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    Iran: come si inventa una crisi


    Il mondo ha dimenticato tutto e non ha imparato niente dopo la sciarada sulle armi di distruzione di massa in Iraq.

    A nemmeno due anni dall'invasione americana dell'Iraq, avvenuta in nome di armi di distruzione di massa che non sono mai esistite, il mondo sta per essere spinto ad un confronto con l'Iran sulla base di altrettanto lacunose premesse.

    Il 17 settembre il presidente dell'Iran, Mahmoud Ahmadinejad, ha detto all'assemblea generale delle Nazioni Unite che il suo paese non avrebbe rinunciato al suo diritto sovrano di produrre energia nucleare usando uranio arricchito in patria. Il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (Tnp), che l'Iran ha firmato nel 1974, permette al paese di costruire impianti che abbracciano tutte le fasi del ciclo del combustibile nucleare, compreso l'arricchimento, sotto tutela internazionale.

    Assodato il fatto che gli Stati Uniti continuano a imporre sanzioni allo sviluppo dei settori iraniani del gas e del petrolio (con la legge extra-territoriale “Sanzioni a Libia e Iran”), è logico che gli Iraniani puntino ad un'industria nucleare civile per la quale non debbano essere dipendenti dall'occidente per un combustibile quale l'uranio arricchito.

    Comunque, come atto di buona volontà verso Gran Bretagna, Francia e Germania – i cosiddetti EU-3 che hanno cercato di convincere l'Iran ad abbandonare l'arricchimento dell'uranio in cambio della garanzia di forniture di energia – Mr. Ahamadinejad ha offerto di fare per gli impianti di arricchimento del suo paese delle joint ventures con imprese private e pubbliche del settore, appartenenti ad altri paesi. Gran Bretagna e Francia hanno rifiutato questa offerta, che gli Iraniani dicono essere una dimostrazione della loro volontà di essere il più trasparenti possibile. Gli EU-3 e gli Usa sostengono che Teheran non deve lavorare sull'arricchimento perché se si governa la tecnologia è padroneggiata, gli stessi impianti potrebbero essere usati per produrre non solo uranio poco arricchito (Leu) per i reattori, ma anche uranio altamente arricchito (Heu) per le bombe. Di conseguenza, hanno diffuso una risoluzione al meeting del Tavolo dei Governanti dell'Agenzia Internazionale dell'Energia Atomica (Aiea) – che è iniziato il 26 settembre–, chiedendo che il programma nucleare civile Iraniano sia deferito al Consiglio di Sicurezza dell'Onu quale potenziale minaccia per la pace e la sicurezza internazionale.

    Non è difficile per gli Usa e i suoi alleati europei ottenere una maggioranza al Tavolo dei Governanti dell'Aiea – composto da 35 nazioni – perché venga raccomandato il deferimento; comunque, il tavolo ha operato sulla base del consenso per gli ultimi 12 anni – sin da quando il voto forzato per deferire al Consiglio di Sicurezza la Corea del Nord non lo ha diviso – e il gruppo di paesi non allineati e la Cina rimangono contrari a che l'Iran sia portato al Consiglio di Sicurezza. Se gli Stati Uniti sono convinti che un consenso escluda questa possibilità per l'immediato futuro, potrebbero spingere perché si voti presto, piuttosto che aspettare. In seguito all'annuale Conferenza Generale dell'Aiea, un nuovo Tavolo dei Governanti sarà insediato. E con Cuba e la Siria che prenderanno il posto di Perù e Pakistan, coloro che si oppongono fermamente ad un deferimento al Consiglio di Sicurezza sono con tutta probabilità sul punto di aumentare.

    Sebbene lo stimolo immediato alla pressione americana ed europea sia la decisione di Teheran del mese scorso di porre fine alla sua volontaria sospensione della conversione dell'uranio nel suo impianto di Esfahan, il caso iraniano non può essere portato al Consiglio di Sicurezza su questo terreno.

