Sciopero e No-opero
L’operaio è costretto a lavorare per guadagnare il salario, quindi egli ha il dovere di lavorare grazie al quale gli è riconosciuto il diritto di guadagnare. Se rifiuta di guadagnare vuol dire che il dovere è maggiore del diritto, e scioperando quindi non lavora, e se non lavora non guadagna. Se non vi è allora il dovere non vi è nemmeno un guadagno. Col tempo sono sorte organizzazioni, i sindacati, che provvedono a salvaguardare i diritti dei lavoratori in funzione del maggior diritto, quello del guadagno. Tutto questo discorso non è però conciliabile con la struttura della scuola:
lo stato e la società occidentale in generale sono articolati in rami sempre più vari, tesi al miglioramento e alla concorrenza, dove l’arma per vincere e condurre avanti queste proficue attività, su cui si poggia la società occidentale è appunto lo studio. Non dico che sia solo lo studio, infatti la pratica è complementare ad esso, ma essa si acquista con l’esperienza, giacché senza esperienza sembra che la teoria studiata per anni non corrisponda affatto alla realtà. Solo con la pratica si potrà applicare lo studio e quando si potrà applicarlo nessuno potrà fermare le conoscenze acquisite col tempo e pragmaticizzate. Quindi lo studio è fondamentale per reggere lo stato, il quale come ho già detto è strettamente legato con esso: lo stato ha continuamente bisogno di gente che ha studiato per prendere il posto di altra gente che ha studiato, per mandare avanti i vertici delle sue strutture portanti. La società allora è costretta a rendere lo studio obbligatorio per continuare a vivere. Sembra allora che lo studio sia solo un dovere, un obbligo, ma esso permette non solo di capire ma anche di avere in futuro un lavoro in cima alla piramide, con evidenti oneri ma con onori ancora più grandi. In termini poveri: più si studia maggiori saranno le probabilità di trovare un lavoro con doveri e diritti (servizio, guadagno) molto elevati, dove però il diritto supera il dovere.
Quindi lo studio è un dovere che paradossalmente è anche un diritto: il diritto di avere un lavoro ai vertici. Si badi che vi sono tante persone che senza studiare e senza sforzarsi ottengono lavori di primaria importanza, essendo aiutati da evanescenti ombre oscure…e si vedono le conseguenze di questa mala-amministrazione ogni giorno.
Lo studio è tanto un dovere quanto un diritto. Lo studio è la base del lavoro, ma non è il lavoro. Gli studenti non sono allora dei lavoratori, altrimenti lo studio sarebbe un lavoro minorile.
Lo sciopero è un diritto dei lavoratori…e se quindi si considerasse per assurdo lo studio un lavoro, gli studenti che scioperano dovrebbero scioperare perché il dovere è maggiore del diritto…in altri termini essi fanno a meno di studiare (dovere) perché essi studiano (diritto) troppo poco.
In verità lo sciopero degli studenti non è propriamente uno sciopero (che deriva dal latino ex-opero), ma un “no-opero” per cui non si vuole studiare poichè non si capisce lo scopo per cui varrà quello lo spreco di energie. Lo studio è considerato solo come un dovere quasi dogmatico per cui ci si aliena da esso e si studia o per fare un favore ai genitori o ai professori o ancora per prendere buoni voti, e si impara allora a memoria uccidendo l’unico mezzo che permette di capire lo studio e le sue motivazioni, la ragione, divenendo allora un inferno, una tortura che brucia veramente tutte le energie...
Si deve allora considerare lo studio non come una stanza o una prigione chiusa a chiave e sigillata con la memoria, bensì si deve renderlo parte integrante della vita quotidiana di ognuno: solo così si capirà a cosa serve, adoperandolo ogni giorno nel proprio piccolo, sapendo che serve e che servirà sempre, visto che “non si impara per la scuola, ma per la vita”; finendo la scuola non si finirà di studiare, non si finirà mai di studiare poiché tutti quanti siamo alunni di una scuola che mai smetterà di insegnare: la vita.