Dal "Corriere della Sera"
WASHINGTON - La capsula spaziale americana Stardust è atterrata su una base militare dell'Utah alle 10.57 ora ialiana. Lo ha annunciato la Nasa. Carica di polvere di cometa, la sonda ha toccato Terra dopo un viaggio spaziale di quasi cinque miliardi di chilometri fino a Giove e ritorno, iniziato sette anni fa. Nel suo percorso, ha girato tre volte intorno al Sole e ha raccolto materiale interstellare quando ha incrociato uno sciame di polveri arrivate dalla galassia, forse per l'esplosione di una supernova, a una distanza superiore di oltre diecimila volte rispetto a quella del nostro pianeta dalla Luna, vale a dire 4,63 miliardi di chilometri. Come le polveri di cometa, pure queste sono state imprigionate nel disco di aerogel, il materiale leggerissimo, spugnoso e dall'aspetto lattiginoso messo a punto dalla Nasa appositamente per questa missione.
La capsula, del peso di quasi 50 chili, è atterrata con l'ausilio di paracadute sul Dugway Proving Ground, una base dell'esercito che ha le dimensioni della Valle d'Aosta. La «scatola» spaziale contiene polvere stellare raccolta quando Stardust ha attraversato la coda della cometa Wild 2, il 2 gennaio 2004, quando passò a 241 chilometri dal nucleo. Il rientro nell'atmosfera è avvenuto a una velocità iniziale prevista di circa 46 mila chilometri l'ora: nessun oggetto umano è mai rientrato sulla Terra senza schiantarsi a una tale velocità. A circa 32 chilometri dal suolo, la sonda ha rallentato spiegando il paracadute. A tre chilometri d'altezza, la caduta è stata ulteriormente attenuata.
Nel 2004 la sonda Genesis si schiantò al suolo in diretta televisiva, per la mancata apertura dei paracadute. Nel caso di Stardust, la capsula non è stata presa in volo, ma raccolta una volta a terra e poi trasferita al Johnson Space Center di Houston per le analisi. Una volta giunto lì, il disco di aerogel, dal diametro di una quarantina di centimetri, verrà fotografato con un dettaglio tale da ricavarne oltre un milione e mezzo d'immagini, ognuna delle quali riferita a un'area più piccola di un granello di sale. I granelli di polvere (forse poche dozzine in tutto) sono infatti così piccoli (millesimi di millimetro) da essere difficilissimi da individuare. La Nasa ha chiamato a raccolta astronomi e astrofili di tutto il mondo perché partecipino alla caccia, esaminando le immagini dell'aerogel per cercare d'individuare la polvere delle stelle. Le immagini diventeranno una sorta di microscopio virtuale, che ogni «cacciatore» potrà sfruttare collegandosi a internet dal computer di casa.
Il progetto, che ricorda molto da vicino il programma Seti per la ricerca d'intelligenze extraterrestri, si chiama Stardust home. Quelli di Stardust saranno i primi campioni di un corpo roccioso del Sistema Solare portati sulla Terra, dopo quelli di rocce lunari delle missioni Apollo. È un materiale unico e antichissimo, che i ricercatori sperano dia informazioni per ricostruire la storia del Sistema dalla sua formazione, 4,5 miliardi di anni or sono. La polvere interstellare è il primo materiale che giunge a Terra dalla Via Lattea: se ne attendono informazioni sui processi che avvengono all'interno di stelle distanti, supernove, giganti rosse o stelle di neutroni, che generano polveri ma anche elementi importanti per la vita, carbonio, azoto e ossigeno.