    Innanzitutto, il Tnp permette la conversione dell'uranio ed altri processi centrali per l'arricchimento. In secondo luogo, l'impianto di Esfahan è sotto la tutela dell'Aiea e il 2 settembre, circa un mese dopo che l'Iran ha ricominciato la conversione dell'uranio in quel luogo, il direttore generale dell'Agenzia, Mohammad El-Baradei, ha certificato che “tutto il materiale nucleare dichiarato in Iran è stato giustificato e, quindi, tale materiale non è dirottato verso attività proibite”. In terzo luogo, l'accordo per sospendere l'arricchimento, che l'Iran ha raggiunto con l'EU-3 a Parigi il novembre scorso, prevede chiaramente che “L'E3/EU riconosce che questa sospensione è un atto volontario volto ad alimentare la fiducia, e non una costrizione legale”. In altre parole, se la sospensione volontaria non è stata un obbligo legale, la fine di tale sospensione molto difficilmente può costituire il terreno per un azione legale tanto da parte dell'Aiea, quanto dalle Nazioni Unite.

    Se alla fine l'Iran deve essere deferito per forza, allora, il suo desiderio di arrivare al ciclo completo nel suo programma civile di energia nucleare non può essere portato di fronte alla legge. Né può esserlo la natura fino a questo momento “segreta” degli impianti per il ciclo del combustibile nucleare attualmente in costruzione. Sebbene ci sia stata una ridda di commenti interessati e disinformati su come l'Iran abbia “dissimulato” presso l'Aiea il suo programma di arricchimento dell'uranio “in violazione del Tnp” finchè non è stato “sorpreso ad imbrogliare” nel 2002, la verità è che l'Iran non era obbligato all'epoca ad informare l'Agenzia su quegli impianti. Gli stessi David Albright e Corey Hinderstein – che per primi, il 12 dicembre del 2002, hanno fornito ai media internazionali le immagini dal satellite e le analisi degli impianti in costruzione per la fabbricazione del combustibile a Natanz, nonchè dei reattori per la ricerca sull'acqua pesante ad Arak – hanno fatto presente che secondo l'accordo di tutela in vigore all'epoca “all'Iran non è richiesto di autorizzare le ispezioni Aiea di un nuovo impianto nucleare sino a sei mesi prima che vi sia introdotto del materiale nucleare”. Un fatto questo ammesso dalla Gran Bretagna e dall'Unione Europea al meeting del Tavolo dei Governanti del marzo 2003. E' previsto che il reattore di Arak entri in funzione nel 2014. Così come l'impianto pilota di arricchimento del carburante a Natanz, a tutt'oggi non è operativo.

    Questa clausola dei “sei mesi” era una componente standard di tutti gli accordi di tutela dell'Aiea firmati negli anni '70 e '80. È stato solo negli anni '90, a seguito della crisi irachena, che l'Agenzia ha puntato a rafforzarsi chiedendo ai paesi di firmare “accordi sussidiari” che richiedevano la consegna dei progetti di ogni nuovo impianto sei mesi prima l'inizio della sua costruzione. Molti hanno firmato, alcuni no. L'Iran ha accettato questo accordo solo nel febbraio del 2003. Più tardi in quell'anno, ha firmato il Protocollo Addizionale, altamente intrusivo. Sebbene debba ancora ratificarlo, Teheran ha permesso all'Aiea di esercitare tutte le sue prerogative previste dal protocollo, inclusi più di 20 “accessi complementari”, alcuni con un periodo di preavviso di due ore o meno. El-Baradei ha anche riferito che “l'Iran dall'ottobre del 2003 ha garantito all'Agenzia, dietro sua richiesta e come misura di trasparenza, accesso a luoghi e ad informazioni addizionali ben oltre quanto previsto dagli Accordi di Tutela e il Protocollo addizionale”.

