Emancipazione femminile: progresso o arcaismo? Oreste Sartore 22/12/2005


Una penosa manifestazione di femministe-abortiste, con in testa l'attrice di colore Whoopi GoldbergUna ginecologa ha rivelato che una delle categorie di donne che utilizzano i servizi «sanitari» di Stato per «interruzioni di gravidanza» è costituita dalle trentenni di successo.
Queste donne rinunciano ai contraccettivi per mostrare a se stesse di essere ancora fertili.
Salvo poi liberarsi del nascituro.
Magari riservandosi di produrre più avanti un altro esemplare con la «procreazione assistita».
Ci sembra un esito prevedibile di quel modo di pensare sorto per emancipare la donna, liberandole dalle schiavitù domestiche.
Il movimento femminista, partito con le lotte per ottenere il voto alle donne, si è poi battuto per il «diritto» di divorzio prima e poi di aborto.
Infine ha incoraggiato l’accoppiamento senza responsabilità, eventualmente seguito da omicidio.
Tutti noi abbiamo conosciuto un tipo di donna in carriera capace di comportamenti come quelli descritti.
Nella realtà del lavoro della cultura e della politica, nell’immaginario degli spot pubblicitari dei film e delle fiction televisive.
Molte vestono poco e mostrano molto.
Le stesse, però, non emanano fascino, non scaldano i sensi.
Molte frequentano circoli elitari, esoterici.



Ci è capitato di vedere una di queste manager di successo fare una domanda, del tutto fuori tema, ai maschi presenti: «ma voi cosa pensate di Alba Parietti?».
Era un interrogatorio.
Alle risposte evasive dei commensali, la donna gettò uno sguardo di commiserazione e si chiuse nel silenzio.
Gli ignari dimostravano di non comprendere la mutazione dei paradigmi, di non capire che gli illuminati avevano cambiato il sistema di regolazione, avevano loro offerto un nuovo modello di donna, da abbracciare senza discutere.
Umani difettosi, avevano dato una risposta indesiderata.
Credo occorra rendersi conto che l’emancipazione, parola apparentemente innocua e carica di valenze positive progressiste è stata la chiave per far penetrare il pensiero femminista nell’anima di molte cristiane.
È stata una leva per (tentare di) cambiare i comportamenti e i modi di pensare di metà del genere umano.
Bisogna dire che l’operazione in gran parte è certamente riuscita.



Ciò che ora vogliamo sostenere è che questo modello di donna che siamo chiamati ad accettare ed onorare non è nuovo per nulla.
È antico, anzi è arcaico.
Riflette un sistema sociale che è precedente non solo alla civiltà cristiana, ma anche a quella greca. Non di progresso si tratta, ma di regressione.
I greci, infatti, avevano un terrore sacro di un mondo di donne svincolato dall’uomo e da esse dominato.
I loro miti narrano di tempi remoti, in cui ciò era accaduto.
I miti più antichi narrano di grandi madri (Cibele, Demetra, ecc.), che arrivavano nelle città circondate da misteriosi esseri primordiali, nani di statura e senza un proprio nome (Dattili, Cureti, Coribanti, Telchini).



Le Amazzoni, per assicurarsi discendenza, si accoppiavano una volta all’anno.
Poi i figli maschi li uccidevano o li storpiavano.
Le donne di Lemno furono punite da Afrodite con un immondo odore, forse perché non adempivano ai loro doveri matrimoniali.
Il fetore da loro emanato distolse gli uomini dai loro letti.
Gli uomini si trovarono concubine provenienti dalla Tracia.
Per vendetta le donne uccisero tutti i maschi dell’isola.
Non solo i mariti, anche i figli e i padri.
Le cinquanta Danaidi, su istigazione del padre, non esitarono ad uccidere i loro cinquanta cugini-mariti la prima notte di nozze.



