ultimo mistero ci sono precluse, almeno finché restiamo nello stato di coscienza ordinaria, dominato dal Logos strumentale e calcolante.

    Tuttavia è un fatto che, così come nel sogno accade, talora, di oltrepassare le barriere dello spazio e del tempo, e di comunicare con persone lontane e conoscere il passato o il futuro, allo stesso modo la mente che pensa degli enti, per ciò stesso li fa esistere; e, al tempo stesso, ne viene posseduta. I lama tibetani lo sanno da millenni, e chiamano “tulpa” tali entità create dal pensiero, ma esperibili anche mediante i sensi ordinari.

    Quello che i ricercatori occidentali non sanno, è che non si dovrebbe scherzare troppo con le entità evocare dal pensiero; perché esse, ad un certo punto, sono suscettibili di incominciare una vita propria, indipendentemente dalla volontà del soggetto che li ha evocati ed anche, talvolta, contro di essa.

    Un po’ come accade nella novella di Unamuno, allorché il personaggio si presenta a casa del suo autore e gli chiede di rendergli conto del modo in cui lo ha pensato e lo ha condotto all’interno della sua storia…

    non trovo + il link ma era nella newsletter di ARIANNA editrice

  3. #23
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    Predefinito Rif: Lo spiritismo classico

    Citazione Originariamente Scritto da sideros Visualizza Messaggio
    Tu non ha assolutamente compreso! la questione discarica è riferita al meccanismo, quando fai una seduta spiritica non si manifesta (in questo caso tua madre) ma una entità che "imita" tua madre....... Posso parlarne se ti rassereni e ragioni con tranquillità riprendiamo il discorso da dove si era interrotto Per la questione del fascio dovremo aprire una discussione per le grandissime inplicazioni storiche, archeologiche, politiche, etiche ecc. Simbolo fondamentale carico di significati: dalle origini etrusche passando per la Rivoluzione Francese, Garibaldi stesso e la Repubblica Romana ed infine ritorna però modificato come simbolo del movimento sorto a Milano.
    Sono assolutamente sereno e sono lieto della tua disponibilità al dialogo.
    Pertanto quello che ti chiedo, riferito al post in cui descrivevo la mia prima esperienza (http://forum.politicainrete.net/esot...lignoto-2.html)
    1- Come fai ad essere sicuro che non fosse mia madre ?
    2- Ammesso che sia stato un intervento fasullo, quale scopo avrebbe avuto questa presunta entità nel manifestarsi fingendosi mia madre ?
    3- (questo te l'avevo già chiesto inutilmente) Da dove trai la tua sicurezza?
    per esperienza personale o per aver letto da qualche parte?
    Spero mi risponderai con dati di fatto credibili e attendibili. non con teorie astruse campate in aria.
    Grazie,senza rancore o astio
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  4. #24
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    Predefinito Rif: Lo spiritismo classico

    In certi casi (il lutto sopratutto di una persona cara) si scatenano nella persona indotte dalla potenza della mente delle energie che riescono a muovere oggetti o addirittura innescare fenomeni inspiegabili dalla fisica ordinaria.
    Su questa scia si possono avere delle "infestazioni" ecco che i medium servono proprio anche come bariera o meglio si fanno carico di tutto ciò che può creare danni di vario genere o almeno limitarli.
    Quello che scrivo è frutto sia di esperienze, purtroppo, e di chiarimenti che ho cerrcato attraverso l'incontro di studiosi, interrogando la lettura dei testi classici di magia antica e affondando la mia curiosità versol'insegnamente delle svariate religioni che nei millenni hanno sviscerato e interpretato attraverso le loro teologie queste manifestazioni da sempre presenti nelle tradizioni e nella storia dell'uomo.

  5. #25
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    Predefinito Rif: Lo spiritismo classico

    Citazione Originariamente Scritto da sideros Visualizza Messaggio
    In certi casi (il lutto sopratutto di una persona cara) si scatenano nella persona indotte dalla potenza della mente delle energie che riescono a muovere oggetti o addirittura innescare fenomeni inspiegabili dalla fisica ordinaria.
    Su questa scia si possono avere delle "infestazioni" ecco che i medium servono proprio anche come bariera o meglio si fanno carico di tutto ciò che può creare danni di vario genere o almeno limitarli.
    Quello che scrivo è frutto sia di esperienze, purtroppo, e di chiarimenti che ho cerrcato attraverso l'incontro di studiosi, interrogando la lettura dei testi classici di magia antica e affondando la mia curiosità versol'insegnamente delle svariate religioni che nei millenni hanno sviscerato e interpretato attraverso le loro teologie queste manifestazioni da sempre presenti nelle tradizioni e nella storia dell'uomo.
    Ciò può essere vero prendendo in considerazione lo stato in cui ci si trova nell'immediatezza di un lutto e dei singoli convincimenti o influssi religiosi, che potrebbero creare delle allucinazioni.
    Nel mio caso erano trascorsi tre anni dalla dipartita di mia madre e, come vuole la natura umana, il dolore era ormai attenuato. Inoltre non avevo nessuna fede religiosa, per cui esisteva solo ciò che potevo vedere e sentire con i normali sensi fisici. Tutto ciò che non era visibile, udibile, dimostrabile erano solo favole.
    E i miei familiari che hanno visto le stesse cose, erano tutti vittime delle mie creazioni mentali?
    E quand'anche fosse, ammettendo l'esistenza di un tale potere della mente, non dimostrabile ne misurabile, cosa impedisce di credere che questa capacità faccia parte di un altro corpo immateriale e che questi possa trasferirsi in un'altra dimensione alla morte del corpo fisico?
    Non ti curar di lor, ma passa e sputa