    Quello che l'Iran deve ancora fare è fornire all'Aiea informazioni sufficienti sulla storia del suo programma di centrifuga, perché questa si convinca che non esistono “attività o materiali nucleari non dichiarati”. Comunque questo fatto da solo può molto difficilmente costituire il terreno per un deferimento del paese al Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ai sensi dell'articolo III.B.4 dello statuto dell'Agenzia, dato che l'Aiea, nei passati due anni, ha riscontrato discrepanze nell'utilizzazione di materiale nucleare in almeno 15 paesi. Tra questi ci sono la Corea del Sud, Taiwan, e l'Egitto. Nel 2002 e nel 2003, per esempio, la Corea del Sud non ha permettesso all'Aiea di visitare impianti collegati al suo programma di arricchimento al laser. Conseguentemente, sebbene Seoul abbia confessato di aver segretamente arricchito uranio fino ad una concentrazzione pari al 77% di quella dell'U-235 – un livello sufficiente per materiale fissile – né gli Usa né la Ue hanno portato il problema al Consiglio di Sicurezza.

    Per contro, non c'è prova di sorta che l'Iran abbia prodotto uranio adatto per un uso militare. Nonostante ispezioni intrusive, nessun piano o impianto per produrre uranio per armamenti è stato scoperto, né è emerso alcun progetto di arma.



    Cosa l'AIEA ha veramente trovato in Iran

    Il rapporto che El-Baradei ha presentato il 2 settembre del 2005 al Tavolo dei Governanti dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, rappresenta la più recente valutazione del programma nucleare Iraniano fatto da questa istituzione-guardiano. In questo rapporto il direttore generale ha quantificato i progressi fatti nell'affrontare i riscontri negativi portati all'attenzione del Tavolo il 15 novembre 2004.

    Questi riscontri avevano a che fare con: sei istanze di “mancato rapporto” a carico dell'Iran riguardo certe attività nucleari, la maggior parte inerenti l'arricchimento e la sperimentazione laser, e concernenti anche l'importazione di uranio dalla Cina nel 1991; due istanze di “mancata dichiarazione” di impianti di arricchimento; sei istanze di “mancata provvisione di informazione circa progetti o aggiornamento di progetti” riguardo certe infrastrutture, e una complessiva accusa di “mancata cooperazione in diverse occasioni nel facilitare l'implementazione delle tutele, come dimostrato da estese attività di dissimulazione”.

    El-Baradei ha quindi preso nota del fatto che l'Iran aveva intrapreso una serie di azioni correttive in conseguenza delle quali “l'Agenzia era in grado a novembre 2004 di confermare certi aspetti delle dichiarazioni dell'Iran [inerenti le attività di conversione e l'arricchimento al laser ndt], che … sarebbero state sfruttate come argomenti di implementazione delle routine di tutela”. Questa è stata un'importante dichiarazione da parte dell'Aiea perché, in effetti, si diceva che molta della “dissimulazione” a cui gli Iraniani erano accusati di essere ricorsi in passato era stata efficacemente neutralizzata e non era più fonte di ulteriore preoccupazione per l'Agenzia.

    Se l'Aiea non era ancora in grado di affermare che l'Iran non possedeva materiale nucleare non dichiarato e che non portava avanti attività di arricchimento non dichiarate, questo avveniva per due ordini di motivi. Primo, stava ancora valutando le spiegazioni dell'Iran circa le domande che aveva posto a proposito delle mine di uranio di Gchine e due progetti di ricerca abbandonati da molto tempo sulla separazione di polonio e plutonio. In secondo luogo, rimanevano ancora delle domande su due fronti importanti. Nel corso della sua visita all'impianto pilota per l'arricchimento del combustibile di Natanz, non ancora operativo, e alla Compagnia Elettrica di Kalaye nel 2004, l'Aiea aveva trovato tracce di uranio altamente arricchito e uranio poco arricchito, dando adito al sospetto che l'Iran avesse già cominciato ad arricchire l'uranio – presumibilmente in una terza locazione non ancora rivelata. Gli Iraniani hanno negato tale attività ma l'Aiea aveva bisogno di rassicurarsi. Inoltre, l'Agenzia ha realizzato che doveva ancora capire tutte le implicazioni del lavoro di ricerca iraniana sulla centrifuga del gas P-2, i cui progetti sono stati procurati grazie alla rete clandestina di A.Q. Kahn.