Vi sono molti miti riguardanti donne vendicative: il più noto è quello di Medea.
Per aiutare Giasone a sfuggire al re Eeta (padre della stessa Medea) non esita ad uccidere il fratello Apsirto spargendone le membra in mare.
In Tessaglia convince le figlie del re Pelia, un avversario politico, che avrebbero potuto ringiovanire il padre facendone a pezzi il corpo e mettendo a bollire le carni (!); cosa che non esitarono a fare. Ma il momento topico di Medea è a Corinto, ove la coppia si era rifugiata.
Giasone, col miraggio di assicurarsi un regno, abbandona la sposa per impalmare la figlia del re Creonte.
Medea cova vendetta con lo sguardo torvo di leonessa, impaurendo finanche la sua nutrice.
Con doni di nozze intrisi di veleno fa morire la rivale e lo stesso re, accorso in aiuto della figlia. All’arrivo di Giasone uccide infine i due figli.
Medea, come Circe che tramutava gli uomini in porci, e Pasifae che si accoppiava con un toro, erano dette figlie del Sole.
La maggior parte dei greci disprezzava i riti orgiastici in onore di Bacco-Dioniso, lo Zeus delle donne.
Il culto era praticato dalle Menadi-Baccanti, donne che si staccavano dalla città, vivevano appartate sui monti in congreghe (tiasi). Nei loro riti notturni le Menadi, vestite di pelli, corone di fronde sul capo, i capelli sciolti, la testa rivolta all’indietro, scendevano correndo a guisa di cagne veloci con in mano delle fiaccole per procurarsi la vittima sacrificale.
Le Baccanti uccidevano le bestie (cerbiatti, vacche, tori) facendole a pezzi con forza disumana; si cibavano poi delle carni intrecciandone parte sui capelli.



Il mondo creato da Bacco è un mondo al contrario: le donne, strappate ai lavori femminili, novelle amazzoni, assumono funzioni maschili-guerriere e, per difendere i loro riti segreti, arrivano a scendere in campo contro la loro stessa città e lance degli uomini nulla possono contro i tirsi (bastoni) delle invasate.
Atroce nei racconti del mito è la sorte di chi si oppone al culto di Dioniso o lo deride.
Il dio punisce le figlie del re Minia con visioni terrificanti, ree di rimproverare le donne che si ritiravano dalla città per darsi all’estasi.
Per placare il dio sacrificano, lacerandolo, il figlio di una di esse.
Per lo stesso reato, impazziscono in maniera sempre più furiosa le figlie del re Preto a Tirinto.
Bacco, che era figlio di Semele e di Zeus, si fa conoscere a Tebe con un altro evento terribile.
Il fondatore di Tebe, Cadmo, era padre della stessa Semele e di altre tre donne, Agave, Ino e Autonoe.
Mentre a Tebe regnava Penteo, figlio di Agave, il dio appare in forma di straniero e convince le donne a celebrare il suo culto.
Penteo è contrario a queste dissennatezze, intende vietare i riti, ma nello stesso tempo è curioso, vuole vedere cosa fanno le donne nel segreto.
Appena arriva nel bosco, le donne, credendolo un leone, istigate proprio da Agave, correndo a guisa di cagne, lo prendono e fanno di lui scempio.
Agave torna in città con la testa del figlio sul proprio tirso.
Anche Ino ucciderà poi il proprio di figlio Melicerte, gettandolo in una caldaia di acqua bollente. Anche Altea, per vendicare i fratelli, non esita a procurare la morte a suo figlio Meleagro.
Vi sono una serie di miti riguardanti la vendetta di donne respinte nelle loro profferte amorose. Fedra (la splendente, figlia di Pasifae), moglie di Teseo, respinta dal figliastro Ippolito, lo accusa di seduzione, causando su di lui la maledizione del padre con la conseguente orribile morte per mano di un mostro suscitato da Poseidone.
Analogamente agisce Antea, moglie del re di Argo, contro l’ospite Bellerofonte.



La maggior parte dei mostri mitologici aveva forme femminili.
Le Arpie (corpo di uccello, viso, busto e braccia di donna), spiriti rapitori, emanavano un immondo fetore e insozzavano le mense degli uomini.
Le tre Graie canute avevano un unico occhio e un unico dente in comune.
Le terribili Gorgoni avevano volto di donna, mani di ferro, ali d’oro e zanne di cinghiale; anguicrinite, avevano serpi attorno alla vita.
Anche le Erinni, vecchie vergini dalla carnagione scura con le ali d’oro, erano anch’esse anguicrinite; proteggevano le madri, fossero anche omicide, perseguitando gli uccisori.
Scilla aveva sei teste, con triplice file di denti in ogni bocca, aveva una cintura di cani rabbiosi, era armata di faci, serpi e scudisci borchiati; la sua voce variava dal muggito al latrato.
Forse è la stessa Scilla, figlia del re di Megara, chiamata cuore di cagna perché, sedotta dall’oro di Minosse, che tolse al padre nel sonno la ciocca di capelli che lo rendeva invulnerabile, consegnandolo così alla morte.
Lamia, capace di molte metamorfosi, rubava i bambini, nascondendoli nel ventre.
Echidna, bellissima ma di temperamento maschile, aveva un gigantesco corpo di serpente; divorava crude le sue vittime.
Le sirene, nella versione non omerica, erano donne-uccello; sedute sulla soglia dell’Ade incantavano gli uomini per trascinarli agli inferi.
Il prato su cui sedevano era composto dai resti macerati degli infelici.