  6. #26
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    Predefinito Rif: Lo spiritismo classico

    Spiegare con la logica questi fatti è impossibile. Sappiamo che la mente umana ha delle facoltà latenti e il dolore come la gioia estremami innescano fenomeni non catalogabili ne sondabili dal pensiero prammatico. Le religioni da sempre conoscevano questi fatti e magari usavano questi fenomeni per meravigliare o imparire le genti. La nostra mente si può dire mistifica, ma non solo, riesce anche ad "entrare" nell'intimità della materia e agire in vario modo. Anche Ulisse cerca di "richiamare" dal mondo dei morti la madre e l'indovino Tiresia usando il sangue sacrificale caldo di un toro e una capra, ma Ulisse era un inngannatore più che un soldato leale, era avezzo al trucco e ne ha pagato le conseguenze. Questi atti sono da evitare. I morti con i morti e i vivi con i vivi, si può pregare invocare ma da evitare sempre l'evocazione si sfocia in mondi pericolosi ed equivoci del "diabloci" che danneggiano la nostra personalità e il nostro cammino evolutivo. Tutte le religioni usana liturgie precise affinche la "ombra" del morto ritorni nel terrurismo profondo e l'anima si possa liberare .

  7. #27
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    Predefinito Rif: Lo spiritismo classico

    "Spiegare con la logica questi fatti è impossibile."

    Mi aspettavo di più da un depositario della verità, non un fumoso bla bla bla..
    Passo e chiudo. (torno in discarica )
    Non ti curar di lor, ma passa e sputa

  8. #28
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    Predefinito Rif: Lo spiritismo classico

    Sei solo in cerca di polemica e chiudo.

  9. #29
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    Predefinito Rif: Lo spiritismo classico

    La domanda è: a cosa mi serve avere contatti con il “caro trapassato”? La risposta è “a nulla”, sempre che quello sia il caro trapassato…
    Il posto dei defunti è nel loro luogo deputato, non più nella dimensione terrena, a loro non più congeniale.

    Ora…può accadere a persone dotate di certe caratteristiche, di vedere i trapassati, ma è buona norma indirizzarli alla loro destinazione, senza soffermarsi a cercare altro. Se sono in pena aiutarli con preghiere o buoni pensieri, ma sempre nell’ottica di inviarli là dove devono risiedere, senza indulgere a sentimentalismi inutili, dannosi, coinvolgenti in atmosfere psichiche malate e sterili. IL defunto non ne sa più dei viventi, resta nella situazione in cui era al momento della dipartita, egli non può essere utile ad alcuno vagabondando in dimensioni lontane dalla propria. E’ per questo che lo spiritismo non va incoraggiato.

    Nel caso di apparizioni spontanee è giusto operare al fine di riaccompagnarlo al luogo a lui deputato.

    Questo nel caso si tratti di un vero defunto, e non del suo guscio vuoto, consistente negl’involucri sottili dei quali era avviluppato, sorta di cadaveri in disfacimento che però possono trarre in inganno facendo credere che l’essere li abiti ancora. Molti sono gl’inganni e gli autoinganni che si verificano nel contatto con questo mondo oscuro e infido.
    "Così penseremo di questo mondo fluttuante: una stella all'alba; una bolla in un flusso; la luce di un lampo in una nube d'estate; una lampada tremula, un fantasma ed un sogno:"
    (Sutra di diamante)

  10. #30
    Fede speranza amore
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    Predefinito Rif: Lo spiritismo classico

    Pur rammaricandomi per la polemica in corso mi ha fatto piacere rileggere la testimonianza di globulonero che credo possa aiutare molti a trovare o ritrovare la propria fede. Leggo con piacere anche gli interventi di sideros che ho spesso trovato arricchenti ed utili.
    "Non c'è amore più grande di chi dona la vita per gli amici" (Gv 15,13)

 

 
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