    Dopo l'analisi di campioni sottratti, gli esperti dell'Aiea ora dicono che l'uranio impoverito era pakistano e presumibilmente è arrivato a Natanz perché i componenti delle centrifughe importate erano contaminati. L'origine della contaminazione da urano arricchito deve ancora essere stabilita, ma ci sono alcuni indizi della sua provenienza russa. Così come per le centrifughe, l'Aiea vuole più documentazione per convincersi che l'Iran dice la verità quando sostiene che non ha portanto avanti nessun lavoro sui progetti per il P-2 tra il 1995, quando ha acquisito la tecnologia per la prima volta, e il 2002, quando ha realizzato le modifiche necessarie per i rotori compositi. Questa, dunque, è la maggiore questione a cui l'Iran deve rispondere.

    Non solo la pecca dell'Iran a questo riguardo è assai meno drammatica rispetto alle accuse americane di un “programma di armamento clandestino” e di “dissimulazione”, essa non può concepibilmente essere definita un pericolo per la pace e la sicurezza internazionale. Si, l'Aiea deve ancora stabilire se ci sono materiali o attività non dichiarate. Ma, come El-Baradei in persona ha dichiarato nel suo rapporto del 2 settembre, “il processo che porta a disegnare una tale conclusione, dopo che un Protocollo Addizionale è in vigore, in circostanze normali, è un processo che richiede tempo”. Giacché l'Agenzia ritiene che l'Iran ha avuto “passati trascorsi di occultamento,” questa conclusione “ci si può aspettare che richieda più tempo di quanto avvenga in circostanze normali”.

    In effetti El-Baradei stava dicendo che agli ispettori dell'Aiea dovrebbe essere permesso di fare il loro lavoro. Per questo, “la massima trasparenza dell'Iran è indispensabile e tardiva”. Quello che egli non ha detto – e non poteva dire – era che le ispezioni non dovrebbero essere corto-circuitate o politicizzate dalle parti interessate. Un caso a tal proposito è quello della controversia sul polinio-berillio, che Washington ha sperato emergesse a carico dell'Iran come la proverbiale pistola fumante.

    Quando gli è stato chiesto degli esperimenti di irradiazione del bismuto che aveva condotto presso in Reattore di Ricerca di Teheran tra il 1989 e il 1993 per estrarre polonio, l'Iran ha fatto notare che non era stato richiesto di informare l'Aiea ai sensi dell'accordo di tutela e che “in ogni caso, i dettagli dell'esperimento erano nel registro del reattore, che è stato sotto tutela per 30 anni”. Il polonio ha molte applicazioni civili ma gioca anche un ruolo, se combinato con il berillio, di iniettore a neutroni in alcuni progettidi armi nucleari. Riferendosi a questo, gli Usa hanno insistito che l'Iran aveva importato anche berillio. Quando l'Aiea ha investigato su questo e ha escluso ogni simile importazione, i funzionari statunitensi piantarono storie su come El-Baradei fosse “capitolato sotto le pressioni iraniane”. Queste storie vennero poi usate per montare una campagna per negargli un altro mandato come direttore generale, una campagna che è alla fine fallita.

    A dispetto delle motivazioni americane, comunque, l'Iran, ha ancora la responsabilità di dimostrare al mondo che è totalmente in regola con i suoi obblighi di tutela. E il mondo ha il diritto di assicurarsi che l'Iran non stia pianificando la costruzione di armi atomiche. All'inizio di quest'anno, a Bruno Pellaud, ex incaricato del Direttore Generale per le tutele, Swissinfo ha chiesto se l'Iran fosse intento a costruire la bomba atomica. “La mia impressione è no,” ha risposto, aggiungendo che “l'Aiea dice che non c'è nessuna prova di un programma di armamento”. Pellaud ha poi posto una domanda retorica – questa è ingenuità? – e ha approfondito la sua dichiarazione: “Il mio punto di vista è basato sul fatto che l'Iran ha fatto un grande azzardo nel dicembre del 2003 concedendo una capacità molto più intrusiva all'Aiea. Se l'Iran avesse avuto un programma militare non le avrebbe permesso di agire ai sensi di questo Protocollo Addizionale. Non avrebbero dovuto”.