Il mito più contrario all’altra metà del cielo è però quello di Pandora, raccontato da Esiodo.
Zeus, irato per il peccato commesso da Prometeo, prepara per il fratello di questi (Epimeteo) un regalo tutto speciale, la donna.
Efesto modella la creatura impastando terra con acqua, Atena la veste di candidi veli e le insegna l’arte di tessere, Afrodite le infonde fascino amoroso e desideri struggenti, le Cariti e le Ore la adornano di corolle e collane.
Zeus stesso fabbrica per lei una corona dorata, su cui sono raffigurati molti animali che sembrano vivi.
Per ordine di Zeus, Ermes dà alla fascinosa creatura una spudoratezza da cagna e le pone nel cuore la menzogna, le lusinghe e l’inganno.
In cambio del fuoco rubato da Prometeo, gli uomini («stupiti scorgendo l’insidia pericolosa»), riceveranno «un male di cui gioiranno, circondando d’amore ciò che costituirà la loro disgrazia». Quando Epimeteo, incautamente, accetta il dono, la donna come prima azione solleva il coperchio di un vaso: da lì escono e dilagano mali sinora sconosciuti agli uomini, fatiche, malattie e morte.
Poi richiude il vaso, perché non ne esca anche «Elpis», la speranza.
Le costellazioni di miti greci viste sopra parlano, come detto, di tempi arcaici, ma anche di terre straniere, in particolare asiatiche.
Le grandi madri hanno sede in Anatolia, gli accoppiamenti mostruosi e i sacrifici umani avvengono a Creta, di fronte alla terra di Canaan.



Molte tragedie avevano la funzione di esorcizzare i ricordi della città delle donne: ricordiamo che il pubblico (come gli attori) era esclusivamente maschi.
Gli inni che i poeti scioglievano in onore degli eroi cantavano la liberazione delle città dai mostri (Perseo, Eracle, Giasone, ecc.), o il ripristino di un mondo ordinato dopo i delitti (Teseo, Oreste).
Venne il cristianesimo e sparì la paura delle donne, grazie soprattutto alla venerazione per la nuova Eva, Maria, vergine e madre di Dio.
Sul suo esempio luminoso sorse una schiera di sante che fonda conventi, opere pie o diventa punto di riferimento per intellettuali e mistici.
Non mancano, nei secoli cristiani potenti donne laiche, come Elena, Matilde, Eleonora.
Soprattutto vi è fra uomini e donne, all’interno della comune adesione al modello cosiddetto patriarcale, un rapporto sereno.
Lo deduciamo leggendo nel Decamerone come giovani e fanciulle riuniti giocassero tra loro, raccontando le vicende erotiche dei loro contemporanei, senza imbarazzo alcuno.
E Boccaccio, è noto, era un cristiano devotissimo.
Su questo mondo cristiano e peccatore, si abbatté con una duplice mazzata il protestantesimo, ad opera di un monaco superbo e di un re sanguinario, creando una frattura in Europa.
Il mondo protestante generò al suo interno sette estremiste, che propagandavano la comunione dei beni e delle donne e, per reazione a queste sette e ai cattolici, sette puritane in cui il sesso era demonizzato.



Il femminismo iniziale lo possiamo considerare come una reazione legittima a queste concezioni. Ma già negli anni venti del secolo scorso sorgono figure sconcertanti, che rifocalizzano il movimento su nuove istanze: la contraccezione, il divorzio, l’aborto, l’eugenetica.
Con il ‘68 si assiste ad una diffusione di massa di queste idee, rivendicate come nuovi diritti.
Il primo atto è stata la cancellazione della patria potestà.
A New York City un gruppo molto strano di ebree (Abzug, Sonntag, Jong, ecc.) cominciò a teorizzare nuove forme socio-sessuali, tutte sganciate dal rapporto stabile uomo-donna, dal lesbismo all’accoppiamento occasionale (Melissa P. è in ritardo).
Il New York Times, giornale dell’establishment liberal di proprietà ebraica, dava loro un reverente eco.
Anche l’ebreo Hefner, da Playboy, contribuiva a suo modo.
Ma i conti non tornano.
Negli stessi anni in cui le ebree proclamavano l’eruzione dei sensi, il New York Post, giornale semi-ufficiale del giudaismo, gridava contro il pericolo di assimilazione, invitando i giovani maschi all’endogamia.
Una buona parte del giornale era dedicata all’annuncio di convivi riservati a giovani e ragazze ebree; le riunioni avevano lo scopo dichiarato di favorire matrimoni all’interno della razza eletta.



