Indovinate chi disse (1967) queste cose.
Giuro sul Corano che io amo gli arabi
quasi come mia madre. Sono in trattativa
per comprare una casa in Marocco e andarmene
là. Nessuno dei miei amici comunisti
lo farebbe, per un vecchio, ormai tradizionale
e mai ammesso odio contro i sottoproletariati
e le popolazioni povere (…)
Nel Lago di Tiberiade e sulle rive del Mar
Morto ho passato ore simili soltanto a quelle
del ’43, ’44: ho capito, per mimesi, cos’è il
terrore dell’essere massacrati in massa. Così
da dover ricacciare le lacrime in fondo
al mio cuore troppo tenero, alla vista di
tanta gioventù, il cui destino appariva essere
appunto solo il genocidio. Ma ho capito
anche, dopo qualche giorno ch’ero là,
che gli israeliani non si erano affatto arresi
a tale destino. In questi giorni, leggendo
l’Unità ho provato lo stesso dolore che si
prova leggendo il più bugiardo giornale
borghese. Possibile che i comunisti abbiano
potuto fare una scelta così netta? Perché
l’«Unità» ha condotto una vera e propria
campagna per “creare” un’opinione?
Forse perché Israele è uno Stato nato male?
Ma quale Stato, ora libero e sovrano,
non è nato male? E chi di noi, inoltre, potrebbe
garantire agli Ebrei che in Occidente
non ci sarà più alcun Hitler o che in
America non ci saranno nuovi campi di
concentramento per drogati, omosessuali
e… ebrei? O che gli ebrei potranno continuare
a vivere in pace nei paesi arabi?
Forse possono garantire questo il direttore
dell’Unità, o Antonello Trombadori o qualsiasi
altro intellettuale comunista? E non è
logico che, chi non può garantire questo,
accetti, almeno in cuor suo, l’esperimento
dello Stato d’Israele, riconoscendone la sovranità
e la libertà? E che aiuto si dà al
mondo arabo fingendo di ignorare la sua
volontà di distruggere Israele?