    Allo stato dei fatti, l'unica importante faccenda ancora inspieagata è l'estensione del lavoro di ricerca sulla centrifuga del P-2. Anche se i timori peggiori dell'Agenzia sono realtà – che l'Iran effettivamente ha lavorato a un progetto per il P-2 durante quel periodo – questo è impoerante solo se tale conoscenza è stata usata per metter su un altro impianto di arricchimento da qualche altra parte nel paese. Dato che questo è improbabile, specialmente dati i risultati piuttosto modesti evidenti a Natanz (che era stato esso stesso considerato un impianto “dissimulato”), il Protocollo Addizionale dà all'Aiea un'ampia licenza di ispezionare qualunque impianto voglia. Usando quei poteri – e contando su informazioni dall'intelligence americana – gli ispettori dell'Agenzia hanno recentemente visitato i siti di Kolahdouz, Lavisan, e Parchin. Non è stato trovato niente. Se esiste un piano segreto di arricchimento, il rafforzamento delle tutele dell'Iran e gli obblighi di ispezione è una via molto migliore per scovarlo che la minaccia di sanzioni.

    Quando la Gran Bretagna, la Francia e la Germania si sono offerte volontarie l'anno scorso per cercare una alternativa diplomatica a misure punitive che gli Usa stavano chiedendo contro l'Iran, le aspettative erano che l'EU3 avrebbe avuto l'abilità – e il buonsenso – di trovare una soluzione che si si adattasse tanto agli interessi legittimi di Teheran quanto alla “comunità internazionale”.

    Quali erano queste preoccupazioni? Il mondo aveva bisogno della assicurazione che la dedizione dell'Iran al ciclo del combustibile nucleare, incluso l'arricchimento dell'uranio, non avrebbe condotto alla produzione di armi nucleari, e l'Iran aveva bisogno di assicurazioni che non gli sarebbe stato negato l'accesso a tecnologie civili o che non sarebbe stato soggetto a sanzioni o la minaccia di una aggressione dagli Usa o Israele, che entrambi possiedono armi nucleari. In questo senso, l'accordo di Parigi, firmato dall'Iran e dall EU3 il 14 novembre del 2004, parlava di una soluzione che avrebbe “fornito obiettive garanzie che il programma nucleare iraniano è destinato esclusivamente a fini pacifici”. In cambio, all'Iran sarebbero state fornite “solide garanzie sulla cooperazione nucleare, tecnologica ed economica e solide promesse sui temi della sicurezza”. Dato questo quadro, l'Iran ha detto che la sua volontaria sospensione delle attività di riprocessamento e legate all'arricchimento “sarà portata avanti allorquando i negoziati procederanno su un accordo mutualmente accettabile di un progetto a lungo termine”.

    Il mese scorso, l'EU3 ha sbattuto la porta in faccia alla possibilità di un “accordo mutualmente accettabile” presentando proposte che stravolgevano da capo a piedi lo spirito dell'accordo di Parigi. All'Iran è stato chiesto di abbandonare permanentemente i suoi impianti di arricchimento e riprocessamento e il reattore di acqua pesante, e di fornire “una promessa vincolante di non perseguire attività legate al ciclo del combustibile diverse dalla costruzione e messa in opera di reattori di ricerca e ad acqua leggera”. In altre parole, l'unica possibile “obiettiva garanzia” che l'EU3 era disposta ad accettare per l'Iran contro l'uso improprio di impianti di arricchimento, era che l'Iran questi impianti non li avesse affatto.