Senza parlare di un terzo tipo di donne ebree, quelle che sembrano prediligere il letto dei potenti, orientandone le scelte, favorendone il successo o portandoli al disastro: Alma (Mahler), Annie (Carducci), Rosa (spartachisti), Dolores (anarchici), Raissa (Maritain), Margherita (Mussolini), Eleanor (Roosevelt), Monica (Clinton).
Ma forse stiamo toccando la scienza occulta dei giudei, la Qabbalah; ed allora è meglio fermarsi qui (è prevista la pena di morte per i goym che studiano i loro testi segreti).
Del resto Margherita Hack, presunta campionessa di ateismo, viene da una famiglia convertita alla teosofia da generazioni.
E, la teosofia, con l’ateismo non ha proprio niente a che vedere.

In parallelo, in quegli anni, il pubblico veniva inondato con messaggi analoghi dalla neo-stregoneria uscita dalle latomie delle logge. Questa parte dell’area femminista si distingueva per la riabilitazione delle streghe e la conseguente demonizzazione della Chiesa cattolica, l’unico residuo ancora in piedi della civiltà cristiana (non era utile dare la colpa agli imperi cristiani, ormai cancellati dalla faccia della terra).
Curiosa sintonia di intendimenti tra ebree (cabalistiche?) e neo baccanti.
Sintonia palese anche lo slogan comune nelle manifestazioni di quegli anni. era: «tremate, tremate, la streghe son tornate».
Niente di più vero.
Tristemente lo cantavano anche ex-cristiane giudaizzate ed ex-cristiane paganizzate.



Da allora grazie anche ai Costanzo, sono stati fatti passi da gigante: sono stati sdoganati pornografia, omosessualità, travestitismo, bisessualismo.
Lo spot di tempo fa in cui donna bacia i maschi allineati per sceglierle uno non configura forse un modo di porsi analogo a quello delle amazzoni?
Le false accuse di stupro che si moltiplicano non ricordano forse Fedra ed Antea?
È in corso lo sdoganamento della pillola abortiva; in alcune nazioni/regioni si distribuiscono gratuitamente preservativi alle bambine, nelle scuole inglesi si incoraggiano i bambini ad avere esperienze sessuali di tipo auto, etero e omo (sono considerate equivalenti).
MTV di Sumner Redstone, alias Murray Rothstein, ha mostrato il comportamento del dodicenne moderno (guatava un coetaneo col desiderio di possederlo), ha filmato un enorme negro mentre praticava la sodomia in un vespasiano.
Sulla stessa emittente - in una specie di talk show per adolescenti - una diciottenne ha raccontato le sue esperienze di coito anale.
Si è anche tentato (Busi) di sdoganare la pedofilia, per ora con scarso successo.
In ogni caso, prima lentamente, ora sempre più velocemente, cose ritenute esecrabili sono diventate accettabili da larga parte dell’opinione pubblica: se tenti di mettere in guardia le madri che si credono cristiane, sui pericoli che corrono i loro figli, persino a scuola, fanno orecchie da mercante.



E ne hanno ben donde: l’élite del villaggio considera i nuovi insegnamenti un avanzamento; chi ha l’autorità per condannare e trattenere il male rimane silente.
Aprite gli occhi, guardate le parlamentari di Bruxelles e le leggi che hanno propugnato (tra gli applausi dei maschi, imbelli ed effeminati loro colleghi).
Come è possibile sia avvenuta e continui incessante una tale apocalittica demolizione di tutto ciò che era alla base della nostra civiltà?
Con l’oro e con la persuasione.
L’oro dei finanzieri svincolati dalla realtà del lavoro ha corrotto uomini degni di miglior sorte e li ha fatti partecipi, con le briciole del loro progetto di dominio.
Hanno atomizzato la società, distruggendo tutti i corpi intermedi, fino all’ultimo, il più inerme, la famiglia.
Hanno comperato prima e asservito poi stampa e media e, da quei pulpiti, dinnanzi alla «gente» hanno scippato a Pietro il potere di legare e di sciogliere.
I politici non asserviti direttamente, sono loro succubi.
Non osano neppure pensare di opporsi.