    Come se questo non fosse abbastanza provocatorio, le proposte dell'EU3 sulla fornitura garantita di uranio arricchito e le assicurazioni sulla sicurezza erano così vaghe da prendersi gioco dei concetti di “solide garanzie” e “solide promesse”. Per esempio, ben lontani dal sostenere ciò che rimane del programma nucleare iraniano dopo che viene esclusa l'attività legata al ciclo del combustibile, tutto ciò che l'EU3 voleva promettere era di “non impedire la partecipazione ad offerte di vendita aperte e competitive”. Non sorprende che gli iraniani abbiano detto che questa manifesta dimostrazione di malafede da parte dell'EU3 significava che i negoziati erano finiti. Di conseguenza, Teheran ha posto fine alla sua volontaria sospensione e ha comunicato all'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica la sua intezione di riesumare le attività di conversione nell'impianto di Esfahan. Questo, in sostanza, il retroscena della attuale crisi.

    I In una analisi dell'offerta dell'EU3, Paul Ingram del British American Security Information Council – un importante think-tank occidentale sul controllo delle armi – l'ha definita “vaga negli incentivi ed esigente nelle richieste” e ha concluso che le proposte europee sembravano “disegnate per combaciare con le richieste americane”. “Viene proposto anche che la collocazione di un deposito di transito di combustibile nucleare avvenga fisicamente in un terzo paese, piuttosto che in Iran e sotto tutela”, ha dichiarato, aggiugendo che l'E3/EU “non sembra aver avuto il coraggio di offrire né incentivi sostanziali e dettagliati né una soluzione sull'arricchimento creativa, di compromesso, che ci si potesse ragionevolmente aspettare incontrasse l'approvazione dell'Iran”.

    Il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha fatto un passo verso una soluzione creativa quando ha proposto di trasformare gli impianti di arricchimento Iraniani in joint ventures con compagnie private e pubbliche di altri paesi. Sebbene sia stata accantonata, l'ultima offerta iraniana è una variante di una formula che è stata proposta a febbraio di quest'anno da un gruppo di esperti Aiea, guidato da Bruno Pellaud, su gli “approcci multilaterali” al ciclo del combustibile nucleare.

    Il comitato di Pellaud è stato incaricato dall'Aiea di raccomandare misure che possano colmare la distanza tra il diritto di un paese – in accordo con il Tnp – al ciclo del combustibile nucleare, e le preoccupazioni per la proliferazione che potrebbero scaturire da un incremento nel numero mondiale di impianti capaci di arricchire l'uranio o separare il plutonio. La rilevanza di questo argomento nella questione Iran necessita assolutamente di una elaborazione.

    Delle cinque proposte fatte dal comitato, tre concernevano differenti tipi di garanzie internazionali di fornitura di combustibile quale incentivo ai paesi per dismettere le loro stesse infrastrutture per l'arricchimento, e due erano basate sulla nozione di controllo o proprietà condivisa. L'ultima riguardava “la promozione volontaria della conversione degli impianti esistenti verso approcci nucleari multilaterali, e il loro perseguimento quali misure di costruzione della fiducia con la partecipazione di stati possessori e non possessori di armi atomiche, al di fuori del Tnp” – esattamente il tipo di offerta che Ahmadinejad ha fatto nel suo discorso all'Assemblea Generale dell'Onu – o “la creazione, tramite accordi volontari e contratti, di “approcci nucleari multinazionali”, ed in particolare regionali, per nuovi impianti basati su joint-ownership, drawing rights o co-managment”.

    E' così possibile offrire alla comunità internazionale le assicurazioni di cui ha bisogno? Diffondendo questo rapporto all'inizio dell'anno, Pellaud ha detto che questo era possibile. “Un impianto nucleare congiunto, con uno staff multinazionale, pone tutti i partecipanti sotto un maggiore controllo da parte di colleghi e partners, un fatto che rafforza la sicurezza e va nel senso della non-proliferazione… È difficile fare giochetti se in un sito hai delle multinazionali”.