La macchina, costruita in tre secoli di lavoro sotterraneo, è mostruosamente efficiente.
Ha gli obiettivi di primo (il caos) e secondo livello (i sempre più avanzati cambiamenti antropologici e sociali da rendere operanti), sceglie i mezzi che favoriscono, usa la diffamazione per annientare ogni tentativo di contrasto («non soffre opposizione»), ha meccanismi di regolazione per correggere lentezze nell’avanzamento verso la totale dissoluzione non solo di quel che resta
del cristianesimo, ma anche del diritto romano e della filosofia greca.
I potenti poveracci sono strutturati in modo rigidamente gerarchico



I livelli bassi si limitano a disprezzare quella parte del senso comune, in quel momento ancora esistente, che si vuole attaccare.
Si limita a diffondere a mezza voce il cambiamento deciso, si tratti del matrimonio tra finocchi o della distribuzione delle pillole abortive alle ragazzine-
I livelli intermedi hanno il compito primario di setacciare il gregge per trovare nuovi adepti da innalzare e per individuare, isolandoli e conculcandoli, coloro che si ostinano nonostante tutti i loro sforzi a perseverare nei «vecchi paradigmi» (in ciò si rivelano seguaci della filosofia di Hegel).
I livelli più alti decidono quale ignominia è possibile propalare in un determinato momento storico ai sudditi ignari senza suscitare una soverchia reazione («la reazione è sempre in agguato», si sa, è uno dei loro leit-motiv).
Quando una decisione sul da farsi è deliberata, i vertici operativi del livello intermedio vengono informati: ognuno viene incaricato di propagare il nuovo messaggio all’interno del proprio campo (aziendale, clericale, politico, pubblico).
Partono così improvvisamente libri, articoli, dibattiti, sondaggi, istanze politiche, fiction televisive, giornali per bambini, tutte centrati sullo stesso tema.



Gli iniziati - povera gente che ha sbagliato tutto - non resistono però a stare zitti.
Quando tornano da quelle riunioni, essi non riescono a non dare segnali che hanno ricevuti nuovi input, che vi sono cambiamenti in arrivo, che loro sanno qualcosa di più del volgo, il quale - è ovvio - non è preparato.
Fanno infatti capire che i più saranno spiazzati perché non saranno pronti ad accogliere le novità applaudendo; continueranno a dare output indesiderati, a far loro cadere le braccia, fin da indurli a guardarsi in faccia ed a chiedersi: ma di costoro che ne facciamo?
Gli illuminati di oggi hanno deciso di non ricorrere ai sistemi truculenti dei loro fratelli Robespierre, Trotzkij (Lev Davidovic Bronstein), Lenin, Castro, e a quelli dei loro cugini, Zinoviev (Grégori Ieveievitch Apfelbaum), Kamenev (Lev Borissovitch Rosenfeld), Mao, Pol Pot.
Ma per il bene dei sudditi, è bene saperlo, i vertici sono pronti anche a ricorrere alle maniere forti.
Nella megamacchina il ruolo degli opinion leader, di coloro che si espongono in prima persona per patrocinare le iniziative in modo esplicito, è considerato vitale.
Da noi in primis eccelle Maurizio Costanzo, tessera P2.
A Hollywood praticamente tutti gli «artisti» sono «vocal», gareggiano nell’«outing», vale a dire nel confessare pubblicamente che anche loro sono gay, lesbiche, ecc.



Di cambiamento in cambiamento, ciò che resta della nostra civiltà viene sgretolato sistematicamente, una pietra alla volta.
Un’ultima cosa: i livelli alti, come sa chiunque si occupa di queste faccende e come ignorano gli adepti inferiori, praticano il culto luciferino, per lo più in circoli più ristretti ed estremi (non nelle comuni logge).
Praticano un culto di sesso e di morte, identico nei contenuti di fondo a quello che praticavano i Fenici prima del sorgere della nostra civiltà.
I Fenici erano stati sconfitti nella loro stessa terra da un piccolo popolo, seguace del Dio unico. Erano stati poi sbaragliati nella loro principale colonia, Cartagine, dagli uomini della città di Roma, la città contro cui avevano mosso un poderoso esercito allo scopo di annientarla.
Per buona sorte Roma distrusse Cartagine, salvandoci dai loro culti asiatici e dal loro sistema economico elitario e schiavista.
L’incontro di Roma con i portatori della buona novella giunti da Israele forgiò poi la cristianità, che è riuscita persino ad addolcire gli invasori ed ad accoglierli nel suo seno.
La cristianità costrinse la barbarie a celarsi nelle latomie.
È venuto ora il tempo della rivincita asiatica?
Lo si può temere, ma noi sappiamo che «non praevalebunt»; c’è una pietra, scartata dai costruttori, che sarà sempre a loro d’inciampo.
Ci aggrappiamo a questa speranza, che, per i cristiani, è una certezza.

Oreste Sartore