    Invece di minacciose sanzioni, l'EU3 dovrebbe iniziare con l'Iran un dialogo che può sviluppare le proposte di Pellaud e Ahmadinejad fino ad un livello in cui Teheran può dare “obiettive garanzie” che il suo programma è interamente pacifico, e l'Europa può dare “solide garanzie” e fare “solide promesse” sui temi che preoccupano gli iraniani. L'unico problema, ovviamente, sarebbe cosa fare con gli americani.

    Il cuore del problema è che sia impossibile separare l'attuale “crisi nucleare” dalla tabella di marcia di Washington, caratterizzata da una irremissibile ostilità verso il governo iraniano. In effetti, ogni soluzione che non causi un cambiamento nel comportamento Usa è destinata a durare, fin tanto che Teheran è preoccupata. Quindi, come parte delle sue proposte a lungo termine, l'EU3 deve impegnarsi a portare gli Stati Uniti a togliere le sue sanzioni contro l'industria iraniana del gas e del petrolio, e a lasciar perdere il suo obiettivo di un “cambio di regime” in Iran.

    Invece di sposare la linea di Washington, l'Europa e il resto del mondo dovrebbero anche chiedere a se stessi se preoccupazioni selettive sulla “proliferazione” servono la causa della pace e della sicurezza internazionale. Il Tnp permette l'arricchimento ma all'Iran viene detto che non può avere un ciclo del combustibile. Il Tnp promuove il disarmo nucleare ma gli Usa stanno portando avanti la ricerca sulle armi e formulando dottrine militari che militarizzeranno lo spazio e incrementeranno l'importanza delle armi nucleari nella sua posizione di forza. Gran Bretagna e Francia non hanno possibili avversari nucleari ma continuano a dispiegare armi atomiche. A paesi dell'Asia Occidentale è stato detto che non possono mai uscire dal seminato del Tnp ma niente viene fatto per denuclearizzare Israele. Anche questi temi costituiscono gran parte della “crisi nucleare” ma è tempo che qualcosa venga fatto per affrontarli.


    Siddharth Varadarajan

    (questo articolo è stato originariamente pubblicato su The Hindu il 26-9-05)

    traduzione per Megachip di Paolo Jormi Bianchi



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  2. #2
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    Forse sarebbe stato più opportuno fare una sintesi e postare il link dell'articolo...

    Comunque...

    Molta attenzione si deve fare perché io per primo sarei felice di apprendere che le dichiarazioni di quell'invasato fossero non vere ma purtroppo non è così.

    Iran, il presidente Ahmadinejad: l'Olocausto è un mito
    14 Dec 2005
    TEHERAN (Reuters) 14 dicembre 2005 - Il presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad ha dichiarato oggi che l'Olocausto è un mito, scatenando una nuova ondata di condanne da parte della comunità internazionale.
    La settimana scorsa, Ahmadinejad aveva già detto che l'assassinio di sei milioni di ebrei da parte dei nazisti era una leggenda, attirandosi i rimproveri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
    http://www.donneiran.org/index.php?o...rticle&sid=886

    Sottovalutare questa situazione potrebbe essere grave tanto quanto enfatizzarla.

  3. #3
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    Scusami medsin, cosa c'enta l'olocausto (vero o presunto ke sia) con la minaccia atomica (vera o presunta) dell'Iran o basta dire 4 scemeneze sul "Popolo Eletto" x scatenare una guerra ???!

  4. #4
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    [QUOTE=medsim]Forse sarebbe stato più opportuno fare una sintesi e postare il link dell'articolo...

    si ,e magari nemmeno postarlo. cosi potete fare meglio il vostro lavoro di disinformazione ..



    Molta attenzione si deve fare perché io per primo sarei felice di apprendere che le dichiarazioni di quell'invasato fossero non vere ma purtroppo non è così.


    a proposito di "invasati " ,che che cosa c' entra se uno non " crede" nella tua fede " olocaustica " con il fatto specifico in questione.? .
    "dammi i soldi, e al diavolo tutto il resto "
    Marx


    (graucho..:-))

 

 

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